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Da quella perduta agli Alpha: cosa sono le generazioni culturali?

A volta spetta ad una generazione l’essere grande. Voi potete essere quella grande generazione” diceva Nelson Mandela.

Ma cosa e’ una generazione? Chi ha interpretato questo concetto?

Si usa questo termine quando ci si riferisce a persone che hanno vissuto nello stesso periodo e che hanno acquisito la loro formazione  nel medesimo “clima culturale caratterizzato da particolari eventi storici”. E’ molto importante, secondo la sociologia, in quale classe di eta’ sono stati vissuti e condivisi avvenimenti e tendenze,  e’ diverso, infatti, far parte di un ciclo storico quando si e’ adolescenti e in eta’ matura. Il sociologo Karl Mannheim e’ stato uno dei primi ad occuparsi della spiegazione di questa nozione  in maniera scientifica creando una definizione rigorosa che parla della “collocazione generazionale” come di  quel lasso temporale che accomuna individui appartenenti al quadro di un “medesimo contesto storico-sociale che influenza modi di sentire, di pensare e di agire e costituisce la base potenziale di forme di agire collettivo”.

Ogni generazione e’ fatta da 25 anni, periodo in cui mediamente ci si riproduce (dato che e’ piu attinente al passato rispetto al presente); per fare un esempio, 3 generazioni sono  costituite da nonni, genitori e figli, una discendenza familiare, e occupano 75 anni circa.

Andando indietro nel tempo fino ai giorni nostri ad ogni generazione (di appartenenza occidentale) caratterizzata da specifici avvenimenti storico-sociali e’ stata data una etichetta sociologica che ne identifica le esperienze, il pensiero e la vita che ne e’ scaturita.

Partendo da fine ‘800 fino al 1900, gli individui appartenenti al quell’arco storico sono stati identificati come  Generazione Perduta, resa celebre da Ernest Hemingway nel romanzo Fiesta, per definire coloro che vissero dai 18 anni in su la Prima Guerra Mondiale. A seguire e’ arrivata la Greatest Generation, che va dal 1901 al 1925, che comprende coloro che hanno affrontato la Grande Depressione (in America) e la Seconda Guerra Mondiale e che hanno sostenuto durissime sfide e sacrifici. Dal 1928 al 1945 hanno vissuto, invece, uomini e donne della Generazione Silenziosa, durante la quale non ci sono stati movimenti di pensiero collettivi ne’ di cambiamento sociale, la Seconda Guerra Mondiale ha lasciato dietro di se’ sgomento e raccapriccio e l’unico pensiero per gli individui appartenenti a questa classe eraquello di riscostruire e dimenticare. In quel periodo ci fu un consistente sviluppo dell’industria dell’auto, della tv e le prime e basilari tracce di tecnologia.

I Boomers sono coloro che rientrano nell’arco temporale che va da 1946 al 1964.

In questo periodo ci fu una sostanziosa crescita demografica, nacquero i movimenti per la pace, quello ambientalista e per i diritti civili; si visse con preoccupazione la guerra in Vietnam econ attesa la prima esperienza nello spazio. Tra il 1965 e il 1980 e’ collocata la Generation X (l‘invisibile) che incrocio’ le contestazioni del 1968, la crisi energetica e sperimento’ unbasilare approccio con il termine ecologia. Questa generazione e’stata la prima ad essere stata etichettata con una lettera che rappresenta perlopiu’ una mancanza di una identita’ sociale e culturale precisa. I suoi appartenenti hanno assistito, comunque,ad eventi importanti come la caduta del Muro di Berlino e l’avvento di Internet. I Millennials, invece, sono nati tra il 1981 e il 1996, e hanno raggiunto la maggiore eta’ nel terzo millennio.Come sappiamo in questo periodo c’e’ stato un grande e veloce sviluppo della tecnologia e dei social media tanto da chiamare  i figli di questa fase storica nativi digitali. Gli “Y, altro nome di questa generazione, vivono la globalizzazione, il terrorismo, il cambiamento climatico e l’affacciarsi ad un mondo di tipomulticulturale. Il lavoro, in questo lasso di tempo, ha cambiatoforma, emerge quello di free lance che modifica molte abitudinimutando anche i ritmi della produttivita’. Ci si sposa meno, si fanno figli molto piu tardi ed e’ persistente una forte tendenza all’individualita’, ma anche alla comunita’ che si esprime  e si sviluppa online.

La generazione che segue e’ quella dei Centennials che va dal 1997 al 2010 e puo’ anche essere identificata come “Z.” Per questi recenti abitanti della terra, lasocializzazione avviene perlopiu’ sui social media e attraverso la tecnologia e la capacita’ di passare dal mondo reale a quello virtuale e’ una pratica quotidiana molto disinvolta. I ritmi di vita sono veloci, aumentano i salutisti, i vegetariani, i childfree, gli animalisti, si punta ad essere sostenibili ed inclusivi. Lo sviluppo della propria singolarita’ e’ una priorita’ assoluta in piena antitesi con il tradizionale e “vecchio” obiettivo di creare una famiglia. Si viaggia molto ed esiste una grande attitudine allo scambio culturale globale. Smartphone e tablet sono nelle tasche e nelle borse di ognuno, vivere senza oramai e’ pressoche’ impossibile.

Dal 2011 fino ai giorni nostri abbiamo gli Screenagers (o Generazione Alpha) nome che segnala la presenza di schermi digitali ovunque. Istruzione e  risorse della formazione sono deputate alla rete, si agevola cosi’ l’accessibilita’ all’istruzione. Gli Alpha vivranno appieno l’era dell’Intelligenza Artificiale e del decremento demografico. La delega totale al digitale ridimensiona doti importanti come la confidenza con diverse attivita’ come la scrittura, il linguaggio e i lavori manuali, per non parlare dei rapporti interpersonali affidati anche questi agli screen. La velocita’ e l’iperattivita’ di questa generazione produce stress e incapacita’ di comunicare “umanamente” le proprie necessita’, soprattutto quelle emotive.

MARIA LA BARBERA

Il peso dell’anima. Sempre che un’anima esista

Siamo dotati di una vita spirituale che abita gli spazi più reconditi del nostro materiale corpo fisico, oppure siamo esseri meccanicistici solo guidati da istinti, cellule, fibre, ossa, muscoli e circuiti neuronali?

