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Poli e Fondazione CEUR Camplus Bernini: ospitalità, formazione e merito   

Il Politecnico di Torino e il Collegio di Merito della Fondazione siglano una convenzione 

Un impegno triennale per promuovere percorsi di formazione innovativi, contrastare la dispersione scolastica e avvicinare gli studenti al mondo del lavoro

 

 Il Politecnico di Torino e la Fondazione CEUR insieme in un percorso di tre anni per sostenere l’ospitalità universitaria, sviluppare percorsi e processi formativi innovativi, promuovere strumenti e modalità di ricerca al passo coi tempi e sostenere gli studenti nel loro percorso post laurea. 

Il Politecnico di Torino è una delle principali università tecniche in Europa,  riveste un ruolo primario nei processi integrati di sviluppo del sistema socio-economico e, per la realizzazione delle proprie finalità istituzionali, collabora con soggetti pubblici e privati; il Collegio di Merito Camplus Bernini, riconosciuto e accreditato presso il Ministero dell’Università e della Ricerca, è gestito da Fondazione CEUR, che persegue la valorizzazione del merito, nell’ambito delle politiche per la qualità del sistema universitario.

Queste due istituzioni hanno deciso di collaborare in un progetto nel quale le attività di studio e ricerca condotte dal Politecnico possano integrarsi con le attività di formazione sviluppate dal Collegio di Merito Camplus Bernini di Torino.

In particolare, il Collegio si impegna a mettere a disposizione le proprie strutture o altre residenze della propria rete per offrire ospitalità a visiting professor, studenti italiani e stranieri di specifici progetti formativi del Politecnico, ricercatori, partecipanti a convegni promossi dal Politecnico e a rendere disponibili le proprie strutture per incontri, seminari, lezioni.

Nell’ambito delle attività formative, il Politecnico e il Collegio collaboreranno, ad esempio, per la sperimentazione di modalità didattiche innovative fruibili sia attraverso formazione in aula che formazione a distanza; per la progettazione e l’erogazione di percorsi di formazione multidisciplinari rivolti agli allievi del Collegio e la realizzazione di percorsi di orientamento al lavoro per laureandi e neolaureati.

Commenta Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino: “Il nostro Ateneo crede fortemente nella valorizzazione del merito e nell’importanza di attrarre studenti e studentesse particolarmente brillanti. Questo accordo si affianca così ad altre importanti iniziative che vanno in questa direzione, come gli Honours Programmes, ovvero percorsi finalizzati a valorizzare e potenziare i nostri migliori talenti”

“Quando nel 1990 abbiamo pensato al ruolo che la Fondazione CEUR avrebbe potuto avere nel mondo dei collegi di merito all’interno del sistema universitario – afferma Maurizio Carvelli, Consigliere Delegato di Fondazione CEUR – immaginavamo proprio quello che oggi con il Politecnico di Torino abbiamo concretizzato. Per questo ringraziamo il Politecnico, il Magnifico Rettore Professor Guido Saracco e la Professoressa Anita Tabacco, oltre a tutta l’istituzione che rappresentano. Essere a fianco di un’istituzione così importante significa davvero puntare con decisione sul mondo universitario, sulla formazione e sul merito. Penso già alle tante attività che il Collegio di Merito Camplus Bernini svolge per i suoi studenti coinvolgendo i docenti del Politecnico: dai laboratori di robotica, ai giochi senza frontiere della matematica, passando per gli incontri sul metodo di studio e le visita a laboratori di ricerca fino ad arrivare ai temi legati intelligenza artificiale e ancora tanto altro. Grazie a questo accordo potremmo avviare nuovi progetti innovativi a favore dei nostri studenti! “

Roberto Saviano: il nuovo podcast su Falcone

Roberto Saviano presta nuovamente la sua voce per raccontare il retroscena di una storia di mafia. Questa volta si tratta di “Giovanni Falcone, la Vita” (edito e disponibile su Audible), presentato in anteprima al Salone del Libro di Torino. Dopo aver pubblicato decime di saggi, romanzi e aver preso parte a numerose scritture di scenografia, Roberto Saviano sceglie nuovamente il podcast per raccontare la realtà di chi ha deciso di lottare contro la mafia. Lo scrittore considera il podcast come un mezzo con cui “non si può essere scontati per conservare l’emozione e il tono, ma anche non semplificare troppo”. L’intento quello di ricreare la “magia del racconto narrato dinnanzi al fuoco”. Il podcast indaga l’odio che Falcone suscitò nei suoi colleghi e il forte isolamento a cui fu sottoposto. Gli episodi sono arricchiti dalle testimonianze inedite dei suoi uomini più vicini tra cui quelle di Antonio Vassallo, Giuseppe Costanza, Giuseppe Di lello, Leonardo Guarnotta, Leoluca Orlando , Giuseppe Ayala, Claudio Martelli e Pietro Grasso. Abbiamo intervistato Roberto Saviano per capire cosa ha rappresenta per lui narrare questa storia.

Ha parlato spesso di coraggio nel suo racconto su Falcone. La sua scelta di vita la considera anch’essa come tale?

Ho sempre provato a scegliere e talvolta questo ha portato coraggio ma anche solitudine. In altri momenti è venuto naturale come un vero atto istintuale. Penso, in generale, che il coraggio sia una scelta perché comporta paura. Infatti hai la certezza che pagherai il prezzo, ma lo fai lo stesso. Provo sempre a scegliere con coraggio e a non restare in quella dinamica di “mezzo luogo” in cui non prendi posizione.

Nel podcast si parla anche del magistrato Rocco Chinniti, che diede una svolta decisiva nella lotta contro Cosa nostra. Era solito andare a parlare nelle scuole di mafia e ciò era visto ancora come un atto rivoluzionare. Ad oggi quanto conta parlare direttamente con i giovani della lotta anti-mafia?

E’ ancora molto efficace, ma non deve essere retorico. Potrebbe capitare a volte, ma bisogna portare delle storie e approfondirle. La lotta tra bene e male, se si racconta in modo scontato, non ha nessun ruolo formativo.

C’è qualcosa che consiglia per non banalizzare un discorso del genere?

Bisogna rendere complessa la narrazione e far capire come le regole delle organizzazioni criminali coincidano con quelle del capitalismo contemporaneo.

Lei parla non solo del gesto mafioso, ma anche la filosofia che c’è dietro. Come ci arriva?

Io credo che ci sia una filosofia dietro, ma questa cosa non è assodato o descritta. Bisogna studiare le dinamiche e le regole ed io ne sono ossessionato. Anche le fenomenologie e le caratteristiche antropologiche sono fondamentali per capire. Da tutto ciò ne traggo la “dottrina”. Successivamente ne ricavo le regole e il modo di stare al mondo che caratterizzano il mondo criminale. Il tutto per avvicinare le persone al loro mondo criminale e non solo al crimine o alla violenza.

Lo studio e i libri sono alla base del suo lavoro e sono una sua passione. C’è stato un libro che gli ha cambiato la vita?

Forse “L’uomo in rivolta” di Camus che quando lessi in adolescenza mi cambiò profondamente. Mi suscitò una voglia di rivolta, di girare i tavoli e mi motivò profondamente anche nella mia scelta futura.

Lei ha letto per un podcast un libro di Primo Levi. Come mai questa scelta?

Fu una decisione del produttore, sapendo che per me Primo Levi era fondamentale e leggero è stato incredibile, quasi un’esperienza fisica.

Valeria Rombolà e Francesca Bono