STORIA- Pagina 26

Gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

10 – 16 maggio 2024

 

VENERDI 10 MAGGIO

 

Venerdì 10 maggio ore 18:00

LE FORZE CHE CI ORIENTANO

GAM – Evento conclusivo per “Accademia della Luce” – Luci d’Artista 2023

Il 10 maggio alle ore 18.00 in piazza Carlo Alberto si conclude il progetto Le forze che ci orientano del Dipartimento Educazione GAM per la XXVI edizione di Luci d’Artista.

Le cinque classi coinvolte, degli Istituti Gino Strada, Carlo Collodi, Russell Moro e Aldo Passoni, agiranno la poesia di Francesco Balsamo attraverso un coro poetico orchestrato da Alessandra Racca. I ragazzi con i taccuini realizzati dall’Archivio Tipografico saranno disposti lungo le direzioni dei punti cardinali segnati dall’installazione luminosa Orizzonti di Giovanni Anselmo, in un’azione collettiva dal forte impatto visivo. In questa occasione saranno distribuiti i testi realizzati dagli studenti, sulle quattro parole chiave emerse durante i laboratori.

Tutte le info: https://www.gamtorino.it/it/evento/le-forze-che-ci-orientano-accademia-della-luce/

 

SABATO 11 MAGGIO

 

Sabato 11 maggio ore 11

IL CONCERTO DEL SABATO

Palazzo Madama – con l’orchestra del Liceo Classico Musicale C. Cavour

Nell’ambito della mostra Liberty. Torino Capitale i Servizi Educativi di Palazzo Madama presentano il concerto a cura delle classi della sezione musicale del Liceo C. Cavour di Torino, che immergerà il pubblico nelle musiche prodotte a cavallo di Otto e Novecento, con una riscoperta della musica da camera.

Il programma presenterà ascolti tratti dalla musica europea, in un excursus che va dal Barocco all’Ottocento.

Ingresso gratuito fino a esaurimento posti disponibili

 

Sabato 11 maggio ore 16

IL CONO D’OMBRA: DOVE TERMINA LA DEMOCRAZIA E INIZIA LA CENSURA

MAO – conferenza nell’ambito del festival Exposed

Nell’ambito della prima edizione del festival EXPOSED, il MAO propone una talk con Shahidul Alam, fotoreporter, insegnante e attivista sociale bengalese, e Yasmine Eid-Sabbagh, artista e attivista franco-libanese, che si confronteranno con Davide Quadrio sui temi della libertà e della censura in ambito artistico e sul percorso di rapido cambiamento di significato del binomio democrazia=libertà: se il concetto di libertà sembra sgretolarsi e corrodersi progressivamente, messo in crisi dall’inarrestabile ascesa dell’equazione libertà=privilegio, l’autonomia di pensiero può essere esercitata unicamente entro limiti chiaramente stabiliti e saldi.

Il dialogo si snoderà attraverso riflessioni che hanno a che vedere con il mondo post globale, con le possibili pratiche di resistenza sul campo, con le aree di libertà espressiva e lo sviluppo di modelli artistici e intellettuali che provengono da contesti sociali, culturali e politici non propriamente democratici e non occidentali.
Quali sono le implicazioni che questo spostamento d’asse democratico comporta e quali rivelazioni ci attendono?

La necessità di un confronto su tali tematiche nasce da due eventi che hanno visto coinvolti Alam ed Eid-Sabbagh e che hanno segnato uno spartiacque fra un prima e un dopo, dando vita a un cambiamento antropologico particolarmente evidente e rilevante.

Nel 2023 Yasmine Eid-Sabbagh è stata fra i partecipanti a documenta 15, curata dal collettivo Ruangrupa, manifestazione al centro di una crisi provocata dalla messa in discussione della libertà espressiva e artistica senza precedenti dal secondo dopoguerra a oggi; Shahidul Alam avrebbe invece dovuto essere uno dei curatori della Biennale di fotografia 2024 in Germania: l’appuntamento è stato cancellato a causa delle posizioni pro-Palestina dello stesso Alam.

In occasione dell’incontro, all’interno del t-space, al MAO verrà presentata in un’ottica archivistica e documentale la loro pratica artistica: non una vera e propria mostra, quanto piuttosto un tentativo di avvicinare il pubblico a due modalità differenti di fare arte e attivismo politico.
Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

Sabato 11 maggio ore 16

INCONTRO CON COSTANTINO D’ORAZIO

Palazzo Madama – appuntamento nell’ambito del Salone OFF – in collaborazione con Piemme editore e Il Battello a Vapore

Anteprima della pubblicazione del nuovo libro “Detective dell’arte”.

Cosa ci fa un drago tenuto al guinzaglio da una principessa? Perché Michelangelo ha raffigurato Mosè con le corna? Come mai Venere sta in piedi su una conchiglia in mezzo al mare?

Ogni opera d’arte è un mistero da svelare, pieno di indizi da analizzare e investigare per capire le intenzioni dell’artista, la sua tecnica e la sua epoca. Grazie alla capacità divulgativa dell’autore indagheremo opere di Michelangelo, Caravaggio, Pollaiolo, Dürer, Botticelli, Picasso, Monet e tanti altri, in un viaggio artistico appassionante come un giallo.

Storico dell’arte, scrittore e professore, nei suoi libri racconta agli appassionati le vite dei più grandi artisti e i segreti nascosti nelle loro opere. Tra gli altri, ha scritto Caravaggio segretoLeonardo svelatoRaffaello segreto, Michelangelo. Io sono fuocoIl mistero Van Gogh (tutti pubblicati da Sperling & Kupfer). Potete vederlo in tv su Raiuno e Rainews24 oppure seguirlo su Instagram (@costantinodorazio).

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

DOMENICA 12 MAGGIO

 

Domenica 12 maggio ore 15:00

APRITI MUSEO!

Gam – Attività per le famiglie in occasione dei Kid Pass days

In occasione dei Kid Pass Days la GAM accoglie le famiglie nelle proprie sale proponendo un’attività dedicata ai bambini.

Il percorso di visita all’interno delle collezioni del ‘900 permetterà di approfondire il lavoro che da anni il museo porta avanti nel campo dell’accessibilità e dell’apertura della cultura ad ogni individuo rivolgendosi a un pubblico il più ampio possibile, per età e abilità, con una particolare attenzione alle persone con difficoltà sensoriali. A questo scopo verranno utilizzate le 10 schede multisensoriali finanziate dalla Fondazione CRT e realizzate come progetto nell’ambito del workshop itinerante “Operatori museali e disabilità” sostenuto e ideato con la Fondazione Paideia. Attraverso accorgimenti di natura multimediale e multisensoriale, questi 10 supporti sono in grado di comunicare l’opera d’arte in modo semplice e inclusivo e diventeranno il punto di partenza per una visita che coinvolgerà i bambini in modo inusuale.

Durante l’attività pratica nelle sale dell’Educational Area i bambini saranno chiamati a realizzare lavori multisensoriali lasciandosi ispirare da quanto sperimentato durante la visita guidata, un modo per ragionare sulle molteplici possibilità di fruizione delle opere d’arte.

