Stare bene con noi stessi

Evitiamo di farci manipolare / 2

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Seconda parte 

Molto spesso non ci rendiamo conto di essere manipolati. Le emozioni che proviamo dovrebbero però metterci in guardia dal rischio che corriamo, ma non sempre siamo in grado di “tradurle” e di darci le corrette spiegazioni a livello razionale.

Quali sono queste emozioni e sensazioni? O almeno quelle che più facilmente si accompagnano alle situazioni manipolatorie? In questi casi è probabile che ne proviamo di due tipi principali, cioè la paura oppure il senso di colpa, a seconda delle modalità e dei comportamenti adottati dalle persone manipolatrici.

Che fondamentalmente possono avere o atteggiamenti più o meno aggressivi, che hanno appunto lo scopo di spaventarci, o più subdolamente comportamenti vittimistici, che vengono messi in atto con lo scopo di farci sentire inadatti nei nostri comportamenti e quindi di stimolare in vari modi in noi differenti sensi di colpa.

L’essenza del comportamento manipolatorio, che tende a far sì che le nostre reazioni siano confacenti con gli obiettivi del manipolatore, consiste nel farci fare qualcosa che in realtà noi, se non condizionati in qualche maniera, non faremmo o non vorremmo fare.

Questo condizionamento, dunque, viene attuato o attraverso atteggiamenti intimidatori carichi di una certa spesso sotterranea aggressività, e a volte con minacce più o meno velate, che hanno lo scopo di spaventarci, oppure con modalità vittimistiche.Dandoci la sensazione che il manipolatore stia subendo torti.

O che sia una persona sfortunata, maltrattata, offesa, ferita, non rispettata, ecc., in modo da sollevare in noi sentimenti pietistici che ci inducono a sentirci in colpa nei suoi confronti e quasi in dovere di riparare i torti che ha subito, anche se magari con quei torti noi non c’entriamo per nulla…

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

(Fine della seconda parte)

Potete trovare questi e altri argomenti dello stesso autore legati al benessere personale sulla Pagina Facebook Consapevolezza e Valore.

Evitiamo di farci manipolare / 1

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Prima parte 

Sarà probabilmente capitato a ognuno di noi di avere talvolta la sgradevole e fastidiosa sensazione che qualcuno si stia comportando in maniera tale da indurci subdolamente a pensare, sentire o comportarci in un certo modo, in maniera che sia confacente ai suoi desideri e obiettivi.

Se da un lato è normale, direi umano, che ognuno persegua i suoi obiettivi e i propri scopi, e che così facendo cerchi anche di coinvolgere altre persone nel perseguimento dei propri fini, altra cosa è invece l’atteggiamento manipolatorio con il quale alcune persone cercano, quasi sempre intenzionalmente, di indurci a comportarci secondo i loro piani.

Cercando in qualche maniera di condizionare i nostri pensieri e comportamenti, con un atteggiamento, appunto, manipolatorio, che si può manifestare sotto diverse forme, in relazione alle modalità con cui il manipolatore cerca di condizionarci. Ci sono situazioni decisamente più facili da individuare.

Come ad esempio quelle in cui un venditore più o meno maldestramente invadente cerca di rifilarci qualche prodotto o servizio facendo smaccatamente leva sulle nostre emozioni, o presunti bisogni, giocando magari sulle nostre paure, timidezze, sensi di colpa, desideri nascosti, ecc.

In questi casi ci risulta in genere piuttosto facile “smascherare” le intenzioni manipolatorie delle persone, e decidere di non farci attirare nella trappola. Ma in molte altre occasioni non è così agevole comprendere i subdoli atteggiamenti e le vere intenzioni dei manipolatori.

