STORIA- Pagina 2

Open Day nella sala Gonin di Porta Nuova, dove il re aspettava il treno

  • sabato 1 e domenica 2 marzo dalle 10 alle 18
  • ingresso libero e visite guidate nella storica sala reale

La Fondazione FS Italiane ha organizzato una serie di Open Day, giornate di apertura a ingresso libero, per consentire a chiunque di ammirare la bellezza di alcuni ambienti di stazione che, da Torino fino a Messina, conservano affreschi, sculture, manufatti e arredi originali che hanno segnato diverse epoche e stili del viaggiare.

Seconda tappa di questa iniziativa, che segue quella di Firenze Santa Maria Novella, sarà Torino Porta Nuova che, dalle 10 alle 18 di sabato 1 e domenica 2 marzo, aprirà ai visitatori le porte della elegante Sala Gonin. Durante gli orari di apertura, sarà possibile apprenderne la storia grazie alla presenza di guide che accompagneranno i partecipanti.

La lussuosa sala fu progettata nel 1864, in puro stile barocco, per essere destinata a ospitare la famiglia reale durante l’attesa del treno. È decorata con opere degli artisti preferiti di Casa Savoia, tra cui Francesco Gonin, da cui pende il nome, e con suggestivi affreschi realizzati con la tecnica del trompe l’oeil che lasciano intravedere il cielo tra colonne e capitelli. Agli angoli della grande ed elegante stanza sono invece visibili angeli che reggono carte geografiche con i quattro continenti. Non mancano pregevoli quadri che raffigurano personaggi mitologici dipinti per rappresentare allegoricamente gli elementi della Natura.

Degni di nota sono gli splendidi mobili, i rivestimenti settecenteschi in legno e un imponente lampadario in raffinato vetro di Murano.

Gli ampi spazi, i lussuosi arredi, le boiseris e i dipinti che impreziosiscono l’ambiente contribuiscono a conferire alla struttura, nel suo insieme, un aspetto maestoso e sontuoso, facendone un vero e proprio piccolo museo che ora la Fondazione FS preserva e gestisce. L’obiettivo è quello di mettere al servizio dei cittadini e del turismo luoghi che meritano di essere scoperti anche con attività culturali, eventi e mostre.

Il Direttore Generale della Fondazione FS e Amministratore Delegato di TTI, Treni Turistici Italiani, Luigi Cantamessa, ha dichiarato: “Dopo il recupero e la valorizzazione dei treni e delle linee ferroviarie storiche e turistiche, le Sale storiche rappresentano la nuova sfida della Fondazione FS per rendere questi gioielli di arte e architettura parte di una esperienza capace di offrire un’occasione di arricchimento per lo spirito e l’intelletto.”

“Bianco al Femminile”. In mostra sei secoli di autentici capolavori tessili

Appartenenti alle Collezioni di “Palazzo Madama”

Fino al 2 febbraio 2026

Occasione contingente, il riallestimento della “Sala Tessuti”. Da questa pratica incombenza, nasce una mostra di notevole valore culturale, storico e didattico che racconta, attraverso sei secoli di altissima arte tessile una storia che passa per ricami minuti e intricati e preziosi merletti, arrivando al più iconico degli abiti femminili di colore bianco, il colore naturale della seta e del lino: l’abito da sposa. Si presenta così la mostra dal titolo (non per nulla) di “Bianco al Femminile” curata da Paola Ruffino e allestita nella “Sala Tessuti” di “Palazzo Madama” fino a lunedì 2 febbraio 2026. In rassegna, trovano adeguato spazio cinquanta manufatti tessili, appartenenti alle Collezioni del Palazzo che fu “Casa dei secoli” per Guido Gozzano, di cui sei restaurati per questa precisa occasione e quattordici esposti per la prima volta: autentici capolavori nati dal sorprendente lavoro (più che artigianale) passato, per tradizioni secolari, attraverso “mani femminili” che hanno operato con minuta diligenza sul “ricamo in lino medievale”, così come sulla lavorazione dei “merletti ad ago” o “a fuselli” o ancora sul “ricamo in bianco su bianco”. Donne artigiane, donne artiste, donne “autrici, creatrici, nonché raffinate fruitrici e committenti di tessuti e accessori di moda”. Comune fil rouge, per tutte, il colore bianco, colore “in stretta connessione, materiale e simbolica, proprio con la donna”. E che trova il suo massimo apice in Francia e in Europa, sul finire del XVIII secolo, complice il fascino esercitato dalla statuaria greca e romana su una moda che guarda, affascinata non poco, all’antico. “Le giovani – si legge in nota – adottano semplici abiti ‘en-chemise’, trattenuti in vita da una fusciacca; il modello del ‘cingulum’ delle donne romane sposate, portato alto sotto al seno, dà avvio ad una moda che durerà per trent’anni. I tessuti preferiti sono mussole di cotone, garze di seta, rasi leggeri, bianchi o a disegni minuti, come le porcellane dei servizi da tè”.

Dal XIV – XV secolo fino al Novecento (dietro l’angolo) l’iter espositivo prende avvio dai primi “ricami dei monasteri femminili”, in particolare di area tedesca e della regione del lago di Costanza (lavorati su tela di lino naturale e poi diffusisi, per la povertà dei materiali e per la facilità di esecuzione, anche in ambito domestico – laico, per la decorazione di tovaglie e cuscini) per poi passare a documentare la lavorazione del “merletto” nell’Europa del XVI e XVII secolo che vide protagonisti i lini bianchissimi e la straordinaria abilità delle “merlettaie veneziane e fiamminghe”. In rassegna una scelta di bordi e accessori in pizzo italiani e belgi illustra gli eccezionali risultati decorativi di quest’arte “esclusivamente femminile”, che nel Settecento superò gli stretti confini della casa o del convento e si organizzò in “manifatture”. E proprio l’inizio della “produzione meccanizzata” causò, nel XIX secolo, la perdita di quell’insostituibile virtuosismo nell’arte manuale del “merletto”, che riemerse invece nel ricamo in filo bianco sulle sottili “tele batista” (in trama fatta con filati di titolo sottile) e sulle “mussole” dei “fazzoletti femminili”. Quattro splendidi esemplari illustrano l’alta raffinatezza raggiunta da questi accessori, decorati con un lavoro a ricamo che restò sempre un’attività soltanto al femminile, anche quando esercitata a livello professionale.

L’esposizione si conclude nel XX secolo con uno dei temi che più vedono uniti la donna e il colore bianco nella nostra tradizione, l’ “abito da sposa”, con un abito del 1970, corto, accompagnato non dal velo ma da una avveniristica cagoule (cappuccio), scelta non scontata “che ribadisce la forza e la persistenza del rapporto tra l’immagine della donna e il candore del bianco”.

