STORIA- Pagina 49

In anteprima al cinema Massimo il documentario “Le valigie della storia”

Di Marina Piperno e Luigi Monardo Faccini

 

Il Museo Nazionale del Cinema di Torino, nell’ambito degli eventi che ricordano le vittime della Shoah, accoglie un’iniziativa a cura dell’Archivio Nazionale Cinematografico della Resistenza, in collaborazione con la comunità ebraica di Torino e il gruppo studi ebraici di Torino.

Domenica 28 gennaio, alle ore 18:00, presso la sala 3 del cinema Massimo, verrà proiettato “Le valigie della storia”, il docufilm inedito realizzato nel 2023 da Marina Piperno e Luigi Monardo Faccini, che racconta il commovente viaggio nella memoria storica di Marina, cominciato con il ritrovamento di alcune bobine Pathé girate dal 1931 al 1946 nell’immenso archivio personale del padre della regista. Salvaguardare le pellicole è la sfida e il pretesto per restituire la biografia di una carriera che affonda le radici nella lotta all’antisemitismo. Lo sguardo di Marina ripercorre il Novecento, secolo che l’ha vista protagonista, testimone, narratrice e attrice dall’infanzia nella comunità ebraica romana fino alle persecuzioni razziali del 1938 e alla clandestinità durante la guerra, per approdare alla vocazione di cineasta e produttrice coraggiosa, riconosciuta a livello nazionale e internazionale fin dagli esordi.

“Questo film nasce da due leve che da sempre ci hanno guidato nella nostra ricerca storica e antropologica – afferma Marina Piperno – la prima consistente nella convinzione che sia fondamentale raccogliere la memoria dell’accaduto, ma soprattutto versandola nella storia che l’aveva causata; la seconda consistente nella ricerca della documentazione fotografica che consente di afferrare gli avvenimenti del passato studiando in maniera accanita fino ai dettagli infinitesimi della lente di ingrandimento”.

La proiezione sarà preceduta dalla presentazione del libro della regista “Eppure qualcosa ho visto sotto il sole”. Marina Piperno e Luigi Monardo Faccini dialogheranno con Giovanni De Luna e Silvio Alovisio.

 

Museo Nazionale del Cinema, via Montebello 22, Torino

Telefono: 011 8138509

 

Mara Martellotta

27 gennaio, l’indelebile memoria della Shoah

Con vibranti parole il presidente Mattarella celebrò lo scorso anno il Giorno della memoria. “Mai più!” scandì il capo dello Stato nel salone del Quirinale con alle spalle la foto dei bambini aggrappati al filo spinato di Auschwitz.

