STORIA- Pagina 105

Ricco fine settimana culturale con la Fondazione Torino Musei

ECCO L’AGENDA APPUNTAMENTI DELLA FONDAZIONE TORINO MUSEI

5 – 11 marzo 2021

 

VENERDI 5 MARZO

 

Venerdì 5 marzo ore 21

IL PRIMATO DELL’OPERA. VIAGGIO NELL’ARTE DEL NOVECENTO

GAM – visita online nell’ambito del progettoConnessioni d’arte

La GAM propone un nuovo allestimento della collezione del Novecento storico che permette di restituire centralità all’opera d’arte. Il percorso guidato consente al visitatore di soffermarsi nei diversi ambienti del museo, cogliendo l’aspetto d’insieme delle sale e delle opere, per proseguire con la descrizione di dipinti, sculture e installazioni attraverso video e fotografie esclusive.

L’appuntamento con la guida è un’occasione per ripercorrere la storia dell’arte del Novecento dalle Avanguardie storiche all’Informale, dal New Dada e Pop Art all’Arte Povera attraverso il tesoro della Città di Torino.

Info e prenotazioni: visita guidata on-line 8€ intero; ridotto 7€ (possessori di Abbonamento Musei).

Prenotazioni al numero 011 5211788 oppure scrivendo a info@arteintorino.com ; a seguito della prenotazione saranno inviati dettagli ed estremi bancari per effettuare il pagamento con bonifico oppure sarà possibile effettuare l’acquisto on-line.

 

 

DOMENICA 7 MARZO

 

Domenica 7 marzo ore 18

GALLERIE DEDICATE ALL’ASIA MERIDIONALE E SUD-EST ASIATICO, REGIONE HIMALAYANA E PAESI ISLAMICI DELL’ASIA.

MAO – visita online nell’ambito del progettoConnessioni d’arte

L’appuntamento con la guida del MAO permette di coinvolgere i partecipanti attraverso immagini di alta qualità in grado di restituire al visitatore punti di vista esclusivi sulle collezioni.

Si parte dalle opere d’arte indiana, con la statuaria di soggetto buddhista e induista di varia datazione, per proseguire il viaggio attraverso il Sud-est asiatico.

Nella galleria dedicata alla regione Himalayana, saranno illustrate le opere d’arte buddhista tibetana che spaziano dalle sculture in legno e metallo ai dipinti a tempera, fino alle preziose copertine lignee intagliate e dipinte. Il percorso si conclude nella galleria dei Paesi Islamici dell’Asia, caratterizzata dalla ricca collezione di vasellame e piastrelle e da una pregevole raccolta di bronzi, manoscritti e raffinati tessuti.

Info e prenotazioni: visita guidata on-line 8€ intero; ridotto 7€ (possessori di Abbonamento Musei).

Prenotazioni al numero 011 5211788 oppure scrivendo a info@arteintorino.com; a seguito della prenotazione saranno inviati dettagli ed estremi bancari per effettuare il pagamento con bonifico oppure sarà possibile effettuare l’acquisto on-line.

 

 

MERCOLEDI 10 MARZO

 

Mercoledì 10 marzo ore 21

L’ARCHITETTURA DEL TEMPO

Palazzo Madama – visita online nell’ambito del progetto Connessioni d’arte

L’architettura di Palazzo Madama si presenta ai nostri occhi attraverso un accostamento di anime diverse: romana, medievale e barocca. La visita guidata on line condurrà i visitatori alla scoperta di questo magnifico edificio, attraverso fotografie e video riprese che permettono di poter entrare anche in luoghi difficilmente accessibili al pubblico. Un viaggio esplorativo, guidati da chi normalmente accompagna in presenza i visitatori in museo, che partirà dagli scavi archeologici per arrivare fino alle torri medievali, da dove si potrà godere di una magnifica vista panoramica sulla città di Torino. Si proseguirà nel percorso salendo uno degli scaloni più affascinanti d’Europa, realizzato dall’architetto Filippo Juvarra, fino all’entrata nelle sale barocche, un tempo abitate dalle Madame reali Cristina di Francia e Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours.

Info e prenotazioni: visita guidata on-line 8€ intero; ridotto 7€ (possessori di Abbonamento Musei).

Prenotazioni al numero 011 5211788 oppure scrivendo a info@arteintorino.com ; a seguito della prenotazione saranno inviati dettagli ed estremi bancari per effettuare il pagamento con bonifico oppure sarà possibile effettuare l’acquisto on-line.

 

 

GIOVEDI 11 MARZO

 

Giovedì 11 marzo ore 18

IL MODELLO INNER MONGOLIA: NOTIZIE DAL FRONTE SETTENTRIONALE

MAO – evento su Zoom

Intervista doppia con Steve Bisson, Paris College of Art, e Alessandro Zanoni, art director e fotografo, condotta da Samuele Pellecchia, curatore della mostra.

Info https://www.chinagoesurban.com/

 

Dove Portano i Venti, la programmazione culturale 2021 del Polo del ‘900 di Torino

Crisi, transizioni, opportunità del nuovo decennio Decidere oggi come abitare il decennio che verrà. Con Dove portano i Venti, il Polo del ‘900 di Torino e i 22 Enti partner presentano il programma culturale 2021.

Un’ampia articolazione di progetti, iniziative, formati, linguaggi, luoghi e strumenti che attorno ai Venti costruisce una narrazione tra passato e futuro, per intercettare e rispondere a crisi, transizioni, opportunità del nuovo decennio.

Gli Anni Venti suggeriscono diverse dimensioni che verranno esplorate attraverso i numerosi progetti 2021 in partenza a marzo.

  • Venti sono gli anni del decennio che si apre con la sfida ecologica da vincere, modelli e approcci da ridefinire, dal sistema dei diritti al concetto di democrazia, dagli sviluppi dell’ingegneria genetica e dell’intelligenza artificiale, ai rischi di conflitti nucleari o biologici, dal rapporto tra lavoro e lavoratori fino ai crescenti squilibri in termini di accesso alle opportunità tra aree e popolazioni del pianeta, resi ancora più acuti dalla Pandemia.
  • Venti gli anni passati dall’inizio del nuovo millennio, segnato dall’attacco alle Torri Gemelle, cresciuto di pari passo con la rivoluzione digitale e l’esplosione di Internet, fratturato dalla crisi finanziaria del 2008.
  • I Venti del secolo scorso, un decennio denso di avvenimenti e fatti storici a livello nazionale e internazionale, generativo di visioni, ideologie, modelli di società e di sviluppo che hanno influenzato e informato in modo significativo gli anni a seguire. Un decennio che nasceva dopo una pandemia.
  • I venti sono anche i ventenni, la generazione Z, nata con il nuovo millennio, portatrice di modelli comportamentali, aspirazionali e visioni di futuro radicalmente diverse rispetto ai millennials e ai boomers. Non meri destinatari delle varie iniziative ma protagonisti attivi.
  • Questi anni Venti che ci apprestiamo a vivere portano anche verso il bilancio dell’Agenda ONU per lo sviluppo sostenibile, countdown che si chiude nel 2030 quando saremo chiamati a valutare la capacità di risposta di ognuno alle sfide globali.

