Nel Palazzo della Regione Piemonte in piazza Castello sono state allestite di recente due mostre storico-fotografiche in ricordo dello sterminio di 100 anni fa. Ma cosa accadde nel 1915? L’arresto di centinaia di armeni a Costantinopoli diede il via alla persecuzione di massa che portò all’eliminazione del popolo armeno nei territori dell’Impero Ottomano
Anche gli armeni che vivono a Torino commemorano venerdì 24 aprile il centenario del genocidio del loro popolo da parte dei turchi avvenuto nel 1915-16. Dopo aver riconosciuto il genocidio armeno con una delibera del Consiglio Comunale nel febbraio 2012, Torino ha ospitato negli ultimi anni numerose iniziative finalizzate allo studio della storia e delle tradizioni del popolo armeno mentre nel Palazzo della Regione Piemonte in piazza Castello sono state allestite di recente due mostre storico-fotografiche in ricordo dello sterminio di 100 anni fa. Ma cosa accadde nel 1915? L’arresto di centinaia di armeni a Costantinopoli diede il via alla persecuzione di massa che portò all’eliminazione del popolo armeno nei territori dell’Impero Ottomano. Era il 24 aprile 1915: sono trascorsi 100 anni dal genocidio e il 24 aprile è la Giornata della Memoria armena, la data ufficiale per la commemorazione dell’eccidio pianificato dai turchi prima e durante la Grande Guerra.
A un secolo di distanza la Turchia continua a negare quanto accadde e fino a qualche anno fa sosteneva che non vi era stato alcun genocidio, semplicemente perchè nell’Anatolia non si trovava neanche un armeno. Oggi qualcosa comincia a cambiare nella società turca anche se le resistenze ad ammettere la verità storica sono ancora molto forti. Gli armeni lo chiamano Metz Yeghern (Il Grande Male) ed è la storia del genocidio turco degli armeni, che tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, fece sparire un milione e mezzo di armeni cristiani, colpevoli soltanto di appartenere ad un’etnia diversa e a una religione di minoranza. Presi nelle loro abitazioni e uccisi, deportati in marce durissime e rinchiusi in grandi campi profughi fino alla loro morte. Una delle pagine più tragiche e meno conosciute del secolo scorso che riguarda la scomparsa di uno dei più antichi popoli della regione anatolico-caucasica. Una civiltà, una cultura e una fede furono spazzate via in pochi mesi. Un dramma che anticipò i crimini successivi compiuti nel XX secolo, primo fra tutti l’Olocausto degli ebrei. Un immane e folle sterminio che fu “genocidio”, come ha ricordato Papa Francesco nel suo saluto ai fedeli armeni riuniti in Vaticano per il Centenario del martirio, suscitando durissime reazioni da parte del governo di Ankara. Uno sterminio di massa trascurato per troppo tempo dagli storici e dai libri scolastici, ignorato da tutti e soprattutto dai turchi che cercano di cancellarne le tracce.
Si trattò di una campagna di eliminazione sistematica, di “pulizia etnica” che nell’arco di una ventina di anni cancellò le comunità cristiane che vivevano nell’Impero Ottomano. Il centenario riguarda tutte le Chiese e non solo quella armena. Nel 1915 la strage coinvolse tutti i cristiani: in prevalenza gli armeni ortodossi ma anche armeno-cattolici, siriaci ortodossi e cattolici, caldei e assiri, protestanti e cattolici latini. Una tragica realtà che ci riporta ai giorni nostri con i cristiani colpiti, annientati e costretti a fuggire nelle regioni del Medio Oriente sotto i colpi del fanatismo e del radicalismo islamico. Prima del 1915 gli armeni erano il 30% della popolazione e dopo la Prima guerra mondiale sono rimasti appena l’uno per cento. La Repubblica Turca, fondata da Mustafà Kemal (Ataturk), non ha mai ammesso il genocidio e oggi la diaspora armena chiede alla Turchia moderna, che non è certamente responsabile dello sterminio perpetrato dagli esponenti del movimento laico e nazionalista dei “Giovani Turchi”, di fare i conti con la storia.
Filippo Re
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