Costo bambini: Euro 7 (biglietto d’ingresso al museo gratuito)

Costo aggiuntivo: adulti accompagnatori biglietto di ingresso ridotto; gratuito per i possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte e Valle d’Aosta

Informazioni e prenotazioni: 011 5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

 

Domenica 12 maggio ore 16.30

TRA ANTICHI RACCONTI E PREZIOSI MANOSCRITTI. Suggestioni letterarie nelle collezioni del MAO

MAO – visita guidata a cura di Theatrum Sabaudiae in occasione del Salone del Libro

I visitatori verranno guidati in un itinerario dedicato all’ambito letterario, ai libri e alla scrittura attraverso alcune testimonianze presenti in museo, a partire dai miti e racconti evocati dalla statuaria che si incontra nella collezione dell’Asia Meridionale e Sud-est Asiatico, passando per i riferimenti letterari legati alla collezione cinese, curiosando tra le colorate xilografie nella galleria dedicata al Giappone, fino alle raffinate pagine di manoscritti finemente decorati della Regione Himalayana e dei Paesi Islamici dell’Asia. Il percorso propone ai partecipanti una particolare chiave di lettura delle collezioni permanenti del MAO raccontando le opere che meglio esemplificano la relazione tra i mondi dell’immagine e della parola nelle diverse culture dell’Asia rappresentate in museo.

Info e prenotazioni: 011.5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com (da lunedì a domenica 9.30 – 17.30)

Costo: 6 € a partecipante

Costi aggiuntivi: biglietto di ingresso al museo; gratuito per possessori di Abbonamento Musei.

Appuntamento 15 minuti prima dell’inizio.

 

 

GIOVEDI 16 MAGGIO

Giovedì 16 maggio ore 16:30

AL MAO SI PRESENTANO I PRIMI RISULTATI DEL PROGETTO ASBA DEDICATO AL BENESSERE MUSEALE

MAO – conferenza

Il MAO ospita la conferenza di presentazione di ASBA (Anxiety, Stress, Brain-Friendly Museum, Approach – il museo alleato del cervello contro ansia e stress), progetto interdisciplinare volto alla promozione del benessere del personale museale.

Durante l’incontro verranno presentati i risultati emersi dallo studio sperimentale coordinato da Annalisa Banzi del Centro di Studi sulla Storia del Pensiero Biomedico (CESPEB) e svolto – con la collaborazione del personale del MAO negli spazi del museo – da un team di ricercatori dell’Università degli Studi di Milano e dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca insieme a istruttori certificati.

È ormai noto e scientificamente provato che i musei offrano grandi benefici ai visitatori: frequentare un museo permette infatti di alleviare lo stress e l’ansia, di ridurre l’isolamento sociale, di aumentare il livello di autostima.

Per le loro proprietà terapeutiche però, gli spazi culturali possono e devono essere messi al servizio anche di chi lavora al loro interno: la creazione di un ambiente accogliente e stimolante anche per il personale è uno degli obiettivi del Progetto ASBA.

Ingresso libero fino a esaurimento posti.

Interverranno:

Davide Quadrio, Direttore Museo d’Arte Orientale

Claudio Lucchiari, Psicologo e Docente presso Università degli Studi di Milano

Lorenza Guidotti, Insegnante di Mindfulness e Giornalista di Starbene

Michela Rolandi, Arte Terapeuta

Maria Elide Vanutelli, Psicologa, Istruttrice di yoga e Ricercatrice presso Università degli Studi di Milano-Bicocca

Giulio Corrado, Psicoterapeuta

Annalisa Banzi, Storica dell’arte e Ricercatrice presso Centro di Studi sulla Storia del Pensiero Biomedico (CESPEB)

 

 


Theatrum Sabaudiae
 propone visite guidate in museo
alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.
Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html

Il Piemonte che non c’è più, 25 luoghi da non dimenticare

Era uno splendore di fronte al Duomo di Torino con un elegante porticato lungo 60 metri chiamato Palazzo dei Portici. Era Palazzo Richelmy, casa natale del cardinale Agostino Richelmy, gioiello barocco del Seicento, costruito da Carlo di Castellamonte. Nel 1937 si decise purtroppo di demolirlo per trasformarlo, negli anni Sessanta, nell’attuale Ufficio tecnico dei Lavori pubblici del Comune di Torino. Molti torinesi lo chiamano “Palazzaccio” per il forte contrasto con l’ambiente urbanistico circostante, davanti alla facciata della Cattedrale e per l’impatto estetico assai mediocre. Forse sarebbe stato meglio ricostruirlo com’era. Ma quello del “Palazzo Richelmy” è solo uno dei tanti esempi di importanti monumenti storici del Piemonte che non ci sono più o che per vari motivi sono stati abbandonati. Nella nostra regione ce ne sono tanti, dal Castello di Mirafiori a Torino al forte della Brunetta a Susa, dalla Grande Galleria di Carlo Emanuele I alle fortezze di Cuneo e ancora dal Castello di San Giulio d’Orta all’antica chiesa Santa Maria di Piazza di Casale. Simone Caldano, novarese, docente di storia dell’architettura e dell’urbanistica, scrittore e autore di numerose pubblicazioni, racconta nel suo libro “ Il Piemonte che non c’è più”, Edizioni del Capricorno, la storia di 25 edifici scomparsi in Piemonte tra cui chiese e monasteri, castelli e fortezze, regge e molto altro. Ecco alcuni esempi riportati nel volume.
Quant’era bella a Chieri la chiesa di Sant’Andrea. Nell’area occupata dall’edificio dell’ex scuola di via Tana è stato realizzato un parco e durante i lavori sono affiorati tratti di muratura riconducibili alla chiesa di Sant’Andrea, capolavoro progettato da Filippo Juvarra nella prima metà del Settecento e distrutto in età napoleonica. Sant’Andrea era il cuore di un monastero fondato nel Duecento dalle monache cistercensi a ridosso delle mura cittadine. Le monache lasciarono il monastero con le soppressioni del 1802 e la chiesa fu demolita alcuni anni dopo per ordine del governo napoleonico. L’edificio religioso superstite passò varie volte da un proprietario all’altro finché negli anni Sessanta il Comune di Chieri distrusse l’antico monastero per far posto a due scuole. E che dire della cattedrale di Santa Maria a Novara, risalente al IV secolo, più volte distrutta e ricostruita. Abbattuta e rifatta nel 1100, la chiesa fu restaurata a partire dal Quattrocento. Nel Settecento, su progetto di Benedetto Alfieri, fu restaurata in stile barocco mantenendo però le strutture originarie. Verso la metà dell’Ottocento Alessandro Antonelli pianificò la realizzazione della nuova cattedrale ma il progetto rimase del tutto incompleto. C’era una volta la Cittadella di Cuneo, una fortezza quasi inespugnabile, che, tra ‘500 e ‘700, respinse cinque assedi e si arrese al sesto assalto. Poi arrivò Napoleone che il 2 luglio 1800 cominciò l’abbattimento delle secolari difese della “città degli assedi”. La città fortificata con la sua cinta muraria che incorporava l’attuale Cuneo Vecchia sparì e “da quel momento non fu più il fulcro di una resistenza armata contro gli eserciti nemici e dove sorgevano i bastioni furono aperti nuovi viali e giardini”. Dalle rovine del passato nacque la nuova Cuneo. “E dire che in precedenza Cuneo era percepita proprio come una fortezza e non come un centro urbano”.
Ecco cosa resta del Castello tardo-medioevale di Verzuolo, a pochi chilometri da Saluzzo, dopo il crollo di gran parte di una torre nel 1916. Una triste fine e un disastro che causò anche la perdita dell’archivio del castello con la storia dei rapporti tra i marchesi locali, i Savoia e i re di Francia. Nel 1938 vennero demolite la rimanente torre quadrata, detta la Torre dell’Orologio, la torre del Belvedere e tutta l’ala, facendo così sparire tutta la facciata più bella del Castello. In seguito il maniero fu spogliato di tutti gli arredi, dei camini e anche della ricca fontana. Il degrado del castello portò negli anni successivi a nuovi crolli e demolizioni di gran parte della porzione meridionale dell’edificio. Da un anno il castello di Verzuolo ha un nuovo proprietario che ha l’intenzione di ristrutturarlo parzialmente e trasformarlo in una location, speriamo bene! A Casale invece una chiesa antica è stata distrutta per allargare il mercato mentre a Pinerolo la Cittadella fortificata, di grande importanza strategica, che inglobava l’attuale centro storico è andata perduta per sempre.
E si potrebbe continuare a lungo sfogliando le pagine del libro di Caldano. Si tratta in buona sostanza di un patrimonio perduto ma di cui oggi è importante conservare la memoria. È quello che Simone Caldano ha fatto nelle 178 pagine del suo volume. “La qualità degli edifici distrutti, annota l’autore, può suscitare una naturale indignazione e la comprensione delle circostanze nelle quali sono stati rasi al suolo richiederà uno sforzo di contestualizzazione, non così immediato agli occhi di un cittadino del XXI secolo. Ma ne varrà la pena: anche così s’impara a valorizzare i tesori che ancora ci circondano e a non ripetere gli errori del passato”.                            Filippo Re
Nelle foto
copertina libro “Il Piemonte che non c’è più, 25 luoghi da non dimenticare”, Simone Caldano, Edizioni del Capricorno
Palazzo Richelmy e il “Palazzaccio”,  piazza San Giovanni a Torino
Disegno che rappresenta Cuneo durante l’assedio del 1557

