<<Ogni volta che un albergatore chiede ai suoi ospiti di raccontare le loro impressioni sulla città, la risposta è sempre la stessa: “Non ci aspettavamo che Torino fosse così bella”. Se il turista parte da una sottovalutazione della città, credo significhi che si è sbagliato qualcosa nella promozione. I nostri turisti devono essere messi nelle condizioni di sapere che, arrivando qui, troveranno una città straordinaria. Non deve essere una sorpresa>>.
Intervista di Alberto Vanelli
Alessandro Comoletti è il Presidente di Federalberghi Piemonte, la principale associazione di imprenditori del settore turistico-ricettivo piemontese. Lo abbiamo intervistato per conoscere il parere degli albergatori in merito alla costante crescita dell’importanza del turismo culturale a Torino.
Domanda: Presidente Comoletti, i dati che raccontano i flussi turistici a Torino sembrano essere molto positivi. Qual è il quadro della situazione, se lo vediamo dal punto di vista degli alberghi? Ci può confermare lo sviluppo e il consolidamento di Torino quale grande meta turistica?
Risposta: Assolutamente sì. Merito del binomio cultura/turismo, su cui l’attuale amministrazione comunale sta insistendo molto seriamente. In questi anni si è avuta una rinascita dell’interesse verso patrimoni di Torino come il Museo Egizio e la Reggia di Venaria. E poi ci sono state delle importantissime mostre, come quella di Monet, che hanno avuto una risonanza nazionale e internazionale, e che non potevano non attirare l’attenzione dei turisti. Accanto a questi eventi, poi, ce ne sono altri che, pur avendo meno risonanza, contribuiscono a rendere la città interessante. Pensiamo al festival musicale che si tiene a giugno, quando le piazze e le vie del centro si riempiono di concerti; oppure a Portici di Carta, un’altra iniziativa molto apprezzata, che colpisce il visitatore. I miei amici milanesi, non a caso, mi dicono che Torino è diventata una città più interessante e stimolante della stessa Milano.
D. Ce lo ha confermato recentemente Vittorio Sgarbi, che in un’intervista al Torinese ha descritto Torino come la città più bella d’Italia. Sicuramente qualcosa è cambiato rispetto ai tempi in cui Torino era soltanto la città della Fiat.
R. È vero, ma bisogna ancora lavorare. Ogni volta che noi albergatori parliamo della città con uno dei nostri ospiti, ci sentiamo ripetere sempre la stessa frase: “Non ci aspettavamo che Torino fosse così bella”. Se il turista parte da una sottovalutazione della città, credo significhi che abbiamo sbagliato qualcosa nella promozione. I nostri turisti devono essere messi nelle condizioni di sapere che, arrivando qui, troveranno una città straordinaria. Non deve essere una sorpresa. Quando vado a New York o a Londra, so già cosa troverò.
D. Cosa si potrebbe fare, secondo lei, per operare in questa direzione?
R. Tanto per cominciare, le informazioni dovrebbero essere diffuse con maggiore anticipo. Mi limito a una considerazione molto semplice: gli alberghi torinesi ricevono le brossure delle mostre quando queste sono già iniziate. Non ha senso. Torino ha più o meno 25 mila posti letto alberghieri. Se gli albergatori fossero messi nelle condizioni di informare i loro ospiti su ciò che ci sarà fra tre o quattro mesi, la città si garantirebbe una forma efficacissima di pubblicità gratuita. Non si può non tenerne conto, anche in considerazione del fatto che le prenotazioni anticipate di alberghi e aerei consentono ai visitatori di risparmiare moltissimo.
D. In effetti, la carenza di informazione è una delle criticità che abbiamo rilevato nella nostra inchiesta sul turismo. Direi, però, che non si tratta soltanto di migliorare la comunicazione, ma di strutturarla meglio. Non crede sia necessario un organismo, un tavolo, una procedura che consenta ai rappresentanti dei musei, degli eventi culturali e di quelli sportivi di incontrarsi con il mondo del turismo – albergatori, commercianti, ecc. – e magari anche con gli operatori dei trasporti e della mobilità?
R. È un’esigenza che sentiamo anche noi. La comunicazione non si può improvvisare. Non per niente è diventata una disciplina universitaria. Noi di Federalberghi, prima dell’Expo, avevamo proposto di pubblicizzare Torino puntando sulla brevità del percorso tra Porta Susa e il sito della Fiera, ma è stata Bologna a sfruttare un’idea di questo tipo.
