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Anche i quadri raccontano storie: Andrea Prestifilippo e i volti dell’anima

TORINO TRA LE RIGHE
Anche i quadri raccontano una storia. Ed è proprio questo il filo conduttore che mi porta oggi, in questa puntata di Torino tra le righe, a parlarvi di un artista nostrano: Andrea Prestifilippo.
Classe 1983, nato a Torino, Andrea scopre fin da bambino l’amore per il disegno, ispirato dai lavori pittorici delle zie e dai bozzetti della madre. Una passione che cresce con lui e lo guida prima al liceo artistico “R. Cottini”, dove inizia a costruire le fondamenta della sua espressione artistica, e poi all’Accademia di Belle Arti, dove approfondisce le tecniche. Se inizialmente si avvicina alla scultura, è nella pittura che trova il suo linguaggio più autentico.
Dopo qualche anno di pausa, nel 2015 torna a dipingere con costanza e inizia a esporre le sue opere in locali torinesi, partecipando a manifestazioni come Paratissima e a esposizioni internazionali, tra cui due gallerie londinesi. Nel 2019 decide di cambiare aria – e luce – trasferendosi a Málaga, dove attualmente vive e lavora.
Prestifilippo dipinge volti. E nei suoi ritratti esplosivi, dominati da colori vivi, pennellate energiche e linee dirompenti, ci sono le icone che lo hanno accompagnato nella crescita: artisti che hanno fatto della propria immagine un manifesto, un’arma, un messaggio. Dalì, Bowie, Jagger, Freddie Mercury… Non semplici ritratti, ma vere e proprie esplorazioni dell’identità e dell’espressione.
Il volto di Salvador Dalì, ad esempio, lo vediamo filtrato da una lente tenuta da una mano infuocata e deformante. Quattro occhi si moltiplicano su un solo viso: è una visione disturbata, surreale, che richiama la capacità – e la necessità – di vedere il mondo da prospettive alternative, deformate, artistiche. In una sola immagine, Andrea ci parla della follia creativa, del genio che sa guardare dove gli altri non osano.
Nel ritratto di Mick Jagger, invece, il volto esasperato e quasi grottesco è circondato da una pioggia di lingue rosse, simbolo della band e icona pop. È un’esplosione di vitalità, provocazione e anticonformismo, ma anche una riflessione su come il volto di un artista diventi, nel tempo, un logo, una maschera, un urlo.
E poi c’è Bowie, con il fulmine che gli taglia il viso: un’immagine potente, citazione evidente di Aladdin Sane, ma qui rivisitata con pennellate ancora più libere e colori che colano, come se anche l’identità – fluida, aliena, teatrale – si stesse sciogliendo sulla tela. Gli occhi azzurri ci guardano con intensità: non è solo un ritratto, è un dialogo muto tra chi crea e chi osserva.
Uno sguardo azzurro trafitto dal colore e dal dolore. Kurt Cobain. L’intensità magnetica di Freddie Mercury prende vita tra colate di giallo e magenta. Le emozioni non sono solo rappresentate, ma sembrano sgorgare dalla tela, come se le lacrime, il sudore e la passione dei protagonisti si mescolassero alla pittura stessa. Ogni goccia è un grido, un ricordo, un’eco.
Un momento fondamentale nella carriera di Prestifilippo è stato quello della pandemia. Costretto a casa, si è trovato a fare i conti con sé stesso e con una nuova dimensione della pittura, più intima, riflessiva. È in questo periodo che nascono le mani.
Mani ingrandite, mani tese, mani che cercano o che proteggono. Mani che, all’improvviso, diventano simbolo di paura, di distanza, ma anche di desiderio, di contatto umano, di calore.
Non più volti, non più icone: solo mani. Mani che si cercano, che si sfiorano, che sembrano chiedere contatto ma trovano distanza. Mani che parlano un linguaggio universale, fatto di assenza e di desiderio. In queste opere, l’artista si allontana dalla celebrazione del personaggio per esplorare la fragilità umana, il bisogno ancestrale di vicinanza, la paura del tocco e insieme il suo struggente potere.
Non mani qualsiasi, ma mani vive, espressive, dense di emozioni e significati. Mani che raccontano quello che le parole a volte non riescono a dire. In un momento storico in cui il contatto era negato, Prestifilippo ha trovato un modo potente e autentico per restituirgli voce.
I colori sono forti, vibranti, stratificati: rossi accesi, gialli intensi, blu elettrici e ombre profonde che si mescolano in un caos perfettamente orchestrato. Ogni pennellata sembra un frammento di esperienza, un grido o un abbraccio. Le mani di Andrea parlano una lingua fatta di gesto e materia, di mancanze e presenze.
Quelle opere, inizialmente nate come espressione personale, sono diventate nel tempo una sorta di narrazione collettiva, capaci di toccare chiunque le osservi. C’è chi ci vede la forza di un legame, chi una ferita ancora aperta, chi un invito a non dimenticare.
Andrea Prestifilippo racconta sé stesso e il mondo che lo ha formato attraverso i volti e le mani. Pittura gestuale, colori accesi, emozioni crude. Le sue tele non cercano la somiglianza perfetta, ma scavano nell’anima del soggetto, estraendone un’energia che continua a vibrare ben oltre i contorni.
Torino è la sua origine, Málaga la sua casa, ma la sua arte non conosce confini. E anche da lontano, continua a raccontare – con pennellate dirompenti – la storia di ciò che siamo stati, e di ciò che possiamo ancora diventare.
MARZIA ESTINI
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Tutti conoscono tutti: un giallo torinese dove nessuno è davvero innocente

