Piemonte, la rivoluzione degli ospedali

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La Giunta regionale ha definito un nuovo modello di rete ospedaliera che intende consentire al servizio sanitario piemontese di riacquistare quel ruolo di eccellenza a livello nazionale che ricopriva fino a qualche tempo fa e di investire 400 milioni in edilizia, tecnologie, assistenza territoriale e domiciliare, prevenzione

 

La delibera approvata su proposta dall’assessore Antonio Saitta suddivide il Piemonte in sei quadranti (l’ospedale hub registra oltre 70.00 passaggi annui in pronto soccorso, ha un bacino di utenza tra 600.000 e 1.200.000 di abitanti ed è dotato di tutte le specialità; il Dea di 1° livello registra oltre 45.000 passaggi annui in pronto soccorso, ha un bacino di utenza tra 150.000 e 300.000 abitanti, è dotato di punto nascita, cardiologia e neurologia; l’ospedale di base registra oltre 20.000 passaggi l’anno in pronto soccorso, ha un bacino di utenza tra 80.000 e 150.000 abitanti, è dotato di pronto soccorso, medicina, chirurgia e ortopedia; l’ospedale in area disagiata registra meno di 20.000 passaggi annui in pronto soccorso, ha un bacino di utenza inferiore a 80.000 abitanti, è dotato di pronto soccorso, medicina, chirurgia ambulatoriale):

 

Torino Nord, con il San Giovanni Bosco come ospedale hub, Maria Vittoria, Ivrea, Chivasso e Ciriè come Dea di 1° livello, Cuorgnè come ospedale di area disagiata, Gradenigo come ospedale di base con pronto soccorso;

Torino Ovest, con il Mauriziano come ospedale hub, Martini, San Luigi di Orbassano, Rivoli e Pinerolo come Dea di 1° livello, Susa come ospedale di area disagiata;

Torino Sud-Est, con la Città della Salute come ospedale hub, Chieri e Moncalieri come Dea di 1° livello, Carmagnola come ospedale di base con pronto soccorso;

Piemonte Nord-Est, con il Maggiore di Novara come ospedale hub, Vercelli, Biella e Borgomanero come Dea di 1° livello, Borgosesia come ospedale di base con pronto soccorso, mentre la scelta tra Domodossola e Verbania come Dea di 1° livello verrà effettuata entro il 31 dicembre 2015 dopo un ampio confronto con il territorio capace di individuare una soluzione condivisa;

Piemonte Sud-Ovest, con il Santa Croce e Carle di Cuneo come ospedale hub, Mondovì, Savigliano ed Alba come Dea di 1° livello, Bra e Saluzzo come ospedali di base, Ceva come ospedale di area disagiata.

Piemonte Sud-Est, con il SS. Antonio e Biagio di Alessandria come ospedale hub, Asti, Casale Monferrato e Novi Ligure come Dea di 1° livello, Tortona ed Acqui Terme come ospedali di base con pronto soccorso.

 

Il mantenimento degli ospedali Martini di Torino, Casale Monferrato e Mondovì come Dea di 1° livello sarà valutato entro il 31 dicembre 2015. Il ruolo dei presidi di Lanzo, Giaveno, Venaria e Nizza Monferrato verrà valutato successivamente, ed al momento continueranno a svolgere attività di primo intervento.La delibera viene ora presentata come atto di impegno politico al cosiddetto “Tavolo Massicci” del Ministero dell’Economia, che la dovrà approvare entro i prossimi mesi, presumibilmente nella prossima convocazione di marzo 2015.

 

“Gli obiettivi che intendiamo raggiungere – ha commentato il presidente Sergio Chiamparino illustrandone i contenuti ai giornalisti – sono diversi: riqualificare la spesa sanitaria riducendo gli sprechi che in questi anni hanno abbassato la qualità del sistema sanitario piemontese; tornare ad assumere medici ed infermieri; investire i 400 milioni che si risparmieranno nei prossimi tre anni in edilizia sanitaria, magari con modalità innovative che consentano di chiudere i cantieri in pochi anni, nelle tecnologie più avanzate, nel rafforzamento dell’assistenza territoriale e domiciliare e della prevenzione. Era indispensabile – ha sottolineato – tornare a programmare l’offerta sanitaria pubblica e privata come in questa Regione non si faceva da troppo tempo”.

 

L’assessore alla Sanità, Antonio Saitta, ha posto l’accento sul grande cambiamento che verrà determinato dalla nuova configurazione: “Abbiamo voluto mettere al centro della nostra politica sanitaria la salute e la sicurezza dei cittadini, oltre a ridurre l’attuale frammentazione dell’offerta anche se ci sono comprensibili resistenze a livello locale. Per i piemontesi non ci saranno rivoluzioni. La revisione della rete ospedaliera pubblica non comporta alcun disservizio, anzi nei prossimi due anni porterà ad un reale aumento di efficienza nei reparti. Oggi le strutture complesse attive negli ospedali pubblici del Piemonte sono 842, con una frammentazione eccessiva di personale e con una produzione che troppo spesso non raggiunge i volumi necessari per garantire parametri di sicurezza agli ammalati. L’accorpamento li porterà entro i prossimi due anni ad essere solo 668, e nelle case di cura private le strutture complesse da 185 diventeranno 148. Non ci saranno né licenziamenti, né riduzioni di personale – ha proseguito Saitta – e dal 2015 ci saranno invece incrementi di personale medico ed infermieristico. La nostra programmazione serve a valorizzare le numerose eccellenze della nostra sanità, ma soprattutto a garantire ai piemontesi un servizio sanitario che fermi l’emorragia di mobilità passiva verso altre Regioni. La sanità del Piemonte negli ultimi anni è molto cambiata: la produzione è calata del 3% ma senza la contestuale riduzione dei costi ed è aumentata la mobilità passiva verso altre Regioni, il cui saldo è diventato negativo di 30 milioni nel 2013”.

 

L’assessore ha garantito che “i piemontesi non assisteranno ad una riduzione di posti letto nelle strutture, bensì ad una diversa distribuzione che comporterà un aumento importante di posti letto di continuità assistenziale: ne abbiamo indicati in delibera ben 1330 in più, una prima risposta alla richiesta di tante famiglie che dopo il ricovero ospedaliero chiedono soluzioni per gli ammalati, spesso anziani, prima del rientro in casa. Questa la grande differenza rispetto alle scelte della precedente amministrazione regionale”.In conclusione, Saitta ha voluto rimarcare che “ci presentiamo a Roma con una grande mole di lavoro svolta dalla Giunta Chiamparino nei primi cinque mesi di attività, consapevoli di avere l’onere di scelte difficili, spesso impopolari e sempre rinviate nel passato. Noi vogliamo uscire dal Piano di rientro, per ridare dignità al Piemonte”.

 

(ggennaro – www.regione.piemonte.it – Foto: il Torinese)

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