Le dimensioni che i Venti suggeriscono costituiscono l’architettura di Dove portano i Venti, programma dall’ambizione biennale, che si svilupperà a livello regionale, dal vivo e in streaming, con format consolidati e proposte inedite, per mobilitare l’opinione pubblica sulle sfide più urgenti, locali e globali, con uno sguardo privilegiato al mondo della formazione e alle nuove generazioni.

FEBBRAIO

A cominciare dai Progetti Integrati 2021, frutto della filosofia collaborativa degli Enti partecipanti del Polo, come Polo Internazionale. Avere Vent’anni in…, cinque appuntamenti per approfondire lo stato dei diritti umani attraverso lo sguardo dei ventenni in cinque stati: Turchia, Egitto, Balcani, Siria e Libano – coordinato dalla Fondazione Vera Nocentini e dall’Istituto di Studi Storici Gaetano Salvemini.

Il progetto si apre questa settimana (22 febbraio), con un’azione a sostegno dei diritti umani: a un anno dalla carcerazione di Patrick Zaky – attivista e ricercatore all’università di Bologna detenuto in Egitto – negli spazi del Polo del ‘900 troverà posto l’installazione #unasediaperZaky dell’artista Gianluca Costantini, immagine scelta da Amnesty International come simbolo della campagna per la sua liberazione. L’immagine di Zaky accompagnerà tutti gli eventi della programmazione 2021. A partire da maggio, si entrerà nel vivo delle attività con il primo appuntamento Avere vent’anni nei Balcani.

 

MARZO

Il mese di marzo si apre su due temi centrali per la programmazione 2021 del Polo: futuro e ambiente.

Con VentiTrenta. Aspirazioni, capacità e progetti per cambiare il prossimo decennio verranno esplorati una vasta gamma di “scenari futuri”: da rappresentazioni e interpretazioni su trend, scenari e previsioni possibili alla dimensione progettuale a breve e medio termine.

Un percorso, coprogettato dal Polo del ‘900 e Forwardto – Studi e competenze per scenari futuri, fatto di talk, laboratori, workshop in partenza il 16 marzo con Visioni 2040 e strategia 2025, tra riflessioni e risultati a partire da un esercizio di immaginazione di futuri desiderabili condotto con metodi di foresight da parte di un centinaio di cittadini di Torino, da seguire sui canali del Polo – nell’ambito del progetto Felicità Civica in collaborazione con ass. Nessuno/Lombroso16.

Con I Venti dell’ambiente, invece, avrà inizio un percorso di meteorologia sociale, volto a indagare il tema della sostenibilità, interconnesso a economia, società, ambiente e cultura.

Nel workshop di apertura, 24 marzo alle ore 17.30, coprogettato con Nesta ItaliaArts and technology for Climate Change, a confronto arte e tecnologia per sensibilizzare e mobilitare sui temi del cambiamento climatico, in una diretta streaming da seguire sui canali social del Polo e di Nesta Italia, con l’intervento di Joseph GrimaMarco ScotiniOlga KisselevaSalvatore Iaconesi e Oriana Persiconell’ambito del progetto S+T+ARTS.

Molti altri progetti di Dove portano i Venti si attiveranno progressivamente nel corso dell’anno.

 

Come Dirittibus, che a partire dal mese di aprile trasformerà un bus in un museo itinerante arricchito con oltre 150 libri sui diritti, uno spazio aperto a eventi educativi, ludici, performativi in dialogo con i quartieri della città – guidato dal Museo Diffuso della Resistenza, in collaborazione con le Biblioteche Civiche.

Lo sport diventerà un prisma per interpretare le sfide attuali, ripercorrendone l’epopea dagli anni Venti del Novecento fino a oggi, con Sfide Sconfinate. Lo sport che cambia il mondo – coordinato dall’Unione Culturale Franco Antonicelli. Lo sport sarà anche il focus di N, magazine del Polo del ‘900, con un numero dedicato in uscita a maggio.

Con 9Cento Storie. Le culture politiche alla prova del tempo presente, un’indagine sulle culture politiche del Novecento e del loro significato oggi, attraverso sette protagonisti del Novecento d’ispirazione per i giovani – coordinato dal Centro Studi Piero Gobetti (settembre).

Alfabeto civico. Parole in gioco, un inedito percorso di didattica, rivolto a studenti dai 14 ai 19 anni, porterà il Polo del ‘900 e i suoi Enti all’interno delle scuole, per studiare l’educazione civica attraverso il gaming – capofila Fondazione Carlo Donat-Cattin, nell’ambito del Bando Civica di Compagnia di San Paolo (marzo).

Proseguiranno nel corso dell’anno importanti collaborazioni con Biennale Democrazia e con i festival Archivissima, CinemAmbiente, Lovers, Salone Internazionale del Libro di Torino e Festival delle Colline Torinesi sui temi dell’ambiente, dei diritti e delle nuove generazioni.

Continueranno i lavori di integrazione e valorizzazione dei patrimoni culturali custoditi dal Polo del ‘900 e dagli Enti partner grazie a 9centRo, hub degli archivi digitali del Polo, che nel 2021 amplia l’offerta integrando i patrimoni archivistici storici del Politecnico di Torino. L’importanza di valorizzare i patrimoni custoditi si concretizza in un progetto integrato dedicato: Archivi Con-nessi, con inediti percorsi di storytelling digitale per avvicinare nuovi destinatari alle fonti d’archivio – coordinato dall’Istituto Piemontese Antonio Gramsci (aprile).

Gli archivi saranno protagonisti anche della mostra 50 anni Fuori!, ospitata dal Polo del ‘900, curata dal Museo della Resistenza in collaborazione con la Fondazione Penna / Fuori! in occasione del cinquantesimo anno dalla nascita del Fronte Unitario Omosessuale Rivoluzionario Italiano (settembre).

Altri percorsi espositivi abiteranno il Polo del ‘900 nel corso del 2021, a cominciare da “75 anni dopo. La liberazione di Torino nelle fotografie di Felix de Cavero (in corso), “Ricordati di non dimenticare. Nuto Revelli, vita per immagini” (aprile), “Dai medici condotti al Sistema Sanitario Nazionale” (maggio), e dal percorso multimediale “Amazonia. The deep breath of the world” (ottobre).