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TORINO TRA LE RIGHE
Per Torino tra le righe oggi vi porto tra le atmosfere sospese e ambigue di un giallo tutto torinese: Tutti conoscono tutti, il nuovo romanzo di Francesca Mautino, edito da Longanesi nel 2025.
L’autrice, nata a Ivrea e laureata in Storia del Cinema, ha lavorato per la televisione prima di approdare alla narrativa con Qualcuno che conoscevo (2024). Ora torna a far parlare di sé e della sua città con una nuova protagonista: Valentina Bronti, podcaster investigativa e mamma alle prese con la sua caotica quotidianità.
Torino, in questa storia, è più di uno sfondo: è un personaggio vivo, contraddittorio, pieno di magia e segreti. In una città dove davvero “tutti conoscono tutti”, Valentina si muove tra l’incertezza lavorativa e relazionale, con l’unica certezza delle telefonate dalla scuola per qualche nuovo guaio delle sue pestifere gemelline. Ma sarà un Capodanno in una villa sulla collina a riaprire una ferita mai del tutto chiusa.
Tra gli invitati, Valentina riconosce una donna elegante che le rivolge frasi sibilline prima di sparire nella notte. È Cristiana Landorni, coinquilina ai tempi dell’università e amica di Mattia, un ragazzo che all’epoca faceva parte della compagnia e che è morto anni prima in circostanze mai del tutto chiarite.
Ma se non fosse stata una fatalità? Se quelle parole fossero un indizio? Inizia così un’indagine personale e arbitraria, che spinge Valentina a rivivere amicizie sbagliate, tradimenti, crudeltà adolescenziali e silenzi pesanti come pietre.
Francesca Mautino ci racconta una Torino che conosce profondamente: la città dei salotti borghesi e delle periferie dimenticate, dei ricordi universitari e delle solitudini metropolitane. Il romanzo è scritto con stile fluido e tagliente, capace di scavare tra le pieghe dell’animo umano con precisione e autenticità.
Per chi ha amato il romanzo d’esordio dell’autrice, questo secondo libro è una conferma del suo talento. Non mancano i rimandi al precedente caso, ma Tutti conoscono tutti si può leggere anche in totale autonomia.
Un cold case che diventa occasione di riscatto, riflessione e rivelazione. Un giallo tutto torinese da leggere e divorare in un battibaleno.
MARZIA ESTINI
Nino the mischievous elf an incredible Christmas adventure of friendship and magic
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Atena Ferraris e la rivoluzione della diversità: sveglie, enigmi e ironia

