Progesia Management Lab

Chi è Alberto Bertone, presidente e ad di Acqua Sant’Anna

Rubrica a cura di Progesia Management Lab

 

Inserito nel 2020 tra i 10 top manager di BusinessPerson of the Year nella categoria Food stilata dal magazine Fortune, Alberto Bertone è un imprenditore lungimirante. Fondatore, Presidente e Amministratore Delegato di Acqua Sant’Anna Spa, anche su consiglio del padre, da giovane diversifica il business nel settore dell’edilizia residenziale e industriale – tradizione di famiglia – per cimentarsi in quello delle acque minerali e nel 1996 fonda l’azienda Acqua Sant’Anna.

Con 20 milioni di bottiglie prodotte ogni giorno, oggi il marchio è leader in un mercato composto da circa 300 etichette e dominato dalle multinazionali, inoltre è la terza realtà imprenditoriale del Piemonte. Oltre alla leggerezza e alle proprietà organolettiche di quest’acqua che scorre nella Valle Stura, a Sant’Anna di Vinadio (CN), una delle leve del successo dell’azienda è l’innovazione. Da subito Bertone ha investito nella tecnologia automatizzando le linee di produzione; attento all’ambiente e alle tematiche green prima che diventassero una moda ha scelto una logistica che si avvale del trasporto su nave e su rotaia, più efficiente e a minore impatto ambientale, e la movimentazione delle merci avviene con dei robot a guida laser elettrici. Anche dal punto di vista del marketing e della comunicazione Sant’Anna è stata un precursore ed ha lanciato sia una campagna pubblicitaria con l’immagine del neonato, sinonimo di qualità superiore, sia una comparativa in cui confrontava le caratteristiche della sua acqua con quelle dei competitor. In 25 anni di attività l’azienda del beverage ha investito ingenti somme nella ricerca raggiungendo ottimi risultati. Ma l’attenzione non finisce qui: lo stabilimento è stato ristrutturato con materiali ecocompatibili, il calore dei macchinari di produzione è impiegato per il riscaldamento del sito e degli uffici e i camion usati sono alimentati a LNG, i migliori in termini di autotrasporto sostenibile, abbattimento delle emissioni in atmosfera e dal punto di vista acustico.

Ripercorriamo la storia e i successi di Acqua Sant’Anna?

“Il mio è stato un inizio quasi casuale. Appartenendo ad una famiglia di costruttori lavoravo con mio padre e avevo fatto diverse operazioni immobiliari, ma del mondo dell’acqua non sapevo nulla. Poiché volevamo diversificare abbiamo deciso di entrare nel settore e abbiamo scelto l’acqua delle Fonti di Vinadio. Abbiamo chiesto la concessione, aperto lo stabilimento e siamo partiti. I primi due anni sono stati complicati: abbiamo costruito il capannone e fatto gli impianti, ma al momento di iniziare non avevamo vendite. Dopo un primo momento in cui con mio padre abbiamo pensato di cedere le quote ai soci, lui mi disse che se fosse stato giovane non avrebbe mollato. Ha saputo pungermi nel vivo e così ho proseguito. Avevo 29 anni e giravo l’Italia in macchina per far conoscere il prodotto fino a quando dopo circa 10 anni è diventato leader del mercato.
Un passo decisivo è stata la scelta di far analizzare la nostra acqua all’ospedale Sant’Anna di Torino, che ha constatato che i bimbi che la bevevano avevano dei benefici. Abbiamo così ottenuto il certificato di acqua per bambini, un attestato di qualità superiore.

Crescendo molto negli anni abbiamo deciso di diversificare e il primo lancio è stato SanTHE’ Sant’Anna, oggi tra il terzo e il quarto posto in Italia con una crescita del 30% all’anno. Nel 2019 abbiamo invece lanciato la linea Sant’Anna Fruity Touch al limone, ai frutti rossi e al lime, zenzero e guaranà: nel mondo questo tipo di prodotto ha grande successo, ma in Italia mancava e stiamo facendo promozione per farla crescere”.

Tecnologia, innovazione e sostenibilità sono le vostre keywords? 

“Ogni azienda che guarda al futuro deve pensare a questi temi. La tecnologia serve per essere efficienti, l’innovazione coincide con il modificarsi per fare sempre meglio, anche perché la competizione è sempre più forte, e la sostenibilità è fondamentale per tutti noi che abitiamo su questo pianeta. La tecnologia è stata determinante perché man mano che crescevamo dovevamo reperire personale, ma nella nostra zona era difficile e così abbiamo trasformato i punti di debolezza in punti di forza robotizzando tutta l’azienda. In questo modo abbiamo raggiunto costi bassi in termini di mano d’opera ed un’efficienza superiore: un plus rispetto ai concorrenti. Ci tengo però a sottolineare che il personale che lavora con noi è del territorio e vive l’azienda come fosse propria. Siamo molto uniti e ci sentiamo una grande famiglia. L’innovazione, ma anche la capacità di avere un pensiero divergente, ci ha permesso inoltre di ovviare ad un altro problema: Vinadio è lontano dalle principali città italiane e per la logistica abbiamo puntato sui treni e sulle navi riuscendo così a distribuire i nostri prodotti ad un costo basso. Tutto questo lavoro, portato avanti con costanza, ci ha permesso di diventare leader in Italia e siamo orgogliosi del risultato raggiunto, anche se ovviamente non ci fermiamo”.