Soprattutto nei casi in cui queste persone ci sono più vicine affettivamente, quali i familiari, gli amici o qualche conoscente, per i quali magari nutriamo affetto, stima, ecc. È in queste situazioni che gli atteggiamenti manipolatori, proprio perché non immediatamente compresi ed evitati, possono essere più dannosi e negativi.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it
Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

(Fine della prima parte)

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La gestione ottimale delle nostre energie / 3

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Terza parte

Per una buona gestione delle nostre energie il riposo è essenziale. Impegniamoci, almeno due o tre sere la settimana ad andare a dormire prima delle 23, e cerchiamo comunque di dormire almeno sette ore per notte. Evitiamo cene troppo abbondanti. E lasciamo perlomeno uno spazio di tre ore tra la fine della cena e l’andare a coricarsi.

Evitando così di addormentarci con la digestione ancora in atto, garanzia di una mediocre qualità del sonno. E, se ci è possibile, utilizziamo qualche piccolo trucco per concederci qualche minuto di riposo nel corso della giornata, anche sul lavoro. Un divano (o qualcosa di analogo, anche se magari meno comodo…), su cui schiacciare un veloce pisolino.

Quando sentiamo calare le energie, può rivelarsi di notevole aiuto… E, se ne abbiamo la possibilità, staccare un quarto d’ora per una breve passeggiata nel corso della giornata è una bella iniezione di energia. Una buona respirazione ritmica, consapevole, profonda e lenta, stimola stati psico fisici calmi e rilassati e agisce positivamente sul nostro livello di energia e sullo stato di benessere psico fisico.

Quando ci sentiamo particolarmente affaticati e scarichi e con poche energie, portiamo la nostra attenzione sul respiro e nell’arco di un minuto facciamo cinque o sei inspirazioni ed espirazioni profonde. Ci accorgeremo che, almeno per qualche tempo, ci sentiremo meno stanchi e più energetici.

Tra i suoi numerosi effetti nefasti, Il fumo riduce in maniera considerevole l’apporto di ossigeno al cervello e agli altri organi, determinando una riduzione assai significativa del livello energetico di chi si ostina e perseverare in questa malsana abitudine. La dipendenza dalla nicotina, dando al fumatore l’errata sensazione immediata di piacevolezza e di rasserenamento, in realtà ne limita fortemente l’energia e la capacità vitale.

Cerchiamo anche di seguire una dieta sana ed equilibrata e non saltiamo i pasti. Una errata alimentazione porta in genere ad un aumento del peso corporeo, e determina un dispendio energetico spesso molto più elevato, con condizioni di appesantimento e di stanchezza che si rivelano energeticamente molto gravose. Attenzione dunque a mantenere il nostro peso e la nostra massa grassa entro limiti compatibili.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

(Fine della terza e ultima parte)

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La gestione ottimale delle nostre energie / 2

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Seconda parte 

E’ possibile trovare i modi per non essere in carenza di energie, per dosarne l’uso evitando inutili sprechi, e adottare i molti metodi attraverso i quali possiamo “ricaricare le pile”, ridando al nostro corpo e alla nostra mente la migliore efficienza possibile?

Possiamo ottenere che il nostro livello energetico sia costantemente buono, evitando inutili ed eccessivi sprechi di energia e cercando e utilizzando molteplici occasioni per riacquistare energia? Iniziamo a valutare le situazioni che ci fanno spendere inutilmente troppa energie.

E consideriamo attraverso quali comportamenti le possiamo evitare. Ansia e stress sono due condizioni in grado di far uscire da quel “serbatoio”immaginario, di cui abbiamo parlato nel precedente post, una quantità impressionante di forze.

Ci stressiamo spesso perché chiediamo troppo a noi stessi, spinti dalle nostre esagerate ambizioni, dai nostri eccessivi bisogni e dalle nostre paure, accollandoci compiti emotivi, cognitivi o sociali difficilmente tollerabili e che ci portano a un problematico dispendio di energie.

E’ necessario prenderne consapevolezza per avviare un opportuno cambiamento. Molte persone, poi, non sono neppure consapevoli di essere ansiose e del loro livello di ansia, e conducono un’esistenza continuamente accompagnata da una sorta di “sordo rumore di fondo”.