Castello di Saffarone, il maniero riservato di Torino

Da cascina agricola a dimora aristocratica.

A Torino, cosi’ come nel Piemonte intero, lo scenario  e’arricchito da splendidi castelli e proprieta’ gentilizie che ne fanno un luogo unico e prezioso. Oltre ai piu’ famosi manieri siti in citta’ e appena fuori come Il Valentino o il Castello di Rivoli, ve ne sono altri meno conosciuti, ma di ragguardevole bellezza e importanza storica. Uno di questi e’ Il Castello di Saffarone che nel tempo ha cambiato vestito, passando da tenuta agricola a residenza elegante e signorile, e che nonostante il suo cospetto schivo e ritirato contribuisce romanticamente a valorizzare il patrimonio architettonico dell’area torinese.

Appartenuto ai principi Dal Pozzo della Cisterna titolari di incarichi pubblici e benefici ecclesiastici, il Castello di Saffarone in passato era una parte della proprieta’, all’interno della tenuta omonima, insieme alle cascine di Cravetta, Cassinotta e Artrucco.Ereditato dal barone Giovanni Piero Saffarone nel 1865, a cui deve il suo nome, è composto da quattro torrette ed un corpo centrale, due cortili interni ed un bel parco. La prima traccia che riporta all’esistenza dei Saffarone e’ del 1580 e riconduce a“Messer Marco Zaffarone”  che risultava essere il possessore delcomplesso sito tra Torino, Grugliasco e Collegno composto da due edifici e una torre colombaia, una cascina agricola con annessa casa padronale all’interno di uno scenario rurale fatto di pascoli, boschi e campi coltivati. Nel ‘600 il casolare rurale comincio’ la sua trasformazione in dimora con decorazioni, cappella, un muro di recinzione e diverse stalle, la prima versione di un Castello dal sapore rustico con dei tratti che cominciano ad ingentilire. La vera trasformazione avvenne, tuttavia, quando la proprieta’ passo’, nel 1729, ad Anna Maria Litta, sposata con Giacomo Dal Pozzo Cisterna, che volle convertirla in una elegante residenza con tenuta agricola d’eccellenza per sfoggiare il  rango e le ricchezze della casata;  pare che i lavori di restauro furono affidati a Benedetto Alfieri (cugino di Vittorio) uno dei massimi architetti del tempo. Il periodo di splendore termino’nel 1833 con la fine della discendenza Dal Pozzo Cisterna e il maniero ando’ prima ai Marchesi Della Torre e poi ai Valperga di Masino che lo ridestinarono quasi tutto ad attivita’ agricole.

Ancora oggi si puo’ ammirare il salone ovale con il suo soffitto a cupola (che viene utilizzato come proprieta’ privata, per eventi come matrimoni e convegni) le decorazioni e l’arredo antico.

Ubicato a Via Regina Margherita 497, la sua presenza in citta’ e’molto riservata, quasi nascosta, ma il suo fascino e’ indiscutibile agli occhi di chi lo puo’ ammirare partecipando ad eventi privati organizzati al suo interno.

MARIA LA BARBERA

Visite gratuite al Parlamento subalpino

TUTTE LE DOMENICHE, DAL 5 MAGGIO AL 2 GIUGNO

Tutte le domeniche, dal 5 maggio al 2 giugno, sarà possibile visitare dall’interno l’Aula della Camera dei deputati del Parlamento Subalpino.
Dopo la visita alle sale del percorso espositivo permanente del museo, si entrerà a piccoli gruppi nel Parlamento, per un’esperienza indimenticabile nel cuore della storia d’Italia.
Sarà possibile accedere al Parlamento Subalpino sia con visite libere sia con visite guidate.

Visita libera
Dalle 10 alle 18 (ultimo ingresso ore 17).
Dopo aver visitato le prime quindici sale del Museo, si entrerà nel Parlamento Subalpino, per poi proseguire in autonomia la visita alle rimanenti sale dell’esposizione museale.
L’ingresso al Parlamento Subalpino è compresso nel biglietto del Museo (gratuito per possessori dell’Abbonamento Musei e della Torino+Piemonte card).

Per la visita libera non è prevista la prenotazione.
Per garantire a tutte e tutti una visita in sicurezza al Parlamento, è possibile che durante il percorso di avvicinamento sia necessario attendere alcuni minuti.