Questa è una ‘insignificante domanda che semplicemente’ tormenta’ l’umanità dai suoi primordi.

Pur volendo ammetterne una non ancora provata esistenza, cosa formerebbe l’anima/coscienza? Si potrebbe delinearne una forma, definendone addirittura il peso?

In Occidente esiste un’antica raffigurazione dell’XI secolo, ancora visibile nel santuario di Monte Sant’Angelo, in Puglia. Lo stabilire il peso delle anime dei Cristiani spetterebbe all’arcangelo Michele, raffigurato con una bilancia che pesa le anime.

Bisogna tornare però indietro nel tempo e allontanarsi dall’Europa per altre testimonianze di questa operazione.

La teoria religiosa più storicamente affascinante risale al mito egizio della Psicostasia che ne stabiliva (bilanciato dal peso di una piuma) il valore di ogni essenza spirituale.

Nel Libro dei morti, il testo funerario egizio, viene descritta la pesatura del cuore o pesatura dell’anima. L’anima del defunto, prima di essere accolta nell’aldilà, veniva sottoposta a questo processo. Nella sala del tribunale di Osiride il dio Anubi, divinità della mummificazione (oppure Horus, dio della luce, del cielo e della bontà), poneva su uno dei piatti di una bilancia il cuore della persona; sull’altro piatto si reca invece una piuma, che rappresentava Maat (dea della giustizia).

Al dio Thot, divinità della saggezza, spettava l’esito dell’operazione. Se il cuore della persona era uguale al peso della citata piuma, significava una vita passata nella giustizia. In caso contrario interveniva Ammit, creatura mostruosa divoratrice delle anime.

Le interpretazioni su cosa sia la vita dopo la vita, sono però tantissime, praticamente collegate ad ogni cultura passate e presente.

Il loro fascino è indubbio ma noi cercheremo di affrontare l’argomento senza appoggiarci all’archeologia, a teorie religiose e ai miti, ma lavoreremo su confronti similmente razionali (quindi in linea di massima scientifici e riproducibili).

Secondo il medico statunitense Duncan Mac Dougall, nato nel 1866 in Massachusetts, l’anima avrebbe un peso riscontrabile e da lui calcolata nel 1907, con un proprio sistema empirico, in 21 grammi circa.

Pur se descriviamo esperimenti condotti con logiche di inizio XX secolo, il dato non può che portare ancora oggi a riflettere. Quale il sistema utilizzato dal medico statunitense? La medicina di allora era poco paragonabile con quella del giorno d’oggi, anzi, la sua logica di intervento – oggettivamente riscontrata – fu addirittura più vicina alla misurazione della tara dei gravi, rispetto a una teoria medica.

Mac Dougall pesò i corpi di sei persone sulla soglia della morte, ripesandoli dopo il decesso (allora i malati di diabete o tubercolosi a livello terminale erano portati in ospedale, che funzionava un po’ come i nostri Hospices).

A seguito di ripetute verifiche, il medico si rese conto che il corpo perdeva impercettibilmente peso.

Lo stesso esperimento con alcuni cani non diede alcuna variante di peso “prima-dopo”.

I risultati di tale esperimento vennero pubblicati sull’American Medicine Association con una sua teoria che quantificò in 21 grammi circa il peso dell’anima, in quanto i cadaveri stabilmente diminuivano di peso e tutti con simili differenze.

Ovviamente questa teoria, benché pubblicata, fu accolta dalla comunità scientifica con grande scetticismo, anche per la mancanza di esatte prove effettive sui metodi utilizzati, né tantomeno – ora come allora – dell’esistenza stessa dell’anima.

Secondo la maggior parte dei medici del tempo, questa diminuzione di peso si spiegò con il fatto che la temperatura del sangue in vita sia più alta e quindi tale cambiamento sarebbe provocato da una forma di sudorazione. Inoltre il medico utilizzò una bilancia industriale giudicata di scarsa sensibilità. Per un esperimento del genere il medium tecnologico deve essere invece precisissimo.

Altra spiegazione empirica fu trovata con l’osservazione nell’attimo del fine vita: con la cessazione del battito cardiaco, i polmoni si svuotano esalando il cosiddetto “ultimo respiro”. Infatti l’aria, per quanto minimo un suo peso ce l’ha!

Questo lontano esperimento, seppur non attendibile scientificamente, è diventato però estremamente popolare e rimasto impresso nell’immaginario collettivo. Fatto scientificamente curioso è però che dal 1907 nessuna ricerca ha più cercato di approfondire, confutare, affermare (soprattutto grazie agli stupefacenti traguardi raggiunti dalla scienza) sperimentalmente quanto messo a disposizione dal Duncan Mac Dougall.

Potremmo azzardare l’ipotesi che sia ancora in essere da parte della Scienza Medica una ritrosia culturale ad affrontare enormi concetti come l’esistenza di Anima, Coscienza e Spirito.

Recenti commenti (non sperimentali) ai fatti del 1907 portano almeno teoricamente a spiegazioni piuttosto convincenti. La perdita di peso di alcuni grammi non sarebbe un indizio al peso dell’anima, perché unicamente attribuibile a processi fisiologici come la perdita dei fluidi corporei, il rilassamento dei muscoli (che può portare ad espellere aria residua dai polmoni), nonché un veloce inizio di decomposizione dei tessuti e la presenza di insetti necrofagi.

Prima di addentrarci ulteriormente sull’argomento con un’altra più recente fonte, consideriamo utile portare a una veloce scorsa ai tre concetti, approssimativamente simili ma invece con sensibili differenze[1]:

. Anima = essenza metafisica, eterna e individuale e risultato dell’incontro/scontro fra spirito e materia. L’anima sarebbe la forma del corpo e di un suo intangibile principio vitale.

. Spirito = Lo Spirito rappresenterebbe Dio stesso, inafferrabile entità che risiederebbe in ognuno di noi.

. Coscienza = capacità della mente di presenza in uno stato di veglia (contrapposizione di incoscienza) nella quale si acquisisce consapevolezza del Sé, raggiungendo una “unità” di ciò che viene appreso con l’intelletto. Nella vita di tutti i giorni utilizziamo infatti spesso l’espressione “peso della coscienza”. Il termine è anche declinato come senso di Morale.