Continuano anche per tutto il 2021 i contest creativi Accendi la Resistenza dell’Istituto Piemontese per la Storia della Resistenza, Filmare la Storia dell’Archivio Nazionale della Resistenza, HOME – House of Memory & Engagement dell’Istituto Gramsci, il Club dei Creativi del Centro Pier Giorgio Frassati e i progetti didattici Linguaggi della Contemporaneità con la Fondazione per la Scuola della Compagnia di San Paolo, e Novecento: storie di passaggi e di diritti – 1920-2020: Diritti conquistati, diritti negati, dell’Istoreto. Si avvia, inoltre, una collaborazione con la rivista Doppiozero su tutto il programma dei Venti. Continuano anche per il 2021 le attività di animazione territoriale in collaborazione con la Portineria di Comunità della Rete Italiana di Cultura Popolare. Il tema dell’Europa verrà sviluppato nell’ambito di un progetto promosso da Fondazione Compagnia di San Paolo sui giovani e l’Europa.

Tre progetti speciali completano il programma 2021 con numerosi momenti di approfondimento che avranno luogo nella seconda metà dell’anno: Colonialismo, a cura dell’Archivio Nazionale della Resistenza; Tra guerra e dopo-guerra: una tregua, un nuovo inizio dedicato a Primo Levi, a cura del Centro Internazionale di Studi Primo Levi, e infine DuemilaVenti. Retrospettiva, critica generazionale sul 2020, a cura del Centro di Studi Piero Gobetti.

Dove portano i Venti, programmazione 2021 del Polo del ‘900 e dei suoi 22 Enti partner, in collaborazione con una fitta rete di realtà nazionali e non, è stata pensata in forma doppia e ibrida, da seguire in presenza in Via del Carmine, 13 e 14 a Torino, secondo le norme di sicurezza in vigore, e online sui canali web del Polo del ‘900.

Per tutti gli aggiornamenti: www.polodel900.it.

Sergio Soave, presidente della Fondazione Polo del ‘900: “Ho temuto, in questi mesi, che la pandemia costituisse un ostacolo per la vita e l’identità del Polo del ‘900, e ho tante volte pensato che il malefico virus avesse ahimè ridotto il “treno ad alta velocità” con cui si procedeva speditamente. Per fortuna non è andata così e, sebbene fortemente rallentata da tutti i vincoli delle chiusure, la nostra attività ha saputo trovare nuove vie che ci hanno permesso di ripartire con tutta l’energia, l’inventiva e la passione con cui ci si è mossi nei tre anni precedenti. Ne è un esempio questo programma “Dove portano i venti”, costruito grazie all’apporto e al confronto reciproco di tutte le fondazioni afferenti al Polo che sentitamente ringrazio. Chi avesse pensato che per noi i venti, cioè gli anni Venti, significassero solo una rimemorazione del decennio fatale del secolo scorso, sarà forse sorpreso dalle molteplicità di significati e di indicazioni che quel semplice titolo comporta. Certo sarà importante recuperare e ridiscutere la memoria di eventi, personaggi, esperienze del passato, ma, come si vede, lo si farà per affrontare i temi cruciali che questo decennio del nostro secolo pone alla cultura e, conseguentemente, alla politica, all’economia, alla società. Lo spettro molto ampio di argomenti e di tematiche sarà inoltre affrontato cercando linguaggi nuovi adatti all’incontro con le giovani generazioni, primario obiettivo del nostro quotidiano impegno. Qualcuno ha detto che, per parlare con loro, dovremmo intanto definirci “Polo del 2000”. Si vedrà, ma intanto, senza rinnegare origini e vocazioni, “i venti del 2000” soffieranno proprio in quella direzione”.

 

Alessandro Bollo, direttore della Fondazione Polo del ‘900: “Un programma di eventi e attività di respiro biennale, che delle grandi sfide del nuovo decennio fa il suo focus centrale. Dove portano i Venti è il risultato della collaborazione e del lavoro corale del Polo e dei suoi 22 Enti partner; un percorso che ha coinvolto moltissimi compagni di viaggio del panorama nazionale e internazionale grazie ai quali il tema dei Venti troverà espressione in numerose forme e linguaggi. Sarà un programma ibrido, pensato non solo per (r)esistere alla prova del Covid-19, ma per sperimentare nuove modalità di fruizione, dal vivo e online e che coinvolgerà numerosi spazi aperti del territorio a Torino e in Piemonte. La componente digital rimarrà molto viva, nel corso del 2020 abbiamo avuto la possibilità di sperimentare numerosi format digitali che viaggiano molto oltre le mura del Polo: maratone online, podcast e contenuti on demand, accolti con grande interesse dai nostri interlocutori abituali e non, che miglioreremo ulteriormente per permettere ai nostri pubblici, vicini e lontani, di partecipare alle tante iniziative pensate per loro. Per cominciare un percorso insieme che indaghi i problemi più urgenti del presente e che con la stessa urgenza trovi delle risposte per spostare anche di un solo centimetro la direzione in cui vogliamo che vada il decennio a venire”. 

Filippo Juvarra, regista di corti e capitali

Torino, città nella quale Filippo Juvarra ebbe un ruolo di primo piano per quasi 20 anni e che conserva la più grande collezione al mondo di opere juvarriane presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino con il nome di “ Corpus juvarrianum “, dedica al grande architetto messinese la mostra “ Filippo Juvarra regista di corti e capitali dalla Sicilia al Piemonte all’Europa”.

La mostra inaugura nella sala mostre Juvarra della Biblioteca giovedì 4 marzo alle ore 11 ( diretta streaming sul sito www.juvarrallanazionale.it ) e aprirà al pubblico venerdì 5 marzo e fino al 31 maggio ( ingresso libero dalle 10 alle 16, dal lunedì al venerdì) . L’esposizione è organizzata, oltre che dalla biblioteca Nazionale, dal Centro Studi Piemontesi, dall’Associazione Amici della Biblioteca Nazionale universitaria di Torino e dal Dipartimento Interateneo di Scienze di Politecnico e Università degli Studi di Torino , Progetto e Politiche del Territorio con il sostegno della Fondazione Compagnia di San Paolo e Cassa di Risparmio di Torino e il patrocinio del Comune di Torino, Regione e Consiglio Regionale Piemonte.