TORINO TRA LE RIGHE

Per “Torino tra le righe” oggi vi parlo di un romanzo che mescola suspense e ironia, portandoci alla scoperta di un personaggio davvero fuori dal comune.
Con Le ventisette sveglie di Atena Ferraris, Alice Basso fa nuovamente centro. Dopo il successo delle serie dedicate alla ghostwriter Vani Sarca e alla dattilografa Anita Bo, l’autrice dà vita a un nuovo personaggio esilarante e originale che conquisterà senza dubbio i lettori. Non c’è da stupirsi: Alice Basso, con mezzo milione di copie vendute, si conferma una delle scrittrici più amate e apprezzate della scena letteraria italiana contemporanea.
Alice Basso, milanese di nascita, ha lavorato per diverse case editrici come redattrice, traduttrice e valutatrice di proposte editoriali. Quando non scrive, ama cimentarsi in passioni creative come il canto, il sassofono e il disegno. Confessa però di cucinare male e di guidare peggio, con l’ironia che la contraddistingue anche sulla pagina. Il suo percorso letterario è costellato di successi, tra cui la serie dedicata a Vani Sarca, iniziata con L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome (2015), e quella che vede protagonista Anita Bo, con titoli come Il morso della vipera (2020) e Il grido della rosa (2021).
Anche questa volta, Alice Basso dimostra una straordinaria capacità di coinvolgere il lettore fin dalle prime righe. L’incipit di Le ventisette sveglie di Atena Ferraris è potente e originale: “Mi chiamo Atena Ferraris e mi sa che non sono come gli altri, inutile girarci intorno.” Con queste parole, l’autrice ci introduce Atena Ferraris, un personaggio che non teme di mostrarsi in tutta la sua complessità.
Atena, trentenne torinese, è una donna straordinariamente bizzarra. Imbranata, scoordinata e goffa, Atena soffre di iperlessia, un disturbo che comporta una lettura compulsiva e una memoria sorprendente, e ha una passione per l’enigmistica che la rende unica. La sua vita è scandita da ventisette sveglie quotidiane, che regolano ogni aspetto della sua giornata: lavoro, appuntamenti, la telefonata quotidiana al fratello Febo, il momento di riposare, mangiare e persino pensare. Questi allarmi costanti sono fondamentali per lei, senza i quali perderebbe facilmente il filo delle sue giornate, divagando, spinta dalla curiosità e dall’insaziabile sete di novità.
Atena trova conforto nella sua rivista di enigmistica, una “bolla” di ordine e logica che le permette di rifugiarsi da un mondo spesso imprevedibile e caotico. Odia le sorprese e vive secondo regole ben definite, dove ogni enigma conduce a una soluzione unica, rassicurante, immutabile. La sua enciclopedica conoscenza e il suo modo diretto di comunicare la rendono una sfida continua per chiunque dialoghi con lei, creando situazioni tanto comiche quanto imbarazzanti.
Accanto ad Atena, il romanzo introduce una serie di personaggi vivaci e imprevedibili, come suo fratello Febo, costantemente coinvolto in avventure bizzarre, e un gruppo di amici della scuola di magia da lui frequentata: Jacopo, Gemma, Marina e il Prof. Gluck. Saranno loro a trascinare Atena in una gradevole e simpatica avventura in stile giallo, dove il cozy crime si mescola a situazioni esilaranti e battute sagaci.
Con Le ventisette sveglie di Atena Ferraris, Alice Basso regala ai lettori un racconto divertente e intelligente che affronta anche temi importanti, come la diversità e l’accettazione di sé. La narrazione in prima persona, ricca di citazioni culturali italiane, giochi di parole e riferimenti letterari e scientifici rende il romanzo non solo un piacere da leggere, ma anche un brillante esercizio di intelligenza.
Alice Basso si conferma una maestra nel mescolare ironia, cultura e profondità emotiva. Le ventisette sveglie di Atena Ferraris è una lettura imperdibile per chi cerca divertimento, riflessione e un personaggio indimenticabile.
MARZIA ESTINI
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La Regina delle Lacrime: tra magia, oscurità e desideri proibiti

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TORINO TRA LE RIGHE
 
Cosa fareste se trovaste un genio dei desideri?
Per Torino tra le righe oggi voglio parlarvi di un fantasy che mi ha particolarmente colpito: La Regina delle Lacrime di Maria Carla Mantovani.
L’autrice, nata a Torino e laureata in Economia, vive in Piemonte con il marito, il figlio e il suo Labrador, Claire. Ha all’attivo due dilogie: La Dilogia del Fulcrum, uno sci-fi distopico ricco di colpi di scena ed emozioni, e La Dilogia del Sangue, un noir dalle tinte gialle con un tocco di mafia romance. A queste si aggiungono due trilogie, La Trilogia di Alpha e la sua continuazione, Seconda Trilogia Alpha, entrambe ricche di azione e adrenalina. Inoltre, ha pubblicato due romanzi autoconclusivi: Al Chiar di Terra, un fantasy young adult ambientato in una scuola di magia sulla Luna, e La Regina delle Lacrime, un fantasy romance con un genio dei desideri e una strega malvagia.
La storia si svolge in un regno assediato dal bellicoso popolo dei Danii, dove da cinque anni è scomparsa la temibile sovrana Sophia, conosciuta come La Regina delle Lacrime per la crudeltà inflitta ai suoi sudditi e alle sue ancelle nella disperata ricerca dell’immortalità. Accanto a lei, i due sacerdoti Balthasar e Primus Gaius. La sua caduta è stata accolta con sollievo e celebrata ogni anno con una festività nazionale, Il Giorno delle Lacrime.
Cinque anni dopo, la giovane avventuriera Evie viene incaricata di recuperare un misterioso manufatto in una caverna che si dice abitata da un’entità oscura e demoniaca. Qui, però, scopre qualcosa di molto diverso: un essere incorporeo, che si rivela più umano di quanto sembri. Tra loro nasce un legame profondo, forse destinato a diventare qualcosa di più. Al suo fianco c’è anche l’amico Petyr, pronto a sostenerla nell’impresa.
Ma il manufatto esiste davvero o il compito di Evie è legato alla scomparsa di Sophia? E la terribile regina, che aveva sacrificato la sua gente pur di ottenere l’immortalità, è davvero svanita nel Giorno delle Lacrime o ha trovato un modo per sopravvivere?
La Regina delle Lacrime è un fantasy che si sviluppa su due piani temporali, intrecciando la storia di Evie e quella della regina Sophia, fino a un sorprendente epilogo. Il punto di forza del romanzo è il rapporto tra Evie e l’enigmatica entità della caverna, che diventa una metafora della potenza trasformativa dell’amore. Altro elemento di grande valore è il personaggio di Sophia: crudele ma sfaccettata, ben lontana dallo stereotipo della “cattiva” priva di profondità.
Non è sempre facile, in un fantasy, trascinare il lettore fuori dalla realtà per immergerlo completamente nel mondo del romanzo. Maria Carla Mantovani ci riesce perfettamente, grazie a una scrittura scorrevole, un ritmo incalzante e personaggi di grande spessore, capaci di offrire anche letture simboliche più profonde.
Un libro consigliato non solo agli appassionati del genere, ma a chiunque voglia perdersi in una storia avvincente e ricca di emozioni.
MARZIA ESTINI
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Tra memoria e storia: il viaggio in “Città sommersa” di Marta Barone