Una denuncia forte di fronte al diffuso riemergere dell’antisemitismo, dell’intolleranza, del razzismo e del negazionismo. Disse Mattarella: “Mai più a uno Stato che calpesta libertà e diritti. Mai più a una società che discrimina, divide, isola e perseguita. Mai più a una cultura o a una ideologia che inneggia alla superiorità razziale, all’intolleranza, al fanatismo “. Potremmo aggiungere, senza pericolo di smentita, come italiani: mai più fascismo. Quest’anno il giorno dell’abbattimento dei cancelli del lager di Auschwitz, ricordando la Shoah, le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia e la morte nei campi di sterminio nazisti sterminio, verrà celebrato per la seconda volta con un governo di destra al potere. Tira una brutta aria nel paese. L’estrema destra italiana ha varcato la soglia delle istituzioni senza davvero fare i conti con il passato. Un grumo di silenzi, omissioni, frasi apparentemente isolate come quelle sulla banda musicale di semi-pensionati di via Rasella, le braccia tese nei saluti romani di Acca Larentia, le aggressioni verbali e un linguaggio sempre più violento sui social.  Un clima che, in tempo segnato dai conflitti tra l’est europeo e il medio oriente, dalle stragi di innocenti e dai venti di guerra che soffiano impetuosi ai quattro angoli del globo, si avvelena ogni giorno di più. Oltretutto persiste, e si rafforza, il tentativo sistematico di delegittimare la Resistenza, per erodere le basi storiche, morali, culturali e politiche della repubblica. Con frasi provocatorie, volute mistificazioni e manipolazioni della verità storica si crea un contesto che porta diritto a un negazionismo subdolo, insidioso. I dirigenti della destra dovrebbero dire con molta semplicità: si è democratici perché si è antifascisti. Altrimenti sembra continuamente che ci sia da parte loro una specie di ignavia, di equidistanza tra fascismo e antifascismo. Va bene affermare che “il fascismo è stato archiviato e consegnato alla storia” ma questo non può esimere dal dare un giudizio storico e politico. Non è un tema accademico, ma di assoluta attualità, perché presuppone la visione del mondo e della società che si ha. E guardando alle politiche concrete che la destra propone è palese la visione che ne ispira le azioni e i progetti. Tornando a Mattarella non è casuale il suo insistere sul valore della memoria senza concedere spazi a tentazioni di assurde equiparazioni o pacificazioni. Mattarella, nei suoi vari interventi, ha esaltato i giusti che salvarono gli ebrei ricordando però che ci fu anche chi invece consegnò per denaro gli ebrei ai nazifascisti. La Repubblica di Salò, sorta dopo l’8 settembre, era nei fatti alleata e complice dell’occupante nazista e, come più volte sottolineato dal Presidente della Repubblica, non si possono “dimenticare le sofferenze patite dai nostri militari, internati nei campi di prigionia tedesca, dopo il rifiuto di passare nelle file della Repubblica di Salò”. O quel novembre 1938, quando entrò in vigore il decreto legge numero 1728 voluto dal fascismo: le famigerate leggi razziali. Una storia dolorosa che ha dei padri politici perché la storia non è neutra. Mattarella citò Bertolt Brecht: “Non incolpare il destino, o donna! Le potenze oscure che ti dilaniano hanno un nome, un indirizzo, un volto “. Parole chiarissime, indelebili, scolpite nel tempo. Ricordare e trasmettere la memoria è un impegno arduo, difficile quanto indispensabile. Particolarmente oggi, in una società che vive un perenne presente ed è dominata dalla velocità. Non bastano le parole tradizionali, le vecchie modalità di comunicare questi valori, la ripetitività e l’ossificazione di gesti rituali. Il rischio è che momenti così importanti non trovino risposte efficaci quando ci si trova di fronte al difficile compito di raccontare ai giovani e ai giovanissimi questa parte della storia, questo passato spesso percepito come distante, poco decifrabile. Qui è la sfida di un’intera comunità democratica che deve assumersi il carico di trasmettere la memoria, realtà indispensabile per orientarsi e compiere scelte decisive per l’oggi. Chi ha pubbliche responsabilità deve assumersi seriamente quest’onere ricordando che democrazia, libertà, antifascismo sono i valori fondanti della repubblica e appartengono non ad alcuni, ma a tutti gli italiani.

Marco Travaglini

Il Museo delle Ferrovie dello Stato a Porta Nuova

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Apertura straordinaria, domani, sabato 27 gennaio 2024, dalle ore 9.30 alle 12.30 e dalle ore 14 alle 17.30, nei locali che si affacciano sul binario numero 20, a fine pensilina, della stazione di Porta Nuova, del Museo Ferroviario di Torino P.N.

 

Un museo dedicato all’ingegnere Riccardo Bianchi, il primo direttore generale delle Ferrovie dello Stato nel 1905, quando Giolitti realizzò l’unificazione delle varie reti private trasformandole in un unico soggetto pubblico.

Dedicato all’oggettistica per la circolazione dei treni, la tariffazione dei biglietti e tante altre curiosità tutte da scoprire custodisce anche alcuni rari e preziosi progetti riguardanti le linee d’oltre Oceano ed una biblioteca che annovera testi storici e libri specifici dell’Ottocento e del Novecento che descrivono mezzi, tragitti, stazioni e linee ferroviarie. Sabato ed anche domenica 28, in via Sacchi 63, al primo piano del DopoLavoro Ferroviario è inoltre possibile visitare il grande plastico con 20 treni e ben 260 metri di binari in miniatura.