La Biblioteca Nazionale Universitaria coglie l’occasione della mostra per celebrare la ricorrenza del suo trecentesimo anniversario , esponendo per la prima volta nella sua interezza il Corpus juvarrianum, che conserva tra le sue raccolte il più consistente fondo esistente di disegni del “Primo Architetto civile di S.M.”, come venne nominato da Vittorio Amedeo II. Tre sono i principali filoni nei quali si dipana il percorso espositivo, arricchito da un apparato multimediale che permette lo sfoglio di tutto il Corpus su monitor a parete : il primo dedicato agli studi di Juvarra e dei suoi collaboratori più specificatamente legati alle architetture, religiose e civili ; il secondo ripercorre l’attività di Juvarra scenografo, in particolare negli anni romani, tra il 1709 e il 1714, mentre la terza sessione si incentra sul legame storico – politico tra Sicilia, Piemonte ed Europa.


Alla mostra si accompagna una corposa pubblicazione , che include per la prima volta l’inventario aggiornato dell’intero corpus juvarrianum, oltre a una serie di saggi importanti per l’inquadramento storico, artistico e culturale della produzione juvarriana .L’inaugurazione della mostra è anche occasione per tre eventi simbolici . Il primo è l’emissione di un Annullo Postale Speciale dedicato a Filippo Juvarra. Il secondo è l’intitolazione a Filippo Juvarra della sala mostre, che si affianca all’Auditorium Vivaldi.Il terzo è la possibilità di visitare, a fianco della mostra, l’antico laboratorio di restauro del libro della Biblioteca Nazionale, il primo in Italia in una biblioteca pubblica statale, allestito a seguito dell’incendio del 1904.

Per prenotazioni:
– www.juvarrallanazionale.it- info@juvarrallanazionale.it o11 8101125
Biblioteca Nazionale Universitaria: bu-to@beniculturali.it www.bnto.librari.beniculturali 011 8101113

Helen Alterio

L’utopia infranta di Adriano Olivetti 

Di Marco Travaglini / Sessantuno anni fa, il 27 febbraio 1960, durante un viaggio in treno da Milano a Losanna moriva improvvisamente, a causa di una emorragia cerebrale, Adriano Olivetti

La sua scomparsa lasciò orfana della sua guida un’azienda presente su tutti i maggiori mercati internazionali, con oltre 35mila dipendenti, di cui oltre la metà all’estero, e un progetto culturale, sociale e politico di grandissima complessità, dove fabbrica e territorio – in particolare Ivrea e il canevese – erano “indissolubilmente integrati in un disegno comunitario armonico”.

Adriano Olivetti era nato a Ivrea l’11 aprile del 1901, secondogenito di Camillo Olivetti e Luisa Olivetti Revel. Laureato in Ingegneria Chimica industriale al Politecnico di Torino iniziò nel 1924, poco più che ventenne, a lavorare come operaio nella fabbrica di macchine per scrivere fondata dal padre Camillo nel 1908 a Ivrea. Nel 1932 venne nominato Direttore Generale dell’azienda di Ivrea, diventandone il Presidente sei anni dopo, subentrando al padre e guidando con decisione l’Olivetti verso gli obiettivi dell’eccellenza tecnologica, dell’innovazione e dell’apertura verso i mercati internazionali. Una particolare cura venne dedicata al design industriale, al punto da vedersi assegnato, nel 1955, il prestigioso Compasso d’Oro per meriti conseguiti nel campo dell’estetica industriale, e al miglioramento delle condizioni di vita dei dipendenti. Imprenditore, intellettuale e politico, le sue idee innovative per delle riforma sociali in senso comunitario sono ancor oggi attualissime e testimoniano la sua capacità visionaria. Adriano Olivetti fu capace di portare l’ azienda di famiglia a competere alla pari con i giganti del mercato mondiale della sua epoca, trasformando la città “dalle rosse torri” nella capitale dell’informatica, riconosciuta recentemente dall’Unesco nella sua lista del patrimonio mondiale come “Ivreacittà industriale del XX secolo”. Un sogno industriale, quello di Adriano Olivetti, che logicamente mirava al successo e al profitto ma proponeva anche un progetto sociale che implicava una relazione del tutto nuova e compartecipativa tra imprenditore e operai, oltre a un rapporto qualitativamente alto tra quella che era stata la “fabbrica in mattoni rossi” e la città, capoluogo del Canavese. Gran parte della storia intellettuale e sociale dell’esperienza olivettiana che trasformò Ivrea nella “Atene degli anni ‘50” è raccolta nei libri pubblicati dalle Edizioni di Comunità, la casa editrice fondata nel 1946 da Adriano Olivetti.

Tra i tanti c’è anche l’agile e interessante volumetto intitolato “Discorsi per il Natale” che raccoglie tre testi scritti da Adriano per le feste di fine anno, fotografando alcuni dei momenti più importanti della storia della fabbrica di Ivrea. Nel primo discorso, datato 24 dicembre 1949, l’imprenditore racconta i primi anni del dopoguerra per condividere il sollievo e l’orgoglio della compiuta ripresa dell’azienda dopo la difficile esperienza del fascismo e del conflitto mondiale. Nel secondo, sei anni dopo, il 24 dicembre 1955, Adriano Olivetti rievoca proprio quel discorso per ripercorrere i nuovi traguardi della fabbrica, che ha assunto ormai una dimensione internazionale ma non ha mai perso di vista le proprie radici morali, memore degli insegnamenti del fondatore Camillo. E dice, tra le altre cose: “Tutta la mia vita e la mia opera testimoniano anche – io lo spero – la fedeltà a un ammonimento severo che mio padre quando incominciai il mio lavoro ebbe a farmi: “Ricordati” –mi disse– “che la disoccupazione è la malattia mortale della società moderna;perciò ti affido una consegna:devi lottare con ogni mezzo affinché gli operai di questa fabbrica non abbiano a subire il tragico peso dell’ozio forzato, della miseria avvilente che si accompagna alla perdita del lavoro”.

Una grande lezione morale alla quale, nei fatti, accompagnò il suo agire di imprenditore illuminato. Olivetti esprime così la volontà di ringraziare i lavoratori della fabbrica per la loro partecipazione a qualcosa di più grande, a una comune dimensione di riscatto del lavoro che, per usare le stesse parole di Olivetti,“non si esaurisce semplicemente nell’indice dei profitti”. Nell’ultimo discorso della breve raccolta, pronunciato in occasione del Capodanno del 1957, alla vigilia del cinquantenario della fondazione della Olivetti ( nell’ottobre del 1908) l’augurio dell’imprenditore di Ivrea, ormai all’apice del successo, è quello di non perdere mai di vista, nell’anno e negli anni a venire, il senso di giustizia e di solidarietà umana che è alla base di ogni vero progresso e rappresenta il valore più profondo e ultimo di tutta l’esperienza olivettiana. Vi è l’orgoglio per quello che lui stesso definisce “lo spirito della fabbrica” e una potente visione di futuro. Resta, leggendo quelle pagine, il rammarico per ciò che potevano essere l’Olivetti , l’industria italiana e il modello sociale del paese se l’utopia di Adriano Olivetti non si fosse spenta dopo la sua improvvisa e tragica morte in quel sabato di fine febbraio, quando non aveva ancora compiuto sessant’anni.

