Stare bene con noi stessi

La trappola del dover essere come gli altri ci vogliono

Nel corso della nostra crescita, tutti noi riceviamo dal nostro ambiente familiare una serie di “indicazioni”, più o meno esplicite, che ci danno una direzione rispetto a “come si deve vivere”. Tra questi messaggi ci sono quelle che gli esperti di Analisi Transazionale chiamano “Spinte”.

Ovvero una serie di indicazioni su un “dover essere particolarmente importante e apprezzato da chi ci sta crescendo, a cui noi sentiamo da piccoli, e spesso sentiremo più avanti, di dover corrispondere, pena la nostra possibilità di ricevere da loro amore e accettazione.

Adattandoci a queste richieste, svilupperemo schemi di azione consolidati che utilizzeremo anche da adulti, ma che non sempre saranno espressione reale di noi stessi e quasi mai portatori di benessere e flessibilità.

Che, anzi, spesso ci impediranno di essere e diventare ciò che veramente siamo, di dare spazio ai nostri veri desideri, di ascoltare pienamente le nostre emozioni. Saranno un insieme di DEVO che spesso finiranno col mettere in secondo piano i nostri VOGLIO.

I nostri comportamenti e il nostro modo di pensare e di essere derivano spesso da questi condizionamenti, e in particolare da cinque imperativi, che sono una sorta di comandi non scritti impartiti dagli adulti di riferimento nel corso dell’infanzia (genitori, nonni, insegnanti, ecc.).

“Comandamenti” che abbiamo finito per interiorizzare, perché da bambini non avevamo gli strumenti e l’esperienza per fare diversamente…Questi cinque imperativi che ci condizionano la vita si possono tradurre e sintetizzare con “Sii perfetto“, “Compiaci“, “Sbrigati“, “Sforzati” e “Sii forte”.

(Fine della prima parte).

Potete trovare questi e altri argomenti sulla Pagina Facebook Consapevolezza e Valore.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it

 


Autore della rubrica de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

Il senso di responsabilità è benessere

Diventare responsabili di noi stessi, vivere con pieno e armonioso senso di responsabilità è, fondamentalmente, una dichiarazione d’amore e di profondo rispetto verso se stessi, perché significa imboccare finalmente la strada che porta al pieno controllo del nostro personale potere.

Sono convinto che uno dei compiti fondamentali di ogni individuo sia proprio quello di avere, per quanto possibile, il governo dei propri pensieri e delle proprie azioni. E, di conseguenza, la responsabilità di chi e di come siamo. Non è un traguardo facile, è una meta per cui occorrono anche impegno e determinazione.

Ma il cui raggiungimento porta veramente ad un profondo e solido benessere personale. Perché quel traguardo ci permette di vivere pienamente in armonia con i nostri valori, i nostri desideri e i nostri bisogni. Qualcuno forse si chiederà come sia possibile trovare e percorrere la strada che porta a quel traguardo.

Naturalmente, e come potrebbe essere diversamente…, il primo passo consiste nella consapevolezza dei benefici che porta con se’ il saperci assumere la piena responsabilità del nostro essere e agire. Sappiamo bene che ogni traguardo può essere perseguito e raggiunto solo avendo piena consapevolezza dei vantaggi che ne derivano.

È questo che ci permette di perseverare nei nostri sforzi, che ci regala motivazione e intento, che ci fa stringere i denti quando il cammino si fa più impervio e tortuoso. Saranno poi certamente di valido aiuto le sensazioni di ritorni positivi che riceveremo man mano che pensieri e azioni saranno determinati e connotati dal senso di responsabilità.

Quando percepiremo i notevoli miglioramenti nel rapporto con noi stessi, con le persone che frequentiamo, con l’ambiente circostante. Queste sensazioni saranno da una parte la conferma di aver imboccato la strada giusta e dall’altra lo stimolo a perseverare nell’agire con pieno senso di responsabilità.

(Fine seconda e ultima parte).

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Autore della rubrica de Il Torinese
“STARE BENE CON NOI STESSI”.