D. A questo proposito, cosa pensa del lavoro di Turismo Torino?
R.. Come forse saprà, noi di Federalberghi siamo usciti da Turismo Torino .Anche la Camera di Commercio in un primo momento avevano dato disdetta, rientrando poi in seguito . Da poco Turismo Torino ha fatto avere agli alberghi degli espositori per brossure. La promozione turistica dovrebbe però ingranare la quinta marcia e andare alla velocità della luce, mentre non è ancora così. La mia impressione, è che Turismo Torino debba essere riorganizzata in funzione dell’evoluzione del mondo del turismo. Al suo interno ci sono diverse persone capaci. Ovviamente credo che il successo del nostro turismo sia dovuto in gran parte al buon naso di Fassino e di Braccialarghe. Però, tutto quello che c’è dietro dovrebbe essere organizzato meglio. La funzione di Turismo Torino penso debba essere tema di profonde riflessioni di tutte le componenti che vivono e programmano questo comparto che poco per volta andrà a colmare vuoti lasciati da altri settori.
D. Accanto alla comunicazione si colloca il tema dell’accessibilità e della semplificazione. Non crede che si dovrebbe investire su un portale internet dedicato a Torino e al Piemonte, che offra al turista tutte le informazioni possibili e gli consenta di organizzarsi il viaggio, prenotando alberghi, musei, guide, ristoranti, eccetera? L’impressione è che su questo fronte si stia facendo poco.
R. Mi permetto di dissentire. Il portale c’è: è Booking Piemonte e fa capo a Regione Piemonte, Confcommercio, Federalberghi Piemonte, Unioncamere Piemonte e Turismo Torino. Chi si collega al sito può prenotare di tutto, dall’albergo al concerto di Elton John a Barolo. Il portale è organizzato come un carrello della spesa.
D. Sarà, ma la mia impressione è che questo strumento, che ho conosciuto ai tempi in cui dirigevo la Reggia di Venaria, sia ancora da perfezionare. Più che come protagonista, Venaria veniva interpellata come cliente. E anche le altre istituzioni culturali non sembrano sentirsi molto coinvolte. Si punta tutto sulla vendita, in particolare di camere d’albergo, mentre gli internauti di oggi tendono a essere conquistati soprattutto dai contenuti e dalla ricchezza di informazioni.
R. Tutto è perfettibile. Per anni, del resto, c’è stato un problema di comunicazione: il portale è poco conosciuto e occorre migliorarne il posizionamento su Google. Ma il turista può trovarci tutto ciò che cerca, dal grande evento alla più piccola fiera di provincia. I bandi regionali prescrivono che tutti gli eventi e le manifestazioni finanziate dalla Regione facciano passare il loro sistema di prenotazioni attraverso il portale. Un primo passo è stato fatto, insomma. Speriamo di poterne fare molti altri.
D. Uno dei temi che le staranno a cuore, in qualità di rappresentante della categoria degli albergatori, è quello della tassa di soggiorno. Come viene speso questo denaro? Non sarebbe auspicabile l’istituzione di un meccanismo di distribuzione razionale, che consenta agli operatori del mondo culturale di rivendicare le quote spettanti, senza doversi ridurre, ogni anno, a elemosinare finanziamenti?
R. La legge che regola il tema della tassa di soggiorno prescrive che gli introiti generati da quell’imposta vadano a integrare, non a sostituire quanto i comuni già danno al turismo. Da cinque anni, noi di Federlberghi chiediamo invano all’assessore Passoni di farci sapere quale sia la destinazione della tassa di soggiorno che viene raccolta nelle nostre strutture. L’assessore Braccialarghe lamenta spesso la carenza di fondi destinati alla cultura. Non vorrei che la tassa di soggiorno servisse semplicemente a ripianare i conti in rosso dell’Assessorato. Quando invece dovrebbe essere un “di più” rispetto alle risorse necessarie al funzionamento del turismo e della cultura.
D. Siete intenzionati a sottoporre questo tema all’attenzione dei candidati alla poltrona di sindaco?
R. Ai candidati vorremmo sottoporre un principio molto semplice. Così come in Italia esiste un ministero dell’agricoltura e uno dell’industria, vorremmo che ci fosse un ministero al turismo. E a livello locale un assessore al turismo. Invece il turismo, nonostante la sua forte incidenza sul PIL nazionale, passa sempre in secondo piano. Lo dicono le stesse denominazioni di ministeri e assessorati, che lo collocano sempre al secondo posto: commercio e turismo, sport e turismo, cultura e turismo.
D. A Torino, però, il rapporto con la cultura è importante.
R. Ma allora parliamo di turismo e cultura, non viceversa. Del resto, occorre tener conto che questo binomio può andar bene per una città. Molto meno a livello regionale – ai laghi, in montagna, nelle colline del vino – dove la cultura rappresenta un paragrafo marginale del capitolo tuirismo.