Igino Macagno

Anche i Testimoni di Geova furono tra i perseguitati dal nazismo

Riceviamo e pubblichiamo – Il 27 gennaio 2024 ricorre il Giorno della Memoria, che commemora le vittime dell’Olocausto. La data scelta corrisponde all’anniversario della liberazione di Auschwitz-Birkenau, il più grande campo di concentramento e sterminio nazista.

Il Giorno della Memoria è stato istituito per informare il pubblico sull’Olocausto e commemorare ufficialmente tutte le vittime del regime nazista. Tra queste si contano 6 milioni di ebrei e milioni di altre persone, tra cui polacchi, slavi, rom e sinti, omosessuali e persone con disabilità.

Un altro gruppo che è stato vittima di persecuzione sono i Testimoni di Geova.

Il professor Detlef Garbe, ex direttore del Memoriale del campo di concentramento di Neuengamme, ha spiegato: “I testimoni di Geova, che nel Terzo Reich subirono un’implacabile persecuzione, sono tra le cosiddette vittime dimenticate del regime nazista. Per decenni sono stati ignorati […] nonostante il fatto che un considerevole numero di testimoni di Geova subì persecuzione e morte”.

I Testimoni furono oppressi perché si rifiutarono di imbracciare le armi o di conformarsi all’ideologia nazista dell’odio.

I testimoni di Geova erano l’unico gruppo cristiano sotto il Terzo Reich a essere contrassegnato da un simbolo specifico per i prigionieri: il triangolo viola. Erano perseguitati solo sulla base delle loro convinzioni religiose”, dice Daniele Clementi, portavoce dei Testimoni di Geova. “I nazisti offrirono loro la libertà se avessero rinunciato alla loro fede e avessero sostenuto il regime. Eppure hanno avuto il coraggio di attenersi ai valori cristiani: la lealtà a Dio e l’amore per il prossimo”.

Alcune statistiche sulla persecuzione dei Testimoni di Geova sotto il regime nazista:

  • Dei circa 35.000 Testimoni che si trovavano nell’Europa occupata, circa 13.400 furono vittime della persecuzione nazista.

  • Circa 11.300 persone furono arrestate.

  • Circa 4.200 furono mandati nei campi di concentramento.

  • Più di 1.250 testimoni di Geova vittime della persecuzione nazista erano minorenni.

  • Circa 600 figli di testimoni di Geova furono sottratti ai loro genitori dal governo nazista.

  • Almeno 72 testimoni di Geova furono uccisi con l’eutanasia.

  • Almeno 548 Testimoni, alcuni dei quali minorenni, morirono per esecuzione o omicidio volontario.

  • In totale circa 1.600 Testimoni persero la vita a causa della persecuzione nazista.

  • Si stima che circa 6.000 Testimoni fossero detenuti in prigioni o campi di concentramento durante il periodo dell’Olocausto.

Per saperne di più sui Testimoni di Geova, visitate jw.org. Tutti i contenuti sono gratuiti e non è richiesta alcuna registrazione.

Sei opere settecentesche di Pietro Domenico Olivero approdano al Duomo di Torino

Presso il Duomo di Torino, giovedì 25 gennaio, verranno presentate sei opere settecentesche di Pietro Domenico Olivero, frutto di un restauro, la cui mostra inaugurerà domenica 28 gennaio prossimo nella sede del Duomo di Torino. Si tratta di sei oli su tela che sono parte dell’arredo della Chiesa di San Tommaso e che verranno straordinariamente esposte in Duomo fino all’11 febbraio prossimo.

Pittore di corte dei Savoia, Pietro Domenico Olivero (Torino, 1 agosto 1679 – Torino, 13 gennaio 1755) è stato anche oggetto di una mostra a Moncalvo. Per comprenderne appieno l’arte è necessario considerare lo scenario storico, politico e sociale del tempo in cui visse. All’ombra delle vicissitudini del Marchesato del Monferrato, passate attraverso l’esaurirsi della dinastia dei Gonzaga, l’amicizia e inimicizia tra Monferrato e Spagna, le guerre e l’avvento dei Savoia, in quegli anni vi fu un grande risveglio culturale di cui Olivero fu attento indagatore della realtà, “che sapeva trasfigurare in modo poetico”, ha citato il critico d’arte Alberto Cottino, paragonandolo per certi aspetti al Lissandrino.