Torino tra le righe

Ci sono romanzi che non si limitano a raccontare una storia, ma scavano nella memoria, riportando alla luce frammenti di un passato personale e collettivo. Città sommersa di Marta Barone (Bompiani, 2020) è uno di questi: un’opera che intreccia la vicenda privata dell’autrice con la storia della Torino degli anni di piombo, in un viaggio che si muove tra ricerca e ricostruzione.
Finalista al Premio Strega e vincitore del Premio Fiesole Narrativa Under 40, Città sommersa è il primo romanzo per adulti di Marta Barone, già autrice di libri per ragazzi e curatrice dell’opera di Marina Jarre. Il libro nasce da una scoperta casuale: una memoria difensiva appartenente al padre della scrittrice, Leonardo Barone, medico arrestato nel 1982 con l’accusa di aver partecipato a un’organizzazione di banda armata, accusa dalla quale fu poi assolto. Questo ritrovamento innesca un’indagine personale e storica che porta la protagonista, e con lei il lettore, a immergersi in una città che esiste al di sotto della superficie: la Torino della lotta politica, delle illusioni e delle disillusioni, delle speranze e delle sconfitte.
Lo stile della Barone è asciutto, ma ricco di immagini evocative e dotte citazioni che testimoniano il suo profondo legame con la letteratura. Il romanzo si muove tra memoir e reportage, tra la ricostruzione del passato e la riflessione sulla memoria, con una scrittura che oscilla tra la precisione documentaristica e il lirismo della narrazione personale. L’autrice riesce a trasformare una vicenda familiare in un racconto universale, in cui il destino di un uomo diventa specchio di un’intera generazione, di un’epoca segnata da ideali radicali e conflitti sociali.
Uno degli elementi più affascinanti del libro è proprio il modo in cui Marta Barone riesce a restituire la complessità del padre: un uomo pieno di contraddizioni, distante eppure presente, un idealista la cui figura sfuma tra le ombre della storia. La sua ricerca non porta a una verità assoluta, ma apre nuove domande, mostrando quanto la memoria sia sempre un territorio incerto e mutevole. Attraverso documenti, testimonianze e archivi, l’autrice scava nel passato, ma ogni risposta ne genera un’altra, in un processo che mette in discussione la stessa idea di verità e di identità.
Non meno importante è l’ambientazione del romanzo, una Torino che si fa essa stessa protagonista, con le sue trasformazioni urbanistiche e sociali. La città non è solo uno sfondo, ma un’entità viva, capace di riflettere le tensioni di un’epoca, le sue lotte e i suoi drammi. La Torino degli anni Settanta e Ottanta appare come un luogo di fermento e contraddizioni, un crocevia di speranze e disillusioni che emergono nei ricordi della protagonista.
“Città sommersa” è un’opera che chiede al lettore di immergersi, di perdersi nei meandri della memoria e della storia. Un libro che non offre facili risposte, ma invita a interrogarsi sul passato e sul suo impatto nel presente. Una lettura intensa, capace di lasciare un segno, che parla non solo di una storia privata, ma di una generazione e di una città che porta ancora le tracce di quegli anni turbolenti.
MARZIA ESTINI
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Forever Young: Quando l’idolo diventa realtà: l’amore al tempo del Muro di Berlino