La loro ansia perenne. Stress e ansia sono i due pincipali “nemici” divoratori di energie, che spesso ci impediscono di godere appieno della nostra esistenza. Avremo modo prossimamente di dedicare alcuni articoli su questo Foglio alla gestione ottimale di ansia e stress

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
www.tentoni.it

Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

(Fine della seconda parte)

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La gestione ottimale delle nostre energie / 1

Prima parte 

Dio come sono stanca/stanco! Non riesco a trovare le energie per fare tutto ciò che dovrei! Quante volte sentiamo (o diciamo noi stessi…) queste frasi? Anche nei miei colloqui di coaching e counselling, e nelle attività di sportello d’ascolto che svolgo in aziende ed enti, queste considerazioni sono frequenti.

Sempre più persone hanno pesanti difficoltà nel trovare le energie sufficienti ad affrontare i tanti impegni della quotidianità. Qualunque sia il nostro ruolo sociale, lavorativo e familiare, ognuno di noi vive situazioni che richiedono un forte impiego di energie fisiche e mentali.

Per stare bene, dobbiamo perciò fare in modo di avere un sufficiente livello energetico, che ci permetta di affrontare nel modo migliore i tanti impegni (e ruoli…) della nostra vita. È sorprendente notare che ci sono persone sempre attive e piene di energia, che affrontano con vigore i numerosi e pressanti impegni della loro vita.

Viceversa tutti noi conosciamo altri soggetti che sono sempre stanchi, nonostante che le loro giornate siano tutt’altro che piene di impegni e di incombenze… Quali sono le caratteristiche e i comportamenti che rendono così diverse tra loro queste persone, rispetto alla gestione delle loro energie?

Uso spesso, anche nei miei corsi di formazione sulle Soft Skills, la metafora del serbatoio di energie: possiamo visualizzare il nostro livello energetico come fosse, appunto, un serbatoio, con un immaginario rubinetto, spesso troppo aperto a causa dei tanti impegni e dello stress.

Da cui escono le nostre energie e una apertura superiore nella quale immettiamo, attraverso l’alimentazione, il sonno, il relax, ecc, nuove energie. Se le energie che escono dal serbatoio sono superiori a quelle che entrano, e se questa situazione si prolunga per un tempo eccessivo, inevitabilmente ci troviamo in carenza energetica.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

(Fine della prima parte)

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Accettare e accettarsi per vivere meglio / 3

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Terza parte 

Accettare e accettarci dunque, non come resa, ma come accoglienza profonda e consapevole di ciò che è successo e di ciò che siamo. Accogliere significa anche andare oltre il dolore, oltre il rammarico, oltre il rimpianto, oltre la rabbia e la tristezza per ciò che non è , che non è stato o che non è stato come avremmo voluto.

Significa trovare in noi, spesso con fatica, un perché, un motivo, una spiegazione agli accadimenti spiacevoli e dolorosi, e prendere da essi quanto di positivo ci sia possibile trovare: una lezione, un’esperienza, o la sensazione profonda del nostro valore di persone.

Se non riusciamo ad accettare e ad accettarci non ci sarà possibile utilizzare in qualche modo l’esperienza vissuta. Per quanto dolorosa essa possa essere stata, se saremo in grado di accoglierla avremo la straordinaria occasione di farne tesoro per il resto dei nostri giorni.

Molte sono state, sono e saranno le cose che nella nostra vita ci è stato, ci è e ci sarà impossibile cambiare. Molti gli aspetti che non ci piacciono in noi. Ci ostiniamo spesso, con una fatica degna del mitologico personaggio Sisifo, a cercare di modificarli, nell’impossibilità di accettarli.

Vogliamo inutilmente cambiare il nostro passato, le persone che stanno intorno a noi, soprattutto quelle che amiamo di più, o che pensiamo di amare. Vogliamo cambiare aspetti di noi e del nostro presente che in fondo sappiamo essere immodificabili.