D. Come vede la politica regionale in campo turistico?
R. Avremmo bisogno di manager che sapessero che cos’è il turismo a livello regionale: bicicletta, sci, escursioni, laghi, enogastronomia, e ovviamente anche cultura. Secondo me, uno dei temi da affrontare con urgenza è quello della montagna. Per quale ragione una persona che abita a Napoli, a Londra o a Parigi, dovrebbe organizzare la sua settimana bianca in Piemonte, e non in Trentino, Slovenia, Austria, Svizzera, dove esiste una vera industria della neve, attrezzata per ogni evenienza? Il Trentino quest’anno ha avuto la stessa carenza di neve del Piemonte, ma tutte le piste erano innevate. Da quelle parti, evidentemente, il turismo montano è più seguito. Prossimamente vedrò l’assessore Parigi. Mi piacerebbe che si cominciasse a pensare a cosa potrà essere il mondo dello sci piemontese fra vent’anni.
D. La presidente dell’ASCOM, Maria Luisa Coppa, ci ha detto che i commercianti sarebbero disponibili ad aiutare la cultura mediante un meccanismo di crowdfunding, un finanziamento collettivo, su base volontaria, che supporterebbe l’organizzazione di eventi, il restauro di opere d’arte, il recupero di monumenti, ecc., quale riconoscimento dei benefici che il commercio trae dalla cultura. Cosa ne dicono gli albergatori? Si può pensare che siano disposti, non a pagare una nuova tassa, ma a offrire un contributo concreto al settore che influisce più direttamente sull’andamento dei loro affari?
R. La presidente Coppa esprime un principio condivisibile e di puro buon senso. Siamo tutti consapevoli di quanto dobbiamo agli eventi culturali: noi viviamo su questo; non possiamo non essere disponibili a dare una mano. A patto che chi partecipa alla raccolta fondi possa seguire, in ogni momento, l’iter del denaro che viene elargito. Iniziative di questo tipo, del resto, vengono già praticate: una piccola percentuale delle commissioni pagate dagli albergatori a Booking Piemonte viene utilizzata per iniziative sul territorio. E potrà contare sulla partecipazione del mondo alberghiero anche il centro congressi che sorgerà nei prossimi anni a Torino. Non ci tiriamo indietro, insomma, purché i nostri soldi vengano utilizzati in maniera limpida.
D. Con l’esplosione di fenomeni come AirBnB, agriturismi e cene casalinghe a pagamento, i servizi turistici si stanno rapidamente evolvendo. Nascono però degli squilibri, dovuti alla difficoltà di gestire e governare questi processi. Come la vedono gli albergatori? Patiscono questi fenomeni? Li guardano con interesse? Li subiscono?
R. In linea di principio, non siamo contrari. È normale che, come ogni ambito dell’economia, anche il sistema dell’ospitalità tenda a evolversi. Riteniamo, anzi, che alcune nicchie di mercato possano ampliare il sistema ricettivo a vantaggio dell’intera città. Non a caso, la mia organizzazione sta modificando il proprio statuto per consentire l’adesione a Federalberghi anche a chi affitta alloggi. Occorre, però, che tutti i soggetti che operano nel mercato dell’ospitalità vengano sottoposti a una regolamentazione, che tenga conto delle specificità di ognuno, ma che una volta discussa e stabilita, venga fatta rispettare. Proprio in questo momento, stiamo discutendo di queste regole insieme alla Regione Piemonte. Nei nuovi regolamenti verranno inserite delle norme che si adattino alle vecchie locande come alle guest-house, agli alberghi come agli alloggi e alle camere in affitto.
D. Sembra abbiate un atteggiamento molto diverso da quello assunto dai tassisti di fronte a Uber…
R. Sarà un mio limite, ma sono un liberale. La concorrenza mi piace, è stimolante, ha fatto in modo che Torino sia la città con i prezzi degli alberghi più bassi, e che la qualità della ricettività torinese sia ai primi posti. Del resto, stiamo assistendo a un processo evolutivo che riguarda l’intero pianeta. Non vorremo opporci noi italiani! L’importante è che ci sia una regolamentazione e che venga rispettata. I modi ci sono. Guardi, per esempio, al comune di Firenze, che accordandosi con i vertici di AirBnB ha ottenuto che i turisti versassero la tassa di soggiorno al momento della prenotazione degli alloggi, prima ancora di mettere piede in città. È un primo passo verso la normalizzazione della situazione…
D Non pensa che, per contrastare la nuova concorrenza, gli albergatori dovrebbero cominciare a offrire delle soluzioni analoghe ai bed & breakfast, modernizzando e differenziando la loro offerta?
R Questo in realtà si sta già facendo. Li chiamano Cond-hotel. La legge dà a noi albergatori la possibilità di trasformare fino al 40% della superficie dei nostri alberghi in alloggi residenziali da affittare ai turisti. Inoltre, siamo autorizzati a ricavare fino al 40% del nostro volume d’affari mediante la gestione di alloggi che si trovino nello stesso comune del nostro hotel. Le possibilità ci sono, insomma, e in molti ci stanno già lavorando.