La selezione di tessuti è accostata nell’allestimento a diverse “opere di arte applicata”, fra cui miniature, incisioni, porcellane e legature provenienti dalle Collezioni del “Museo”. 

In occasione del nuovo allestimento delle Collezioni Tessili, “Palazzo Madama” propone, inoltre, un laboratorio di cucitura in forma meditativa” a cura di Rita Hokai Piana nelle giornate di sabato 15 e 22 marzo, 5 12 aprile,  dalle ore 10 alle ore 13. Tutte le info su: www.palazzomadamatorino.it

Gianni Milani

“Bianco al Femminile”

Palazzo Madama – Museo Civico d’Arte Antica, piazza Castello, Torino; tel. 011/4433501 o www.palazzomadamatorino.it

Fino al 2 febbraio 2026

Orari: lun. e da merc. a dom. 10/18; mart. chiuso

 

Nelle foto: “Sala Tessuti” (Ph. Studio Gonella); Caracò, Italia 1750-60; Corpetto, Germania sud-occidentale, 1750-75

Un “Passepartout” alla Palazzina di Stupinigi

La juvarriana “Palazzina di Caccia” ritorna ad aprire le porte dei suoi spazi più segreti normalmente chiusi al pubblico

Da sabato 1° marzo a sabato 25 giugno

Saranno visite guidate “straordinarie”. Quattro i mesi di tempo per poterne approfittare, soddisfacendo curiosità impossibili da appagare in altri mesi dell’anno. E curiosità che appartengono a molti, se si giudicano i totali sold out registrati in tutte le precedenti edizioni dell’iniziativa. Così, anche per quest’anno, la “Fondazione Ordine Mauriziano” torna a confermare le “visite guidate straordinarie” alla “(ri)scoperta” degli spazi segreti, normalmente chiusi al pubblico, della “Palazzina di Caccia” di Stupinigi. Dal prossimo sabato 1° marzo a sabato 28 giugno, saranno attivati i “due percorsi” che raccontano la storia della “Palazzina”, dal 1997 “Patrimonio dell’Umanità UNESCO”, nelle sue diverse fasi abitative e il progetto architettonico juvarriano (1729) alla base della sua costruzione.

“Passepartout” (nome “chiave”, è proprio il caso di dirlo, dell’iniziativa) conduce dietro le “porte segrete” della nobile residenza sabauda pensata per la caccia e le feste della famiglia reale, fino agli “ambienti nascosti della servitù”, ai “passaggi” e ai “corridoi” ricchi di fascino e di storia e permette di raggiungere la “sommità della cupola juvarriana”, per camminare lungo i suggestivi “balconi concavi/convessi” che affacciano sul grandioso “salone centrale”, ammirando da vicino il “tetto a barca rovesciata”, dalla complessa orditura in legno, e dall’alto, dopo aver percorso i 50 scalini di una stretta scala a chiocciola, un panorama unico che si estende a 360 gradi sotto il “Cervo”, copia dell’originale “Statua del Cervo”, realizzata nel 1766 (in bronzo, rame e foglia d’oro) da Francesco Ladatte, oggi sistemata nell’atrio di fronte alla biglietteria e simbolo della stessa “Palazzina.

Due, si diceva, i percorsi proposti: “Dietro le porte segrete” e “Sotto il Cervo” (Orari: 10,30/12 e 14,30/16)

Per il primo, la visita è in programma sabato 1, 15 e 29 marzo, 12 aprile, 17 e 31 maggio, 14 e 28 giugno. Il percorso guiderà fino agli ambienti della servitù, ai passaggi e ai corridoi segreti usati per divincolarsi nel dedalo di stanze e raggiungere discretamente le sale e gli appartamenti privati, proprio dietro le “porte segrete”, negli spazi nascosti dove si muoveva la servitù e dove si trova ancora il quadro dei “campanelli automatici” che permette di comprendere da vicino il funzionamento di una residenza come quella di Stupinigi.

“Sotto il cervo”, in programma sabato 8 22 marzo, 5 aprile, 10 e 24 maggio, 7 e 21 giugno, è invece una visita “in verticale” al meraviglioso “ambiente ligneo” che ospita la cupola del padiglione centrale, realizzato da Filippo Juvarra, con una vista mozzafiato a 360 gradi sul paesaggio circostante. Dal grandioso salone centrale ovale a doppia altezza si percorrono 50 gradini per raggiungere la caratteristica balconata ad andamento concavo-convesso e infine arrivare, attraverso una stretta scala a chiocciola di ulteriori 50 scalini, alla sommità della cupola juvarriana per ammirare il particolare “tetto a padiglione” e riconoscere dall’alto il grandioso progetto architettonico di Juvarra che con perfette geometrie, lungo un asse longitudinale che porta con lo sguardo fino a Torino, realizza un impianto scenografico straordinario per l’epoca.

Per partecipare alle visite guidate è obbligatoria la prenotazione.

Vista la particolarità dei luoghi oggetto della visita, normalmente non accessibili al pubblico, i visitatori saranno dotati di “caschetto di protezione” e, proprio per questo motivo, possono accedere solo gli adulti e i ragazzi al di sopra dei 12 anni di età ed i gruppi non possono essere superiori alle 10 persone. Per partecipare è necessario essere in condizioni fisiche tali da permettere di salire, a piedi, alcune rampe di scale. È vietato l’accesso con borse e/o zaini ingombranti, visto che il percorso è piuttosto impegnativo. A causa degli spazi limitati, non agibili a persone con disabilità, e della stretta scala a chiocciola, i due percorsi sono sconsigliati a chi soffra di claustrofobia o di vertigini e, in generale, a chi non sia in buono stato di salute.

Il costo del biglietto per accedere a “Dietro le porte segrete” è 22 euro (12 euro biglietto di ingresso + 10 euro visita guidata), ridotto 18 euro

Per accedere a “Sotto il cervo”, il costo del biglietto è, invece, di 25 euro (15 euro biglietto di ingresso + 10 euro visita guidata), ridotto 22 euro

Per i possessori di “Tessera Abbonamento Musei”: 10 euro (ingresso gratuito alla Palazzina)

Per info: “Palazzina di Caccia” di Stupinigi, piazza Principe Amedeo 7, Stupinigi (Nichelino-Torino); tel. 011/6200601 o stupinigi@info.ordinemauriziano.it

G.m.

 foto: La “Palazzina di Caccia”

L’alta sartoria di Ettore Berardi

 

Il sarto dal talento innato riuscì a trasformare in arte raffinata la moda maschile negli ateliers di Casale e Milano per mezzo secolo 

Negli anni ’60 le sue scelte provocanti ed esteticamente trasgressive abbracciarono le tradizioni dell’arte sartoriale italiana e la curiosità di grandi uomini dello spettacolo, politici, giornalisti e industriali. Le stoffe dalle tinte decise tra righe, quadri e fiori si trasformavano in veri capolavori e capi di altissimo profilo che il maestro cuciva loro addosso diventando immortali.