Il mito (e gli sbagli) di Agnelli con Quaglieni su Fb

Domenica 7 marzo alle ore 18 sul canale social Fb, pagina del centro Pannunzio, lo storico Pier Franco Quaglieni aprirà le manifestazioni per il Centenario della nascita di Giovanni Agnelli con una lezione su “Agnelli, la Fiat oltre i miti“.

Il prof. Quaglieni ha conosciuto personalmente l’avvocato Agnelli e parlerà dei suoi rapporti con Mario Soldati. Dichiara Quaglieni “Voglio far rivivere un grande protagonista dell’Italia del secolo
scorso, del suo stile, del suo ruolo di Presidente della Fiat ed anche dei suoi errori. Oggi quello che resta della Fiat, ha totalmente perso lo smalto di Agnelli e non è più un’industria ne’ torinese ne’ italiana, una svolta che Agnelli non avrebbe permesso.”

Le sculture che “vegliano” su Torino

Rappresentazioni allegoriche, simboli, oggetti, animali: 18 sculture che decorano Torino e dintorni, spettatrici immobili della vita cittadina, sono le protagoniste dei racconti di questa antologia in cui prendono vita, interagendo con la realtà o inventandone una tutta loro, facendoci conoscere il loro punto di vista e sollecitandoci a cercarle e scoprirle negli spazi della città.

 

Dalla Fontana dei Dodici Mesi del Parco del Valentino al Mulo con Alpino immortalati nell’Arco monumentale dello stesso Parco, dalle statue tardo ottocentesche a quelle Liberty, fino a Merz, Penone, Cragg, Armando Testa.

Una materna Dora e il Movimento di Liberazione delle Statue, l’invettiva muta e potente dell’Eco e la sacra voce del dio Api, il Moloch incatenato, la bicicletta verde che permette ogni viaggio e l’enigmatico monumento al Traforo del Fréjus. E poi il mulo della Grande Guerra, il cane di pietra che vuole guarire gli umani, l’elefante Fritz e la miniaturista, il Fante e la vecchia signora, l’Igloo, gli attorcigliati ma confortanti Punti di vista e altri personaggi più o meno surreali.

Le sculture del libro

La Fontana dei Dodici mesi Fontana La Dora Monumento al Traforo del Frejus Eco Bicicletta verde Sul campo del dolore e Sul campo di battaglia Il T’oro Tomba della pittrice Sofia Giordano Clerk Cane da caccia Dio Moloch Giustizia, Liberalità, Pietà e Vittoria Il Fante d’Italia Fontana Angelica In limine Sintesi 59 Fontana Igloo Punti di vista Arco monumentale all’Arma dell’Artiglieria

A cura di Franca Rizzi Martini

Scrittrice, appassionata di viaggi, storia, arte e teatro, Franca RIZZI MARTINI

vive e lavora a Moncalieri, ed è autrice di romanzi e racconti,

nonché curatrice della collana antologica “Di arte in arte”.

Racconti di:

Simonetta Bernasconi, Bruna Bertolo, Luca Bollero, Haider Bucar, Alessandro Gea, Renato Graziano, Paolo Magrini Montabone, Michela Marocco, Marco Minelli, Maria Montano, Eva Monti, Bruna Parodi, Aida Pironti, Giovanna Radaelli, Franca Rizzi Martini, Caterina Schiavon, Maria Vallinotto, Valentina Veratrini

I diritti d’autore saranno devoluti all’associazione International Help onlus

184 pagine – € 16,00

La Barriera cominciava al di qua della Dora

COSA SUCCEDE(VA) IN CITTA’ / Giusto 40 anni fa furono istituti i quartieri a Torino. Per l’esattezza 23. Tanti, ed in alcuni casi messi insieme alla bell’e meglio. I criteri che adottarono furono principalmente due. La popolazione e la presenza dei comitati di quartiere spontanei. Erano frutto della contestazione. Si svilupparono soprattutto nei primi anni 70. Promotori furono i partiti di sinistra e le parrocchie. Precisamente parte delle parrocchie.