Ci presenta Bio Bottle, la bottiglia biodegradabile? 

“È realizzata con un biopolimero di origine vegetale che non contiene petrolio. Siamo stati il primo marchio al mondo a lanciare nel mass market una bottiglia di acqua minerale da 1,5 litri biodegradabile e compostabile nei siti di compostaggio che in 80 giorni torna a far parte della natura. Abbiamo creduto molto in questo progetto, anche se le persone non si dimostrano così interessate. Purtroppo si parla molto di ecosostenibilità, ma al lato pratico si agisce poco”.

Anche Sant’Anna Beauty è un’idea innovativa. Di cosa si tratta?

“Si tratta di acque funzionali in pratiche dosi pronte da bere, studiate nei nostri laboratori, che oltre a dissetare fanno bene alla pelle. C’è quella che contiene acido ialuronico e zinco e quella al collagene idrolizzato e zinco. L’acido ialuronico si trova naturalmente nel nostro organismo e preserva l’idratazione dei tessuti e la lubrificazione delle articolazioni, ma negli anni diminuisce drasticamente, mentre lo zinco protegge le cellule dallo stress ossidativo e contribuisce al mantenimento dello stato fisiologico della pelle. Bere quest’acqua fa bene a tutti, ma soprattutto a chi non è più giovane. Il collagene invece è la più importante proteina strutturale della pelle perché garantisce tono ed elasticità. Da giovani la sintesi del collagene è maggiore della sua degradazione e quindi la pelle rimane liscia. L’avanzare dell’età, le cattive abitudini e gli inquinanti ambientali portano ad una maggiore distruzione del collagene con la conseguente formazione di rughe. Studi scientifici hanno dimostrato che l’assunzione del collagene idrolizzato ha un effetto benefico sull’aspetto e sull’elasticità della pelle, in particolare sulla riduzione delle rughe e sulla formazione delle linee sottili”.

Di recente ha proposto una cauzione sulle bottiglie in plastica per incentivare il riciclo. Approfondiamo il tema? 

“Nella mia vita ho fatto alcune battaglie sul tema della sostenibilità e l’ultima di queste è legata al riciclo della plastica. Dobbiamo fare qualcosa di concreto per salvaguardare l’ambiente e a mio parere toccare nel portafoglio i consumatori è sicuramente una leva. Per questo vorrei convincere il Governo a far applicare una cauzione sull’acquisto di qualsiasi tipo di contenitore alimentare per evitare di trovare rifiuti per terra. Se applichiamo un piccolo costo aggiuntivo di 5-10 centesimi su tutti i contenitori, le persone saranno incentivate a restituirli per recuperare la cauzione oppure a raccogliere quelli dispersi per portarli nei centri di raccolta che possono essere posizionati nei centri commerciali, nei parcheggi o nei grossi condomini, favorendo così il corretto riciclo dei diversi imballaggi. Questo metodo è già in uso in alcuni paesi del mondo e ha raggiunto ottimi risultati”.

 

 

IL FOCUS DI PROGESIA

 

La storia dell’Acqua Sant’Anna inizia negli anni ’90, quando la famiglia Bertone decide di portare sulle tavole degli italiani un’acqua minerale che nasce a circa 2000 mt di altezza nelle valli sopra Vinadio, il cui nome è legato al Santuario Sant’Anna, protettrice delle mamme, luogo di culto cristiano più alto d’Europa, alla cui fonte i pellegrini sono soliti dissetarsi.

Il successo dell’azienda, oltre alle qualità intrinseche del prodotto, dovute alla sua origine – l’altitudine delle sorgenti, la purezza dell’aria, la conformazione delle rocce granitiche che filtrano naturalmente l’acqua – si è consolidato grazie ad alcune importanti iniziative di marketing, innovative per il momento storico in cui sono nate.

Quando l’Acqua Sant’Anna ottiene la certificazione di qualità da parte dell’ospedale Sant’Anna di Torino come acqua particolarmente adatta per i bambini, l’azienda decide di fare leva su questo argomento commerciale e così che per la prima volta su una bottiglia di acqua minerale compare la foto di un neonato: una semplice immagine che consente di far capire immediatamente all’acquirente il “valore” del prodotto, anche senza leggere in modo approfondito l’etichetta.

Un altro strumento di marketing che l’azienda ha iniziato fin da subito ad utilizzare con successo è la pubblicità comparativa, che consiste nel mettere a confronto in modo diretto le caratteristiche dei propri prodotti con quelli dei concorrenti.

Questo tipo di pubblicità è molto usato negli Stati Uniti, mentre è stato sempre poco utilizzato in Italia e Acqua Sant’Anna è stato uno dei primi marchi italiani a farne uso, facendo leva su alcune caratteristiche oggettive di qualità, per ottenere un vantaggio rispetto ai principali competitor.

In particolare sono state utilizzate delle tabelle per mettere a confronto alcuni dati chimico-fisici delle acque minerali dai quali emergeva che Sant’Anna aveva il residuo fisso più basso di tutte le concorrenti e anche la presenza di sodio, di nitrati e la durezza erano inferiori.