Ci costringiamo talvolta a voler credere che tutto possa essere cambiato, sprecando enormi quantità di tempo e di energie, procurandoci un sacco di fastidi e di sofferenze, semplicemente perché non riusciamo a farcene una ragione e a prendere le cose così come sono e come vengono. Accettandole, appunto.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Autore della rubrica settimanale de Il Torinese “STARE BENE CON NOI STESSI”.

(Fine della terza e ultima parte)

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Accettare e accettarsi per vivere meglio / 2

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Seconda parte

Quindi sceglieremo di accettare soltanto quelle situazioni nelle quali la nostra possibilità di intervenire per cambiarle è nulla o eccessivamente ridotta, oppure ancora quelle circostanze per cui non vale la pena di impegnarsi e intervenire.

O ancora contesti in cui lo sforzo in termini di energie e di tempo è sproporzionato rispetto alla probabilità di ottenere un valido risultato o alla affettiva e concreta entità del risultato raggiungibile. Tenendo sempre ben presente che accettare non significa arrendersi.

Ma piuttosto essere consapevoli che adattarsi alle situazioni, se lo decidiamo dopo aver attentamente e in modo approfondito valutato i pro e i contro, rappresenta una scelta razionale e sensata per evitare inutili turbamenti e sofferenze.

Non sto dicendo che dobbiamo dimenticare ciò che non ci è stato possibile modificare e che magari non siamo ancora riusciti ad accettare. Sarebbe uno sforzo inutile e controproducente, perché, come ben sappiamo, le cose non si dimenticano, al massimo si rimuovono se non le accettiamo.

Ma la rimozione non significa scordarci del tutto, perché, anche se facciamo finta di esserci dimenticati di ciò che non siamo stati in grado di modificare, qualcosa nel nostro dentro resta sempre. Una spina, un dolore che, soprattutto se non abbiamo accettato la situazione, primo o dopo e in un modo o nell’altro torna a farsi sentire…

Armonia non è tentare forzosamente di eliminare e di dimenticare, non è arrotondare tutto illudendoci che le cose non siano state o non siano andate come in effetti sono andate, ma fare pace anche con ciò che non è andato come avremmo voluto e che ancora un po’ ci fa soffrire.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Accettare e accettarsi per vivere meglio

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Prima parte 

 

Mi capita spesso, nella mia attività di formatore rivolta al benessere che genera efficienza ed efficacia esistenziale operativa, e nei miei colloqui di counselling e di coaching, di sottolineare il fatto che nella nostra vita esistono cose su cui abbiamo più o meno potere di intervenire.

Situazioni, avvenimenti, fatti, stati, circostanze che possiamo cambiare totalmente o parzialmente o rispetto ai quali, al contrario, non abbiamo alcuna possibilità di intervento. Una gran parte delle nostre sofferenze ci deriva proprio dal fatto di non sapere ben distinguere tra queste due fondamentali tipologie.

E agire poi di conseguenza, lottando e impegnandoci per le cose su cui possiamo avere possibilità di intervento ed evitando di perdere energie, tempo e tranquillità per tutto ciò che, all’opposto, sta al di fuori della nostra sfera di azione e di risultato.

Il primo essenziale passo consiste quindi nel saper discriminare a monte, (e nel più breve tempo possibile…) le differenti situazioni. Qui entrano in gioco i primi tre passaggi di quell’ideale percorso di adeguatezza personale che inizia dalla consapevolezza.

Che ci permette di scegliere opportunamente come agire, e che con l’azione diventa apprendimento e acquisizione di valore personale. Essere cioè consapevoli che su alcune (forse molte…) situazioni non abbiamo alcun potere di agire, e che la cosa migliore in questi casi è scegliere di accoglierle così come sono.