Il vento della contestazione era entrato a pieno titolo nelle stanze della chiesa e degli oratori. Soprattutto giovani che , oltre che pregare intervenivano nel sociale. Erano anni in cui Giorgio Gaber cantava :  libertà è stare sopra un albero , la libertà è partecipazione. In questa suddivisione, qualcuno ne fece le spese,  diciamo così,  di identità. Come via Bra o via Cuneo,  immortalata da Gipo Farassino.  Lui che da quelle parti  di Barriera ci è nato. Anche mia madre è nata in via Cuneo. Case di ringhiera. Era una sartina . Classe ’29 e finita la quinta elementare a lavorare. Gruppo Tessile Biellese poi diventato Marus e poi diventato Facis.   Il padre era morto nei   primi tre mesi in guerra, pleurite fulminante.  La nonna abitava ancora da quelle parti.  Maria Borletti (mia madre), per lei non aver potuto studiare fu un dramma. Con le 150 ore, studio e lavoro prese la licenza media. Leggeva, leggeva tanto. Magari in modo caotico,  ma leggeva. Era orgogliosa d’ aver fatto la scuola di partito a Fagetto Lairo. Una villa del Partito, sul lago di Como, adibita a scuola. Mensa, sala riunioni e piccole stanze dove si studiava. I dirigenti nazionali insegnavano. C’era anche una piccola stamperia per le dispense. Poi esame con relativi voti. Suo zio Pietro Moschelli , scappato dall’ Italia e dal fascismo,  fu rifugiato politico a Mosca. Maresciallo dell’Armata Rossa e direttore di fabbrica. Si portò dietro la famiglia. Moglie e due figli. L’ uomo si laureò in ingegneria e la donna in medicina. In Italia non poterono esercitare perché la laurea presa in Urss non era riconosciuta. Soprattutto con la cugina mi facevano raccontare la sua esperienza scolastica. Mamma mia quanto studiavano. La cosa,  però,  che la terrorizzava maggiormente erano gli esami per potersi iscrivere alla Gioventù Comunista Russa. In particolare le modalità d’ accesso. L’ estrema selezione. Ora, può sembrare,  al limite dell’assurdo. Allora no.  Era pura e semplice promozione sociale. Partivano dalle case di ringhiera,  con i servizi in comune e poi si laureavano. Confesso,  anche per il sottoscritto mi sembrava decisamente esagerato. Ora , vicerversa , l’ ignoranza imperante è,  decisamente eccessiva. La nonna materna arrivava da Linguaglossa in Provincia di Catania. Ai piedi dell’Etna. Metà strada tra Catania e Bronte,  famosa per i pistacchi e il massacro del garibaldino Nino Bixio. A 20 anni sono andato alla ricerca di antenati. Al cimitero,  tra vecchie lapidi. Terra nera e porosa del vulcano. Classiche case basse fatte,  ancora di tufo   Anche lì c’era qualcosa delle case di ringhiera di Barriera. Una Barriera che non si sarebbe sviluppata così se non ci fossero stati gli emigranti dal Sud. Molti arrivavano,  come prima tappa a Porta Palazzo. Si sa, prima il capofamiglia. Dopo le famiglie. Sicuramente grandi lacerazioni,  sradicamenti, ma anche grandi speranze. Forti identità paesane. Lucani con lucani,  calabresi con calabresi,  siciliani con siciliani. I pugliesi ” invasero ” piazza Foroni. Cambiò persino la toponomastica. Divenne piazza Cerignola. Ancora oggi si possono comprare i più buoni taralli di Torino. Il più delle volte le comunità si facevano associazioni. Riferimento culturale e politico. Queste associazioni sono entrate a pieno titolo nelle dinamiche,  sociali e politiche della città. Un esempio per tutti e l’associazione lucana Carlo Levi,  fondata ed attualmente diretta dalla Famiglia Cerabona. Prospero Cerabona , consigliere comunale Pci negli anni 80 sbattè la porta in polemica con Diego Novelli. Lucano , emigrato dalla Lucania. Orgoglioso delle sue origini contadine. Dalle parti di via Ternengo c’ è una delle più belle biblioteche.
Proprietà della Fondazione Amendola. Il bar dei calabresi in via Brandizzo angolo via Monterosa. Dalle 18 in poi montagne di noccioline e Birre a go-go. Tutti muratori,  con pezzi di corpo abbronzati. Tutte le regioni del sud degnamente rappresentate. La Barriera cominciava al di qua della Dora. Non ci sono Santi che tengano. Poi al fondo di Corso Vercelli,  fin oltre il trincerone. Ora un intero isolato di casermoni.  Prima , davanti alla cremeria Sempione,  la Balera ribattezzata,  la balera cul dei Mal Maria’. Insomma gli scapoli in cerca di vedove inconsolabili. Confini di Barriera,  terra di accoglienza. Da Catania fino a Torino,  per poi fare un salto a Mosca. Essere ospitali e superare i confini. Visto che i confini esistono per essere superati e crescere.

Patrizio Tosetto

Una nuova tappa della ricerca storica sulla antica casata dei Gozzano

Armano Luigi Gozzano instancabilmente continua la ricerca dei documenti storici sulla genealogia della nobile casata Gozzano in Piemonte.

Luzzogno per alcuni secoli rappresentò l’unità civile e religiosa e la prima comunità ad erigersi in parrocchia e rendersi autonoma da Omegna nel 1455.La nobile casata dei Gozzano, scomparsa ormai da quasi quattro secoli da Luzzogno,lasciò evidenti segni del loro passaggio.Un ricco signore della famiglia eresse per ex- voto il Santuario della Madonna delle Grazie,detto della Colletta,dove si trova la Natività della Beata Vergine Maria.
Foto 1 (idem alla foto di testata).
L’edificio risale al 1400 ed il motivo della costruzione é illustrato nell’affresco posto sopra alla porta di ingresso.Si racconta in una antica tradizione che un Gozzano ed un suo compagno di lavoro, entrambi artigiani,durante una rapina ad una muta di muli carichi di monete d’oro,furono arrestati per errore e scambiati per i veri ladri. L’affresco rappresenta il povero Gozzano che invoca la Madonna della Colletta,poi liberato per intervento divino ingrandí l’antico oratorio ed eresse a sue spese l’attuale Santuario.
Annualmente si celebra la festa della natività
della Vergine,ed ogni tre anni si svolge la processione notturna che parte dalla Colletta e il suo svolgimento é rimasto immutato dal 1882.Il Comitato apposito allestisce la bella e bianca galleria formata da 180 pezze di canapa antica appartenente ad ogni famiglia,con pali e corde che formano lo “stradone” lungo 80 metri, abbellito in stile veneziano con luci e bandiere per accogliere l’ ingresso trionfale della loro Regina nella parrocchiale di San Giacomo.
La cura per la luminosità della festa riunisce in una unica volontà tutti gli abitanti e nei vestiti delle donne rivive il cuore della gente per rendere onore alla Madonna.Due i costumi della Valle Strona,originali e pittoreschi e anche aristocratici :il Walser nella parte alta con Forno e Campello Monti con i nastri sul petto come ornamento,e nella parte centrale con Massiola,Sambughetto, Luzzogno e Fornero dove il bustino é l’ornamento più bello.Alla Colletta sono conservati pregevoli affreschi del pittore torinese Vittorio Cavalleri,socio onorario della Accademia di Brera e della Albertina di Torino,ospite nelle estatiche vacanze a Luzzogno.La antica casa padronale dei Conti Gozzano risale al 1400,e nel 1709 Francesco Bernardino Gozzano la cede al comune per la somma di 372 lire,a patto che resti utilizzata come canonica.Figlio del nobile Antonio notaio e regolatore dei libri del Maestrato Ducale di Casale,abitò a Cereseto e a Serralunga di Crea,feudi del ricchissimo cugino Marchese Giacomo Bartolomeo Gozzani di Treville,vice presidente del Senato monferrino.La sua discendenza ebbe sviluppo a carattere militare,come descritto nel suo diario di famiglia:
Antonio, tenente colonnello di fanteria di Casale e di Susa,espugnò al nemico le città di Cuneo, Alessandria e Castelfidardo.
Nominato Cavaliere e investito di beni feudali da Vittorio Amedeo di Savoia con menzione.
Felice Raimondo, componente dei Dragoni di Sardegna.
Giovanni Carlo, Cavaliere e Maggiore Generale di fortezza a Casale e governatore del forte di Verrua Savoia.
Giovanni Battista, nominato Cavaliere da Vittorio Emanuele, capitano nella grande battaglia del 2-12-1805 di Austerlitz,che segnò la dissoluzione del S.R.I. a
fianco di Napoleone Bonaparte contro l’armata austriaca e russa,guidate dai loro imperatori.Nel suo diario di guerra descrisse la quasi disfatta delle due armate ,e dopo la battaglia Napoleone lo ospitò nel suo castello conquistato.Si trovò anche accerchiato ed imprigionato dagli austriaci ad Udine e portato a Lubiana in Carniola,città di sviluppo dei cugini Marchesi Gozzani emigrati da Casale Monferrato che diedero origine alla loro linea austriaca nel 1781.
Fu poi liberato su parola d’onore dagli austriaci per tornare in patria.Fu anche Maggiore di Brigata del reggimento di Saluzzo, Mondovì e Cuneo.Dopo Austerlitz fu nominato Maggiore Generale dei battaglioni di Alessandria, Vercelli e Casale Monferrato.
Carlo, Maggiore Generale della prima Brigata di Cavalleria di Torino,ebbe l’onore di portare un trofeo in bronzo,offerto da tutti gli ufficiali,sulla tomba del Principe Amedeo di Savoia,Duca di Aosta, a Superga.
Questa famiglia rappresenta la terza linea più importante emigrata da Luzzogno a Casale Monferrato, unitamente alle altre due linee principali,i Marchesi Gozzani di San Giorgio e di Treville.Utilizzarono lo scudo araldico dei cugini di San Giorgio.
La casa Gozzano, dei coniugi Zanoni,é stata ristrutturata completamente,compresa l’edicola adiacente, raffigurante San Filippo Neri e la Madonna del Rosario con il  Bambino.
Sul loggiato é conservato un affresco di autore sconosciuto che riproduce i vizi capitali e le virtù,rappresentate da una doppia serie di figure allegoriche e scritte a fianco della palma dove siede la Madonna con il Bambino, risalente al 1500.
Fu restaurato la prima volta da Don Luigi Arioli,padre Rosminiano, professore di storia a Stresa.
Nella valle esistono ancora famiglie collegate dai matrimoni con i Gozzano del 1500 :
Piana : Agnese sposa inizio 1600 Giovanni Battista Gozzano.Oggi residenti a Luzzogno, Fornero, Campello Monti e Strona.A Casale Monferrato i nobili Piana nel 1652 con Pietro e nel 1654 con Giovanni Battista furono testimoni di atti notarili dei cognati Gozzano.
Savoia : Antonio nel 1573 cugino di Antonio Gozzano.Oggi residenti a Luzzogno e Strona.
De Giorgis : nel 1550 una famiglia Gozzano venne assorbita dai De Giorgis,si pensa per opportunismo,prima come Gozzano/De Giorgi,poi in via definitiva come Giorgi.Oggi residenti a Fornero.Si narra in valle che i Gozzano come i Giorgi emigrarono a Luzzogno dalla Val Vigezzo.
Alessi : Giovanni sposa nel 1633 Caterina Gozzano,oggi  proprietari della nota azienda di casalinghi a Crusinallo di Omegna,nipoti dei Bialetti.
Bialetti : Giorgio di Casale Corte Cerro sposa nel 1654 Domenica Gozzano,oggi produttori delle famose caffetterie a Crusinallo di Omegna.
Nel 1995 l’epilogo della ricerca sulle proprie origini del Marchese Titus Gozani,ultimo discendente della linea austriaca di San Giorgio,si concluse a Luzzogno, iniziata molti anni prima con il padre Marchese Leo Ferdinando nel 1963 a Casale Monferrato.
Giuliana Romano Bussola