Visite guidate
Sono previste visite guidate tutte le domeniche, dal 5 maggio al 2 giugno, con partenza alle ore 11 e alle ore 15.30.
A pagamento e su prenotazione. L’ingresso al Parlamento Subalpino è compresso nel biglietto del Museo (gratuito per possessori di Abbonamento Musei Piemonte e Torino+Piemonte card). La visita guidata ha un costo di 4 euro oltre al biglietto di ingresso.
Per info e prenotazioni: 011 5621147

Turismo Torino e Provincia VisitPiemonte

Gli aromi dell’antico Egitto per il bicentenario del Museo Egizio

 

Le celebrazioni del bicentenario del Museo Egizio di Torino passano anche attraverso la dolcezza di piramidi di cioccolato, vasi Egizi al cacao, sarcofagi di zucchero, gelati al miele. Tutto ciò è in programma domenica 5 maggio  a partire dalle ore 10 nella maestosa Sala Conferenze al Museo Egizio di Torino, dove si terrà il seminario pubblico dal titolo “Aromi dell’antico Egitto”, in cui l’associazione APEI degli Ambasciatori Pasticceri dell’Eccellenza italiana, presieduta dal maestro Iginio Massari, accompagnerà il pubblico presente.

Dopo Napoli l’associazione ha scelto Torino come centro per il suo secondo seminario, che sarà un’esperienza unica in grado di unire la raffinatezza della pasticceria italiana al fascino millenario dell’antico Egitto.

“Si tratta di un appuntamento annuale che ha l’obiettivo di ispirare e comunicare al pubblico la bontà e la bellezza della pasticceria italiana – spiega Iginio Massari.

Fin da subito sono state create delle monete che permetteranno di ritirare una speciale stopper all’ingresso della Sala Conferenze, contenente deliziosi tesori ispirati all’antico Egitto. Questo omaggio limite edition è rappresentato dalle tavolette di Bes realizzate dai maestri pasticceri Guido Castagna e Fabrizio Galla e sarà  possibile scoprire anche  i segreti dell’esclusivo “Elisir del Faraone”, a base di anime e menta”.

 

L’evento proseguirà all’interno della Sala Conferenze, dove il pubblico potrà farsi deliziare dagli ambasciatori dell’APEI con alcuni prodotti di alta pasticceria a tema Antico Egitto, ispirati a profumi e aromi tipici. Le degustazioni avranno luogo, accompagnate dalla presentazioni dei prodotti, ogni trenta minuti dalle 10 alle 16 e saranno un’occasione unica per esplorare  nuove sfumature di gusto e anche per scoprire direttamente dagli Ambasciatori Pasticceri dell’Eccellenza italiana la passione che pongono in campo per raggiungere ogni giorno l’eccellenza. Il “tesoro del Nilo” sarà realizzato da Rocco Scutellà e Carmelo Sciampagna e sarà  a base di carote. “La Piramide di Chefren” sarà al sapore di dattero e proposta da Marta Boccanera e Felice Venanzi. “Ramses” di Valentino e Damiano Rizzo prediligerà il miele come elemento antico, Marco Antoniazzi e Gino Fabbri hanno scelto come ingrediente il porro. Tante saranno anche le altre creazioni, quali “Giza”, “Ra”, “Il dolce incanto delle piramidi  durate”, “L’occhio del faraone”, “Astarte”, “Soffio”.

“Sapori e aromi antichi – spiega la presidente Evelina Christillin- si potranno intuire già da subito, perché viene aperta a partire dal 1maggio una prima parte del giardino Egizio nel roof garden che ricostruisce la vegetazione tipicamente egizia di 3 e 4 mila annifa”.

Il seminario procederà poi con una parte tecnica e privata il giorno successivo, quando i maestri si recheranno presso Factory 1895per la gara “Cappuccino da mangiare” e per la consegna “Pasticcere dell’anno”.

 

Mara  Martellotta

Liberty misterioso: Villa Scott

Oltre Torino: storie miti e leggende del torinese dimenticato

È luomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nellarte 

Lespressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo luomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché  sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare.

Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo.  Non furono da meno gli  autori delle Avanguardie del Novecento  che, con i propri lavori disperati, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto Secolo Breve.

Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di ricreare la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i ghirigori del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa ledera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di unarte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che larte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso. (ac)

Torino Liberty

1.  Il Liberty: la linea che invase l’Europa
2.  Torino, capitale italiana del Liberty
3.  Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio
4.  Liberty misterioso: Villa Scott
5.  Inseguendo il Liberty: consigli “di viaggio” per torinesi amanti del Liberty e curiosi turisti
6.  Inseguendo il Liberty: altri consigli per chi va a spasso per la città
7.  Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità
8.  La Venaria Reale ospita il Liberty:  Mucha  e  Grasset
9.  La linea che veglia su chi è stato:  Il Liberty al Cimitero Monumentale
10.  Quando il Liberty va in vacanza: Villa  Grock

Articolo 4. Liberty misterioso: Villa Scott

Talvolta il cinema va in cerca di luoghi suggestivi e unici, per rendere la pellicola ancora più indimenticabile. Uno di questi ambienti da cellulosa si trova nella collina torineseuna villa silenziosaNascosta in un elegante “vedo non vedo” tra il verde degli alberil’abitazione si affaccia indifferente sul panorama torinese che si prostra poco più in  delle sue fondamenta. È Villa Scott, situata in Corso Giovanni Lanza 57, uno dei più fulgidi esempi dello stile floreale a livello nazionale. Il committente, Alfonso Scott, consigliere delegato della Società Torinese Automobili Rapid, nel 1901 acquista un appezzamento di terreno precollinare affidando l’incarico di costruire una villa per la propria famiglia all’ingegnere Fenoglioche allora aveva 36 anni

Fenoglio si impegna nella costruzionedando al  progetto caratteristiche architettoniche di alto pregio, con una chiara apertura al Liberty, e con prospetti caratterizzati da decorazioni floreali in litocemento e in ferro battutoAlla morte di Alfonso Scott, la villa passa alle Suore della Redenzioneche la utilizzano per ospitare un collegio femminilenoto con il nome di Villa Fatima. Fenoglioche lavora al progetto di Villa Scott in collaborazione con il collega Gottardo Gussonirisolve le difficoltà di realizzazione – dato che vi è un dislivello di ben 24 metri tra la villa e il cancello d’ingresso – con una scalinata e con l’inserimento di diversi corpi di fabbricaaccanto al complesso principale lievemente curvilineo della villa. Il volume della costruzione è arricchito da un apparato decorativo che trae vita anche dalla scala esternaL’edificio viene completato nel 1902, anno in cui Fenoglio si dedica anche alla palazzina Fenoglio-La Fleur di corso Francia angolo via Principi d’AcajaNel contesto dell’ampio spazio verde in cui è ubicata Villa Scott, si stagliano netti i due corpi laterali a torrettauno su quattro livelliun altro sutre, ma con un bovindo quadratocollegati da una veranda vetrata sormontata da una terrazza.  La pianta di Villa Scott è amabilmente articolata in un gioco di loggebovindivetrategli elementi litocementizi di finitura murariaripieni e turgidi con misura, quasi rinviano all’ultimo barocco, con radiosi richiami ecletticiLa fantasmagoria floreale, la fitta lavorazione del terrazzinogli ariosi loggia-ti laterali, la decorazione a stucchi e boiseries di color crema e oroil tutto perfettamente in armoniacon l’arredo interno, un mobilio apertamente ispirato a un fioritoLuigi XVI, ne fanno una dimora elegante e raffinata, e piuttosto suggestivatanto che il regista Dario Argento vi ha ambientato uno dei più celebri gialli italianiProfondo rosso, del 1975.