Su ciò ha lavorato il famoso Fisico francese Jean Emile Charon (Parigi 1920 – Ballainvilliers 1998). Ingegnere chimico, si specializzò in ingegneria nucleare, per orientarsi definitivamente verso la Fisica Teorica Fondamentale.

Charon, dopo lunghi studi è pervenuto all’ipotesi dell’elettrone (particella subatomica con carica elettrica negativa, ritenuta particella elementare); questa sarebbe anche fondamentale come dimensione dello Spirito e sinonimo di Forza Vitale.

Per ridurre il concetto a una facile comprensione, l’elettrone sarebbe il luogo fisico in cui la dimensione dello Spirito (il divino?) trova il suo collegamento con la dimensione della materia il cui piano, in questa prospettiva, cessa di presentarsi come essenza unicamente materica.

Innovatore totale, pur se non ancora riconosciuto (fatto non certo unico fra le grandi menti), questo Fisico francese, con una produzione intellettuale in bilico fra scienza teorica e filosofia ha scritto che:

“una Scienza che studi la formazione, la struttura e l’evoluzione dell’universo “deve lasciar coesistere nel suo linguaggio Materia e Spirito, anche se comunque sia compatibile con le esigenze di ogni linguaggio scientifico: rigore logico, rispetto scrupoloso dell’osservazione … Il compito più importante del XXI secolo sarà proprio quello di sviluppare lo studio dello Spirito, quale proprietà essenziale della materia e dei suoi poteri”.

Il suo lascito resta un aperto invito ad accogliere una prima idea su ciò che Hegel chiamò Fenomenologia dello Spirito, un concetto di vicinanza immateriale da leggere come ponte verso il linguaggio scientifico. Per condensare il concetto, La concezione dell’Evoluzione in Charon sarebbe imperniata sullo Spirito, quale autentico deus ex machina della stessa evoluzione, governata dallo Spirito e non dalla materia, o almeno non dalla sola materia.

Quindi torniamo all’inizio dell’articolo: esiste un’anima in ognuno di noi, esiste un Dio come essenza primigenia a capo di tutto ciò che viviamo e vediamo?

Le prime, elementari ricerche del medico Mac Dougall sull’esistenza di un corpo immortale residente nel corpo mortale potrebbero avere un senso o questi 21 grammi sono unicamente legati ad un umanissimo polmone che si svuota d’aria dopo la morte? Sono un minimo realistici remoti concetti religiosi come il biblico Uomo Pneumatico, essere vivente solo grazie a un divino e inesprimibile soffio vitale?

Albert Einstein, che di sistemi planetari, forze fisiche e masse stellari se ne intendeva, ci ha lasciato un possibilistico pensiero, pur se non collegato alla sua invitta Teoria della Relatività:

“Tutto è determinato da forze sulle quali non abbiamo alcun controllo. Esseri umani, vegetali o polvere cosmica, tutti danziamo al ritmo di una musica misteriosa, suonata in lontananza da un pifferaio invisibile”.

.. e se di misteri ne ha parlato lui, come possiamo vivere ancorati a troppe certezze noi?

Ferruccio Capra Quarelli

[1] I termini sono solo indicativi perché numerose fonti filosofico/religiose/psicologiche portano a sottili divergenze interpretative per ogni concetto.

A Savigliano le immagini in mostra di Exodos, popoli in cammino

 

Dal 12 aprile al 4 maggio “Exodos, popoli in cammino”, la mostra fotografica nata da un’idea dell’Associazione degli ex allievi del Master di Giornalismo Giorgio Bocca e promossa dall’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, sarà visitabile a Savigliano (Cn) nel palazzo Muratori-Cravetta in via Jerusalem n.4. L’evento è frutto di grazie una collaborazione tra l’Ordine dei Giornalisti del Piemonte, Oasi Giovani – Progetto Oceano, e l’Assessorato alla cultura del Comune di Savigliano con l’obiettivo di dare volto, voce e immagine alle donne e agli uomini in viaggio. Nel 2024 la mostra dall’evocativo titolo ( Exodos-Exit, dal greco uscita) è stata rilevata dall’Ordine dei Giornalisti del Piemonte che ha deciso di riproporla aggiornandone i contenuti. Ne sono coinvolti tredici fotoreporter piemontesi ( Marco Alpozzi, Max Ferrero, Stefano Stranges, Mauro Donato, Giulio Lapone, Matteo Montaldo, Giorgio Perottino, Mirko Isaia, Simona Carnino, Mauro Ujetto, Andreja Restek, Renata Busettini, Paolo Siccardi ) che nel loro percorso professionale hanno descritto il fenomeno delle migrazioni in diversi contesti mondiali. Un racconto che parte dai paesi di origine dei migranti, in contesti spesso sconosciuti al grande pubblico, per arrivare a quanto accade nei nostri confini, da Trieste alla Val Susa fino a Ventimiglia.

Immagini per testimoniare e per indurre alla riflessione su un fenomeno talvolta analizzato e discusso dimenticando che dietro ai freddi numeri delle persone in viaggio ci sono le storie e i volti di persone in carne, cuore e ossa. Del resto, come sosteneva il grande Henri Cartier-Bresson, “la fotografia può fissare l’eternità in un attimo” e un buon fotografo deve cercare “ di mettere sulla stessa linea di mira il cuore, la mente e l’occhio”. Exodos, come nella tradizione del migliore giornalismo, non ha l’obiettivo di indicare soluzione politiche, ma vuole fornire a chi la visiterà qualche strumento in più per formarsi un’opinione libera e documentata su un fenomeno complesso che non può conoscere semplificazioni. La mostra è già stata esposta in quaranta città italiane e nel 2017 al Parlamento Europeo a Bruxelles, ottenendo la medaglia d’oro del Presidente della Repubblica Italiana, il patrocinio del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, l’Alto Patrocinio del Parlamento Europeo e il patrocinio dell’Alto Commissario della Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR). L’allestimento conclude il ciclo sulla memoria de “La guerra fuori, la guerra dentro” del progetto Oceano. Sarà visitabile il sabato, dalle 15 alle 18, e la domenica, dalle 10 alle 12 e dalle 15 alle 18.

M.Tr.