“Gli schizzi poetici più importanti di questo artista sono quelli che riproducono le madri con i propri figli, i poveri e il mondo dei vinti, una realtà che Pietro Domenico Olivero riproduceva con grande dignità”.

 

Mara Martellotta

A Palazzo Madama un pomeriggio dedicato ai capolavori della miniatura fiamminga

Giovedì 25 gennaio 2024

ore 15.00

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica

Sala Feste

Piazza Castello, Torino

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica propone, in collaborazione con il Dipartimento di Studi Storici dell’Università degli Studi di Torino, giovedì 25 gennaio alle ore 15, un pomeriggio dedicato ai capolavori della miniatura fiamminga del museo.

Dal 2020 il Museo Civico sta lavorando, in collaborazione con l’Università di Torino, alla schedatura, campagna fotografica e studio della propria collezione di codici miniati e miniature ritagliate.

La conferenza apre una finestra sul mondo fiammingo, le cui opere – caratterizzate da una descrizione lenticolare della realtà – tanto influirono sulla produzione figurativa tra Piemonte e Savoia nel XV e XVI secolo.

Le collezioni del Museo Civico d’Arte Antica di Torino comprendono diversi capolavori della miniatura degli antichi Paesi Bassi borgognoni, il più famoso dei quali è senza dubbio il manoscritto delle Ore Torino-Milano. Si prenderà quindi in considerazione la situazione degli studi dopo la pubblicazione del facsimile nel 1996 e l’imponente commento scritto per l’occasione da Anne H. Van Buren. Mentre fino a quel momento sembrava esserci un sostanziale consenso a favore dell’identificazione della mano G come quella di Jan van Eyck, da allora si è cominciato a mettere in discussione questa ipotesi. Inoltre, la pubblicazione di fotografie ad alta risoluzione delle pagine miniate del manoscritto sul sito Closer to Van Eyck, ospitato dall’Institut Royal du Patrimoine Artistique (IRPA, Bruxelles), ha riacceso le discussioni tra gli specialisti. Si affronterà anche la delicata questione delle ridipinture, che distorcono la percezione delle miniature.

Un altro manoscritto affascinante è il Libro d’Ore 446/M, attribuito dagli anni Settanta al pittore e miniatore di Valenciennes Simon Marmion. L’estetica dello “spazio perduto”, con numerose pagine bianche e bordi vuoti, è tipicamente borgognona, così come l’uso della grisaille. Il manoscritto contiene stemmi parzialmente cancellati, che sono riconducibili alla famiglia dei Rolin, grandi servitori dello Stato borgognone.

Infine, si esamineranno due Libri d’Ore di fattura più modesta, realizzati a Bruges negli anni Sessanta del Quattrocento da miniatori della cerchia di Willem Vrelant.

Dominique Vanwijnsberghe ha conseguito il dottorato in storia dell’arte (Katholieke Universiteit Leuven, 1996) ed è responsabile di ricerca presso l’Institut Royal du Patrimoine artistique (IRPA, Bruxelles), dove dirige l’unità di ricerca sulla storia dell’arte e sugli inventari all’interno del dipartimento di documentazione. È stato Visiting Fellow all’Università di Princeton (1997-1998), alla Ruprecht-Karls-Universität di Heidelberg (2003-2004) e alla Section des Sources iconographiques dell’Institut de Recherche et d’Histoire des Textes (CNRS, Parigi/Orléans) (2009). Ha ottenuto l’abilitazione a dirigere la ricerca dall’Università di Lille-III nel 2011. È membro effettivo dell’Académie Royale d’Histoire de l’Art et d’Archéologie de Belgique. I suoi ambiti di specializzazione sono la pittura e la miniatura tardo-medievali nei Paesi Bassi meridionali e la ricezione dell’arte medievale nel periodo moderno.