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Torino tra le righe

Chi non ha mai sognato, almeno una volta, di trasformare un poster appeso in cameretta in una realtà tangibile? Di incontrare il proprio idolo, scoprire com’è davvero e magari far breccia nel suo cuore? Ma cosa accadrebbe se il sogno diventasse realtà? Sarebbe l’inizio di una favola… o di qualcosa di molto più complicato?
“Forever Young” è l’ultimo romanzo di Alessandra Montrucchio, uscito nella primavera del 2017 per edizioni Feltrinelli. L’autrice è nata e cresciuta a Torino, dove ha conseguito la laurea in Storia della letteratura italiana moderna e contemporanea. Nel 1995 ha ricevuto il Premio Calvino per alcuni racconti, poi pubblicati da Marsilio in una raccolta dal titolo Ondate di calore. Tra i suoi titoli più noti Macchie rosse e Cardiofitness, dal quale è stato tratto un film nel 2006. Con E poi la sete si è cimentata nella fantascienza. Dal 1997 tiene una rubrica su Torinosette, supplemento settimanale de La Stampa per Torino e provincia, intitolata Cattive ragazze. Lavora anche come traduttrice. Tra i titoli tradotti per Einaudi, La città che dimenticò di respirare. Insieme a Cristina Virone ha scritto libri per bambini firmati con lo pseudonimo di Jenny Haniver e pubblicati da Feltrinelli.
I protagonisti di questa storia, Forever Young, ambientata nell’anno 1982, sono due giovani che, sulla carta, non potrebbero essere più diversi: Mia, diciassettenne torinese proveniente da una tranquilla e apprensiva famiglia borghese, e Alex, ventunenne tedesco, scappato di casa anni prima, con alle spalle un’adolescenza durissima vissuta nelle strade di Berlino Ovest ed un presente da stella emergente della musica. Mia si invaghisce di Alex attraverso una canzone ed un videoclip e poi, quando le si presenta l’occasione di trascorrere l’estate a Berlino, avviene l’incredibile: Mia e Alex si incontrano, si conoscono e si innamorano. Ma questo è solo l’inizio.
All’ombra del Muro che, all’epoca, divideva artificialmente Berlino ed i suoi abitanti in due segmenti separati, Mia e Alex dovranno trovare la forza e la maturità di superare i muri simbolici che la società, l’età e i rispettivi ambienti hanno eretto tra di loro, ma soprattutto trovare il coraggio di superare la paura di non essere all’altezza l’uno dell’altra.
Forever Young non è solo una storia d’amore per adolescenti: la Berlino divisa degli anni Ottanta fa da sfondo a un racconto che intreccia emozioni personali e tensioni storiche. Alex incarna il tumulto e il fascino di una città ferita ma viva, mentre Mia scopre sé stessa attraverso il viaggio e il confronto con un mondo tanto lontano dal suo. Il personaggio di Alex ha un carattere intrinsecamente legato, quasi dipendente da Berlino, dal Muro, dal romanticismo e dal dolore di quella città in quell’epoca, mentre quello di Mia rappresenta la scoperta dell’età adulta attraverso la scoperta della città. Senza contare che molte delle cose che succedevano allora a Berlino – le fughe oltre la Cortina di Ferro, le lotte di strada, eccetera – sono perfette per creare colpi di scena e svolte narrative.
Questo libro è la metafora dei muri, fuori e dentro di noi. Alex si è costruito una corazza difficile da abbattere, ma Mia, con pazienza e determinazione, riesce pian piano a scalfirla. Il Muro di Berlino diventa così anche il simbolo del loro amore contrastato. Mia è una ragazza borghese tranquilla e diligente. A differenza delle sue amiche non si entusiasma facilmente, è seria e saggia. Però, inaspettatamente, le capita una cosa irrazionale come innamorarsi perdutamente di un cantante che conosce solo attraverso i media.
La storia d’amore con Alex è sicuramente un percorso di crescita e maturazione. Lui la salva durante una lotta di strada e quando viene investita da un’auto, ma in realtà è Mia a salvare lui.
Un libro intenso, coinvolgente, capace di raccontare l’amore, la giovinezza e il bisogno di abbattere i confini che ci separano dagli altri e da noi stessi.
MARZIA ESTINI
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Torino e le verità sussurrate: “I sorrisi non fanno rumore”