Tornano i Torino Digital Days: abitare il futuro in uno Spazio Liquido

Al via martedì 8 aprile i TDD 2025. Quattro giorni di talk, workshop e momenti di confronto per connettersi con i professionisti del digital ed esplorare il tema delle tecnologie come luoghi da abitare.

 

Torino Digital Days – in partenza martedì 8 aprile – tornano per celebrare la dinamicità di un futuro in cui la tecnologia è al servizio delle persone, creando opportunità di crescita e innovazione. Arrivata alla sua sesta edizione, la rassegna si terrà dall’8 all’11 aprile ed esplorerà le frontiere della trasformazione digitale con quattro giornate di talkworkshop e momenti di networking presso Toolbox, dove sarà possibile interagire con professionisti d’eccellenza e scoprire i trend più innovativi del futuro digitale. Un dialogo proattivo tra esperti del settore, tech company e cittadini reso possibile grazie al contributo di Fondazione Compagnia di San Paolo e al supporto della Camera di Commercio di Torino e di Punto Impresa Digitale.

Inoltre, tutta la città di Torino sarà protagonista con una serie di eventi diffusi che offriranno un’esperienza immersiva con seminari interattivi, installazioni artistiche digitali e tech experience che intrecceranno tecnologiacultura e creatività. Tra gli altri, il Digital Days Closing Party di venerdì 11 marzo, che si terrà nella suggestiva cornice del Museo Regionale di Scienze Naturali.

L’obiettivo dei Torino Digital Days 2025 è quello di esplorare il digitale che, in questo contesto storico, è un luogo senza più confini. Oggi un artista può affidarsi a un algoritmo per creare opere generative che trovano spazio nel mondo fisico; un professionista può utilizzare l’intelligenza artificiale per analizzare dati complessi e prendere decisioni più consapevoli; un dispositivo wearable può monitorare lo stato di salute di una persona e, in alcuni casi, persino salvare vite.

Infatti, il tema di quest’anno, Spazio Liquido, nasce per esplorare un mondo in cui i confini tra fisico e digitale si dissolvono, ridefinendo spazi, relazioni e identità. Nel lavoro, scrivania e schermo si fondono, le riunioni si spostano tra ambienti fisici e virtuali, e la collaborazione assume nuove forme. L’acquisto di un prodotto avviene online, ma il suo valore si costruisce nelle community. Anche l’identità si modula tra avatar, profili e presenze digitali. In questo scenario in costante evoluzione, la tecnologia non è più solo uno strumento, ma un’estensione del pensiero umano, delle emozioni, del modo di vivere il mondo. I Torino Digital Days 2025 diventano così il punto d’incontro in cui tutto questo prende forma, si sperimenta, si discute, si vive.

Con ‘Spazio Liquido’ vogliamo raccontare un’epoca in cui il digitale non è più uno strumento da imparare, ma un ambiente da abitare – commenta Federica TosoPresidente dell’Associazione Digital DaysUno scenario fluido, in continua trasformazione, dove le barriere tra settori, competenze e linguaggi si dissolvono per lasciare spazio a nuove forme di collaborazione e innovazione. I Torino Digital Days 2025 saranno un’occasione per esplorare questo nuovo ecosistema. Un invito a lasciarsi contaminare, a ridisegnare i confini del possibile e a costruire insieme un futuro in cui la tecnologia non sia mai fine a sé stessa, ma sempre al servizio delle persone e delle comunità.”

Infatti, sin dal 2019, anno in cui l’Associazione è nata dalla collaborazione delle digital company Tandù e Bonobo, la missione di Digital Days è quella di promuovere la divulgazione delle conoscenze tecnologichesupportando i cittadini nell’adozione delle tecnologie digitali che permettano loro di semplificare e migliorare, ove possibile, la qualità della vita quotidiana.

“Le tecnologie digitali sono il cuore pulsante del nostro tempo e, sebbene suscettibili a interrogativi legittimi, rappresentano una risorsa fondamentale per costruire un futuro più equo e sostenibile – dichiara Emanuele RomagnoliVice Presidente dell’Associazione Digital DaysIl digitale non è più solo uno strumento, ma un ambiente in continua evoluzione, capace di trasformarsi, adattarsi e fondersi con ogni aspetto della nostra vita, dalle relazioni interpersonale alle dinamiche economiche. Il tema ‘Spazio Liquido’ rappresenta un paradosso che ben descrive la nostra epoca: la fluidità delle relazioni, degli ambienti di lavoro e delle collaborazioni, in cui gli spazi di confronto sono liberi da sovrastrutture e si arricchiscono di formazione e innovazione. Come Associazione Digital Days crediamo profondamente nel valore delle sinergie, motivo per il quale tengo a ringraziare per la collaborazione e la fiducia Fondazione Compagnia di San Paolo, Camera di Commercio di Torino, Punto Impresa Digitale, i professionisti coinvolti e tutte le persone che interverranno.”

La partecipazione a tutti gli eventi è gratuita. Sul sito digitaldays.it è disponibile il programma completo degli appuntamenti, tra i quali si segnalano:

Info: Una giornata interamente dedicata al rapporto tra intelligenza artificiale e imprenditoria. Evento in collaborazione con la Camera di Commercio di Torino, all’interno del ciclo “Intelligenza Artificiale e digital a portata di PMI”.

Tipologia: Talk

Quando: il 9 aprile, dalle ore 10:00 alle ore 13:00

Location: Toolbox, Via Agostino da Montefeltro, 2, 10134, Torino

Ospiti: Walter Rolfo, Marco Vallario, Giulia Bia, Paola Sereno, Giorgio Masi

Info: Esplorando Spazio Liquido, un ecosistema in cui le barriere si dissolvono e le strategie digitali si evolvono. Evento pensato per professionisti del marketing e digital strategist.

Tipologia: Tavola rotonda

Quando: 10 aprile, dalle ore 10:00 alle ore 13:00

Location: Toolbox, Via Agostino da Montefeltro, 2, 10134, Torino

Ospiti: Antonio Pezzella, Sara Arrigone, Nicholas Bena

Info: Futures Design Thinking è un metodo che unisce Business Coaching, Futures Thinking e Design Thinking per aiutare aziende e team a immaginare il futuro e iniziare a costruirlo oggi.