Il grande artigiano accompagnava ad ogni creazione incredibili cravatte e cappelli di spiccata originalità, spesso elaborati su fotografie in mancanza di clienti non sempre disponibili. Nei suoi ateliers passarono Pippo Baudo, Enzo Tortora, Corrado Mantoni, Mike Bongiorno, Fred Bongusto, Gianluigi Marianini, Alberto Lupo, Sergio Endrigo, Claudio Villa, Franco Franchi, Ugo Tognazzi e Vittorio De Sica. Confezionò lo smoking per il presidente degli Usa Richard Nixon e l’abito del presidente italiano Giuseppe Saragat, ricevendo lettera di ringraziamento.


Incontrò Carla Fracci, Ira Furstenberg, Wanda Osiris, Raf Vallone, Adriano Celentano, Ettore Andenna, Renato Pozzetto, Renato Rascel ed Ernesto Calindri. Partecipò a “Portobello”, trasmissione della Tv condotta da Enzo Tortora, ritrovando cappelli papali colorati di Pio XII°. Indubbiamente il promotore del sarto fu il torinese Gianluigi Marianini, autoironico intellettuale snob definito l’ultimo dandy e grande campione di “Lascia o Raddoppia”, il fenomeno mediatico della Tv italiana.


Prestigiosi riconoscimenti arricchirono la carriera del casalese Berardi, diplomi nella moda di successo, nella tecnica ed estetica assegnati ad Alessandria, Milano e San Remo, Forbice d’oro, Ago d’oro, Gesso d’oro e l’importante onorificenza di cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana conferita dal presidente Giovanni Leone. Importanti le sue iniziative, Oscar del Successo, Moda e Casa, Giro d’Italia Gastronomico. A Casale fu fondatore della Pro Loco, della Mostra di San Giuseppe, del Carnevale e della Stracasale, corsa notturna nelle vie della città e dirigente della Commissione Provinciale
dell’Artigianato.
A Sant’Evasio, patrono di Casale, intitolò il premio San Vas e fondò la Banda Musicale casalese “la Mounfrin’a”, confezionando le divise con i colori della città e sostenendo con le proprie stoffe la realizzazione dei costumi delle Majorettes guidate dalla capitana Gianna Sassone proiettata nel 1968 da Berardi a “Settevoci”, programma Tv condotto da Pippo Baudo, creando un risveglio musicale senza precedenti a Casale Monferrato.
Armano Luigi Gozzano

Quando le armi da fuoco sconfissero la cavalleria, 500 anni fa a Pavia

C’era una fitta nebbia attorno a Pavia il 24 febbraio 1525, come accade spesso nel pavese, d’inverno. Carlo V, l’imperatore, non c’era, era rimasto nella sua Madrid, a letto, colpito dalla febbre. Festeggiava, proprio quel giorno, il suo venticinquesimo compleanno ma non sapeva ancora nulla di quanto era accaduto nella pianura padana. La battaglia di Pavia attorno al parco Visconteo durò un paio d’ore. Le truppe imperiali, assediate in città da Francesco I, re di Francia, escono dalla fortezza e prendono alle spalle i nemici massacrandoli tutti. La battaglia di Pavia di cinque secoli fa è l’avvenimento principale del lungo conflitto tra Francesco I e Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, due giganti che si contendevano il dominio in Europa e in Italia dove il Ducato di Milano era nelle mani dei francesi e il regno di Napoli era sotto gli spagnoli. Lo scontro segnò la fine delle ambizioni francesi nella penisola e consolidò il dominio asburgico sulla penisola. Il re di Francia puntava al regno di Napoli mentre il suo rivale, appena eletto imperatore, regnava già su Spagna, Italia del sud, Sardegna e Sicilia ma governava anche i Paesi Bassi e sognava la Borgogna e il Ducato di Milano. La nobile e famosa cavalleria pesante del re di Francia Francesco I venne falcidiata dal fuoco dell’artiglieria imperiale. Gli archibugi usati dagli spagnoli contro le spade dei francesi decisero le sorti della battaglia che non sancì solo il passaggio della Lombardia dalla Francia ai domini spagnoli ma cambiò il modo di affrontare il nemico e combatterlo. Il sovrano francese, circondato dagli archibugieri, fu ferito, catturato e condotto in Spagna. Quel giorno le armi da fuoco fecero la differenza contro le spade dei cavalieri. I francesi lasciarono sul campo di battaglia oltre 10.000 uomini, tra i quali il generale Bonnivet e il maresciallo di Francia Jacques de La Palice (quello della verità “lapalissiana”).
Gli imperiali persero 500 soldati. Due settimane dopo la battaglia i messaggeri imperiali portarono al sovrano di Spagna la notizia della vittoria e della cattura del re di Francia, il suo grande avversario. Dopo aver ascoltato il racconto dei corrieri, Carlo V ringraziò il Signore e si ritirò a pregare in solitudine nella sua cappella ma il giorno dopo assistette con tutta la Corte a una solenne messa di ringraziamento nella cattedrale madrilena. L’esercito francese è vicino al crollo e l’epoca della cavalleria è sul punto di concludersi di fronte alla schiacciante superiorità della fanteria e delle armi da fuoco. È famoso il grande arazzo, conservato nel Museo di Capodimonte a Napoli, che racconta e celebra la storica battaglia del 1525 combattuta tra le armate francesi e svizzere guidate da re Francesco I e dall’esercito imperiale di Carlo V, composto dalla fanteria spagnola e dai lanzichenecchi tedeschi, comandato sul campo da Carlo di Borbone e dal condottiero italiano Fernando Francesco d’Avalos. Al centro dell’arazzo un cavaliere imperiale colpisce con la lancia un fante svizzero mentre i soldati vengono spinti verso il Ticino, i civili terrorizzati e in preda al panico cercano di fuggire. É l’epilogo di uno scontro epico che cambiò la geopolitica europea di quell’epoca. La Spagna iniziò a consolidare la sua supremazia nel continente e dal punto di vista militare la battaglia di Pavia rappresentò un’autentica svolta. La fanteria spagnola, con i moderni archibugi, sgominò la cavalleria francese, simbolo del potere aristocratico. Gli arazzi di fattura fiamminga, in lana, seta, filo d’oro e d’argento, opere di Bernard van Orley, Jan e William Dermoyen, realizzati a Bruxelles pochi anni dopo l’evento, tra il 1528 e il 1531, sono sette e illustrano la battaglia di Pavia. Con i suoi 40 metri quadrati, lungo quasi 8 metri per 5 di altezza, l’arazzo fiammingo di Dermoyen ferma la scena più importante dello scontro avvenuto nel parco Visconteo della città sul Ticino tra l’armata francese e quella spagnola. Si vedono a destra il ponte coperto sul Ticino e a sinistra il castello dei Visconti. È il momento decisivo, l’improvvisa sortita degli assediati spinge i soldati francesi e svizzeri nel Ticino in cui molti annegheranno. Sullo sfondo è raffigurata la città lombarda difesa dal comandante spagnolo Antonio de Leyva che per quattro mesi resistette all’assedio di Francesco I decretando il trionfo di Carlo V.           Filippo Re