“Ritratti d’oro e d’argento” Reliquiari medievali in mostra

A Torino in Palazzo Madama. Fino al 12 luglio

In lamina d’argento sbalzata  e  cesellata, posta nella vetrina centrale della “Sala Atelier” di Palazzo Madama e proveniente dal “Museo Archeologico Regionale di Aosta” è la prima chicca – da cui partire –nell’itinerario espositivo proposto dalla suggestivarassegna curata da Simonetta Castronovo e dedicata ai “reliquiari” dal Trecento al primo Cinquecento provenienti da tutte le diocesi del Piemonte, ma anche dalla Svizzera e dall’Alta Savoia. Sitratta del “busto in argento di Giove” (II – III sec. d. C.), ritrovato in uno scavo archeologico al Piccolo San Bernardo e uno fra i tanti realizzati in metallo in età romana (raffiguranti divinità o imperatori), cui guardarono come primi “modelli” propri gli orafi medievali per eseguire i loro ritratti dei Santi. Quei “busti reliquiari” che oggi, e fino al 12 luglio, troviamo per l’appunto esposti in buon numero a Palazzo Madama. Busti preziosi, dalla doppia valenza: autentiche e indiscutibili opere d’arte e manufatti adibiti alla protezione e all’esposizione dei “resti sacri” (in particolare crani) dei Santi, legati alle devozioni del territorio e alle titolazioni di determinate chiese locali. Documentati già dall’XI secolo e presenti in gran numero, dal 1100 al 1500, proprio in Piemonte e nell’area alpina, essi rappresentano attraverso una complessità stilistica in cui convivono esemplarmente gusto classico e narrazione specificamente medievale –dei veri e propri “ritratti in oreficeria”, solitamente in rame o in argento dorato, spesso arricchiti da pietre preziose, vetri colorati e smalti.

Cronologico l’ordine seguito dalla mostra: si va dal busto più antico, la “Santa Felicola” dell’abbazia di Sainte-Marie d’Aulps (Haute-Savoie) – una santa gotica e sorridente, che guarda alla scultura delle cattedrali, tra Parigi e la Francia settentrionale, negli anni di regno di Filippo il Bello- fino alla “Santa Margherita” del Musée d’art et d’histoire di Ginevra, un busto ligneo del 1500 circa,proveniente dalla Bottega di Peter e Mattelin Vuarser eimprontato al nuovo realismo di radice fiamminga. In mezzo, possiamo ammirare una ricca galleria di volti che mostrano le più svariate sfaccettature interpretative, passando dal gotico al tardogotico, fino al pieno naturalismo della seconda metà del Quattrocento. E sotto i riflettori, come personaggi di una storia devozionale immutata d’intensità nei secoli, i Santi nati e vissuti in Piemonte, patroni di alcune delle principali cattedrali della regione, come San Teobaldo d’Alba, San Giovenale di Fossano, Sant’Evasio di Casale, San Secondo d’Asti e San Venanzio di Sarezzano, accanto a santi più “internazionali”, come San Giorgio e San Maurizio, peraltro centrali nella devozione della dinastia sabauda, o Sant’Orsola, con un busto ligneo intagliato e dipinto, realizzato a Colonia e arrivato inPiemonte come dono di Manfredi di Montafia, uno dei tanti mercanti “lombardi” attivi nel nord Europa nel Medioevo. Organizzata in partnership con il “Museo della Cattedrale” di Aosta e con laSoprintendenza per i beni e le attività culturali della Valle d’Aosta, in collaborazione con la Consulta Regionale per i Beni Culturali Ecclesiastici Piemonte e Valle d’Aosta,l’esposizione nasce da un’iniziativa condivisa con imusei facenti parte della rete internazionale Art Médiéval dans les Alpes” e si lega a una serie di esposizioni che apriranno nello stesso periodo sui due versanti delle Alpi: tutte ruotano attorno al tema delle arti preziose nel ducato di Savoia nel Medioevo sotto iltitolo comprensivo di Artistes et artisans dans les États de Savoie au Moyen Âge. De l’or au bout des doigts.