Di accettarle, quindi. Senza con questo correre il rischio di cadere nell’errore opposto, cioè di rassegnarsi, accettando passivamente situazioni nelle quali invece, magari con fatica e perseveranza, possiamo ottenere risultati positivi perché abbiamo la possibilità di intervenire per cambiarle in meglio.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Perché abbiamo bisogno di gentilezza

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Terza parte 

Il comportamento della persona gentile nasce dalla considerazione che “Io sono un essere umano come te e riconosco in te la stessa umanità che ho io, la medesima fragilità e debolezza che ci rende umani e che ci accomuna”.

“Io ti capisco e ti voglio bene, anche se non ti ho mai visto prima e magari non ti vedrò mai più.” La gentilezza è una disposizione d’animo, spesso qualcosa di naturale, ma si può anche imparare, meglio se da giovani: in famiglia, e a scuola.

Qui sarebbe bene si tornasse a insegnare ai ragazzi l’educazione civica, cioè la gentilezza della convivenza, e l’importanza della cortesia finalizzata alla qualità delle relazioni umane e sociali.
Se c’è un contesto nel quale la mancanza di gentilezza è intollerabile, è proprio il rapporto di coppia.

Perché la gentilezza è una declinazione dell’amore, contiene sempre amore, e non vi può essere amore senza gentilezza. La gentilezza inizia dal rapporto che abbiamo con noi stessi, dalla nostra capacità di essere amorevoli e veramente rispettosi di noi stessi.

Essere gentili con noi è il primo e indispensabile presupposto per essere gentili e rispettosi verso il nostro prossimo. Partendo dalla fiducia e dalla equilibrata considerazione che abbiamo per noi stessi, elementi che sono alla base dell’autostima.

E quanto più avremo rispetto, per le persone, ma anche per gli animali e per le cose, tanto più il nostro atteggiamento sarà caratterizzato da una gentilezza non di comodo ne’ di maniera, ma espressione profonda dell’anima.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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Perché abbiamo bisogno di gentilezza

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Seconda parte

Eppure mai come di questi tempi abbiamo tutti bisogno di riscoprire e coltivare la vera gentilezza. Siamo spesso avvelenati dai tanti comportamenti a essa opposti, dalla maleducazione all’insolenza, dall’arroganza alle varie forme e gradazioni di violenza.

Mentre la gentilezza migliora la nostra esistenza e la rende più dolce, per noi e per gli altri.
E invece la maggior parte di noi considera la gentilezza un inutile e talvolta controproducente orpello. Se proprio vediamo che ci conviene, magari utilizziamo le varianti peggiori della gentilezza, l’ipocrisia e la falsità.

E diventiamo “angeli” quando abbiamo bisogno di qualcosa dagli altri, o vogliamo che qualcuno faccia qualcosa per noi. Quando, spesso senza ammetterlo neppure a noi stessi, vogliamo sedurre, ed essere manipolatori… Quindi fine della gentilezza, anche come sentimento che lega le persone, che la tiene insieme.

Indispensabile per arginare il naturale conflitto di interessi e di ruoli. Non semplicemente un gesto da galateo, di buona educazione, da gente di mondo. Ma l’elemento essenziale per mantenere insieme le persone, a qualsiasi livello. E per non sprecare il patrimonio di rapporti umani che possediamo.

Per vivere meglio con noi stessi e con gli altri. E per evitare la definitiva disgregazione sociale. In fondo, a ben pensarci, la vera gentilezza, quella che nasce dal rispetto, è un comportamento “egoistico”, perché ci procura benessere e vantaggio. Anche se non è facile essere gentili.

Con tutti i cafoni e maleducati in circolazione, portatori della più totale mancanza di sensibilità (figlia di una non sempre spiccata intelligenza?…), con stuoli di persone in aggressiva competizione con tutto e tutti, incapaci di uscire, anche solo ogni tanto, dal loro miope egocentrismo… Ne parliamo domenica prossima.

Roberto Tentoni
Coach AICP e Counsellor formatore e supervisore CNCP.
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(Fine della seconda parte)

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