Giorno del Ricordo, tre mostre per non dimenticare

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IL GIORNO DEL RICORDO IN PIEMONTE: INAUGURATE 3 MOSTRE A CURA DEL CENTRO STUDI E RICERCHE STORICHE PIEMONTESTORIA A VERCELLI, CASALE MONFERRATO (AL) E TRINO (VC)

Tra i visitatori numerosi cittadini, studenti e l’UNITRE di Casale Monferrato

In occasione del Giorno del Ricordo 2025, il Centro Studi e Ricerche Storiche Piemontestoria ha allestito tre esposizioni tematiche a cura dei ricercatori storici Federico Cavallero e Emanuele Ugazio, che si propongono di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani vittime delle foibe, dell’esodo degli istriani, dei fiumani e dei dalmati che si tengono simultaneamente nelle città di Casale Monferrato presso la prestigiosa sede del Castello dei Paleologi, Vercelli presso la sala espositiva dello spazio giovani “Gioin” e Trino presso l’auditorium Tricerri della Scuola Media.

Il Centro Studi e Ricerche Storiche Piemontestoria è un’associazione dinamica e attiva nel campo della promozione della cultura storica su tutto il territorio piemontese. Composta da ricercatori storici, archivisti e appassionati di storia, l’associazione si propone di valorizzare il patrimonio storico e culturale della regione attraverso una serie di attività diversificate.

Tra le principali attività figurano l’organizzazione di mostre ed esposizioni di carattere storico, che permettono di rendere fruibile al pubblico una vasta gamma di materiali, documenti inediti e reperti, offrendo così un’interpretazione visiva e tangibile della storia.

Il Centro Studi è altresì attivo nel promuovere eventi culturali, conferenze e convegni, spesso in collaborazione con istituti scolastici. Inoltre si distingue per le sue pubblicazioni librarie, che spaziano da studi monografici a raccolte di saggi, contribuendo così alla diffusione della conoscenza storica e alla formazione di un pubblico più informato. Queste pubblicazioni sono spesso il risultato di ricerche originali condotte dai componenti dell’associazione e servono come risorse preziose per studiosi e appassionati.

Un altro aspetto significativo dell’attività del Centro Studi è il riordino degli archivi storici, sia per enti pubblici che privati. Questo lavoro è cruciale per preservare la memoria storica e garantire l’accesso a documenti che potrebbero altrimenti andare perduti. Inoltre, l’associazione si impegna nel censimento dei Caduti durante i conflitti mondiali, un progetto che non solo onora la memoria di coloro che hanno sacrificato la propria vita, ma contribuisce anche alla costruzione di una storia collettiva.

Le mostre allestite in occasione del Giorno del Ricordo 2025, rappresentano un vero e proprio viaggio nel tempo e nella storia presentando una serie di quadri disposti in un percorso cronologico che raccontano le vicende dei territori di Istria, Fiume e Dalmazia a partire dall’Impero Romano fino ai tragici eventi del Novecento, passando dal dominio della Repubblica di San Marco, all’Impero austro-ungarico, Regno d’Italia e i due conflitti mondiali. Attraverso fotografie d’archivio e documenti d’epoca, il visitatore è guidato nella scoperta degli eventi storici e geopolitici che hanno segnato questi territori. Le vetrine e le bacheche espongono oggetti e cimeli originali appartenuti agli esuli, provenienti da collezioni private, che raccontano storie di vita, speranza e dolore. Manifesti politici e amministrativi, debitamente incorniciati, offrono un quadro della situazione e delle gravi difficoltà vissute dalle popolazioni dei confini orientali d’Italia.

In aggiunta, un video sonoro di carattere storico corredato da testimonianze dirette e interviste a esuli istriani dalmati accompagna l’evento, arricchendo l’esperienza del visitatore con ulteriori approfondimenti. Questo materiale audiovisivo si rivela fondamentale per coloro che desiderano comprendere meglio le complessità di un periodo storico così significativo.

Nel corso degli anni, l’Associazione ha realizzato la mostra in diversi comuni, creando un circuito di eventi che ha toccato luoghi emblematici come Casale Monferrato, presso il “Castello del Monferrato”, la “Biblioteca Civica Giovanni Canna” e la “Scuola Media Trevigi”; Torino, presso la sede espositiva della Regione Piemonte in piazza Castello; Alessandria, presso la Sala Giunta di “Palazzo Ghilini” e presso la biblioteca Civica “Francesca Calvo”; Cuorgnè (TO) presso l’ex “Chiesa della Trinità”; Vercelli, presso il “Salone Dugentesco”; e Trino (VC) presso il “Palazzo Paleologo” e presso “l’Auditorium famiglia Tricerri”. Ogni tappa della mostra è stata un’occasione per coinvolgere le comunità locali, favorendo un dibattito aperto e inclusivo sulla memoria storica.

La collaborazione con enti locali e istituzioni scolastiche ha permesso all’Associazione Piemontestoria di creare un forte legame con i territori, rendendo le mostre non solo un evento commemorativo, ma anche un’importante occasione di crescita culturale e sociale.

Negli ultimi giorni, le mostre dedicate al Giorno del Ricordo hanno attratto un numero straordinario di visitatori. Cittadini di Casale Monferrato, Vercelli e Trino hanno affollato le sale espositive, dimostrando una forte sensibilità verso questa tematica.

Ma sono le scuole di ogni ordine e grado, in particolare, che hanno risposto con entusiasmo, portando gli studenti a visitare le mostre con percorsi didattici a cura dei ricercatori storici Cavallero e Ugazio per sensibilizzare i giovani sui temi dell’esilio, della sofferenza e del ricordo confrontandosi con una parte di storia italiana per troppi anni taciuta e dimenticata.

Anche l’Università della Terza Età (Unitre) di Casale Monferrato, ha partecipato attivamente all’iniziativa, coinvolgendo i suoi iscritti, accompagnati dalla docente e critica d’arte Dott.ssa Giuliana Romano Bussola, in una interessantissima visita guidata, contribuendo così a un dialogo intergenerazionale sul significato di questa giornata.

Il successo di questa iniziativa e questa mobilitazione collettiva sono un chiaro segnale che la cultura e la memoria storica continuano a rivestire un ruolo fondamentale nella nostra società, promuovendo un dialogo aperto e costruttivo tra le generazioni.