Torino tra le righe

Per Torino tra le righe oggi vorrei parlarvi dell’ultimo libro di Enrica Tesio “I sorrisi non fanno rumore”.
Enrica Tesio è blogger e scrittrice torinese. Laureata in Lettere con indirizzo cinematografico, fa la copywriter da quando aveva 20 anni. Nel 2015 ha pubblicato per Mondadori “La verità, vi spiego, sull’amore”, dal quale è stato tratto un film. Nel 2017 è uscito per Bompiani “Dodici ricordi e un segreto”. Nel 2019 ha pubblicato per Giunti la raccolta di poesie “Filastorta d’amore. Rime fragili per donne resistenti”, che è diventata uno spettacolo teatrale in giro per l’Italia. Per Bompiani ha pubblicato “Dodici ricordi e un segreto” (2017), “La dispensa della memoria” (2017), “Tutta la stanchezza del mondo” (2022) e “I sorrisi non fanno rumore” (2023). Ha tenuto diverse rubriche su “La Repubblica” e “Donna Moderna”.
La storia è una favola moderna, scritta per incantare gli adulti. La protagonista è tutto fuorché la classica eroina da fiaba, ma riesce comunque a trasmettere quel senso di “e vissero felici e contenti” che ci aspettiamo e, forse, ci meritiamo.
La storia prende il via da un fatto curioso, un episodio fra il comico e il tragico. Antonia, per tutti Toni, è l’autrice e illustratrice di una fortunata serie di libri per bambini. Ma durante una presentazione della sua ultima opera, di fronte a un vasto pubblico di ragazzini della scuola elementare, si lascia sfuggire una dichiarazione poco adatta all’uditorio: semplicemente, con candore, dice ai suoi giovani lettori che Babbo Natale non esiste. Toni si sente soffocare in un momento che pareva una farsa e la verità le sembra una boccata d’ossigeno. Ma i bambini presenti scoppiano in un mare di lacrime e i loro genitori sono in cerca di un capro espiatorio… Così la piccola distrazione di Toni la costringe alla fuga, e il temporaneo isolamento la spinge a fare i conti con il suo passato.
Da questo episodio in poi, il romanzo prende una piega particolare e diventa una storia che ruota tutta intorno a due parole chiave: assenza e presenza. La protagonista ci mostra come assenza e presenza siano due facce della stessa medaglia e quanto queste sfumature definiscano la nostra esistenza. L’assenza è la perdita delle persone che non sono più con Toni, che sono venute a mancare o che l’hanno lasciata. La presenza è l’amore infinito, ma sofferto, che la donna sente nei confronti della figlia, e sono i nuovi incontri o le vecchie relazioni da rimodulare.
La protagonista è alla ricerca di un equilibrio: non si sente una madre giusta per la figlia, soffre nel vedere il suo ex marito accanto a una nuova compagna, giovanissima, solare e finlandese, vive tra il caos di ricordi che non riesce ad abbandonare ma che le fanno provare dolore, e il disastro di una routine andata in pezzi all’improvviso. Alla fine capisce che l’unica felicità possibile è quella che possiamo concederci, accettando noi stessi, gli errori e il tempo che passa. Una serenità semplice, eppure capace di fare la differenza in una vita.
A me questo libro è piaciuto tantissimo. Ha i toni intimi, sinceri e commoventi di una confessione. Una favola moderna, certo, ma che ci fa anche scontrare con tematiche serie e importanti, in modo dolce e un po’ amaro. Toni e Vittoria, ma anche Riccardo e Cesare, ci fanno riflettere sulla vita da adulti, sulle responsabilità e le scadenze che hanno la meglio su tutto, sulla ricerca di visibilità e di protagonismo, sul ricordo e la perdita. Fa sorridere come da una verità possano nascere tante bugie e come da un allontanamento si possano mettere in moto dinamiche inaspettate.
Ho iniziato questo libro una sera e non sono riuscita letteralmente a staccarmi dalle pagine. L’ho letto tutto d’un fiato.  Mi sono sentita vicina alla protagonista, al suo senso d’inadeguatezza, il timore di non essere la mamma “giusta” per la figlia, quel sentirsi sempre fuori posto, sola e frammentata. Il dover rispondere alle aspettative altrui, il bisogno di mostrarsi come gli altri vogliono vederci. E credo di non essere l’unica a riconoscersi in Toni.
Accanto alle emozioni e alla crescita di una donna che è anche madre, l’autrice affronta un tema cruciale della società di oggi e della genitorialità stessa: i social media, luoghi di giudizi sommari, impietosi e gratuiti, capaci di lasciare cicatrici profonde. Enrica Tesio ha il raro dono della leggerezza, di uno stile pacato e divertente, lieve e profondo, dove la rivelazione di Antonia diventa il motore per fare pace col passato e il presente, per perdonarsi, per tornare ad amare.
“I sorrisi non fanno rumore” è un libro che invita alla riflessione, che ci accompagna in un viaggio di consapevolezza e accettazione. Una lettura che consiglio a chiunque abbia voglia di emozionarsi e riconoscersi in una storia autentica e sincera.
Marzia Estini
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Torino e l’Età dell’Innocenza: La Scomparsa delle Farfalle