Tipologia: Workshop

Quando: 11 aprile, dalle ore 14:30 alle ore 18:30

Location: Piazza Castello, 113, 10121, Torino

Ospite: Orbyta

Info: Una serata sulle nuove frontiere del digitale e dei media. Claudio Di Biagio, regista e autore, terrà lo speech “Media senza frontiere”, esplorando la transmedialità e la fusione tra linguaggi e piattaforme. A seguire, il museo prenderà vita con musica, proiezioni e momenti di networking per una esclusiva serata organizzata in partnership con ozio Intelligente.

Tipologia: Closing Party

Quando: 11 aprile, dalle ore 18:00 alle ore 21:00

Location: Museo Regionale di Scienze Naturali, Via Accademia Albertina, 15, 10123, Torino

           Ospite: Claudio Di Biagio, Recall Dj set, Visual a cura di LSDR

La mamma chioccia

Nel regno animale la chioccia è la gallina che accudisce i pulcini, proteggendoli dai rischi e controllando le loro mosse.

Nell’ambito umano, viene usato questo termine per designare le mamme che accudiscono i figli in modo maniacale, ossessivo, assillante anziché permettere la loro evoluzione fisiologica: conosco almeno un paio di mamme che vigilano in modo ossessivo sui loro pargoli (uno di questi ha 47 anni….) pensando di sapere cosa sia meglio per loro, provvedendo alle loro (presunte) necessità e prevenendo ogni rischio.

Non mi è chiaro se alla loro “prima volta” le mamme fossero presenti per verificare che tutto filasse liscio.

E’ evidente che anche questo aspetto nella crescita di un individuo porti alla crisi attuale della società, dove la maggior parte dei ragazzi resta nella famiglia di origine fino a tarda età anziché generare una famiglia propria, dove il lavoro non è una meta né un mezzo, poiché pensano i genitori a soddisfare i bisogni dei figli (università, auto, vacanze, svaghi e abbigliamento compresi).

Va notato che è solitamente espletato dalle mamme nei confronti dei figli maschi, per cui c’è da sperare che nelle prossime generazioni siano in prevalenza femmine a nascere, visto che comunque la natalità è in calo.

Non so se sia consolante il fatto che questo è un fenomeno prettamente italiano: ho diversi amici sia in Europa che in altri continenti, ma solo in Italia i ragazzi (particolarmente i maschietti) non sentono la necessità di svezzarsi, di evolversi, di maturare assumendosi responsabilità, comportamenti e godendo di diritti che dalla maggiore età in avanti sono sacrosanti o, almeno, dovrebbero esserlo.

In Germania, in Inghilterra nonostante la crisi economica che ha toccato anch’esse, i giovani cercano di andare a vivere per conto loro, anche condividendo appartamenti in 3-4 persone, pur di raggiungere la loro autonomia. Annelore, madre tedesca di 2 ragazzi poco più che ventenni, mi ha raccontato che al termine delle scuole superiori, lei ed il marito hanno aiutato i figli a trovare un appartamento in affitto e li hanno bonariamente obbligati a farsi una loro vita. I ragazzi studiano, fanno qualche lavoretto per pagarsi gli studi, vitto ed alloggio ma i genitori intervengono nel caso loro, per qualche ragione, non riescano a pagare tutto. Anzi, mi ha chiesto come facciano i nostri ragazzi a non sentire il bisogno di autonomia, di poter organizzare feste, cene a casa loro senza i genitori in mezzo, di poter gestire una propria vita scandendo orari, visite e tutto il resto. Siccome molti dei nostri giovani hanno ancora istinti sessuali, inevitabile che non avendo altro luogo portano a casa la ragazza (o il ragazzo) per il week end cosicché i genitori, anziché disfarsi di un peso, se ne vedono accollare uno ulteriore.

Molti dei giovani intervistati sostengono che sia impossibile trovare lavoro, che i genitori non possano permettersi di pagare loro un affitto, che non abbiano ancora l’età per procreare (atto che piò essere compiuto anche in casa dei genitori, per altro).

E’ evidente che la crisi economica sia soltanto una scusa per giustificare il loro comportamento: moltissimi giovani, in diverse parti del nostro Paese, specie nei Comuni più piccoli, si sono uniti in cooperative, srl o altre forme, per dare vita a veri incubatori di idee, per sfruttare le risorse del luogo, per inventarsi un mestiere o per rilevare un’impresa locale la cui proprietà sia in procinto di cessarne l’attività.

Alcune Regioni, GAL (Gruppi di azione locale), l’UE, alcune Fondazioni indicono periodicamente bandi per l’erogazione di fondi destinati a tali attività, per l’imprenditoria femminile o giovanile ai quali possono accedere quanti siano desiderosi di avviare un’attività o rilevarne una: quanti partecipano secondo voi in percentuale? E quanti sanno anche soltanto dell’esistenza del bando? Come dite? No, sono ancora troppi.

Certo, non dover fare il bucato, stirare, fare la spesa, pulire, pagare le bollette, buttare i rifiuti, andare alle assemblee di condominio è un risparmio di fatica (e di responsabilità) non da poco, ma dove lo mettiamo l’orgoglio? Quando a ventidue anni, terminato il servizio di leva e iniziato un lavoro a tempo indeterminato, dopo due anni di fidanzamento decidemmo di andare a convivere immaginate quale fu la soddisfazione nel vedere la casa tinteggiata, arredata, con la TV, lo studio, il cucinino attrezzato, le piante sul terrazzo, la cantina ed il box, realizzando che avevo sicuramente più di quanto avessi avuto nella casa dei miei.

Essendo il primo nel giro delle amicizie a diventare indipendente, ogni occasione era buona per avere tutti a cena, per assaggiare cosa preparassi loro quella volta, per sentire musica, bere qualcosa nell’angolo bar o guardare qualcosa in TV, anche seduti sul tappeto.

Ebbi la fortuna di abitare alla Crocetta, ma se anche avessi dovuto ripiegare su San Paolo, Pozzo Strada, Barriera di Milano o Madonna di Campagna non avrei avuto esitazioni: parafrasando Enrico di Navarra, potrei dire che la libertà val bene qualche sacrificio.