Un’opera dedicata al piccolo partigiano Domenico Luciano

Il 23 febbraio partono le visite guidate al MAU

Le visite guidate al MAU, a partire dal 23 febbraio, si terranno ogni quarta domenica del mese alle 15.30. L’inaugurazione di “Undici”, l’opera dedicata al partigiano Domenico Luciano, avverrà domenica 23 febbraio alle ore 17 in via San Rocchetto 24, in Borgo Vecchio Campidoglio.

Dipingere un muro per raccontare una storia, per denunciare un’ingiustizia, per dare una voce potente al cambiamento e per rendere più bello un pezzo di città. È quello che è successo nel quartiere di torinese del Borgo Vecchio Campidoglio, dove esattamente trent’anni fa è iniziata l’avventura del MAU – Museo d’Arte Urbana, il primo pionieristico progetto italiano per creare un insediamento artistico permanente all’aperto, all’interno di un grande centro metropolitano. Oggi il MAU è un meraviglioso museo all’aperto, uno scrigno di curiosità e bellezza dove l’arte vive e respira con il cambiamento della luce del sole. Per poter ammirare e conoscere a fondo le opere artistiche che lo compongono, ogni mese, a partire dal 23 febbraio, partiranno le visite guidate in collaborazione con Cultural Way. Il percorso si snoda attraverso le strade del quartiere e permette di scoprire 200 opere, 4 mila mq, 100 artisti, giovani emergenti e artisti consolidati.

Il 23 febbraio, in occasione della prima visita guidata, il tour terminerà alle ore 17, in via San Rocchetto 34, con l’inaugurazione, a cura dell’Associazione Avvalorando e del Museo d’Arte Urbana, di “Undici”, opera a memoria delle vittime della Resistenza, realizzata dall’artista torinese Mrfjiodor (Fijodor Benzo) e dedicata al piccolo Domenico Luciano, giovane staffetta partigiana, ucciso dai fascisti il 23 febbraio 1945 a soli 12 anni.

Un piccione viaggiatore trafitto da un proiettile e 8una busta che cade dal becco: è questo il tema che l’artista ha scelto realizzando un’opera con soggetti dalle forme elementari, ma cariche di significato.

“Il piccione viaggiatore, nella sua funzione di portatore di messaggi, rappresenta l’essenza di Domenico – spiega Fijodor Benzo – un messaggero coraggioso, sempre pronto ad affrontare le intemperie e i pericoli della vita. Ho scelto di narrare questo fatto drammatico in modo non eccessivamente cruento; la mia intenzione è quella di evocare una riflessione profonda su come il coraggio e la dedizione di individui come Domenico possano essere soffocati dalla violenza, ma anche di sottolineare l’importanza del messaggio che portano con sé. In questo modo il piccione viaggiatore diventa non solo il simbolo di una vita spezzata, ma anche un richiamo alla memoria e alla responsabilità collettiva, affinché il sacrificio di giovani come “Undici” non venga dimenticato”.

Figlio e fratello di partigiani, Domenico Luciano, noto come “Undici” per la sua giovane età, nascondeva nella sua cartella di scuola informazioni e notizie. Il 23 febbraio 1945 si trovava con un gruppo di partigiani in un cascinale nelle campagne di Givoletto, quando l’edificio fu circondato dai repubblichini. Alle prime luci dell’alba ebbe luogo un conflitto a fuoco, al termine del quale si decise di far uscire il ragazzo con un drappo bianco in segno di resa. Il ragazzo fu allora raggiunto da una raffica di mitra e ucciso. A lui e al suo sacrificio, simbolo della lotta per la liberazione, è dedicata l’opera di San Rocchetto 34, a Torino, che si inaugurerà proprio a ottant’anni dalla sua uccisione.

Il ragazzo viveva nel quartiere Campidoglio, e proprio nell’affascinante cortile di via San Rocchetto, già storica sede di una sezione del PCI, i compagni posero una lapide in sua memoria.

Per info e prenotazioni: 339 3885984 – info@culturalway.it

Mara Martellotta

Caffe storici Torino e non solo: locali dove fare colazione

Informazione promozionale

Un caffè, una cioccolata calda con panna, un buon Bicerin…Non importa quale bevanda si desideri gustare, i caffe storici Torino offrono una vasta scelta di proposte se si desidera trascorrere amabilmente il proprio tempo mentre si visita la città, sia che si tratti per piacere che per attività di team building aziendale anche legate a tematiche culinarie/culturali come Torino Golosa, un viaggio alla scoperta dei segreti delle prelibatezze tra storia ed enogastronomia, o per altre questioni.

La città sabauda è famosa per la sua tradizione di colazioni a Torino, un rito che viene celebrato in numerosi locali che vantano un’atmosfera unica e raffinata.

Una pasticceria storica di Torino o per meglio dire, le tante storiche pasticcerie moderne torinesi, offrono molte prelibatezze e dolci tipici che arricchiscono l’esperienza di una colazione elegante, proprio come si usava fare nei salotti borghesi di fine Ottocento e inizio Novecento, quando i caffè erano considerati luoghi di incontro per personalità illustri della letteratura.

Dei tanti Caffè storici Torino, oggi, ve ne segnaliamo alcuni, veri e propri vanti della città, non solo per gli amanti del caffè e dei cioccolatini tipici di Torino, ma per tutti gli amanti dell’architettura, della storia e dei viaggi. Senza indugi, ecco i nostri consigli.

Caffè San Carlo: Re dei bar storici Torino

Con i suoi capitelli corinzi, statue e dorature, il Caffè San Carlo è un’icona e sovrano dei bar storici Torino senza tempo e che racchiude il fascino del Risorgimento e delle floride correnti artistiche che hanno attraversato la città.

Questo caffè storico torinese, situato nell’omonima piazza – considerata dai torinesi una delle più belle della città – è stato il set di numerosi film e fiction grazie alla sua atmosfera unica e suggestiva.

Sedendosi ai suoi eleganti tavolini, si può ammirare la bellezza di Palazzo Solaro del Borgo, capolavoro del Rococò, e delle due chiese gemelle, Santa Cristina e San Carlo, esempi perfetti dell’architettura barocca. Con quasi 200 anni di storia, il Caffè San Carlo è il luogo ideale per una pausa raffinata, immersi nell’arte e nella cultura, gustando la migliore colazione della città, ad esempio.

Un punto di riferimento tra i bar storici di Torino, dove tradizione e contemporaneità si incontrano in un’esperienza indimenticabile.

Barney’s, caffè di Torino del Circolo dei Lettori

Il Barney’s, situato all’interno del suggestivo Circolo dei Lettori di Torino, è uno dei caffè storici più rinomati della città, un luogo dove tradizione e modernità si fondono alla perfezione.