Il senso di responsabilità è benessere

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Ci sono concetti, parole, modalità esistenziali che suonano antipatici, ostici e fuori luogo, in questo mondo che sembra aver fatto del divertimento continuo e di una malintesa ed eccessiva leggerezza lo stile di vita di moltissime persone. Sicuramente “senso di responsabilità” è uno di questi.

Abbiamo via via relegato il senso di responsabilità nell’ambito dei comportamenti inutili, controproducenti e fastidiosi. Non voglio dire che non sia giusto ricercare il nostro piacere, sapersi divertire e gustare la vita. Però tutto ciò dovrebbe accompagnarsi a una serie di attitudini e di comportamenti che contemplino anche un sano ed equilibrato senso di responsabilità.

Perché tra l’altro, a ben pensarci, avere senso di responsabilità è una componente importante del nostro stare bene con noi stessi e con gli altri, e quindi, in fondo, del nostro piacere. Un modo più profondo, più esteso e probabilmente anche più effettivo di ricercare il nostro appagamento.

Essere responsabili, nei confronti nostri, degli altri, del mondo, dei nostri pensieri, delle nostre azioni, delle nostre decisioni, senza dare sempre la colpa a qualcun altro, a qualcos’altro di ciò che ci succede, ci rende affidabili e in grado di agire adeguatamente, guidati dai nostri valori morali e sociali.

Assumerci senza vittimismi il peso delle conseguenze del nostro agire, nel rispetto di noi stessi, degli altri, dell’ambiente in cui viviamo, è una modalità esistenziale che ci dona serenità e benessere, poiché significa anche armonia, completezza, maturità.

Il senso di responsabilità è frutto di una scelta libera e consapevole che ci induce ad avere naturalmente attenzione per ciò che facciamo, esponendoci tra l’altro a un minor rischio di errore, e non ha nulla a che fare con il senso di colpa, che, al contrario, condiziona negativamente pensieri e azioni e determina rigidità e obblighi.

(Fine prima parte)

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Rubrica su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI.

Giù dal nostro palcoscenico

 

Non scendere dal nostro palcoscenico significa rischiare un notevole livello di sofferenza personale. Significa dipendere in misura esagerata da ciò che gli altri pensano di noi, o, come già sottolineato, da ciò che noi crediamo che gli altri pensino di noi…

Significa essere continuamente condizionati dai giudizi altrui. Non dovremmo mai dimenticarci di una verità elementare: tranne in qualche particolare caso, le persone fanno a malapena caso a noi, a ciò che siamo e facciamo.

Ognuno in fondo è perso dentro i fatti propri, e spesso ai propri guai. E se qualcuno si rapporta a noi con modalità che non ci piacciono, quasi mai questo fatto dipende da noi, a meno che non abbiamo fatto noi in modo più o meno determinato qualcosa per provocare la sua reazione.

L’unico modo per stare in modo equilibrato sul nostro palcoscenico consiste nell’avere un giudizio positivo di noi stessi, il che implica anche accettare i nostri limiti, i nostri difetti, e sapere che possiamo sbagliare. E accettare i nostri errori.

Significa imparare ad ironizzare ogni tanto su noi stessi. E non avere bisogno di piacere a tutti. Non sarà mai così, ci sarà sempre qualcuno a cui non piacciamo, a cui non stiamo simpatici. E nella maggior parte dei casi questo si rivelerà indipendente da noi.

Se avremo il coraggio di pensarci in modo sereno ed equilibrato, capiremo che è una sua dinamica, il frutto dei suoi bisogni o dei suoi equilibri e una conseguenza della sua situazione personale. Sicché, scendiamo dal centro della scena, e sorridiamo, di noi e degli altri!…

(Fine seconda e ultima parte)

Roberto Tentoni
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Autore della rubrica de Il Torinese
“STARE BENE CON NOI STESSI”

Giù dal nostro palcoscenico

Tranquilli, nulla di veramente teatrale, anche se assistere a qualche spettacolo di qualità a teatro non può che farci bene. Stiamo invece qui parlando del nostro personale palcoscenico metaforico, quello che ci fa sentire al centro di ciò che succede intorno a noi.