Quest’iniziativa ha dato un importante vantaggio competitivo ad Acqua Sant’Anna, ma ha anche avuto il merito di insegnare ai consumatori a leggere con attenzione le etichette sulle bottiglie, aumentando la consapevolezza dell’importanza di conoscere le caratteristiche chimiche e fisiche dell’acqua, per orientarsi nella scelta tra i diversi prodotti presenti sul mercato.

 

Coordinamento e Focus: Carole Allamandi

Intervista: Barbara Odetto

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Chi è Cinzia Loiodice, AD di Bricks 4 Kidz® Italia

Rubrica a cura di Progesia Management Lab

Laureata in Scienze della Comunicazione e con una specializzazione in Business Communication, Cinzia Loiodice per anni ha svolto diversi ruoli manageriali in importanti agenzie di comunicazione e successivamente in Bosch. La sua decennale esperienza nella multinazionale tedesca le ha permesso di constatare la difficoltà nel reperire professionisti, ma soprattutto professioniste, con una laurea in materie S.T.E.M. (Scienze, Tecnologia, Ingegneria e Matematica). Approfondendo l’argomento ha scoperto che già in prima o seconda media i ragazzi e le ragazze hanno chiaro se intraprendere un percorso scientifico o umanistico e, appassionandosi al tema, ha cercato informazioni per portare le nuove generazioni verso le discipline del futuro. Dopo un’intensa attività di scouting ha conosciuto la realtà di Bricks 4 Kidz® ed ha deciso di portare in metodo in Italia. Di cosa si tratta? I bambini e i ragazzi dai 3 ai 16 anni possono apprendere le materie S.T.E.M. realizzando, con speciali kit didattici contenenti parti tecniche e motori Lego®, oltre 300 progetti che consentono di approfondire il programma didattico ministeriale. In sintesi, come cita il claim, imparano, costruiscono e giocano unendo il divertimento con la pratica e la teoria. Nel 2017 Cinzia Loiodice e la socia Olivia Musso, ricercatrice al Politecnico di Torino, hanno costituito la Kidding s.r.l. – startup innovativa a vocazione sociale e composizione femminile – che ha acquisito la master license per l’Italia di Bricks 4 Kidz® e aperto il primo centro italiano a Torino. Recentemente la società Kiwi, specializzata nell’organizzazione di eventi e nella produzione di spettacoli per famiglie, ha rilevato una consistente quota societaria, con l’obiettivo di dare un forte impulso alla diffusione di Bricks 4 Kidz® in Italia, dove ad oggi sorgono 6 centri didattici. L’AD di Kiwi, Andrea Sammarco, è inoltre da anni impegnato in attività per il contrasto del gender gap, tematica in focus nell’ambito S.T.E.M.

Che cos’è Bricks 4 Kidz®?

È un metodo proprietario nato nel 2008 a Saint Augustine, in Florida, da un team di architetti e ingegneri che unisce la teoria alla pratica e si basa sull’utilizzo dei mattoncini Lego® per imparare le materie scientifiche. Si rivolge ai bambini dai 3 anni, per i quali usiamo i Duplo®, fino ai ragazzi della seconda superiore con i quali si studia la robotica educativa, il web design ed altre discipline in ambito S.T.E.M.

Le attività core di Bricks 4 Kidz® si basano sull’utilizzo da parte degli studenti di speciali kit didattici sviluppati dai colleghi americani, che contengono parti tecniche e motori Lego® con cui realizzare oltre 300 progetti che consentono di approfondire il programma didattico ministeriale: pannelli solari, molecole del DNA, giostre in movimento per approfondire le leggi della fisica, e molto altro. La parte pratica – che permette di migliorare competenze come il pensiero orientato al processo, il problem solving, le abilità visuo spaziali – è preceduta da una parte teorica erogata con modalità interattive dai tutor Bricks 4 Kidz®, studentesse e studenti provenienti da facoltà scientifiche. Il Kit didattico non è in vendita e prescinde da qualsiasi tipo di rapporto commerciale con la Lego®. Noi andiamo spesso nelle scuole per portare la nostra metodica che si compone di 3 step: we learn, we build, we play. Durante la lezione interattiva di 20 minuti, concepita in base alle diverse età degli studenti, i bambini e i ragazzi costruiscono una pala eolica o un pannello solare o una pompa per l’estrazione del petrolio o altri tra i 300 progetti realizzabili seguendo apposite istruzioni sviluppate dalla sede americana. L’attività manuale è fondamentale perché serve per capire concretamente molte regole della fisica. Il nostro obiettivo è creare la passione per le materie scientifiche ed insegnarle in modo esperienziale e coinvolgente”.

Oltre alle attività con i Lego® e alla robotica educativa, la sede italiana ha sviluppato una serie di percorsi aggiuntivi come l’utilizzo dei videogiochi (es. Minecraft) per le attività didattiche, lo sviluppo di competenze di web design, l’apprendimento della progettazione CAD attraverso programmi basati sui Lego®.

Quali sono i plus del vostro metodo?

Grazie ad esso le materie S.T.E.M. – spesso considerate discipline da fanatici della tecnologia e dell’informatica di appannaggio maschile – diventano interessanti e divertenti, ma soprattutto alla portata di tutti e tutte. Anche chi ha disturbi specifici dell’apprendimento e dell’attenzione in questo modo impara e, così facendo, aumenta la propria autostima perché in 20 minuti porta a termine un progetto funzionante in totale autonomia”.

Quali attività svolgete?