Qui, è possibile vivere l’esperienza della migliore colazione torinese, immersi in un’atmosfera raffinata e accogliente. Con una selezione di dolci torinesi che spaziano dai classici gianduiotti alle delicate paste artigianali, il Barney’s offre una colazione elegante che soddisfa ogni palato. Un vero e proprio tempio per gli amanti del caffè e della buona lettura, dove ogni dettaglio racconta la storia e la cultura di una città che ha fatto del caffè e della letteratura un’arte.

Baratti&Milano: l’eccellenza della pasticceria torinese e della cioccolateria

In Piazza Castello, sorge uno dei caffè storici torinesi e pasticceria torinese più iconici: Baratti&Milano.

Nato nel 1858, è da oltre un secolo un elegante salotto sabaudo, punto di ritrovo per intellettuali, artisti e figure di spicco della politica e della scienza.

Il suo raffinato stile liberty evoca atmosfere d’altri tempi, rendendolo uno dei bar famosi di Torino, perfetto per chi ama i locali particolari con un fascino senza tempo.

Fiore all’occhiello di questa storica caffetteria è la sua pasticceria torinese e la cioccolateria d’eccellenza, con specialità imperdibili. Tra i piaceri da gustare spicca il Bicerin, l’iconica bevanda calda della tradizione torinese, preparata con cioccolato fondente, caffè e latte montato, perfetta per le giornate più fredde. Da provare anche il Caffè Baratti&Milano, un espresso arricchito con crema di nocciole, panna e granella di nocciole, una coccola raffinata adatta a qualsiasi momento della giornata.

La Farmacia del Cambio, caffè di Torino dalle brioches celebri e virali

Questo storico caffè di Torino è molto più di una semplice caffetteria: è un’esperienza sensoriale e culturale che unisce sapori pregiati, architettura d’epoca e un’atmosfera senza tempo.

Nella centralissima Piazza Carignano, la proprietà dello storico ristorante Del Cambio, vero e proprio caffè storico di Torino, ha rilevato un’antica farmacia trasformandola in una raffinata pasticceria. Questo locale, tra i Torino locali particolari più affascinanti, unisce arredi in legno, cristalleria e vetrine dall’atmosfera vintage a un’offerta di dolci ultra-contemporanei, diventando un punto di riferimento per le pasticcerie moderne della città. Tra le specialità spiccano i celebri Crubik e la Sfera, croissant a forma di cubo e sfera che hanno conquistato i social, insieme al pain suisse, alla girella con gocce di cioccolato e arancia, e alla brioche al cacao farcita di crema al gianduia. Non mancano torte moderne, monoporzioni eleganti e lievitati salati, ideali per chi cerca una colazione alternativa senza rinunciare al gusto e alla raffinatezza. Un luogo dove tradizione e innovazione si incontrano, regalando un’esperienza indimenticabile.

Locali storici di Torino: Pfatisch

Uno dei locali storici di Torino che ancora oggi conserva il fascino di un’epoca dorata è senza dubbio la Pasticceria Pfatisch, fondata nel 1915 dal maestro cioccolatiere Gustavo Pfatisch.

Questa pasticceria storica Torino ha visto passare tra i suoi tavoli figure illustri come i principi di Savoia, Cesare Pavese, Primo Levi, Indro Montanelli, Mario Soldati e Norberto Bobbio. Situata in un meraviglioso edificio Liberty di via Sacchi, progettato dall’architetto Pietro Fenoglio, la pasticceria ha mantenuto intatti i suoi interni Art Déco, diventando un autentico gioiello inserito nell’Associazione Locali Storici d’Italia.

Ma la vera sorpresa si trova nel seminterrato: un laboratorio di produzione completo, dedicato alla lavorazione artigianale del cioccolato torinese. Oggi questa perla fa parte del Choco-Story Torino, il museo del cioccolato che accompagna i visitatori in un viaggio dalle civiltà precolombiane fino all’evoluzione della cioccolateria torinese, con un focus sui cioccolatini tipici di Torino. Un’esperienza imperdibile per golosi di tutte le età, perfetta anche per le famiglie con bambini.

Caffè Platti: bellissimo e ottocentesco caffè storico Torino

Fondato nel 1870, il Caffè Platti è uno dei caffè storici di Torino più eleganti e raffinati.

Situato in Corso Vittorio Emanuele II, questo caffè storico Torino da oltre un secolo riesce a mantenere intatta un’atmosfera d’altri tempi, con sontuosi lampadari e un banco bar in stile anni Venti. I colori caldi e i magnifici stucchi rendono l’ambiente ancora più fiabesco, trasformando ogni visita in un’esperienza unica.

In passato, il Caffè Platti è stato frequentato da intellettuali e personalità di spicco come Luigi Einaudi, Giulio Einaudi, Cesare Pavese, Luigi Lavazza e il Senator Agnelli.

Ma il Platti è anche un luogo simbolico della storia sportiva: proprio di fronte al locale, nel 1897, un gruppo di studenti del Liceo Massimo D’Azeglio fondò quello che sarebbe diventato uno dei club calcistici più importanti d’Italia, la Juventus.

Tra le prelibatezze che offre, non può mancare di citare la sua pasticceria torinese, con la sua iconica Torta Platti, un dolce dal cuore morbido e una vellutata copertura al gianduja, la cui ricetta è gelosamente custodita.

Oltre alla pasticceria storica di Torino, il Caffè Platti propone anche un’ampia selezione di tramezzini ideali per un pranzo veloce.

Cosa dovresti assolutamente ordinare? Senza dubbio i deliziosi dolci torinesi e la pasticceria mignon. Per una merenda sostanziosa, non perdere la Plattina, la leggendaria torta del caffè in dimensioni ridotte.

Caffe storici Torino, come non citare Caffè Al Bicerin

Nel cuore del Quadrilatero Romano, il Caffè Al Bicerin è uno dei più celebri caffe storici Torino, nonché uno dei bar famosi Torino, grazie alla sua lunga tradizione e all’invenzione della storica bevanda piemontese che porta il suo nome. .

Nato a fine Settecento, questo caffè storico di Torino è il luogo in cui è stato creato il Bicerin, un raffinato mix di caffè, cioccolato e crema di latte, oggi riconosciuto come bevanda tradizionale piemontese e divenuto un autentico simbolo cittadino.

Perfetto per chi desidera una colazione elegante, il locale accoglie i suoi ospiti in un’atmosfera senza tempo, tra boiserie in legno, un bancone storico e piccoli tavolini in marmo che raccontano la storia e il fascino di una Torino d’altri tempi.

Colazioni a Torino: non solo caffè storici

Diamo uno sguardo anche ad altri locali particolari Torino

Nel panorama delle colazioni a Torino, il Bar Tiratisù si distingue come uno dei locali particolari Torino, perfetto per gli amanti dei dolci e delle esperienze gourmet. Situato nel cuore della città, questo locale è un vero paradiso per chi desidera iniziare la giornata con una colazione ricercata e golosa.