Che ci fa magari avere, ad esempio, la sensazione che le persone ce l’abbiano con noi, mentre invece più probabilmente hanno mille problemi personali… Quante volte ci sarà capitato, ad esempio, di chiedere un caffè al bar e di avere la sensazione che il barista non ci dia attenzione.

O sia sgarbato intenzionalmente nei nostri confronti, o serva qualcun altro prima di noi. Molto probabilmente ci siamo infastiditi, un po’ dubbiosi sull’appeal della nostra presenza, senza invece considerare che magari quella persona sia un po’ distratta di natura.

O che che abbia riposato male nella notte, o sia piena di pensieri o preoccupazioni e quindi un po’ distratto o nervosa, o confusa… Scendere giù dal nostro palcoscenico ha esattamente questo significato, di evitare di pensare che i comportamenti delle persone siano sempre e unicamente diretti a noi.

Piuttosto che invece frutto di loro dinamiche individuali e personali, contingenti o abituali. Stare al centro del nostro metaforico palcoscenico, oltre a essere causa di sofferenze a volte intense, non ci aiuta di certo ad avere un buon rapporto con gli altri.

Ci fa spesso essere suscettibili, irritabili, e anche un po’ sospettosi circa gli altrui comportamenti. Quasi sempre sono gli stati d’animo personali (e indipendenti da noi) delle persone con cui ci relazioniamo e veniamo in contatto a determinare il loro agire. Sicché possiamo smetterla di farci troppe “paranoie”…

(Fine prima parte).

Roberto Tentoni
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Autore della rubrica de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”

Pensare positivo: un potere che può trasformare la nostra vita

 

Le nostre emozioni negative, come ad esempio la paura, e l’attenzione continua dei pensieri verso di esse, possono generare profondi e pesanti squilibri interiori come l’ansia, gli attacchi di panico, l’apatia e la depressione. Possiamo però imparare a gestire le emozioni negative e di conseguenza a trasformare da negativi a positivi i nostri pensieri.

Accettiamo che quelle emozioni negative esistano, ma allo stesso tempo, diventiamo consapevoli che possiamo cambiarle. Mettiamoci nella condizione mentale di vivere, per quanto possibile, nel momento e nella situazione presenti, nel “qui e ora”, e portiamo la nostra attenzione a questo istante.

La maggior parte dei disagi interiori, come l’ansia e la paura, derivano infatti dalla pessima abitudine di vivere ancorati al passato o troppo proiettati nel futuro. Sappiamo bene che non è facile cambiare la nostra mentalità da un giorno all’altro, soprattutto se la nostra adolescenza è passata da qualche annetto…

Ma, nonostante questa realtà, sappiamo anche che cambiare è possibile, se abbiamo forti motivazioni al cambiamento (basta in questo senso pensare a quanta sofferenza e difficoltà ci procura il pensare al negativo…). Sostituiamo perciò le parole negative con parole positive, e le frasi negative con frasi positive. Perdoniamoci e aumentiamo la fiducia in noi stessi.

Ripetiamo a noi stessi che faremo tutto il possibile per avere relazioni felici, che faremo ogni cosa possibile per avere una vita viva, un’esistenza piacevole, relazioni gradevoli, magari un futuro brillante, e che ci impegneremo per mantenerci fisicamente e mentalmente in forma. Il pensiero, positivo o negativo che sia, idealmente si installa nelle nostre “cornici mentali”.

Che possono essere negative o positive, limitanti o potenzianti, di problema o di risultato, di fallimento o di feedback, di scarsità o di abbondanza. Pensando positivamente potremo avere più amici, più persone che ci stimano e ci amano, e migliorare in modo significativo la gestione delle decisioni importanti della nostra vita.

(Fine seconda e ultima parte)

Roberto Tentoni
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Rubrica su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI.

Pensare positivo: un potere che può trasformare la nostra vita

Pensare positivo significa innanzitutto allineare la nostra mente a uno stato di positività, superando gli abituali schemi negativi sussistenti di pensiero, e creandone di nuovi, più ottimisti e sani, con l’obiettivo concreto di affrontare con fiducia la nostra esperienza di vita.