“Anche se abbiamo 6 sedi che si trovano a Torino, Milano, Monza Brianza, Napoli, Lecce e Catanzaro, tendenzialmente siamo noi ad andare nelle scuole. Organizziamo workshop in orario curriculare, corsi pomeridiani, campi estivi, eventi e feste di compleanno, formazione per gli insegnanti.

Avete anche attività per aziende?

“Si, l’area B2B ha una forte rilevanza. Ci occupiamo di team building aziendali, di percorsi per il miglioramento della comunicazione e per lo sviluppo della creatività all’interno dei team, e abbiamo come clienti sia importanti multinazionali sia aziende di piccole e medie dimensioni. Offriamo inoltre eventi aziendali e family days rivolti ai figli dei dipendenti, per sviluppare nelle nuove generazioni l’interesse per le materie scientifiche”.

Come sono organizzati i summer camp per i ragazzi?

I nostri campi estivi sono vere e proprie full immersion con una preponderante parte ludica, necessaria soprattutto in questi ultimi 2 anni in cui la pandemia ha costretto i bambini e i ragazzi alla staticità e allo scarso contatto sociale. I campi sono un mix fra laboratori S.T.E.M. e giochi/attività di animazione all’esterno, che veicolano in modo divertente concetti scientifici. I temi dei camp variano: ad esempio ce n’è uno dedicato allo spazio in cui i ragazzi costruiscono razzi, Mars e Lunar Rover, modelli di orbita, si parla di propulsione, si organizzano giochi all’esterno che simulano la posizione dei pianeti o i training degli astronauti.  Altri che portano i ragazzi in un viaggio attraverso l’evoluzione e le teorie di Darwin, altri ancora che permettono ai ragazzi di approfondire l’archeologia e la storia egizia tramite Minecraft.

Dal 30 agosto e per due settimane saremo in una location d’eccezione, il campus ONU di corso Unità d’Italia a Torino. Con i partecipanti, che avranno età comprese tra i 6 e i 13 anni, parleremo di futuro sostenibile e di materie scientifiche. In quell’occasione affronteremo il tema dei 17 goals della sostenibilità e i ragazzi faranno un viaggio nella cooperazione e nella pace dei popoli. Avremo il contributo di alcuni esponenti che lavorano per le Nazioni Unite e approfondiremo aspetti scientifici come le fonti rinnovabili e il riciclo, sempre con l’utilizzo dei Lego®. Nel corso della seconda settimana faremo un viaggio virtuale nelle Olimpiadi dall’antica Grecia ad oggi e parleremo dell’energia che brucia il corpo durante l’attività sportiva, della fisica dietro le discipline sportive – come le forze che consentono all’atleta di girare sulle parallele – e racconteremo storie virtuose di cooperazione tra sportivi di paesi diversi. L’evento eccezionale è che l’International Training Centre of the ILO normalmente ospita per i summer camp bambini i cui genitori lavorano nel campus, mentre in questo caso ci saranno anche ospiti esterni”.

IL FOCUS DI PROGESIA

L’obiettivo principale del nostro metodo è la valorizzazione dei talenti, spiega Cinzia Loiodice, AD di Bricks 4 kidz®. È evidente che il sistema scolastico di oggi non garantisce ai nostri bambini la possibilità di esprimere pienamente attitudini e potenzialità. Di conseguenza in Italia c’è un notevole calo di interesse dei giovani verso le materie e le professioni scientifiche, considerate poco gratificanti e stimolanti. Solo facendo divulgazione in effetti, è possibile mostrare che le attività scientifiche e tecniche permettono di esprimere una forte componente di creatività, che implica originalità e fluidità di pensiero nell’applicazione di soluzioni e idee innovative.

La nostra prospettiva di diffusione della conoscenza, prevede l’organizzazione di laboratori destinati ai bambini, che attraverso il gioco sperimentano un nuovo modo di interpretare la realtà e di esprimere i propri talenti. La creatività e il gioco diventano uno strumento fondamentale per conoscere se stessi, entrare in contatto con la propria sfera emozionale e abbattere le barriere cognitive e culturali che spesso condizionano la nostra vita di adulti e non solo quella dei bambini.

Siamo consapevoli del forte impatto del nostro approccio su allievi e famiglie. E come mostrano i risultati concreti delle nostre attività, i bambini che seguono i nostri laboratori sviluppano e migliorano le proprie competenze e conoscenze. Nei disturbi dell’attenzione aumenta in modo esponenziale la capacità di concentrazione e di problem solving.

Il risultato più importante però lo riscontriamo nell’educazione e nella consapevolezza delle bambine, che attraverso il gioco superano gli stereotipi tradizionali di genere e di immagine sociale. La sfida, in particolare per le nostre allieve, è quella di sviluppare autostima e fiducia in se stesse”.

Come mostra una recente ricerca della Lego Play Well Study, il 73% dei genitori crede che le differenze di genere siano guidate più dalle aspettative della società che dalla biologia.