La sua specialità? Le brioches proposte in diverse varianti e preparato con ingredienti freschi e di alta qualità, accanto a un’ampia selezione di dolci torinesi. Con il suo ambiente accogliente e moderno, il Bar Tiratisù è la scelta ideale per chi vuole concedersi un momento di dolcezza in un contesto elegante e innovativo.

La Torteria Berlicabarbis è uno dei locali particolari Torino, un angolo di dolcezza che combina il fascino delle pasticcerie moderne con il calore di una tradizionale sala da tè.

Nata nel 2012, ha conquistato i torinesi con la sua straordinaria selezione di dolci torinesi, tra cui una ventina di torte preparate ogni giorno, con le cheesecake come protagoniste indiscusse. Impossibile resistere ai croissant al pistacchio, grandi e golosi, il cui nome richiama proprio l’espressione dialettale “Berlicabarbis”, che significa “da leccarsi i baffi”.

Oltre alle prelibatezze di pasticceria, il locale vanta un’incredibile selezione di 130 tipi di tè e tisane e ben 15 caffè alla piemontese, in cui il caffè si fonde con cioccolato, gianduia e granella di pistacchio, regalando un’esperienza unica per ogni amante del dolce e del buon vivere.

In via Cavour 10, Perino Vesco è molto più di un semplice panificio: unisce l’arte della panificazione a un’ampia offerta di dolci, rendendolo un indirizzo imperdibile tra i migliori caffè di Torino e un esempio di pasticcerie moderne in città.

Dal salato al lato dolce, le torte da forno – con la langarola alla nocciola in testa – le crostate, i plumcake, gli strudel e le tartellette soddisfano ogni palato.

Camera di commercio ed eccellenze torinesi: un ultimo ma non meno importante aspetto

Il Presidente della Camera di commercio di Torino, Dario Gallina, ha sottolineato l’importanza e la responsabilità di essere nominati Maestri del Gusto, chiedendo ai 218 premiati di essere ambasciatori del gusto torinese e di partecipare attivamente agli eventi nazionali e internazionali. L’iniziativa della Camera di commercio mira a promuovere l’eccellenza dell’enogastronomia torinese, rendendola un punto di forza per aumentare l’attrattività del territorio sia per i residenti che per i visitatori stranieri.

Questi sono solo alcuni tra i caffe storici Torino e bar colazione dove fermarsi in caso di una visita in città, una semplice passeggiata o per occasioni più importanti come meeting aziendali a Torino, compleanni, incontri e quant’altro.

Tuttavia, siamo certi che resterete soddisfatti da una di queste proposte.

Tra le pasticcerie moderne di Torino, Dolce Pasticceria si distingue per la sua capacità di coniugare tradizione e innovazione, offrendo una selezione di dolci torinesi e creazioni contemporanee che conquistano al primo assaggio.

Un vero paradiso per gli amanti della qualità, con una produzione artigianale che esalta i migliori prodotti pasticceria a Torino. Ogni giorno, dalle vetrine, spiccano eleganti monoporzioni, crostate, torte classiche e innovative, accanto ai grandi protagonisti della tradizione. L’attenzione per la qualità delle materie prime e la cura nella preparazione rendono ogni creazione un’esperienza unica, perfetta per una colazione golosa, una pausa dolce o per festeggiare un’occasione speciale.

Questi sono solo alcuni tra i caffe storici Torino e bar colazione dove fermarsi in caso di una visita in città, una semplice passeggiata o per occasioni più importanti come meeting aziendali a Torino, compleanni, incontri e quant’altro.

Tuttavia, siamo certi che resterete soddisfatti da una di queste proposte.

La Torino oscura di Profondo Rosso

Cinquant’anni fa, nel settembre del 1974, iniziavano a Torino le riprese di Profondo Rosso, un film che sarebbe diventato un riferimento classico per gli appassionati di cinema, uno dei migliori thriller italiani di sempre. Il regista Dario Argento per la terza volte sceglieva la prima capitale d’Italia e le sue atmosfere magiche dove si scorgono, oltre alle piazze e alle vie più note del centro, il Teatro Carignano, la Galleria San Federico e piazza CLN, dove si riconoscono le fontane di fronte alle quali Gabriele Lavia e David Hemmings assistono al primo terribile delitto del film, quello della sensitiva Helga Ullman ( l’attrice Macha Méril). Hemmings (che nel film interpretava il pianista inglese Marc Daly ) incrociò sulla collina torinese alcune dimore importanti come Villa della Regina (residenza storica dei Savoia), lungo la Strada Comunale Santa Margherita, per poi raggiungere l’obiettivo della sua ricerca: Villa Scott, in Corso Giovanni Lanza, 57.

 

È quella, infatti, la lugubre “villa del bambino urlante” che si trova in Borgo Po, sulle colline della città: un edificio bellissimo, uno degli esempi più straordinari dell’art decò. “L’avevo scoperta per caso — confessò il regista — mentre giravo in auto in cerca di posti interessanti dove girare il film. La villa era in realtà un collegio femminile diretto dalle monache dell’Ordine delle Suore della Redenzione e, siccome ne avevo bisogno per un mese, offrii alle occupanti una bella vacanza estiva a Rimini, dove si divertirono tantissimo. Con noi restò una monaca-guardiano, che sorvegliò le riprese con austerità”. Un’ulteriore curiosità merita di essere segnalata. Quando Marc, nel film suonò al campanello di casa del suo amico Carlo, si trovò di fronte la madre di lui (Clara Calamai) che lo fece entrare in un appartamento ricco di cimeli e foto d’ogni sorta. La casa era davvero quella dell’attrice e, quindi, ciò che si vede nel film era probabilmente in gran parte ciò che davvero c’era in quell’appartamento nel 1974, diventato set per l’ultima avventura cinematografica della grande interprete del cinema italiano. Il film, quinta prova dietro la macchina da presa per Dario Argento, uscì nelle sale il 7 marzo 1975 e lo consacrò, grazie al successo, come il vero maestro del brivido made in Italy.

Marco Travaglini

Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio

Oltre Torino: storie miti e leggende del Torinese dimenticato

È luomo a costruire il tempo e il tempo quando si specchia, si riflette nellarte. 

Lespressione artistica si fa portavoce estetica del sentire e degli ideali dei differenti periodi storici, aiutandoci a comprendere le motivazioni, le cause e gli effetti di determinati accadimenti e, soprattutto, di specifiche reazioni o comportamenti. Già agli albori del tempo luomo si mise a creare dei graffiti nelle grotte non solo per indicare come si andava a caccia o si partecipava ad un rituale magico, ma perché  sentì forte la necessità di esprimersi e di comunicare.

Così in età moderna – se mi è consentito questo salto temporale – anche i grandi artisti rinascimentali si apprestarono a realizzare le loro indimenticabili opere, spinti da quella fiamma interiore che si eternò sulla tela o sul marmo.  Non furono da meno gli  autoridelle Avanguardie del Novecento  che, con i propri lavori disperati, diedero forma visibile al dissidio interiore che li animava nel periodo tanto travagliato del cosiddetto Secolo Breve.

