Nelle sale italiane il 29 novembre e in 110 copie, distribuito da 01 Distribution, Ride è l’unico film italiano in Concorso al 36° TFF. Ci rivela un Mastandrea inedito, non più attore ma regista. In realtà, come ha ricordato egli stesso durante la conferenza stampa del TFF, il debutto come regista è stato con il cortometraggio “Trevirgolaottantasette”, nel lontano 2005. Il corto, interpretato da Jasmine Trinca ed Elio Germano, si aggiudicò un prestigioso Nastro d’argento al 62°Festival Internazionale del Cinema di Venezia. Il tema, quello delle morti bianche. Il titolo, particolarmente significativo, corrisponde alla media delle persone che ogni giorno, secondo i dati del 2004, morivano in seguito ad un incidente sul lavoro. Come lo stesso regista ebbe a dire all’epoca, “ Il mio non è un film di denuncia. E’ uno sguardo dal basso su chi fa lavori socialmente utili, ma molto precari per quanto riguarda la sicurezza e le condizioni contrattuali”. E a chi gli chiese a quel tempo se si trattasse di una prova generale per il debutto al lungometraggio, rispose : “ No, non ancora. C’è un tempo giusto per fare le cose e non è ancora arrivato. Però sono molto tentato”. Ed eccoci qui, dunque, con questo film. A chi gli chiede se la tematica delle morti bianche rappresenta per lui una sorta di ossessione, risponde che “ il tema delle morti bianche non è la mia ossessione, ma soprattutto è da anni che su questa tragedia non è cambiato nulla, anzi qualcosa è cambiato in peggio. So che la stampa è in buona fede, ma spesso si occupa di una morte del genere per tre-quattro giorni, poi la notizia scompare. E poi voglio dire che il lavoro non va festeggiato come si fa per il 1 Maggio, ma va reclamato”.
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La storia di “ RIDE “ è ambientata nelle ventiquattr’ore che precedono il funerale di un giovane operaio, morto in fabbrica. Gli sono sopravvissuti la moglie e il figlio di dieci anni , mentre tutto attorno crescono l’attesa e il raccoglimento per il giorno del funerale. Amici, conoscenti ed estranei si aspettano un certo modo di portare il lutto, un modo stereotipato che non appartiene a chi soffre per davvero. “ Lasciatemi libera di non piangere” dice Carolina nel film. E’ una richiesta di indipendenza, culturale, intima, politica. Molti hanno parlato di una regia che rispecchia “leggerezza, impegno, dolenza e umorismo”, ma è un film profondamente tragico, anche se qualche “scappatoia “ comica alleggerisce la tematica sostanziale. “ Non riesco a piangere, non posso sentirmi in colpa , lasciatemi in pace” : è un “ grido metaforico di sincerità e autonomia intellettuale”, come l’ha definito qualche critico. E gli fa eco lo stesso regista : “ Sì, è un film sincero,spontaneo, che rispecchia il mio modo di essere. Si gioca come si vive, come ebbe a dire un calciatore. Di me c’è il tono, le mie contraddizioni umane e professionali . E’ difficile entrare in contatto con la naturalezza delle nostre emozioni. Bisognerebbe dare la colpa a quanto la società ci condiziona, impedendoci di vivere in maniera autentica anche il nostro dolore. La morte bianca diventa così il simbolo dell’ipocrisia .Negli anni della ricerca costante della felicità dobbiamo anche chiedere il permesso per stare male come si deve. A pensarci bene è logico. Solo abitando davvero il buio possiamo farci accecare dall’amore per la vita “. Nel cast : Chiara Martegiani ( Carolina ) , compagna nella realtà di Mastandrea; Renato Carpentieri ( il padre); Arturo Marchetti ( il figlio ); Stefano Dionisi; Milena Vukotic .
Helen Alterio