Da un lato genitori che non hanno spinto più di tanto i figli, dall’altro la crisi, dall’altro ancora l’emulazione (se Mario non va a stare da solo, perché devo farlo io?) hanno portato a questo stato di cose che, inevitabilmente, stanno minando seriamente e profondamente la nostra società: non si fanno figli, non si contribuisce all’aumento del PIL, si contribuisce alla stagnazione dell’economia che, nel nostro contesto, può diventare una stagflazione.

La ricetta per guarire? I genitori devono tornare a fare i genitori, non gli amici; i giovani devono riprendere in mano la loro vita, pensando che dalle loro decisioni non dipende solo la solo vita singola ma il funzionamento ottimale dell’intera società.

Dimostrare a sé stessi prima che agli altri che “volere è potere”; in caso contrario? Non si è furbi, si è poveri incapaci.

Sergio Motta

Inquinamento indoor: le sostanze inquinanti negli ambienti chiusi

Quando si parla di inquinamento si pensa subito ai fumi delle fabbriche, agli scarichi delle auto e a tutta una serie di agenti che lavorano all’esterno. Sicuramente la percezione della nocività di tutte quelle sostanze che agiscono al di fuori delle nostre mura è più forte per la semplice ragione che è tutto più visibile e tangibile. Si sottovaluta invece quello che è il pericolo di avvelenamento negli ambienti chiusi e quindi anche all’interno delle nostre case nelle quali si può determinare un mix di sostanze dannose per la nostra salute. Il peggioramento dell’aria negli ambienti chiusi, diventata negli ultimi anni più insalubre e nociva, ha diverse cause, ma quello che complica decisamente la situazione è che attualmente, soprattutto dopo la pandemia, le persone vivono sempre di più in luoghi confinati. L’orientamento è certamente quello di ridurre i consumi energetici grazie anche ad una evoluzione di materiali nell’edilizia che sigillino sempre di più gli interni per ovviare, per esempio, agli eventi climatici estremi. Questo miglioramento in termini di isolamento tuttavia ha un risvolto negativo che corrisponde ad una diminuzione del ricircolo dell’aria e questo è uno dei motivi predominanti del deterioramento della qualità dell’aria all’interno degli ambienti chiusi.

Le altre cause che aggravano le condizioni negli habitat domestici o lavorativi sono le attività praticate dagli umani come per esempio il fumo, l’uso di combustibili solidi, la pulizia e la manutenzione con detergenti e igienizzanti chimicamente tossici, l’utilizzo non appropriato di stufe e camini. Gli agenti inquinanti sono di tre tipologie: chimici, fisici, come per esempio i microclimi, impianti radio e tv ed elettrodomestici, e biologici come muffa, acari, funghi e microrganismi.

Le conseguenze sulla salute causate dell’inquinamento indoor sono diverse e di differente entità e gravità: una semplice tosse, ma anche problemi respiratori e purtroppo il cancro.

Quali sono i suggerimenti che gli esperti danno per tenere sotto controllo l’inquinamento domestico? Sicuramente arieggiare spesso gli ambienti, posizionare piante in grado di assorbire l’anidride carbonica e altre sostanze nocive, non fumare, non creare condizioni che favoriscono l’umidità, utilizzare intonaci antimuffa, usare il deumidificatore e il depuratore d’aria, ridurre l’uso di deodoranti per l’ambiente. Inoltre è consigliato di non eccedere con l’utilizzo di detergenti e sostanze chimiche nella pulizia e non fare miscele pericolose come unire candeggina e ammoniaca. Riguardo a quest’ultimo punto è bene, prima di procedere con la detersione, leggere quali sono le dosi indicate e utilizzare i tappi o i piccoli contenitori per calcolarle. È bene anche ricordarsi di limitare al massimo l’uso di pesticidi e insetticidi, veri e propri veleni per il nostro corpo e quello dei nostri amici animali.

C2 presente negli ambienti chiusi

Apertura finestre per il cambio d’aria importantissime anche per non fare accumulare umidità

Pulire filtri condizionatore

Vestiti tintoria farli arieggiare

MARIA LA BARBERA

UniTo, Biancone: “ecco il Bilancio Pop”

Il Bilancio POP è uno strumento innovativo diffuso in America, Canada, Australia e Nuova Zelanda, e adottato da alcuni enti pubblici e istituzioni in Italia, tra questi l’Università di Torino – prima università italiana ad averlo implementato all’interno delle proprie politiche di Ateneo.

Si tratta di una forma di bilancio che va oltre i tradizionali bilanci finanziari, concentrandosi anche sugli aspetti sociali, culturali e ambientali. In particolare, il Bilancio POP cerca di mettere in luce l’impatto delle politiche dell’Ateneo sulla comunità e su diversi gruppi di popolazione, come studenti, personale accademico, amministrativo e cittadini.

È per questo motivo che nella realizzazione del suo secondo Bilancio POP, UniTo ha deciso di porre un focus particolareggiato sui temi ritenuti più importanti dai propri portatori di interesse.

Attraverso la competenza e la tecnologia messa a disposizione dal Dipartimento di Management e dall’Università degli Studi di Torino, con il coordinamento del gruppo di ricerca guidato dal Prof. Paolo Biancone, sono stati analizzati i sentimenti dell’utenza in riferimento agli argomenti e alle tematiche trattate nel primo bilancio POP realizzato nel 2023, mappando più di 40 canali social tra cui Facebook, Twitter, Instagram e definendo quali argomenti e tematiche abbiano generato un sentimento negativo o positivo.

I temi che hanno suscitato maggiore interesse sui social sono stati analizzati dalla Governance di Ateneo che ha conseguentemente dettato le linee guida di redazione di questo documento.

Tutte le tematiche trattate considerano il Piano Integrato di Attività e Organizzazione (PIAO), la Relazione sulle Performance in coerenza con il Piano Strategico di Ateneo 2021-2026.

Impostazione, redazione e applicazione dell’approccio e rispetto delle linee guida e standard sono stati definiti dal Comitato Scientifico (Paolo Pietro Biancone, Silvana Secinaro, Valerio Brescia, Davide Calandra) applicati dal Comitato tecnico (Valerio Brescia, Davide Calandra, Federico Lanzalonga, Federico Chmet, Ginevra Degregori, Michele Oppioli, Lara Demarchi, Rita Tamburrini, Federica Bassano).