Insieme agli Organismi Internazionali e alle aziende sensibili al Gender Gap, Bricks 4 kidz®, si pone l’obiettivo di contrastare gli stereotipi della società, educando i bambini a raggiungere ideali e aspettative personali.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto

Chi è Silvia Merlo, AD del Gruppo Merlo e Presidente Saipem

Rubrica a cura di Progesia Management Lab

La Merlo S.p.A. è un’industria metalmeccanica di Cervasca (CN) che conta circa 1.500 dipendenti e ha una rete di distribuzione composta da 6 filiali ed oltre 600 concessionari che le consentono un posizionamento internazionale. L’Amministratore Delegato di questa azienda leader che opera nel settore dei sollevatori telescopici, autobetoniere auto caricanti, sistemi e tecnologie per la movimentazione e il sollevamento, è Silvia Merlo che ricopre cariche anche nei Consigli di Amministrazione di altre società appartenenti al Gruppo. Laureata in Economia Aziendale, è stata componente del Consiglio di Amministrazione di Erg S.p.A. oltre che membro del Consiglio di Amministrazione, del Comitato Controllo Rischi e Sostenibilità, del Comitato per le Operazioni con Parti Correlate e Presidente del Comitato Remunerazione di Sanlorenzo S.p.A e a fine aprile è stata nominata Presidente di Saipem, il colosso petrolifero tra i più importanti fornitori di servizi a livello mondiale del settore della costruzione e manutenzione delle infrastrutture al servizio dell’industria energetica, con una operatività nei cinque continenti.

Infaticabile e competente, ha inoltre ricoperto incarichi di consigliere di amministrazione e di membro di comitati interni in diverse altre società tra cui Leonardo S.p.A., BNL Banca Nazionale del Lavoro S.p.A., GEDI Gruppo Editoriale S.p.A. e Banca CRS Cassa di Risparmio di Savigliano S.p.A. Per il Gruppo Merlo, e dunque per lei, al centro di tutto c’è la persona. Per questo l’azienda si impegna a rispettare l’ambiente e a rendere più sicuro e confortevole il lavoro degli operatori. Non stupisce quindi che nel 2014 Silvia Merlo sia stata insignita della Mela d’Oro nell’ambito del premio Donne ad Alta quota della Fondazione Marisa Bellisario per la sezione imprenditoria e che nel 2017 abbia ricevuto il Premio Amelia Earhart su iniziativa dello Zonta Club Alba-Langhe e Roero.

Con Intesa Sanpaolo avete sottoscritto una collaborazione a sostegno della filiera per fronteggiare la crisi causata dal Covid-19. Un’azione importante per i clienti e i fornitori?

“All’inizio di questa pandemia, anche memori delle precedenti crisi, è stata nostra cura mettere in sicurezza e portare valore aggiunto alla filiera per cui i clienti e i fornitori hanno potuto avere accesso ad una convenzione che abbiamo sottoscritto noi come gruppo e che ha permesso loro di godere di una serie di benefit. Utilizzando un canale semplificato con interlocutori dedicati e con un iter ragionato prima, chi ne ha avuto bisogno ha potuto accedere ad una serie di fondi che probabilmente avrebbe fatto difficoltà ad ottenere. Noi per loro abbiamo dettato i tempi di risposta della banca, che sono stati di circa 5 giorni, abbiamo concordato un tasso predefinito e abbiamo strutturato a priori l’iter procedurale. Tutto ciò ha portato dei grandi benefici e ci risulta che la filiera abbia usufruito di più di 140 milioni di erogazioni per cui sicuramente un aiuto lo abbiamo dato. Parlo al plurale perché Intesa Sanpaolo è stato un partner attento, rapido nella risposta e flessibile”.

Siete un gruppo con una visione di lungo termine. Parlando di sostenibilità, quale ruolo svolgeranno le energie rinnovabili nel nostro futuro?

“Tutto ciò che è sostenibile ci vede impegnati e attenti e anche se questo è il tema del momento noi, non seguendo le mode ma essendo dei precursori, nel 2013 abbiamo esposto il nostro primo sollevatore telescopico ibrido al quale abbiamo iniziato a lavorare già nel 2009. Nel 2020 abbiamo presentato nella nostra gamma il primo sollevatore telescopico full electric. Siamo interessati al tema della sostenibilità sia nel prodotto sia nei processi di produzione e per noi il concetto di energy saving è fondamentale perché la sostenibilità passa anche per il non spreco e per l’ottimizzazione delle energie e dei materiali”.

Da sempre il Gruppo Merlo mette al centro la persona. Con quali attività avete maggiormente sostenuto i vostri dipendenti?

“Sosteniamo e facciamo un’azione quasi di push verso i nostri collaboratori. Esiste un’associazione coordinata dagli stessi dipendenti che sostiene e promuove tutta una serie di iniziative, che vanno dalle gite alla formazione, passando per l’attenzione ai giovani. Sono iniziative legate al tempo libero, ma sono fondamentali per creare aggregazione e sentirsi parte di un gruppo, un requisito per noi fondamentale. Da sempre a Natale organizziamo una festa per i figli dei dipendenti: svuotiamo un capannone e lo riempiamo di giostre di grandi dimensioni come ottovolanti e trenini. Realizziamo molte iniziative, alcune anche legate al welfare, ma soprattutto ogni giorno diamo attenzione alle persone cercando di farle sentire non dei numeri, ma ognuno importante per la crescita della società. Perché ciascuno di loro non è un ruolo, ma un individuo con le proprie peculiarità”.

Rientrano in quest’ottica anche il Centro Formazione e Ricerca Merlo e il Master Universitario di secondo livello che organizzate con il Politecnico di Torino?