Nello specifico, Palazzo Madama di Torino e il Museo del Tesoro della Cattedrale di Aosta (dal 27 marzo al 2giugno) approfondiranno nelle rispettive esposizioni il tema dell’oreficeria medievale, mentre in concomitanza ( dal 5 febbraio al 5 aprile) il Museo Diocesano d’ArteSacra di Susa espone, con il titolo La Cassa di Sant’Eldrado: nuove scoperte, gli oggetti rinvenuti all’interno della preziosa Cassa, capolavoro dell’arte romanica custodito nella Parrocchiale della Novalesa, con una ricostruzione dell’urna.

Gianni Milani

“Ritratti d’oro e d’argento”

“Palazzo Madama – Sala Atelier”, piazza Castello, Torino; tel. 011/5211788 o www.palazzomadamatorino.it

Fino al 12 luglio

Orari: merc. e giov. 11/19; ven. 11/20

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Nelle foto
-Arte romana: “Busto di Giove Delicheno”, lamina d’argento sbalzata e cesellata, fine II inizio III sec. d. C.
– Particolare dell’allestimento; Ph. Perottino
– Orafo franco-settentrionale: “Busto di Santa Felicola”, rame sbalzato e dorato con pietre e vetri “encabouchon”, 1300-1330 ca.
– Ginevra, Bottega di Peter e Mattelin Vuarser: Busto reliquiario di Santa Margherita”, legno di noce intagliato con alcune tracce di policromia e doratura, 1500 ca.; Ph. Jean Marc Yersin

Con il make-up Palazzo Madama torna alla “grande bellezza”

Con il prezioso contributo di FONDAZIONE CRT

Palazzo Madama, bombardato il 13 agosto durante l’ultimo conflitto mondiale, nel corso dei secoli ha avuto importanti interventi di ristrutturazione e abbellimenti per opera di molti artisti adoperatisi per impreziosirlo.

Residenza ufficiale delle due Madame Reali, il Palazzo fu rinnovato in fasi successive a cura di Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours e dell’altra Madama reale, Cristina di Francia.

Il tempo passa e il Palazzo ha nuovamente bisogno di opere di restauro per garantire la sicurezza e riportare alle origini la “Grande Bellezza”. L’intervento, promosso dalla Fondazione Torino Musei, da sempre impegnata nella tutela, conservazione e valorizzazione dei beni museali, sarà interamente finanziato da Fondazione CRT, storico e principale sostenitore privato di Palazzo Madama

Prende il via il grande progetto di restauro e consolidamento dell’avancorpo centrale della facciata juvarriana, capolavoro architettonico del Settecento europeo: una spettacolare, complessa e delicata operazione “chirurgica”, capace di “mixare” antiche tecniche artigianali e metodologie all’avanguardia, recuperando i marmi originali accanto all’impiego di materiali contemporanei, come fibre di carbonio, resina e acciaio inox nelle parti nascoste dell’edificio.

Alcuni materiali utilizzati  sono già stati sperimentati con successo nella Torre di Pisa.

Il progetto sarà caratterizzato dal recupero filologico e dal consolidamento di tutti i 3.730 blocchi di marmo e dall’inserimento reversibile di “protesi” in acciaio abbinato alla musealizzazione delle 4 monumentali statue allegoriche sulla sommità.

«Il restauro di Palazzo Madama è il primo dono che la Fondazione CRT fa alla città e alla regione nel proprio trentennale, rafforzando la lunga tradizione di solidarietà verso il patrimonio storico-artistico, a partire dalle Residenze Sabaude – dichiara il Presidente di Fondazione CRT Giovanni QuagliaCi prendiamo cura di un bene di rilevanza nazionale che appartiene a tutti, con l’impegno di collaborare con le istituzioni per un nuovo Rinascimento culturale, continuando a far risplendere nel tempo la ‘grande bellezza’ diffusa sul territorio che rafforza il senso di comunità»

«Sarà – aggiunge il presidente Quaglia – un cantiere della conoscenza che esplorerà le sotterranee “Cantine juvarriane, mai svelate ai visitatori». Gli appassionati potranno assistere dal “vivo” a tutte le principali fasi del ristrutturazione.

Il progetto di restauro e consolidamento strutturale – approvato dal MIBACT e dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio –  è firmato  dall’architetto Gianfranco Gritella.

Il Presidente della Fondazione Torino Musei, Maurizio Cibrario, spiega: «Non credo esista in Torino un altro monumento le cui pietre racchiudano 2000 anni di storia al pari di Palazzo Madama. Dall’insediamento romano agli Acaia, i Duchi di Savoia, le Madame Reali, sino al Senato del Regno di Italia, una carrellata ineguagliabile di gestione del potere civico e statale. A trecento anni dalla trasformazione da fortezza a capolavoro dell’arte barocca, si rende necessario un grandioso lavoro di restauro, consentito dal senso civico e dalla sensibilità storica e artistica della Fondazione CRT, a cui va la profonda riconoscenza nostra e dell’intera Città. Si preannuncia anche un intervento delMinistero per i beni e le attività culturali che, se dovesse realizzarsi, completerebbe in modo mirabile il piano dei lavori. Anche per tale ragione la nostra gratitudine va alla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Torino, per i consigli, la guida e il sostegno offerti in questa essenziale fase introduttiva».

In dettaglio, le opere per riportare la facciata al suo antico splendore prevedono il restauro dell’apparato architettonico e decorativo; il consolidamento strutturale dei soffitti e degli architravi lapidei dei tre intercolumni del pronao centrale; il sollevamento, il trasporto e il restauro delle quattro monumentali statue allegoriche di coronamento del pronao, che saranno musealizzate e sostituite da copie identiche sulla sommità dell’edificio; il restauro, la revisione e il consolidamento strutturale dei serramenti lignei; la revisione e l’adeguamento dei sistemi di smaltimento delle acquemeteoriche della copertura e, infine, il recupero dei sotterranei circostanti il palazzo.

Entro la primavera, la Fondazione Torino Musei pubblicherà il bando di gara per l’affidamento dei lavori sull’avancorpo centrale, che inizieranno prima dell’estate e dureranno circa un anno e mezzo, per concludersi a fine 2022.

Tommaso Lo Russo 

(Foto: il Torinese)