Torino tra le righe

Torino è una città che ha ispirato numerosi autori, e tra questi spicca Fabio Geda, scrittore ed educatore torinese che, con il suo romanzo La scomparsa delle farfalle (Einaudi, 2023), ci riporta a un’epoca di crescita e trasformazioni, tra amicizie profonde e il passaggio dall’adolescenza all’età adulta.
Fabio Geda, nato a Torino nel 1972, ha lavorato per anni nei servizi sociali, un’esperienza che ha profondamente influenzato la sua narrativa. Il suo esordio letterario avviene nel 2007 con Per il resto del viaggio ho sparato agli indiani, che racconta di un ragazzino rumeno che attraversa l’Europa alla ricerca del nonno, artista di strada, e del padre, carcerato in Romania. Tradotto in francese, tedesco e rumeno, il libro ha riscosso grande successo ed è stato selezionato per la fase finale del Premio Strega, venendo giudicato come Miglior Esordio dalla redazione di Radio Tre Fahrenheit. A seguire, il grande successo di Nel mare ci sono i coccodrilli (2010), la vera storia di Enaiatollah Akbari, giovane fuggito dall’Afghanistan. Con oltre 400.000 copie vendute in Italia e traduzioni in 28 paesi, questo libro ha portato Geda alla notorietà, permettendogli di proseguire un percorso letterario incentrato sulle tematiche dell’infanzia, dell’adolescenza e dell’identità.
Sempre di giovani sfortunati parla La bellezza nonostante (Transeuropa, 2011), con un audioracconto su un maestro che ha insegnato per trent’anni al carcere minorile “Ferrante Aporti” di Torino, cercando di portare, dietro quelle sbarre, non solo cultura ma anche speranza. Sempre nel 2011, con L’estate alla fine del secolo, Geda affianca al tema dell’infanzia quello della vecchiaia, dell’incontro intergenerazionale e della memoria.
Seguono nel 2014 Se la vita che salvi è la tuaItadakimasuBerlin – un progetto a quattro mani con Marco Magnone, composto da sei libri pubblicati con cadenza semestrale. Nel 2017 esce il romanzo Anime scalze, nel 2019 Una domenica, nel 2020 Storia di un figlio, il seguito di Nel mare ci sono i coccodrilli. Nel 2024 pubblica Song of Myself, un viaggio nella varianza di genere, un reportage narrativo nato dalla collaborazione con l’ambulatorio sulla varianza di genere dell’ospedale infantile Regina Margherita di Torino.
La scomparsa delle farfalle è un romanzo che parla di amicizia, memoria e cambiamento. La storia segue quattro amici – Andrea, Valerio, Cora e Anna – dai quindici ai ventidue anni nella Torino degli anni Novanta. Un racconto che si sviluppa su due piani temporali: il presente, nel 2002, in cui Andrea si trova coinvolto in un’alluvione e rischia la vita, e il passato, a partire dal 1995, anno in cui si trasferisce a Torino e incontra i suoi inseparabili compagni di viaggio.
Il libro è un viaggio nelle emozioni e nelle esperienze che segnano la crescita: il dolore di Cora per la perdita del fratello, le difficoltà di Anna con un padre autoritario, la vita quotidiana di Valerio tra le mura della trattoria della madre e il senso di incompletezza di Andrea, legato all’assenza del padre. La loro amicizia è scandita da momenti di avventura e di scoperta, tra cui una notte trascorsa in una serra piena di farfalle, un’esperienza che resterà impressa nei loro cuori.
Fabio Geda riesce a creare un’atmosfera che avvolge il lettore, riportandolo agli anni dell’adolescenza, ai sogni, alle paure e a quel senso di appartenenza che solo certe amicizie riescono a dare. Il romanzo ci pone una domanda essenziale: cosa succede all’amicizia quando si cresce? I legami resistono, si trasformano o svaniscono nel tempo?
Personalmente, La scomparsa delle farfalle mi ha colpito profondamente. Leggendolo, mi sono ritrovata catapultata negli anni del liceo, tra le risate, le incertezze e quella sensazione di libertà mista a insicurezza che caratterizza l’adolescenza. Ho sentito una connessione con Andrea e i suoi amici, con il loro desiderio di esplorare il mondo e al tempo stesso di restare legati a ciò che conoscevano. È un libro che lascia il segno, che fa riflettere su quanto siano preziosi i ricordi e su come le persone che abbiamo amato continuino a vivere dentro di noi, anche quando le strade si separano.
Con una narrazione intensa e coinvolgente, La scomparsa delle farfalle è un libro che emoziona, che ci fa riflettere sul valore dei ricordi e sul modo in cui le esperienze del passato ci plasmano. Torino, con le sue strade, le sue scuole e i suoi angoli nascosti, è lo sfondo perfetto per questa storia di crescita e cambiamento, confermandosi ancora una volta una città letteraria per eccellenza.
Marzia Estini
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Una Mary Poppins Torinese tra Gatti e Lampade Tiffany: Vento da Est di Stefania Bertola

Torino tra le righe

Per la rubrica Torino tra le righe, oggi voglio parlarvi di Vento da Est, l’ultimo libro di una delle mie autrici torinesi preferite: Stefania Bertola.

L’autrice, torinese DOC, ha esordito nel mondo della letteratura nel 1989 con il romanzo Luna di Luxor. Prima di allora, ha lavorato per anni come traduttrice presso la casa editrice Einaudi, esperienza che ha lasciato un segno indelebile nel suo stile. La sua attività di traduttrice, durata decenni e svolta per diverse case editrici, comprende grandi nomi della letteratura mondiale come Philip Roth, Ian McEwan, Scott Turow, Alexander McCall Smith, John Updike, Sophie Kinsella e molti altri. Ha spaziato tra i generi, traducendo opere di saggistica (Tom Wolfe), fantascienza (Neil Gaiman), narrativa contemporanea e persino chick lit.

Come autrice, Stefania Bertola ha pubblicato diversi romanzi, spesso ambientati a Torino, in cui coniuga sentimento, umorismo e un tocco di surreale. Il suo stile, che si avvicina alla letteratura anglosassone del genere chick lit, è leggero e divertente, ma mai banale: affronta temi che si distaccano dai canoni più tradizionali del genere. Oltre alla scrittura narrativa, Stefania Bertola è anche autrice radiofonica e sceneggiatrice. Ha collaborato ad alcune puntate della serie televisiva I Cesaroni e nel 2014 è arrivata finalista al Premio Internazionale Bottari Lattes Grinzane.
In Vento da Est, Stefania Bertola ci regala una nuova protagonista irresistibile: Brigida. Laureata in Filosofia, Brigida si trova stabilmente disoccupata, come spesso accade ai laureati in materie umanistiche. La sua vita prende una svolta inaspettata quando le viene chiesto di occuparsi della casa di Damiano Galanti, un raffinato designer di hotel nelle Repubbliche Baltiche. Per Brigida, che ha già collezionato una lunga serie di lavoretti improbabili, questo sembra il lavoro perfetto. Tuttavia, nulla è semplice come sembra: l’elegante appartamento in cui si trasferisce è un crocevia di personaggi stravaganti. Tra uomini affascinanti, donne piene di segreti, zie prepotenti e bambini da accudire, Brigida si trova coinvolta in un turbine di situazioni tragicomiche. A complicare ulteriormente le cose ci sono due gatti che non devono scappare, un terrazzo da curare e una preziosa lampada Tiffany che sembra fatta apposta per rompersi.