“Collaboriamo da molto tempo con il Politecnico di Torino, ma sono particolarmente affezionata a quest’ultimo progetto che riguarda la formazione di alto apprendistato di 12 ingegneri neolaureati che sono stati selezionati e assunti per essere formati attraverso un master organizzato in collaborazione con la Regione Piemonte e il Politecnico. Il master è durato 2 anni e la docenza è stata sia del Politecnico sia nostra.   Il primo corso si è tenuto in parte a Cuneo e in buona parte a Torino e, quando non seguivano le lezioni, i ragazzi con il loro tutor erano all’interno dell’organizzazione aziendale. Abbiamo inserito 12 ingegneri in 12 aree differenti del gruppo e, terminato l’apprendistato di alto apprendimento, sono stati tutti assunti. Il risultato è stato così soddisfacente che anche quest’anno abbiamo deciso di assumere ulteriori 12 ingegneri con la stessa formula, e lo abbiamo fatto a prescindere dal Covid-19 per lungimiranza, perché crediamo che questi studenti saranno dei pilastri importanti per l’azienda di domani. Abbiamo la volontà di guardare avanti e vogliamo dare un segnale forte sia dentro che fuori dal gruppo: vogliamo puntare sul futuro e sulle giovani generazioni. La nostra è un’azienda che parla di innovazione e che ha insita quella curiosità che è tipica dei giovani, ma anche dei non giovani. Mio padre, ad esempio, è un ragazzino di 85 anni ed è una persona estremamente innovativa e curiosa”.

Donna per lei significa?

“Non mi sono mai posta la questione uomo-donna, ma mi sono chiesta dove fossero le competenze, a prescindere dal genere. Io ho avuto il privilegio di poter fare un certo percorso, anche se non è stato facile. Ha iniziato ad essere meno dura quando ho deciso di andare diritta verso la meta senza farmi problemi sul fatto che fossi donna. È stato complicato, ma credo che sia importante avere un’attitudine più legata alla direzione e alla meta e meno alla differenza tra maschile e femminile. Sarò contenta quando smetterò di parlare ad una platea di sole donne. Se ce la raccontiamo tra di noi, a cosa serve? Soprattutto se a prendere le decisioni sono gli uomini”.

IL FOCUS DI PROGESIA

Il Gruppo Merlo è un importante gruppo industriale a conduzione familiare, leader italiano delle macchine operatrici, con un forte spirito internazionale e al tempo stesso con un forte legame con il territorio dove sorge l’azienda.

Al centro del progetto c’è l’essere umano e l’impegno del Gruppo a rispettare l’ambiente e rendere più funzionale, sicuro e confortevole il lavoro di chi utilizza macchine operatrici a marchio Merlo e di chi, ogni giorno in azienda, si dedica al costante miglioramento dell’efficienza e delle performance dei prodotti.

L’AD del gruppo, Silvia Merlo, sottolinea che la Merlo è un’azienda di famiglia a tutti gli effetti e che ci lavorano tutti quotidianamente all’interno; proprio per questo il riconoscimento ottenuto nel 2014 con l’iscrizione nel Registro delle Imprese Storiche è per tutti loro motivo di grande orgoglio; l’attività dell’azienda inizia nel 1911 con Giuseppe Merlo (nonno di Silvia) che apre un’officina per la lavorazione del ferro di soli 250 metri quadrati e quindi nel 2011 la Merlo Spa entra ufficialmente nella ristretta cerchia di aziende centenarie che hanno fatto la storia d’Italia e della provincia di Cuneo.

Oggi nella sede di San Defendente di Cervasca lavorano circa 1500 persone e nei loro confronti l’azienda attua numerose politiche di welfare, gestite da un apposito ente interno, nella convinzione che dipendenti e i collaboratori siano parte fondamentale di un’impresa e con il loro lavoro quotidiano contribuiscano a concretizzare i valori imprenditoriali.

Spiega Silvia Merlo: “la nostra scelta di welfare non è dettata dalla necessità di avere ritorni di indice, ma è legata ad una decisione della mia famiglia che sente molto forte la responsabilità di essere un’azienda del territorio e che vuole contribuire attivamente e concretamente al benessere dei nostri 1500 dipendenti e delle loro famiglie. Perché, nonostante la forte vocazione internazionale che ci contraddistingue, siamo ancora oggi un’azienda a misura d’uomo e di donna”.

Questo modello di welfare aziendale, evoluto e personalizzato, permette al Gruppo Merlo di rafforzare la propria immagine come datore di lavoro (employer branding) e al tempo stesso di fidelizzare i collaboratori aumentando il loro benessere e il senso di appartenenza. In questo modo si coniuga il welfare aziendale con la responsabilità sociale d’impresa e con l’incentivazione della forza lavoro, facendo sentire i collaboratori parte integrante dell’azienda in cui lavorano.