Villa Scott viene infatti scelta per essere la villa del bambino urlante e gioca un ruolo essenziale per lo svolgimento della trama: è tra queste mura che si trova la soluzione del mistero. Tra gli appassionatialcuni indentificano la sfarzosa e terribile residenza del film giallo-horror con l’altrettanto celebre Villa Capriglioanch’essa situata in collina e nascosta tra la vegetazionesede inquietante di vicende 

orrorifichepurtroppo più veritiere rispetto a quelle altrettanto spaventose ma irreali di Villa Scott. 

Occorre ricordare che all’epoca delle riprese la villa era utilizzata come collegio femminile e abitata da suore e fanciulle che ovviamente non potevano rimanere  mentre veniva girato il film. La produzione dovette allora trovare un escamotagepoiché non si poteva abbandonare quella location così perfettamente suggestiva! Si decise dunque di offrire un periodo di villeggiatura a Rimini alle suore e a tutte le ragazze del collegio, le quali non opposero alcuna obiezione e con la loro vacanza inaspettata contribuirono alla realizzazione di una delle pellicole horror più conosciute. Dopo un breve periodo di abbandono, la villa è stata  restaurata e adibita a residenza privata.

Alessia Cagnotto

La Sacra di San Michele: la chiesa più alta che c’è

Avete presente quando Po, morbido protagonista del film d’animazione “Kung fu Panda”, guarda in alto e dice: “Il mio antico nemico, le scale!” Ecco, questa è stata la mia reazione non appena giunta ai piedi della Sacra di San Michele.

 

E dire che un po’ ho barato, poiché non sono partita a piedi da Sant’Ambrogio, come si dovrebbe fare, ma sono salita con la macchina ancora un pochino, fino ad uno spiazzo a circa quaranta minuti di distanza. Non c’è che dire, più in alto non potevano costruirla: l’Abbazia è proprio arroccata sulla vetta del monte Pirchiriano, a ben novecentosessanta metri di altitudine.

Il complesso architettonico si trova all’imbocco della Val Susa, poco sopra la borgata San Pietro, il suo aspetto è maestoso e poetico, imponente e romantico. Apprezzo molto il fascino di questo luogo, soprattutto in alcune giornate autunnali, quando la nebbia avanza e la Sacra sembra sporgersi da tutto quel bianco fumoso, come fosse il soggetto di un quadro di Caspar David Friedrich.

L’atmosfera è senza dubbio coinvolgente,  non per niente il grande Umberto Eco, per il suo celebre romanzo “Il nome della rosa”, si era deliberatamente ispirato alla misteriosa bellezza di questo sito architettonico.
Ho scelto comunque un giorno di sole  settembrino per la mia passeggiata in salita.
Scesa dalla macchia ho imboccato il sentiero che serpeggia nel bosco e porta dritto in cima al monte: una leggera brezza mi ha addolcito la fatica, il verde delle foglie è ancora intenso e l’odore del legno dei tronchi ha sempre qualcosa di magico.

Il vero nome della Sacra è Abbazia di San Michele della Chiusa, essa si erge su un imponente basamento di ventisei metri, appartiene alla diocesi di Susa ed è la prima tappa italiana che si incontra lungo la via Franchigena.
Come ogni complesso architettonico che si rispetti, anche la Sacra ha i suoi misteri.
Leggenda vuole che l’ex arcivescovo, Giovanni Vincenzo (955-100), ritiratosi a vita da eremita proprio tra le nostre montagne, fosse stato incaricato  dall’arcangelo Michele  “in persona” di costruire il santuario. Non solo, ma degli angeli avrebbero poi provveduto a consacrare la cappella, che, infatti, la stessa notte della cerimonia, fu vista dagli abitanti come “avvolta da un grande fuoco”.

Secondo tale versione l’edificio risalirebbe al X-XI secolo, data probabile ma non certa, vi sono tuttavia molti documenti che trattano dell’edificazione della Sacra e che fanno risalire i lavori in quello stesso periodo.
Dove oggi sorge l’Abbazia c’era un tempo un castrum, utilizzato dai Longobardi come presidio militare; proprio tale popolazione iniziò a diffondere il culto micaelico, che si propagò ampiamente nell’Alto Medioevo, come dimostrano i numerosi edifici dedicati a San Michele che sorsero dopo l’anno Mille in Europa.
L’antico insediamento longobardo si trovava dunque alla base del progetto architettonico iniziato da Giovanni Vincenzo, il quale, con o senza l’aiuto dell’arcangelo, diede inizio all’edificazione di un’architettura maestosa e complessa: accanto al sacello più antico ne fece realizzare un secondo che oggi è l’ambiente centrale della cripta della Chiesa. Le nicchie e le colonnine richiamano motivi bizantini, all’epoca largamente diffusi a Ravenna.
Sul finire del X secolo, il conte Hugon di Montboissier, per riscattarsi dai suoi peccati, finanziò ulteriori lavori di ampliamento e fece aggiungere anche un piccolo cenobio per pochi monaci e qualche pellegrino.

In seguito fu l’abate Adverto di Lezat ad amministrare lo stabile. Egli chiamò l’architetto Guglielmo da Volpiano, a cui si deve il progetto della “chiesa nuova”, che sarebbe sorta sulle fondamenta della primitiva chiesetta.
A metà dell’XII secolo la Sacra venne affidata ai Benedettini, che costruirono l’edificio della foresteria, staccato dal monastero, per accogliere i numerosi pellegrini che, percorrendo la via Franchigena, passavano per il Moncenisio. Risale a quest’epoca la parte denominata “Nuovo monastero”, che comprendeva alcune celle, una biblioteca, delle cucine, un refettorio e diverse officine.
La lunga e articolata vicenda sembra concretizzarsi nel percorso impervio che il visitatore percorre, avanzando guardingo per la Sacra.

Io stessa ho passato la visita un po’ con la testa in su, incuriosita e ammaliata dagli archi rampanti e dalla grandiosità dell’insieme, e un po’ a guardarmi indietro, come fossi un Pollicino a corto di briciole.
La spettacolare chiesa odierna è dunque il formidabile risultato di più di un secolo di interventi.
Nella zona più antica, quella eretta sul castrum, priva di finestre e sormontata da volte a crociera, è evidente lo stile romanico di stampo normanno.