Le informazioni contenute nel Bilancio POP sono il frutto dell’elaborazione dei dati forniti dalle diverse Direzioni di UniTo, in collaborazione con i Dipartimenti, le Aree e gli uffici di supporto e tutto il personale di UniTo coinvolto nel raggiungimento dei risultati messi in evidenza nel report.

Commenta il prof. Paolo Biancone: Il Bilancio POP si distingue dal bilancio integrato o dal bilancio sociale per la sua forte orientazione alla chiarezza, all’accessibilità e al coinvolgimento dei principali portatori di interesse (non esperti di contabilità e bilancio). Non si limita a rendicontare performance e impatti, ma li traduce in un linguaggio comprensibile a tutti, con l’obiettivo di rafforzare la fiducia, stimolare la partecipazione e rendere realmente fruibili i contenuti economici e sociali. A differenza degli altri modelli, il bilancio POP nasce per essere uno strumento di comunicazione pubblica e dialogo con la comunità, basato su criteri di comprensibilità, inclusione, diffusione capillare e rappresentazione del valore pubblico generato, integrando anche tecnologie digitali di raccolta del bisogno e strumenti partecipativi.

 

Le biblioteche storiche di Torino, patrimonio dei cittadini

Il Salone del libro è  importante per Torino, ma anche per l’Italia tutta. L’affluenza e’sempre in aumento e questo vuol dire che leggere è una attività fondamentale a cui non si rinuncia, fortunatamente; attraverso i libri ci arricchiamo, sono uno strumento essenziale per la nostra crescita intellettuale,  morale e spirituale, ogni volume che leggiamo lascia una traccia, sempre.

Torino e’ nota anche per le sue diverse e straordinarie biblioteche e alcune, oltre che rappresentare luoghi di culto per il lettore e lo studioso, rivestono una grande importanza storica e monumentale.

Tra le molte esistenti eccone alcune molto importanti, simbolidella Torino dedita alla cultura e alla formazione.

Biblioteca Reale conserva circa 200.000 volumi, una ricchezza voluta da Carlo Alberto di Savoia-Carignano. La prestigiosa collezione di volumi e disegni importanti come i 13 autografi di Leonardo Da Vinci e il suo Codice del Volo degli uccelli. Nel 1942 venne inaugurata la nuova sede con importanti e preziosi arredi, dopo la Seconda Guerra Mondiale divento’ una biblioteca pubblica. Fanno parte del complesso museale anche il Palazzo reale, L’Armeria, la Cappella della Sindone, la Galleria Sabauda, il Museo di Antichità e i Giardini Reali.

Biblioteca Nazionale Universitaria

Fondata all’incirca nel 1723 per volontà di Vittorio Amedeo II di Savoia che realizzò l’accorpamento della raccolta del Comune, quella della Regia Università e i libri della corona, oggi e’ una biblioteca statale pertinente alla direzione del Ministero della Cultura. Nel 1957 comincio’ l’edificazione della sede attuale, in piazza Carlo Alberto, che terminò nel 1973 con il trasferimento del patrimonio dai locali di via Po, dove si sviluppò il grave incendio del 1904 che distrusse molte delle 4.500 unita’ presenti. Nella collezione attuale troviamo manoscritti in lingua ebraica, in greco, in latino, 1600 incunaboli che ci riportano agli albori della stampa e quindi alle meta’ del 1450, incisioni e disegni di inestimabile valore.

Archivio di Stato

Composto da 4 sezioni e’ risultato di una storia secolare che in origine era il Tesoro di carte dei Conti Savoia risalente al XII  secolo anche se  i primi atti che ne documentarono l’esistenza sono del XIV.

La biblioteca oggi e’ suddivisa in 3 settori: quella antica che custodisce volumi dal Medioevo al 1800, la nuova che contiene libri fino al 1930 circa e la corrente che arriva all’epoca attuale.

Sono conservati anche periodici, riviste scientifiche, dossier e studi culturali italiani e stranieri stampati dal 1593 fino ai giorni nostri.

Biblioteche Civiche Torinesi

Con 18 sedi in citta’ e punti di servizio in  2 ospedali e  3  carceri, le Biblioteche Civiche Torinesi rappresentano un patrimonio  condiviso di saperi e  un ponte tra culture e generazioni. Sono a disposizione oltre 500.000 libri, un tesoro di inestimabile di ricchezza culturale messo a disposizione dei cittadini. Spiccano tra le varie sedi edifici storici come Villa Amoretti, il Mausoleo della Bela Rosin o Andrea della Corte e altri piu’ moderni come il Dietrich Bonhoeffer, Natalia Ginzurg e poi il Bibliobus che sosta ogni giorno in diverse parti della citta’. Oltre alla consultazione e al prestito librario la biblioteca organizza eventi, corsi e laboratori dedicati alle varie fasce d’eta’ e diversi gruppi di lettura.

Centro Studi Piemontesi

La biblioteca  e’ nata nel 1969 in concomitanza con la fondazione del centro stesso che raccoglie volumi relativi alla cultura piemontese come la sua storia, la letteratura, il teatro, l’economia, l’arte, la civilta’.  La racconta e’ di circa 18.000 volumi moderni e 400 edizioni antiche, con un catalogo in costante aggiornamento anche in digitale su cui sono gia’ stati caricati 8.000 libri. E’ articolata in differenti fondi particolari legati ai maggiori  donatori come Mario Becchis o Renzo Gandolfo.

Centro Gobetti

Con una collezione, tra monografie e opuscoli, di 75.000 testi il centro e’ specializzato su alcune figure e correnti della cultura e della politica italiana del Novecento, sulla vicenda nazionale dall’Unità ai giorni nostri e sulla storia del pensiero politico contemporaneo. E’ un punto di riferimento per gli studiosi dell’antifascismo in chiave liberaldemocratica, per i cultori del pensiero di Piero Gobetti, Ada Prospero e Norberto Bobbio. Dal 1998 il centro e’ inserito nel Sistema Bibliotecario Nazionale e nel 2016 alcuni dei fondi librari sono stati trasferiti al Polo al ‘900 insieme a una parte della sua biblioteca generale.

Maria La Barbera

Toglietele il vino…

Chi ha visto il film “Vacanze di Natale” ricorderà sicuramente la scena in cui la signora Covelli, mamma di Christian De Sica,comincia a frignare perché ormai a Cortina arrivano anche proletari, persone non abbienti, i “Torpigna” per intenderci.