 

Coordinamento e Focus: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto

Chi è Federico Buratti, amministratore di Grand Hotel Sitea e Royal Palace Luxury Suites

Aziende di Valore, rubrica a cura di Progesia Management Lab

Nel cuore di Torino, incastonato in uno di quei palazzi tutelati come patrimonio artistico che rendono la città sofisticata ed elegante, sorge il Grand Hotel Sitea che da quattro generazioni accoglie gli ospiti con savoir-faire per trasformare il loro soggiorno in un’esperienza indimenticabile. Locale Storico d’Italia, dagli Anni ’30 ad oggi le sue stanze hanno ospitato con discrezione musicisti, attori, premi Nobel e protagonisti dello sport. I fratelli Federico e Niccolò Buratti – rispettivamente Amministratore e Responsabile della parte Food & Beverages dell’albergo – hanno proseguito con successo la tradizione famigliare. Sotto la loro guida il Grand Hotel Sitea ha riconfermato l’allure e lo charme che lo contraddistinguono, il rinomato Ristorante Carignano ha ottenuto la prestigiosa stella Michelin grazie allo Chef Fabrizio Tesse e accoglie non solo gli ospiti dell’albergo ma anche i Torinesi, il bistrot Carlo e Camillo, adiacente al ristorante e all’hotel, propone una ristorazione che unisce raffinatezza e informalità. Ma l’interpretazione più sofisticata dell’art de vivre torinese dei fratelli Buratti trova il suo apice nel Royal Palace Hotel & Spa: sei suites extra luxury destinate ad una clientela che ama la privacy e un servizio personalizzato che punta sull’eccellenza più esclusiva. Un progetto originale per Torino, ma che è stato capito e accolto con entusiasmo dai turisti italiani e stranieri.

Federico, ripercorriamo i momenti salienti della vostra lunga tradizione nell’hôtellerie?

“Mio fratello Niccolò ed io rappresentiamo la quarta generazione Buratti alla guida del Grand Hotel Sitea e la nostra Famiglia è anche proprietaria dell’immobile. Nel 1925 mio nonno acquistò la Società Esercizio Alberghi Torino S.p.A. che gestiva le terme all’interno degli alberghi. Eccetto nel periodo in cui venne sequestrata dalle SS per utilizzarla come base a Torino, abbiamo sempre gestito la conduzione della struttura. Negli anni ‘90-2000 abbiamo effettuato un importante lavoro di ristrutturazione durante il quale fu costruito il quinto piano in cui si trovano le 8 suites che vennero utilizzate come sede degli uffici della Coca Cola, main sponsor dei Giochi Olimpici invernali del 2006. Da sempre il Grand Hotel Sitea è riconosciuto come l’albergo degli artisti perché ha ospitato ed ospita personaggi quali il trombettista Louis Armstrong, la soprano Maria Callas, il regista Dario Argento, il Premio Nobel Rita Levi Montalcini, la scrittrice Banana Yoshimoto e di recente l’attore Kevin Spacey. Considerandolo un aspetto fondamentale per assicurare agli ospiti un’esperienza indimenticabile, nel 2017 abbiamo deciso di inaugurare il ristorante gourmet Carignano a cui si è affiancato successivamente il bistrot Carlo e Camillo. Grazie alla maestria dell’Executive Chef Fabrizio Tesse, già stellato alla Locanda di Orta, nel 2018 il ristorante ha ricevuto la stella Michelin, mentre il bistrot è un mix di raffinatezza, informalità e storia piemontese. Entrambi i locali sono aperti agli ospiti dell’albergo a 5 stelle, ma anche a coloro che vogliono godere dell’art de vivre torinese. Poiché non ci fermiamo mai, abbiamo anche inaugurato il Carignano banqueting per soddisfare una clientela di alto livello che può rivolgersi a noi per curare eventi aziendali, matrimoni, feste private e business lunch, mentre nel 2019 abbiamo iniziato i lavori del Royal Palace Hotel & Spa”.

Il Royal Palace Hotel & Spa ha una filosofia che punta sull’extra luxury e sull’eccellenza. Di cosa si tratta e quale tipo di accoglienza offre agli ospiti? 

“La filosofia è far sì che il palazzo storico in cui sorgono le Royal Suite De Luxe sia un prolungamento della propria casa. Per questa ragione garantiamo la massima riservatezza e una personalizzazione del servizio. Ogni suite è in versione modulare per poter creare un’ambientazione di oltre 500 metri quadrati adatta alla nobiltà, al mondo dello show biz e ai più facoltosi imprenditori di tutto il mondo che soggiornano a Torino da soli o con la famiglia o con lo staff al seguito. Gli ospiti possono usufruire dei servizi di un butler che si è diplomato all’International Butler Academy, la prestigiosa scuola olandese per diventare maggiordomi. All’interno delle suites è possibile anche concordare uno show cooking firmato dallo chef stellato Fabrizio Tesse ed usufruire in maniera esclusiva della SPA composta da doccia emozionale, cromoterapia, sauna e bagno turco”.

Chi soggiorna al Royal Palace Hotel può usufruire dei servizi offerti dal Grand Hotel Sitea?

“La vicinanza al Grand Hotel Sitea garantisce a tutti i clienti la possibilità di utilizzare la palestra che si trova all’interno dell’albergo, il raffinato ristorante Carignano, il bistrot Carlo e Camillo per un pranzo informale o un aperitivo di lusso, l’American Bar per un piacevole dopo cena e di tutto ciò che caratterizza la nostra arte di accogliere”.

Cosa vi ha indotti a concepire questo spazio esclusivo destinato ad un target altamente selezionato?