Negli anni che precedettero il primo conflitto mondiale nacque un movimento seducente ingenuo e ottimista, che sognava di ricreare la natura traendo da essa motivi di ispirazione per modellare il ferro e i metalli, nella piena convinzione di dar vita a fiori in vetro e lapislazzuli che non sarebbero mai appassiti: gli elementi decorativi, i ghirigori del Liberty, si diramarono in tutta Europa proprio come fa ledera nei boschi. Le linee rotonde e i dettagli giocosi ed elaborati incarnarono quella leggerezza che caratterizzò i primissimi anni del Novecento, e ad oggi sono ancora visibili anche nella nostra Torino, a testimonianza di unarte raffinatissima, che ha reso la città sabauda capitale del Liberty, e a prova che larte e gli ideali sopravvivono a qualsiasi avversità e al tempo impietoso. (ac)

Torino Liberty

1.  Il Liberty: la linea che invase l’Europa
2.  Torino, capitale italiana del Liberty
3.  Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio
4.  Liberty misterioso: Villa Scott
5.  Inseguendo il Liberty: consigli “di viaggio” per torinesi amanti del Liberty e curiosi turisti
6.  Inseguendo il Liberty: altri consigli per chi va a spasso per la città
7.  Storia di un cocktail: il Vermouth, dal bicchiere alla pubblicità
8.  La Venaria Reale ospita il Liberty:  Mucha  e  Grasset
9.  La linea che veglia su chi è stato:  Il Liberty al Cimitero Monumentale
10.  Quando il Liberty va in vacanza: Villa  Grock

Articolo 3. Il cuore del Liberty nel cuore di Torino: Casa Fenoglio

Con lEsposizione Internazionale di Arte Decorativa Moderna del 1902, Torino assume il ruolo di  polo di riferimento per il Liberty italiano. LEsposizione del 1902 è un evento di grandissimo successo, e numerosi sono gli architetti che offrono il proprio contributo, ma il protagonista indiscusso di questa stagione èPietro Fenoglio, il geniale ingegnere-architetto torinese, che abitònella palazzina di Corso Galileo Ferraris, 55.

Allinizio del Novecento, Torino vede in particolare il quartiere di Cit Turin al centro della propria trasformazione. A partire da Piazza Statuto si dirama il grande Corso Francia che, con le sue vie limitrofe, costituisce in questa zona un quartiere ricco di architetture in stile Art Nouveau unico nel suo genere. Un tratto urbanistico in cui sono presenti numerose testimonianze dellopera di Fenoglio, riconoscibile dai caratteristici colori pastello, dalle decorazioni che alternano soggetti floreali a elementi geometrici e dallaudace utilizzo del vetro e del ferro. 

Personalità artistica di estremo rilievo, Pietro Fenoglio contribuisce in modo particolare a rimodellare Torino secondo il gusto Liberty. Nato a Torino nel 1865, larchitetto-ingegnere orienta il suo campo dinteresse nelledilizia residenziale e nellarchitettura industriale. Nato da una famiglia di costruttori edili, frequenta la Regia Scuola di Applicazione per ingegneri di Torino; subito dopo la laurea, conseguita nel 1889, inizia unintensa attività lavorativa, raggiungendo ottimi risultati in ambito architettonico. Partecipa, nel 1902, allOrganizzazione internazionale di Arte Decorativa Moderna di Torino e in questoccasione approfondisce la conoscenza dello stile liberty, riuscendo poi a concretizzare quanto appreso nei numerosi interventi edilizi di carattere residenziale, ancora oggi visibili nel territorio cittadino. La sua attività di progettista si estende anche al campo dellarchitettura industriale, come testimoniano la Conceria Fiorio (1900 – Via Durandi, 11) o la Manifattura Gilardini (1904 – Lungo Dora Firenze, 19). Nel 1912, Pietro entra a far parte del Consiglio di Amministrazione della Banca Commerciale Italiana ed è tra i promotori della SocietàIdroelettrica Piemonte. Colto da morte improvvisa, Pietro Fenoglio muore il 22 agosto 1927, a soli 62 anni, nella grande casa di famiglia a Corio Canavese.

Tra tutte le sue realizzazioni spicca lopera più bella e più nota per la ricchezza degli ornati: Casa Fenoglio-La Fleur (1902), considerata unanimemente il più significativo esempio di stile Liberty in Italia. Progettata in ogni più piccolo particolare da Pietro Fenoglio per la sua famiglia, la palazzina di Corso Francia, angolo Via Principi dAcaja, trae ispirazione certamente dallArt Nouveau belga e francese, ma lobiettivo dellIngegnere è di dar vita al modello Liberty. La costruzione si articola su due corpi di fabbrica disposti ad elle, raccordati, nella parte angolare, da una straordinaria torre – bovindo più alta di un piano, in corrispondenza del soggiorno. Manifesto estetico di Fenoglio, ledificio – tre piani fuori terra, più il piano mansardato –  riflette lestro creativo dellarchitetto, che riesce a coniugare la rassicurante imponenza della parte muraria e le sue articolazioni funzionali, con la plasticità tipicamente Art Nouveau, che ne permea lesito complessivo. Meravigliosa, e di fortissimo impatto scenico, è la torre angolare, che vede convergere verso di sé le due ali della costruzione e su cui spicca il bovindo con i grandi vetri colorati che si aprono a sinuosi e animosi intrecci in ferro battuto. Unedicola di coronamento sovrasta lelegante terrazzino che sporge sopra le spettacolari vetrate.  Sulle facciate, infissi dalle linee tondeggianti, intrecci di alghe: un ricchissimo apparato ornamentale, che risponde a pieno allautentico Liberty. Gli stilemi fitomorfi trovano completa realizzazione, in particolare negli elementi del rosone superiore e nel modulo angolare. Altrettanto affascinanti per la loro eleganza sono landrone e il corpo scala a pianta esagonale. Si rimane davvero estasiati di fronte a quelle scale così belle, eleganti, raffinate, uniche. Straordinarie anche le porte in legno di noce, le vetrate, i mancorrenti, e le maniglie dottone che ripropongono lintreccio di germogli di fiori. 

La palazzina non è mai stata abitata dalla famiglia Fenoglio, e fu venduta, due anni dopo lultimazione, a Giorgio La Fleur, imprenditore del settore automobilistico, il quale volle aggiungere il proprio nome allimmobile, come testimonia una targa apposta nel settore angolare della struttura. Limprenditore vi abitò fino alla morte. Dopo un lungo periodo di decadenza,  la palazzina venne frazionata e ceduta a privati che negli anni Novanta si sono occupati del suo restauro conservativo.

Alessia Cagnotto