E di raggiungere un benessere psicofisico decisamente più elevato. Significa avere una attitudine mentale per cui ci si attendono risultati favorevoli da ciò che ci accade, dalla nostra vita, dal rapporto con gli altri, ecc. I nostri pensieri sono materia viva e creativa.

In grado di condizionare in modo potente la nostra esistenza, e sui quali ognuno di noi ha ampie possibilità d’intervento. Qui occorre fare subito un bel distinguo tra pensiero positivo e ingenuità, perché pensare in positivo non significa illudersi o vivere fuori dalla realtà, ma essere perfettamente consapevoli di ciò e di chi ci circonda.

Una mente positiva si attende la felicità, la salute, e la conclusione ottimale di ogni situazione. Non si tratta di avere aspettative esagerate e irreali dalla nostra vita, dalle situazioni e dagli altri, ma di metterci nella posizione migliore di fronte a ogni accadimento possibile.

Poiché la nostra mente influisce in modo importante e spesso determinante sulla nostra esistenza, iniziamo a diventare più consapevoli di noi stessi e proviamo a gestire meglio le nostre emozioni e i nostri pensieri, anche assumendoci la piena responsabilità della nostra vita. Possiamo così cambiare le credenze e le convinzioni limitanti radicate dentro di noi.

Agendo sui nostri pensieri, possiamo modificare la realtà esterna. Potrebbe sembrare illusorio e presuntuoso, ma così non è. E prima troveremo il coraggio di iniziare il lavoro su di noi per cambiare modo di pensare, prima riusciremo a trasformare la nostra vita. Diventando consapevoli del nostro potere e artefici del nostro destino.

(Fine prima parte)

Roberto Tentoni
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Rubrica  su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI.

Una vita viva

Se ci rendiamo conto di non amare la nostra vita, la nostra quotidianità, di non riuscire a dare un senso alla nostra esistenza, di trascinarci stancamente da un giorno all’altro, magari con frustrazione e rabbia, di essere vittime delle nostre paure e dei nostri schemi mentali, è arrivato il momento di cambiare!

E di spezzare le catene che ci impediscono di vivere una Vita Viva. Ma come, e come fare? Intanto partendo dai motivi che ci frenano e che possono essere svariati e diversi per ognuno di noi: il timore del giudizio altrui, la paura di sbagliare le scelte e di “cadere dalla padella alla brace”, o la fatica del cambiamento.

O le convinzioni negative che abbiamo interiorizzato, magari condizionati dagli insegnamenti e dagli esempi che abbiamo ricevuto nella nostra infanzia, o da persone negative nel nostro cammino esistenziale, che ci hanno trasmesso i loro pregiudizi, le loro paure, le loro tristi convinzioni.

Una vita vita non è necessariamente legata al possesso di notevoli quantità di beni materiali e di possibilità economiche. Conosco persone che, pur con limitate disponibilità, conducono una vita piena e appagante. Perché in armonia con i loro valori, e consapevoli di ciò che a loro piace e non piace.

Piene di intelligenti curiosità, di gratitudine nei confronti della vita, di piccole e grandi passioni, che sanno usare al meglio e in ogni istante i loro sensi per assaporare la vita, che non si lamentano di ogni cosa, che sanno amare e amarsi, ed essere ironiche e autoironiche, e pazienti il giusto, che non appesantiscono le inevitabili sofferenze e i contrattempi che la vita propone loro, e che non drammatizzano i propri errori.

Che sanno individuare e perseguire i propri obiettivi con coraggio e con la giusta serenità ed elasticità, consapevoli e non prigioniere o vittime dei loro bisogni, che si conoscono a sufficienza nei loro pregi e difetti e non si chiedono più di quanto siano in grado di dare, e che fanno della gentilezza, verso se stesse e verso gli altri, la loro regola di vita.