Influenze del linearismo della scuola scultorea di Tolosa emergono dal così detto scalone dei Morti, anticamente fiancheggiato da tombe e si evidenziano nella splendida porta dello Zodiaco. La porta ha destato più che mai la mia attenzione, e mi sono soffermata a guardarla nei minimi dettagli: le creature zodiacali risaltano pur consunte dalla pietra bianca, sembrano intrecciarsi le une alle altre, accatastate in una complessa composizione caratterizzata da un evidente  “horror vacui. Cerco l’Ariete, il mio segno zodiacale, l’animale si distingue per le possenti corna e il corpo muscoloso, ovviamente mi sembra che tale rilievo sia più bello degli altri. C’è un’altra motivazione per cui il portale mi colpisce, ed è il significato allegorico dello scorrere del tempo, tale significazione tramuta una semplice porta intarsiata in un poetico memento mori.

Risalgono al XII secolo gli interventi che riprendono lo stile del “romanico di transizione”. Tali lavorazioni sono riscontrabili dalla presenza di bifore, di pilastri cilindrici e polistili e dalle arcate con pilastri a fascio e archi acuti.
Nel XVI secolo la volta della navata centrale crollò e venne sostituita con una pesante volta a botte, che però esercitava una forza eccessiva sulle pareti laterali;  per ovviare alla pericolosità architettonica, nell’Ottocento si decise di intervenire sostituendo tale volta a botte con una triplice volta a crociera, ultimata nel 1937.
Vi sono poi elementi in stile “gotico francese” risalenti al XIII secolo.

Il visitatore, me compresa, si perde ad osservare i molteplici stili artistici che convivono armoniosamente. Molto suggestivi sono anche le terrazze, visitabili lungo il percorso: dall’ambiente poco illuminato tipico dei luoghi di culto, mi sono ritrovata ad osservare la vallata verdeggiante ai piedi delle montagne, illuminata dall’ancora caldo sole di settembre.
Eppure, distratta dalle minuzie interne alla Chiesa e dalla vista mozzafiato, stavo per non fare caso a quella che è una straordinaria peculiarità della costruzione: la facciata.
Essa si trova nel piano posto sotto il pavimento che costituisce la volta dello scalone dei Morti, è sotto l’altare maggiore ed è sovrastata dalle absidi con la loggia dei Viretti.
Potremmo dire che, se si pensa ad un’altra qualsiasi chiesa o abbazia, la facciata della Sacra è in posizione opposta rispetto a quella che la tradizione architettonica religiosa richiederebbe.


In tempi recenti, i lavori ancora non terminano. Tra il XIX e il XX secolo ci furono degli interventi voluti da Alfredo d’Andrade e durante gli anni Ottanta e Novanta si resero necessarie ulteriori modifiche.
Ciò che non cambia, nonostante il trascorrere dei secoli, è il fascino del luogo, reso ancora più prorompente dai misteri che accompagnano queste mura antiche. Si pensi alla vicenda della “Bell’Adda”. Adda era una giovane fanciulla che per sfuggire ai soldati nemici si buttò giù nel precipizio, gli angeli misericordiosi ebbero pietà di lei e la salvarono; Adda raccontò l’accaduto ai compaesani, i quali ovviamente non le credettero, così lei compì nuovamente l’insano gesto. Alcuni la definirebbero “hybris”, altri semplicemente “vanità”, resta il fatto che questa volta Adda non tornò a farsi vedere. Ma neppure il suo corpo venne mai più rinvenuto.

Non sappiamo cosa accadde ad Adda, ma sappiamo che ancora oggi numerosissimi visitatori si inerpicano per la collina per visitare la Sacra e tutti rimangono folgorati dalla bellezza di quel che vedono finita la faticosa salita.
Nel 2017, l’Abbazia è stata candidata a far parte del patrimonio dell’umanità dell’Unesco, nel quadro del sito seriale “Il paesaggio culturale degli insediamenti benedettini dell’Italia medievale”.
Sulla meraviglia del sito non si discute, ma possibile che in tutti questi secoli di interventi architettonici, nessuno abbia ancora pensato all’inserimento di un semplice ascensore?

Alessia Cagnotto

 

Torre Pellice, 850 anni di storia valdese

Mentre in Terra Santa si combatteva per il possesso dei Luoghi Sacri e Francesco d’Assisi inviava i suoi frati ad annunciare il Vangelo in tutto il mondo, in terra di Francia un giovane e ricco mercante di Lione iniziò a predicare il ritorno alla povertà evangelica per vivere con i suoi seguaci una vita cristiana intensa.
Pietro Valdo (1140-1217), come farà più tardi Francesco, abbandonò ogni ricchezza, fondò il movimento valdese e ispirò lo sviluppo di quella che diventerà la Chiesa Evangelica Valdese. Si fece povero e diede il via a una lunga tormentata e travagliata storia, la storia del popolo valdese. Sulle Valli Valdesi soffia quest’anno il vento della memoria per celebrare gli 850 anni del movimento valdese fondato da Pietro Valdo, colui che predicò la povertà della Chiesa e la libera predicazione del Vangelo. Una mostra e tante altre iniziative lo ricordano a Torre Pellice, la casa madre dei Valdesi. Pietro Valdo fondò nel 1174 a Lione un gruppo laico che sostenne la necessità del rinnovamento spirituale del Cristianesimo scegliendo di obbedire solo alla Bibbia e mettendo in discussione l’autorità del vescovo.
Nonostante le persecuzioni e la violenza che si scatenò contro i suoi membri, la Chiesa Evangelica Valdese, diventata tale all’epoca della Riforma protestante nel Cinquecento, ha continuato a sostenere i principi ispiratori delle origini. Valdo di Lione fu dichiarato eretico dal Papa per “la presunzione di volere predicare in pubblico” e scomunicato dalla chiesa romana ma il suo movimento si diffuse rapidamente in Italia e nel resto dell’Europa. Per secoli i valdesi subirono durissime persecuzioni dai re cattolici e dall’Inquisizione romana in Francia, in Savoia e in Italia. Valdo venne allontanato dalla comunità cristiana ma la sua confessione religiosa conobbe una notevole espansione in Piemonte, Lombardia, Puglia e Calabria anche se gli adepti furono costretti a vivere in clandestinità per evitare di essere arrestati e condannati. La “pace di Cavour” nel 1561 salvò le comunità valdesi che dovranno vivere in valli isolate nel pinerolese, sopra i 700 metri. La tregua durò ben poco. I Savoia li cacceranno dalle loro valli e molti di loro troveranno rifugio nella Ginevra calvinista e nella Germania protestante. Il 17 febbraio 1848 la svolta: Re Carlo Alberto riconosce i diritti civili e politici dei valdesi e quel giorno storico dopo secoli di persecuzioni e massacri viene ricordato ogni anno con l’accensione dei falò in tutte le valli valdesi. Fin qui, per sommi capi, la storia dei Valdesi che si può approfondire visitando il grande Museo Valdese a Torre Pellice (aperto da giovedì a domenica, ore 15-18,30) nel cuore delle Valli Valdesi. È un viaggio attraverso otto secoli di storia, dalla conversione di Valdo nel 1174 fino all’Intesa tra lo Stato italiano e la Chiesa evangelica valdese nel 1984.
Centinaia di pannelli e di fotografie narrano la storia dei seguaci di Valdo e decine di video illustrano il contesto storico dell’Europa nei secoli della peregrinazione dei valdesi. Non crediate di visitare il museo in un’oretta o poco più, quando si entra la visita durerà alcune ore se si pretende di leggere la vastità dei documenti esposti nelle sale. Per festeggiare la ricorrenza degli 850 anni della conversione di Valdo e dell’origine dei valdesi a Torre Pellice è stata organizzata anche una mostra, aperta fino al 30 settembre con gli stessi orari del Museo, nel Centro culturale valdese in via Beckwith 3, che illustra in due sezioni le tappe di costruzione del movimento valdese nel corso di otto secoli. I valdesi in Italia sono circa 30.000, di cui 15.000 residenti in Piemonte. Da sempre, al centro dell’attenzione della chiesa valdese c’è l’impegno culturale e sociale nella società. Scuole, ospedali, case di riposo e centri di cultura sono stati fondati dai valdesi negli ultimi due secoli in tutta l’Italia insieme all’apertura di istituti culturali e assistenziali. La chiesa valdese è diretta dal Sinodo che si svolge ogni anno a Torre Pellice, quest’anno dal 25 al 30 agosto. Ai ministeri della chiesa (pastori e diaconi) possono accedere uomini e donne, celibi o sposati. Tra cattolici e valdesi ci sono intese e dialogo ma restano punti discordanti in materia teologica.              
   Filippo Re