*Didascalia foto: Miniatore fiammingo, Preghiera nell’orto di Getsemani.

Dalle Très Belles Heures de Notre-Dame de Jean de Berry, codice noto anche come Heures de Turin-Milan, 1380-1450.

Tempera e oro su pergamena, 29,5 x 21,3 cm (con la legatura). Dalla collezione Trivulzio.

Ceduto dalla Città di Milano, 1935

Ingresso libero fino a esaurimento posti

“Vivolibro 2024”. Si riparte con la “Giornata della Memoria”

A Monforte d’Alba, torna a marciare il progetto della “Fondazione Bottari Lattes” rivolto al mondo della scuola

Martedì 23 gennaio, ore 10

Monforte d’Alba (Cuneo)

Progetto biennale rivolto alle scuole, “Vivolibro” è nato nel 2012 a Monforte d’Alba, per volontà della “Fondazione Bottari Lattes”, guidata dal 2009 da Caterina Bottari Lattes e dedicata alla memoria del marito Mario Lattes (pittore, scrittore, editore e fra i più raffinati intellettuali del Novecento), con l’ obiettivo di “formare giovani lettori attraverso eventi culturali e laboratori didattici”. Giunto quest’anno alla sua settima edizione, dal “Progetto” non ci si poteva aspettare un avvio più importante e di così viva (sempre) attualità. I primi due appuntamenti dell’anno si svolgono infatti nell’ambito della Giornata della Memoria (indicata a livello internazionale dalle “Nazioni Unite” nel giorno 27 gennaio di ogni anno, a ricordo della data – 27 gennaio 1945 – in cui venne liberato il campo di sterminio nazista di Auschwitz) e vedono la partecipazione degli studenti e delle studentesse della “Scuola Secondaria di Primo Grado” di Monforte d’Alba.

Martedì 23 gennaio al “Teatro Comunale” di Monforte (via della Chiesa) sarà proiettato il film documentario “Chi scriverà la nostra storia”, diretto dalla pluripremiata regista americana Roberta Grossman, tratto dall’omonimo libro dello storico Samuel Kassov. Nel film viene narrata la storia vera di una compagnia segreta composta da giornalisti, ricercatori e capi della comunità formatasi nel 1940 nel “Ghetto di Varsavia”. Guidato da Emanuel Ringelblum (storico polacco di origine ebraica) , il gruppo combatté la propaganda dei nazisti non con le armi, ma con carta e penna. Insieme composero un “archivio” preziosissimo e insieme spaventoso, in cui si trova la cronaca della Shoah, la graduale distruzione di un popolo.

Giovedì 25 l’“Auditorium” della Fondazione ospiterà, restando in tema, l’incontro con la professoressa Elena Ravina (Docente di Lettere della “Scuola di secondo grado” di Monforte), che sarà in dialogo con gli studenti e la giornalista de “La Stampa” di Cuneo, Daniela Scavino a partire dal suo manoscritto sul tema dell’“Olocausto”. Dopo aver visitato la “Risiera di San Sabba” a Trieste (ex- Opificio, utilizzato dopo l’occupazione nazista come campo di prigionia provvisorio per i militari italiani catturati dopo l’8 settembre ’43 e in seguito trasformato in “Polizeihaftlager” – “Campo di detenzione e di polizia”) e soprattutto il “Lager di Mauthausen”, nell’alta Austria, l’autrice ha deciso di raccontare attraverso la vicenda del protagonista, Pietro, un personaggio di finzione, la storia delle tante persone che hanno realmente vissuto i soprusi e le privazioni di cui si tratta nel libro. Nel corso della presentazione verranno letti alcuni estratti.

prossimi appuntamenti di questa settima edizione di “Vivolibro”, il cui tema sarà la sostenibilità ambientale”, si terranno in primavera.

Per info“Fondazione Bottari Lattes”, via G. Marconi 16, Monforte d’Alba (Cn); tel. 0173789282 o www.fondazionebottarilattes.it

g.m.