_(Fine seconda e ultima parte)_

Roberto Tentoni
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Ribrica su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI

Una vita viva

Quanti di noi vorrebbero una vita viva e invece, per un motivo o per l’altro, si accontentano del solito tran tran quotidiano? Che significa avere una vita viva? Per ognuno questa frase assume aspetti differenti in relazione a valori, desideri, passioni e bisogni personali.

Purtroppo, invece, la realtà quotidiana della maggior parte delle persone è di costruire una sorta di nido sicuro e confortevole… e poi di addormentarsi lì. Ci si accontenta spesso di un lavoro che assorbe gran parte del tempo e delle energie, che finisce con il succhiarci l’anima.

E il cui scopo principale, almeno sotto il profilo economico, è di metterci nella condizione di pagare i conti del nido (nodo?…) sicuro e confortevole. Ci si accontenta spesso della “zona di comfort”, e magari di una relazione che “ha superato la data di scadenza”.

Sopportando ogni giorno la noia e il disagio che ne derivano. Si preferisce spesso continuare a camminare in un sentiero di “aurea mediocrità”, di cui restiamo prigionieri, mentre i giorni della nostra vita inesorabilmente se ne vanno.

Se non intervengono elementi esterni, talvolta sgradevoli se non addirittura drammatici, che, come un sasso gettato nello stagno, arrivano a sconvolgere l’andamento monotono e scontato di molte esistenze, restiamo immobili guardando la vita che passa.

Non si tratta di rivoluzionare il nostro mondo e le nostre abitudini, ma più semplicemente di dare alla nostra quotidianità qualcosa di diverso che ci rimetta nelle condizioni di tornare ad assaporare la vita. Qualcosa che ci riporti un po’ ai giorni della nostra infanzia.

Dove tutto era luminoso, e scoperta, e desiderio di vita. Ma come e cosa possiamo fare per superare la paura che ci prende appena pensiamo di uscire da quella sorta di “Truman show” nel quale magari ci siamo via via cacciati? Ne riparliamo domenica prossima su “Il Torinese”!


Roberto Tentoni

Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Rubrica su “Il Torinese” STARE BENE CON NOI STESSI

Partners sbagliati: perché li scegliamo?

Spesso la scelta ha semplicemente motivazioni di carattere estetico, rientrando in quei bias, o inganni della mente, che ci fanno fare scelte errate. Tra i quali il cosiddetto “effetto alone”, per cui ci facciamo fuorviare da una singola caratteristica positiva del possibile partner.

L’aspetto fisico, spesso e volentieri. Siamo così illusoriamente indotti a credere che ad essa di accompagni tutta una serie di altre caratteristiche positive… Che nel tempo si riveleranno inesistenti o non adeguate. Altre volte è la mancanza di autostima che ci può indurre a una scelta errata.

Inducendoci a preferire un partner dalle limitate qualità, poiché abbiamo paura di non essere “all’altezza” di una persona di maggiore spessore individuale o comunque con caratteristiche elevate sotto vari profili.

Molte volte ad indurci alla ricerca di un partner a tutti i costi è semplicemente il timore di rimanere soli. La paura della solitudine finisce con il renderci meno in grado di essere selettivi, e di rifiutare la vicinanza e la compagnia di persone che in fondo non ci piacciono.

Sono le nostre paure più profonde ad essere responsabili di molte scelte erronee nelle nostre relazioni affettive. Paure che determinano bisogni di cui non siamo più di tanto consapevoli. In ogni caso è fondamentale il tipo di relazione che abbiamo vissuto nell’infanzia.

Con le persone che si sono prese cura di noi nei primi anni della nostra vita, aspetto determinante per il nostro stile e la nostra modalità di attaccamento affettivo e per definire che tipo di partner sarà per noi più attraente.

Per una buona scelta del partner giocano un ruolo essenziale il rapporto che abbiamo con noi stessi e il nostro livello di autostima. Conoscere i nostri bisogni, le nostre emozioni, i nostri profondi “perché”, è dunque essenziale per non commettere errori imperdonabili…

(_Fine seconda e ultima parte_)

 

Roberto Tentoni
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Rubrica su “Il Torinese”:

STARE BENE CON NOI STESSI