Brigida affronta tutto con l’ostinazione e la leggerezza di una Mary Poppins dei nostri tempi. Tra mille pasticci, personali, domestici e sentimentali, trova comunque il modo di cavarsela, dimostrando che il caos può essere gestito con un po’ di ironia e un grande cuore.

Vento da Est è un romanzo che cattura per la sua leggerezza e il suo umorismo, ma che allo stesso tempo regala riflessioni sulle difficoltà e le sorprese della vita quotidiana. Stefania Bertola, con il suo stile inconfondibile, ci offre un’altra storia ambientata a Torino, che si conferma ancora una volta il suo palcoscenico letterario prediletto. La città emerge tra le righe come un personaggio a sé, con i suoi luoghi eleganti e i suoi angoli più nascosti, rendendo il libro una vera delizia per chi ama Torino e la letteratura.

Se cercate un romanzo divertente, pieno di personaggi indimenticabili e situazioni surreali, Vento da Est è la scelta perfetta per voi. Stefania Bertola si conferma una delle voci più brillanti e ironiche del panorama letterario torinese.

 Marzia Estini

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“Il cammino della speranza: poesia come cura per l’anima”

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TORINO TRA LE RIGHE

Per la rubrica Torino tra le righe, oggi voglio parlarvi di un libro molto toccante: “Il cammino della speranza”, scritto da un’autrice torinese che si firma con lo pseudonimo Good Vibes. Si tratta di una raccolta poetica profondamente commovente che esplora le cinque fasi del lutto attraverso la forza evocativa della poesia. Ogni poesia rappresenta un viaggio intimo e universale attraverso le fasi del lutto: negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione. La raccolta è stata concepita per aiutare il lettore a riconoscere e accogliere le proprie emozioni, offrendo al contempo un percorso verso la speranza e la rinascita.
Il libro si apre con un prologo in cui l’autrice spiega come scrivere queste poesie sia stato per lei un atto di sopravvivenza, un modo per dare forma al dolore che l’ha travolta quando ha perso entrambi i genitori. Questo processo di elaborazione personale si riflette nelle sue parole, che guidano il lettore attraverso le emozioni più profonde e dolorose, dall’incredulità iniziale alla rabbia, dalla negoziazione alla tristezza, fino alla scoperta di una nuova luce nell’accettazione. “Il cammino della speranza” diventa così uno specchio per chiunque abbia affrontato una perdita, un invito a sentirsi meno soli e a trovare conforto nella poesia.
Good Vibes, nata a Torino nel 1980, ha seguito studi classici e si è laureata in lettere moderne. La prematura perdita dei genitori l’ha costretta a mettere da parte il sogno di insegnare, spingendola verso una carriera nel mondo aziendale. Tuttavia, il bisogno di esprimere e comprendere il proprio dolore l’ha portata a scrivere. Con il tempo, ha trasformato questa attività in una missione: aiutare gli altri a superare il lutto attraverso le sue opere.
“Il cammino della speranza” non è l’unico libro in cui Good Vibes affronta il tema della perdita. “Il libro del vento”, ad esempio, trae ispirazione dalla toccante storia del “telefono del vento”, un monumento situato a Otsuchi, in Giappone, dove le persone possono metaforicamente “parlare” con i propri cari scomparsi. Un altro titolo significativo è “Nel tuo abbraccio: lettere dal cuore”, una raccolta di lettere intime in cui l’autrice tiene vivo il ricordo delle persone amate, offrendo al lettore una prospettiva sincera e confortante sul modo di affrontare il dolore.
Lo pseudonimo Good Vibes riflette il desiderio di trasmettere un messaggio di positività e di speranza, anche nei momenti più bui. La bellezza di queste raccolte risiede nel loro valore terapeutico: attraverso i versi, il lettore viene accompagnato in un percorso di riflessione, comprensione e guarigione. Alla fine del viaggio, la poesia illumina una strada verso una nuova serenità, ricordandoci che, anche nei momenti più difficili, la speranza può essere una guida preziosa.
Consiglio vivamente la lettura di “Il cammino della speranza” e delle altre opere di Good Vibes a chiunque senta il bisogno di ritrovare un senso nel dolore e di scoprire una luce nel buio. Questi libri rappresentano non solo un’esplorazione poetica del lutto, ma anche un abbraccio virtuale per chiunque stia affrontando una perdita.
Marzia Estini
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