Nelle foto:

–       Immagine guida “Vivolibro”

–       “Fondazione Bottari Lattes”

–       Elena Ravina

Liberty Torino capitale, tre passeggiate guidate in città alla scoperta del liberty torinese

In concomitanza con la mostra 

 

La mostra a Palazzo Madama, nelle sale del Museo Civico d’Arte Antica, dal titolo “Liberty . Torino capitale” ha come corollario tre percorsi alla scoperta del liberty a Torino, ovvero tre passeggiate guidate in città che presentano tre aree fortemente caratterizzate da costruzioni sorte durante il periodo del liberty, con esempi di edifici destinati sia a residenza, sia all’istruzione e alla produzione.

Il primo itinerario, intitolato “Liberty in borgo Crimea” vedrà una visita giovedì 14 marzo alle 14.30 e domenica 14 aprile alle 10.30 nell’antico borgo precollinare che vide il suo sviluppo verso la fine del Novecento, specialmente dopo la costruzione del ponte sul Po, dedicato a Umberto I, in occasione dell’Esposizione del 1911. Lungo corso Fiume e le vie adiacenti vennero costruite numerose residenze dell’alta borghesia, con connotazioni liberty ancora oggi ben evidenti.

Il ritrovo sarà in corso Fiume angolo corso Moncalieri.

Venerdì 26 gennaio alle 14.30, domenica 25 febbraio alle 10.30 e venerdì 5 aprile alle 15, con ritrovo in via Cernaia davanti al monumento a Pietro Micca, angolo corso Galileo Ferraris, sarà la volta della visita al nuovo quartiere al posto della Cittadella, all’indomani della cui demolizione Torino conobbe una rapida espansione urbana nell’area vicino al Maschio, che fu salvato dalla distruzione. Nel nuovo quartiere sorsero scuole e palazzi dapprima secondo il modello Umbertino, successivamente con spiccati riferimenti al Liberty.

Giovedì 1 febbraio alle 14.30, venerdì 22 marzo alle 14.30 e giovedì 9 maggio alle 15, vi sarà la visita alla Palazzina Lafleur e la bizzarria del nuovo stile liberty.

La zona intorno all’attuale piazza Peyron e la parte terminale di corso Francia presentano una serie di edifici ispirati allo stile del primo Novecento, con abitazioni e stabilimenti che vennero costruiti secondo quello stile floreale che troverà nella fantasia di Pietro Fenoglio il suo principale interprete, come nella celebre palazzina all’angolo di corso Francia Fenoglio-la Fleur.

Il ritrovo è in piazza Peyron angolo via Bagetti, con gruppi al massimo di 25 persone, per la durata del percorso di visita di 2 ore.

Info e prenotazione 0115211788

Mara Martellotta

L’omaggio di Torino a Giuseppe Mazzini

Alla scoperta dei monumenti di Torino / Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo

Collocato in via Andrea Doria, angolo via Dei Mille, precisamente sullo spiazzo di confluenza tra le due vie, Giuseppe Mazzini viene raffigurato in una scultura bronzea, seduto in atteggiamento pensoso, avente una mano poggiata a sostenere il capo e l’altra su un pastrano adagiato sulle gambe. Il piedistallo lapideo è ornato da simboli della classicità rappresentati superiormente da due tripodi, collocati ai lati della statua e inferiormente, da pannelli bronzei disposti in sequenza. Nel pannello centrale è rappresentata la lupa capitolina nell’atto di allattare i gemelli, in riferimento alla Repubblica Romana, mentre sui restanti prospetti figurano corone di lauro che circondano i nomi dei principali sostenitori di Mazzini. Il sottostante basamento presenta, anteriormente, dei gradini simmetrici in ascesa verso la scultura. Nato a Genova il 22 giugno 1805 (quando Genova era ancora parte della Repubblica Ligure annessa al Primo Impero Francese), Mazzini è stato un patriota, uomo politico, filosofo e giurista italiano. Costituì a Marsiglia nel 1831 la Giovine Italia, fondata sui principi di “Dio e popolo” e “pensieri e azioni” volti a promuovere l’indipendenza della penisola dagli stati stranieri e la costituzione dell’Italia fondata sui principi della repubblica. Anche se osteggiato dal protrarsi dell’esilio forzato e dai contrasti in patria con la ragione di stato (promossa da Camillo Benso Conte di Cavour e da Giuseppe Garibaldi), Mazzini perpetuò il suo impegno politico che contribuì in maniera decisiva alla nascita dello Stato Unitario Italiano.