Quando sarà possibile un 25 aprile tricolore e condiviso?

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
.
Lo storico Barbero dichiara di aver avuto due nonni fascisti di cui uno ucciso dai partigiani, ma dice anche che non bisogna fermarsi alla memoria personale che genera rancore, ma bisogna affidarsi alla storia. E’ la prima volta che apprezzo il suo pensiero e anche la sua sincerità. In questo 25 aprile, pieno zeppo di polemiche faziose, è difficile far festa per la Liberazione dell’Italia come sarebbe giusto fare. Troppi speculano politicamente in modo dozzinale come Scurati e i suoi accoliti che lo celebrano in modo smodato e ridicolo. Egli è un “politicante” – non uno storico – che si è fatto conoscere proprio perché ha scritto su Mussolini a cui deve la sua notorietà.
.
Con questi personaggi che scrivono anche cose errate e imprecise, non sarà mai possibile giungere ad un 25 aprile tricolore e condiviso. Per altri versi ci sono anche quelli che vogliono far casino,  portando in piazza le bandiere della Nato o vietando quelle di Israele. C’è anche chi vuole sfilare con le bandiere della Palestina che in parte fu amica di Hitler. Molta ignoranza e molta mala fede  insieme ad insulsa mania di protagonismo impediscono un discorso storico. La polemica divampa e magari ci saranno anche incidenti. Da ieri sono a letto vittima di una dolorosa indisposizione e non andrò al corteo del  24 aprile dove di partigiani non si vede neppure più la traccia per ragioni anagrafiche.
.
C’è perfino chi vorrebbe dedicare a Bruno Segre, che fu  un partigiano molto secondario e non sparò mai un colpo, per ragioni politiche contingenti, il 25 aprile. Proposta priva di senso.  L’altro giorno ho partecipato ad un bel dibattito su via Rasella e le Fosse Ardeatine dove tutti i relatori  hanno meritato di essere ascoltati perché non faziosi e desiderosi di far capire cosa è accaduto a Roma 80 anni fa: dal presidente dell’ ANPI Boeti che ha fatto un intervento meditato e non polemico a Vecellio che ha parlato dell’errore di via Rasella già denunciato da Pannella e Bobbio. Con calma tutti hanno avuto modo di parlare e forse il pubblico ha capito qualcosa di utile, facendosi un’idea dei fatti drammatici della guerra civile in un paese di eroi, ma anche di voltagabbana. Sarebbe bene smettere di andar avanti su strade pericolose, lastricate di estremismi che eccitano all’odio tra Italiani.
.
Esaltarsi per Scurati non rivela buona fede e dimostra anche mancanza di  intelligenza. Mio nonno nel suo castello di Camerano Casasco, lui amico di Giovanni Giolitti e di Marcello Soleri, vecchio antifascista, aveva ospitato ebrei. Rischiò  di finire fucilato dai tedeschi, ma non si considerò mai un eroe e non ebbe e non sollecitò  riconoscimenti. Disse a mia madre che  aveva solo  fatto il suo dovere. Questo è un piccolo esempio di cosa fu la Resistenza migliore.
.
Scrivere a quaglieni@gmail.com

Gli appuntamenti culturali della Fondazione Torino Musaei

26 aprile – 2 maggio 2024

 

VENERDI 26 APRILE

 

Venerdì 26, sabato 27 e domenica 28 aprile dalle 10 alle 18

IL MANDALA DELLA PROSPERITÀ

MAO – creazione di un mandala

Da venerdì 26 a domenica 28 aprile dalle 10 alle 18 il MAO ha il piacere di ospitare l’evento “Il Mandala della prosperità”, a cura dell’associazione Fedinsieme e della Casa della Cultura del Tibet.

Per tre giorni i visitatori del museo avranno la possibilità di assistere alla creazione di un mandala di sabbia a opera di un gruppo di monaci buddhisti della tradizione tibetana Geluk.

Quella del mandala, fonte di bellezza e perfezione che rappresenta una delle più alte espressioni artistiche e spirituali della tradizione buddhista, è una pratica che prevede la costruzione di un complesso disegno composto da forme geometriche inscritte in un cerchio mediante l’utilizzo di sabbia di vari colori, ciascuno con la sua valenza simbolica.

Frutto di una tradizione risalente a oltre 2500 anni fa, questa pratica è legata ai concetti di prosperità, pace, armonia e soprattutto all’idea di impermanenza e di distacco dalle cose materiali: dopo aver lavorato per giorni alla composizione dell’opera infatti, i monaci autorizzati allo svolgimento della pratica celebrano la cerimonia di dissoluzione, durante la quale la sabbia che compone il mandala viene dispersa in acqua o distribuita alle persone presenti al rito.

Durante l’evento al MAO, le fasi di creazione del mandala si alterneranno a momenti di recita di sutra e mantra propiziatori, per culminare infine nella distruzione del mandala domenica 28 aprile alle ore 17.

I visitatori del museo potranno assistere a tutte le fasi del processo, avvicinandosi così a tradizioni e riti nati sotto altri cieli.

Partecipazione inclusa nel biglietto di ingresso al museo.

 

 

SABATO 27 APRILE

 

Sabato 27 aprile dalle 14 alle 17.30

TRASFORMIAMO LE COLLEZIONI IN MANGA!

