Organizzata nel pomeriggio per eludere i controlli
Nel pomeriggio di domenica scorsa, ancora vigente la “zona arancione” per il Piemonte, gli operatori del Commissariato di Rivoli sono intervenuti presso un locale sito in corso Francia, formalmente un circolo privato ma di fatto una discoteca, poiché all’interno stava avendo luogo una festa clandestina di circa 80 persone, in violazione delle prescrizioni anti-covid.
La festa era stata organizzata mediante un tam-tam sull’app di messaggistica whatstapp con indicazione del prezzo “10 euro con 1 drink” e le indicazioni delle “giustificazioni” da fornire in caso di controllo: “a trovare il partner” “a fare la spesa”; “sono orari facili” aggiungeva il messaggio di invito riferendosi alle prime ore del pomeriggio. L’invito era stato accolto, e gli avventori per raggiungere l’ingresso secondario del locale, sito nel garage sottostante, avevano sfruttato passaggi nascosti ad occhi indiscreti.
All’arrivo degli operatori del Commissariato di PS Rivoli la scena ha dell’incredibile: circa 80 persone, tutte di età tra i 40 e i 50 anni, che ballano, consumando alcolici senza nemmeno indossare la mascherina. Sorpresi dagli agenti, gli avventori scappano riversandosi nei garage. I partecipanti erano stati avvertiti da un soggetto, collocato presso l’ingresso della struttura, che fungeva da “palo”.
La fuga in massa non ha avuto conseguenze se non giuridiche. Il proprietario, infatti, è stato denunciato, tra i vari titoli, perché il locale, sottoposto poi a sequestro preventivo, non aveva l’agibilità per l’attività in questione. Oltre che per il mancato rispetto delle norme anti covid, il titolare è stato sanzionato amministrativamente per la somministrazione di bevande senza licenza e per la mancanza del titolo volto a esercitare i trattenimenti danzanti.
Il proprietario è stato segnalato all’autorità competente anche in relazione alla disciplina antincendio per le valutazioni del caso.
Riproponiamo, in occasione della riapertura in presenza e della proroga della mostra, l’articolo già comparso su “Il Torinese” il 28 ottobre scorso, prima della chiusura per emergenza sanitaria dei Musei.
Altroché un quarto d’ora di celebrità! “Nel futuro- diceva lui – ognuno sarà famoso per quindici minuti”. Profezie o pillole di profezia. Non semplice boutade. Ma icone di pensiero buttate lì da un’autentica icona vivente. A pronunciarle Andy Warhol, padre universalmente riconosciuto della Pop Art, che di fama ne ha invece macinata in quantità indescrivibile nei suoi cinquantotto anni di vita, continuando tutt’oggi, a poco più di trent’anni dalla scomparsa, ad esserne compagno fedele, al di là dei tempi, delle mode e in barba ai flussi implacabili dell’oblio.
Del resto, affermava “non è forse la stessa vita una serie di immagini, che cambiano solo nel modo di ripetersi?”. Di grande interesse e suggestione, accanto agli acetati e alle lastre serigrafiche da cui prendevano corpo le sue stampe, sono anche le foto in bianco e nero del fotografo Fred W. McDarrah (Ney York 1926 – 2007) che con i suoi scatti documentò la nascita dell’Espressionismo Astratto e della Beat Generation e che, per oltre trent’anni, immortalò Warhol, non solo attraverso le sue opere ma anche sotto l’aspetto più intimo e umano, all’apice della carriera circondato dalle scatole del detersivo “Brillo”, durante l’inaugurazione di una sua personale, o mentre gira una delle sue pellicole sperimentali (il cinema e la musica, altre sue grandi passioni) o ancora, anni dopo, intento a una delle sue attività preferite: una telefonata. In mostra troviamo anche una replica delle “Silver Clouds”, un’installazione composta da palloncini che fluttuano a mezz’aria circondando il visitatore, creata per la prima volta nel 1966 alla “Leo Castelli Gallery”, dove McDarrah documentò il processo di allestimento.
di una toilette”) o intento a far bisboccia in chiassosa compagnia nei locali di maggior tendenza degli States o accogliente padrone di casa nella sua “Silver Factory”, l’ampio locale al quarto piano di un’ex fabbrica di cappelli sulla 47^ strada, l’“open house”, la “fabbrica” dove l’artista produceva la gran parte del suo lavoro, ma anche quartier generale, luogo di ritrovo per un mondo di “originali” che lì si riunivano per rincorrere i principi della Pop Art come stile di vita. Senza pregiudizi, fra attori, drag queen, musicisti e innumerevoli personaggi dello “Star System”, alla sua corte Warhol accolse e lanciò verso i lidi del successo un nutrito gruppo di Superstar, dai “Velvet Underground” a Edie Sedgwick e a Candy Darling.
“Andy Warhol é…Superpop!”