Il marito, seraficamente, dice ai commensali: “Levateje er vino”.

Evidentemente non è una cosa solo di oggi farsi prendere da facili isterismi se qualcosa non rispecchia i nostri desideri, se fantasmi minano la nostra confort zone.

E’ di questi giorni la notizia che il Festival della Canzone Italiana, che si tiene a Sanremo dal lontano 1951, non verrà più affidato direttamente dal Comune di Sanremo alla RAI, ma l’aggiudicazione avverrà a seguito di una gara, come prevedere il Codice degli appalti.

Immediate la reazioni di chi conosce a mala pena la differenza tra gara d’appalto, gara automobilistica e gara canora.Sanremo Ariston

Tra le perle reperite sui social brilla il commento di una persona che ha sostenuto con veemenza che è dal 1951 che il “festival di Sanremo” viene trasmesso in TV dal teatro Ariston: a parte che non si chiama Festival di Sanremo ma, come ho scritto sopra, “Festival della canzone italiana” e, dunque, potrebbe essere trasmesso anche da Campione d’Italia, enclave italiana in Svizzera, viene trasmesso in TV solo dal 1954, anno in cui la TV cominciò le sue trasmissioni (infatti nel 2024 si sono festeggiati i 70 anni della TV ed i 100 della radio) mentre prima era trasmesso in radio e, soprattutto, è solo dal 1977 che si svolge al teatro Ariston, mentre fino ad allora la sede del festival era nel Casinò municipale.

Il vero problema di molte, troppe, persone è non documentarsi minimamente su cosa stia alla base di una decisione, di voci presunte o reali riguardo un evento.

Il format attuale del festival fu creato da Pippo Baudo che, parecchi anni fa, lo regalò alla RAI che, quindi, può legittimamente organizzare il festival dove vuole mantenendo lo stesso format. Inoltre, continuerebbe a chiamarsi Festival della canzone italiana anche trasferendosi a Torino (ipotesi più accreditata), Sassari, Merano, Catanzaro, Termoli o Ravenna.

Allo stesso modo il Comune di Sanremo, appaltando la realizzazione di un evento canoro avente altro nome (ad esempio “Festival di Sanremo”) potrà creare il format preferito con l’emittente che si aggiudicherà la gara.

E’ palese che, come sempre più spesso notiamo ovunque, chi sa non ha bisogno di divulgare mentre chi non sa sente la necessità di criticare parlando di cose totalmente sconosciute.

L’attaccamento morboso verso un nome, un evento, un’abitudine dimostrano solo l’incapacità di verificare le informazioni, analizzare i problemi, valutare pro e contro e trarne conclusioni, racchiuse in un parere espresso con maniere civili.

Uno dei grossi problemi della nostra epoca, della nostra società è credere a prima vista a ciò che si legge in prima battuta: se siamo fortunati, leggeremo una fonte attendibile, se no saremo incappati in una delle fake news che quotidianamente ci bersagliano.

Un paio di anni fa alcune emittenti trasmisero una campagna di promozione sociale contro le fake news: evidentemente l’effetto è già svanito e ora tutti tornano a giurare che la loro versione dei fatti sia l’unica corretta, in pieno stile fanatismo.

Citavo Torino poc’anzi perché pare che per la prossima edizione del Festival della canzone italiana, la nostra città sia la più adatta, per la presenza del Centro di produzione RAI, dell’auditorium Arturo Toscanini, della direzione ICT, del teatro Regio e dell’Inalpi arena che consentirebbero non soltanto una qualità eccelsa dell’evento, ma anche un risparmio nei costi di trasferta.

Ma l’approssimazione, i presupposti, i preconcetti sono alla base di ogni analisi errata e, ça va sans dire, di ogni risposta fuori luogo, non di rado ridicola. Anche senza vino.

Sergio Motta

Conflitto e non violenza, Giorgia Serughetti alla Casa del Teatro

Giovedì 27 marzo, alle ore 17,30, la Casa del Teatro, nell’ambito della Biennale della Democrazia, ospiterà una lectio magistralis di Giorgia Serughetti, professoressa associata in Filosofia Politica presso il Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale dell’Università di Milano Bicocca dal titolo “Conflitto e non violenza: la sfida della democrazia”. Qual è la differenza tra conflitto e guerra e tra conflitto e violenza? È possibile gestire politicamente le differenze umane, gli antagonismi, le incomprensioni senza cedere all’ingiustizia e alla distruzione?

La lezione risponde a simili interrogativi affrontando le forme e i significati del potere, nella vita personale come in quella pubblica. Propone inoltre una pedagogia dell’eguaglianza come nutrimento della convivenza democratica e via d’uscita della spirale della violenza e della guerra.

L’incontro fa parte del progetto “Convivio esperienze di crescita e conoscenza”, momenti di dialogo e approfondimento legati a specifiche tematiche affrontate dagli spettacoli della stagione teatrale. Infatti, a seguire, alle 19.30, andrà in scena “Il contrario di me. Il cavallo bianco è il cavallo nero”, spettacolo prodotto dalla Fondazione TGR! Terzo capitolo de La Repubblica di Platone, che si ispira al mito del carro e dell’auriga con Pasquale Buonarota e Alessandro Pisci, anche autori insieme al regista Emiliano Bronzino, e Maria José Revert Signes.

Il ciclo di appuntamenti proseguirà con altri due incontri in collaborazione con importanti istituzioni culturali, giovedì 24 aprile l’appuntamento sarà con Piergiorgio Odifreddi, dedicato al mondo della scienza, e con l’Associazione Centro Scienza Onlus. Successivamente il pubblico potrà assistere all’anteprima dello spettacolo “Albert ed io”, dedicato al grande fisico. Lunedì 19 maggio sarà la volta di Noemi Vola, autrice e illustratrice di grande bravura, che terrà un intervento con cui si anticiperà il debutto dello spettacolo “Sulla vita sfortunata dei vermi” tratto proprio dal famoso libro della scrittrice, edito da Corraini edizioni.

Fondazione Teatro Ragazzi e Giovani onlus

Corso Galileo Ferraris 266

Tel. 01119740260

 

Mara Martellotta