MAO – visita guidata e workshop

A cura di Theatrum Sabaudiae

Il linguaggio visivo dei manga, noto in tutto il mondo nel suo sviluppo contemporaneo, rappresenta un ricchissimo genere figurativo le cui origini attraversano secoli di cultura artistica giapponese. La visita guidata alla galleria del MAO dedicata al Giappone si soffermerà su alcuni nuclei di opere della collezione per apprezzarne in particolare la forza espressiva e l’energia del tratto pittorico in una varietà di manifestazioni, dai grandi paraventi alle stampe policrome ukiyo-e.

Segue il workshop di disegno in stile manga a cura di Marco e Mattia Boetti. Ispirati dalle opere in esposizione, l’esperienza proseguirà con un laboratorio didattico finalizzato alla creazione da parte dei partecipanti di una propria interpretazione di un soggetto di arte giapponese della collezione permanente del museo, precedentemente selezionato per l’occasione dagli artisti, utilizzando i segni grafici dello stile manga.

L’attività prevede un momento introduttivo in cui verranno fornite specifiche nozioni tecniche sull’utilizzo di alcuni tratti caratteristici per l’elaborazione di personaggi e ambienti naturali partendo da schemi composti da quadrati e rettangoli, ogni partecipante verrà poi guidato nell’esecuzione pratica per sperimentare la propria creatività e calarsi nei panni di un mangaka.

Al termine del laboratorio, ogni alunno porterà con sé, a ricordo dell’esperienza, il proprio disegno realizzato a matita e “chinato” utilizzando penne a sfera (biro).

Marco Boetti si diploma in Illustrazione presso l’Istituto Europeo di Design di Torino e segue corsi di approfondimento sia sulle principali tecniche artistiche in questo campo che su grafica e didattica. Collabora con Enti Pubblici (italiani ed esteri), privati e case editrici, specializzandosi nell’illustrazione naturalistica e nella didattica realizzando laboratori di disegno per bambini e adulti principianti, pannellistica per parchi e musei, murales, diorami e trompe-l’œil, manifesti e progetti grafici mirati.

Mattia Boetti si diploma in grafica e pubblicità presso l’Istituto A. Cravetta – G. Marconi di Savigliano e si dedica a studi di approfondimento nello stesso ambito. Realizza progetti grafici mirati, laboratori didattici di disegno e a tema divulgativo per bambini e adulti principianti, pannellistica per parchi e musei, murales, diorami e trompe-l’œil con tecnica ad acrilico, etichette enologiche e progetti per l’editoria. Tra le principali collaborazioni, si citano : British Museum, Natural History Museum, Tate Britain (Londra) – Comune di Genova per il progetto Io vivo qui (in collaborazione con l’associazione culturale Amistà) – Biblioteca Internazionale per ragazzi Edmondo de Amicis e Orto Botanico dell’Ateneo (Genova) per l’esposizione Euroflora ’06 – Filatoio di Caraglio (Cuneo) in occasione della mostra Texture del fotografo Steve McCurry (in collaborazione con l’associazione culturale Artea) – Museo Civico di Storia Naturale di Piacenza (2023, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente) e di Ferrara – Museo Geopaleontologico Capellini (Bologna) – CUFA Comando Unità Forestali e Agroalimentari (Roma) – Accademia dei Georgofili (Firenze) e Keith Art Shop Café (Pisa) – Gruppo Editoriale RCS, Hobby & Work Publishing (Milano) – Tavole per il Parco Naturale Regionale di Portofino dell’Aveto (Genova) e delle Alpi Liguri (Imperia).

Prenotazione obbligatoria. L’iniziativa verrà attivata al raggiungimento di un numero minimo di partecipanti, fino ad esaurimento posti disponibili.

Informazioni e prenotazioni: 011.5211788 – prenotazioniftm@arteintorino.com (da lunedì a domenica 9.30 – 17.30)

Costo: 24€ a persona

Costi aggiuntivi: biglietto di ingresso al museo; ingresso gratuito per possessori di Abbonamento Musei Torino Piemonte.

Appuntamento 15 minuti prima dell’inizio

GIOVEDI 2 MAGGIO

 

Giovedì 2 maggio dalle 12:00 alle 21:00

EXPANDED – I PAESAGGI DELL’ARTE

GAM – preview a ingresso libero della nuova mostra in occasione dell’inaugurazione di Exposed Torino Foto Festival

3 maggio – settembre 2024

La GAM è felice di presentare l’esposizione, a cura di Elena Volpato, dedicata ad alcuni fotografi che hanno saputo restituire i molteplici aspetti dell’arte e ritrarne nel senso più ampio i suoi paesaggi composti di opere e architetture, del volto degli artisti e dei loro momenti di lavoro nello studio o nel paesaggio naturale.

L’esposizione è parte di Expanded, il percorso di rilettura in tre capitoli della Collezione fotografica della Fondazione per l’Arte Moderna e Contemporanea CRT, che è parte del programma di EXPOSED. Torino Foto Festival. Il progetto si completa con Expanded Without, alle OGR Torino, ed Expanded With, nelle sale del Castello di Rivoli. Grazie al sostegno di Strategia Fotografia 2023, promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura, la GAM ha potuto rinnovare il proprio impegno collezionistico acquisendo 22 fotografie di Gianfranco Gorgoni, realizzate tra il 1970 e il 1974. Le foto sono dedicate alle diverse fasi di realizzazione dell’opera Spiral Jetty di Robert Smithson, di opere di Michael Heizer, oltre che ad alcuni ritratti di artisti come Bruce Nauman, Dan Flavin, Agnes Martin ed Ellsworth Kelly.

(Comunicato stampa allegato)

 

GIOVEDI 2 MAGGIO

 

Giovedì 2 maggio ore 17:30

HOUSES AND GARDENS OF KYOTO

MAO – Lecture dell’architetto e scrittore Thomas Daniell

Nonostante la rapida modernizzazione e i danni subiti nel corso dei secoli, Kyoto, capitale imperiale del Giappone per più di un millennio, rimane un archivio ricco e inesauribile della storia e della cultura del Paese del Sol Levante.

Il volume Houses and gardens of Kyoto presenta un’ampia gamma di case tradizionali di Kyoto di ogni periodo della storia della città: dalle ville estive ai monumentali templi buddisti, dagli ariosi padiglioni da giardino alle locande tradizionali, tutti con i loro spazi esterni associati, siano essi piccoli cortili o pittoreschi giardini adatti a lunghe passeggiate.

La lecture si terrà in inglese con traduzione di Marco Imperadori.

Ingresso libero fino a esaurimento posti.

 


Theatrum Sabaudiae
 propone visite guidate in museo
alle collezioni e alle mostre di Palazzo Madama, GAM e MAO.
Per informazioni e prenotazioni: 011.52.11.788 – prenotazioniftm@arteintorino.com

https://www.arteintorino.com/visite-guidate/gam.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/mao.html
https://www.arteintorino.com/visite-guidate/palazzo-madama.html