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Nello stato riunificato risiedette nell’ultimo decennio della sua vita come “esule di patria”, sotto falso nome; morì a Pisa il 10 marzo del 1872. In Torino come in altre numerose città della nazione, quale atto di riconoscimento al suo impegno, fu eseguito postumo il monumento in suo onore. Per quanto riguarda la città di Torino, nell’intenso programma delle manifestazioni svolte nella città per il giubileo dell’Unità d’Italia, nel 1911, venne istituito un apposito Comitato per erigere un monumento in memoria di Giuseppe Mazzini, distintosi come uno dei principali rappresentanti del Risorgimento italiano. L’iniziativa, promossa dalla Sezione Repubblicana Torinese, sorse in concomitanza alla ricorrenza del quarantesimo anniversario dal decesso del patriota genovese, di cui erano in corso i preparativi per le celebrazioni. Il Comitato sottopose all’Amministrazione comunale la domanda di aderire all’iniziativa ma la proposta venne osteggiata in quanto, si affermava, fosse avanzata da un gruppo partitico; per non pregiudicare l’esito della richiesta venne costituito un nuovo Comitato dichiarante l’estraneità ad ogni questione politica. Nel 1913 l’istanza di questo nuovo Comitato venne favorevolmente accolta dal Consiglio Comunale. Assunse l’incarico per l’ideazione del complesso scultoreo, Luigi Belli, docente presso la regia Accademia Albertina di Belle Arti ed esecutore di significative opere nella città. Belli accettò l’incarico senza richiedere alcun compenso per la sua attività (consapevole forse che sarebbe anche stata la sua ultima opera data l’avanzata età) ma domandò unicamente il rimborso per le spese sostenute nella realizzazione della proposta.

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Nonostante la rinuncia dell’artista, il bozzetto dell’opera venne approvato stimando un importo considerevolmente superiore a quello stabilito per l’esecuzione del monumento, quindi per arginare i limiti economici incorsi, l’Amministrazione concesse una agevolazione per il pagamento del dazio sui materiali, contrattò con il Ministro della Guerra in Roma per l’acquisizione del bronzo necessario ad un prezzo agevolato, mentre il Comitato promosse una pubblica sottoscrizione presso municipi, istituti civili e militari nazionali. Successivamente i modelli in creta a scala reale della statua e di un altorilievo, furono inviati alla fonderia scelta dal Belli, con sede presso Milano, per eseguirne la fusione in bronzo; la statua bronzea ed il relativo modello in gesso, vennero recapitati a Torino, su un carro ferroviario atto al trasporto speciale, l’11 maggio 1917. Il complesso scultoreo fu posto in opera, nonostante fosse privo dell’altorilievo rappresentante la “Libertà” (non consegnata forse a causa di un compenso non corrisposto dal Comitato), figurando ugualmente come un altare alla repubblicana libertà. L’inaugurazione della scultura commemorativa dedicata a Mazzini si svolse il 22 luglio 1917. La cerimonia del monumento si celebrò in presenza di autorità nazionali e cittadine, in una città dall’atmosfera poco festosa a causa della popolazione mobilitata sui fronti della Prima Guerra Mondiale. Oggi il plumbeo monumento si erge fiero in mezzo a quella che è diventata una delle piazzette pedonali della città più “bazzicate” dai giovani, che hanno fatto della maestosa scultura e dei gradoni perimetrali del suo basamento, uno spontaneo ed appartato punto di ritrovo.

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(Foto: www.museo.torino.it)

Simona Pili Stella