“Il raggiungimento di certi standard qualitativi legati a piccoli numeri ci ha fatto pensare che Torino, dove ci sono immobili stupendi legati alla nostra storia, fosse la location ideale. Il Royal Palace Hotel & Spa sorge in quella che fu la casa di Emanuele Luserna di Rorà, Sindaco quando la città perse il ruolo di capitale d’Italia. La nostra idea era creare delle sinergie che valorizzassero sia Torino, con i suoi palazzi storici e raffinati, sia il territorio e recuperare quei patrimoni che sono dei piccoli musei ricchi di fascino e storia. Conosciamo i numeri del capoluogo e sappiamo che a molti può sembrare un azzardo, ma eravamo consapevoli che in città c’era questo mercato di nicchia e volevamo rispondere alle sue esigenze. Abbiamo acquistato l’edificio nel 2018 e abbiamo impiegato un anno per ristrutturarlo. Nel 2019 abbiamo terminato la quinta suite delle sei in progetto e benché non abbiamo pubblicizzato nulla, abbiamo subito ottenuto buoni risultati. Nel 2020, durante il lockdown causato dal Covid-19, un petroliere è rimasto bloccato a Torino e ha affittato le suites per la famiglia e il suo staff e prossimamente il Royal Palace Hotel & Spa sarà la sede di uno dei prestigiosi sponsor degli ATP Finals che si terranno a Torino”.

IL FOCUS DI PROGESIA

“Lasciare un’esperienza memorabile ai nostri clienti è l’obiettivo del progetto delle Royal Suite De Luxe, ci racconta Federico Buratti. “Abbiamo riservato una location d’eccezione, il Palazzo Luserna Rorengo, ai clienti che amano e vogliono vivere un’esperienza di soggiorno circondati dalla creatività e dalle opere d’arte”.

La struttura, controllata dalla sovraintendenza delle Belle Arti, richiama gli sfarzi e la cultura di 100 anni di storia. Un pieno tuffo nel passato, ma con uno sguardo rivolto all’innovazione e alla cura dei dettagli per migliorare la qualità della vita e stravolgere in maniera positiva il significato di accoglienza e benessere delle strutture ricettive di oggi.

“I nostri clienti hanno l’opportunità di respirare l’arte attraverso un’esperienza autentica, densa di significato storico e culturale. Non solo quindi un servizio, ma un percorso genuino che si apprezza attraverso i 5 sensi, potendo usufruire di un maggiordomo dedicato e di un servizio personalizzato di show cooking.

Il progetto di hotellerie, spiega Federico Buratti, “è formulato per garantire la privacy agli ospiti delle suite e, allo stesso tempo, mostra un’attenzione al servizio quasi sartoriale. Ogni dettaglio è costruito su misura per rispondere alle specifiche esigenze dei nostri visitatori. Nulla viene lasciato al caso”.

“La relazione con il cliente, ci racconta Federico Buratti, si costruisce a partire dal primo contatto, che sia la risposta ad una mail o ad una telefonata. Compatibilmente con le caratteristiche dei nostri ospiti, creiamo un percorso che possa supportarli e renderli partecipi di un’esperienza memorabile per tutta la durata del viaggio. Per questo è fondamentale conoscere e anticipare le esigenze di chi sceglie di vivere per un breve periodo in una città come Torino, considerata la meta principale per visitare e curiosare le bellezze del territorio piemontese e non solo”.

Quali sono quindi gli strumenti per migliorare la pianificazione di un viaggio e contribuire a creare una Customer Experience di successo?

“E’ molto importante, ci spiega Federico Buratti, offrire informazioni sulla città, dando la possibilità di sentirsi come a casa, sperimentando in tranquillità le curiosità e le caratteristiche del territorio; inoltre è fondamentale creare e suggerire una mappa dei percorsi itineranti a seconda delle attività preferite (musei, concerti, mostre, ecc..).

E per concludere, aiutare gli ospiti a stabilire una connessione emotiva con le persone e con il luogo, facendoli sentire coccolati e accompagnati in una dimensione di comfort e sicurezza”.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Focus: Daniela Argentina

Chi è Anna Ferrino, CEO di Ferrino&C specializzata in attrezzatura outdoor

Rubrica a cura di Progesia Management Lab

Da sempre il brand Ferrino evoca vacanza, avventura, spazi incontaminati e alte vette. Il suo business è legato alle tende da campo, agli equipaggiamenti tecnici per la montagna, al trekking e ai viaggi più estremi. Da Reinhold Messner – che con i materiali Ferrino ha scalato l’Himalaya e tutti i 14 Ottomila della terra – all’esploratrice, scrittrice e documentarista Carla Perrotti sono tanti gli ambassador che hanno contribuito a rendere leader e leggendario il marchio torinese. Ma Ferrino – che è presente in Europa, Sud America e Asia – è anche sinonimo di sostenibilità. L’azienda, altamente proattiva in questo ambito, è alimentata a energia solare, è promotrice di progetti ambientali prima che diventassero una moda e pone grande attenzione nei confronti dei collaboratori e delle collaboratrici. Anna Ferrino, CEO dell’azienda, ci ha raccontato che da tempo l’impresa adotta una serie di best practices e redige un Bilancio di Sostenibilità che si ispira all’impostazione proposta dalla Global Reporting Initiative (GRI). Lo scopo è contribuire a rispondere alle questioni internazionali affrontate dalle Nazioni Unite all’interno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile del Millennio (SDG): punti di riferimento per tutte le organizzazioni che, a vario livello, intendono affrontare con fermezza le sfide ambientali e socioeconomiche del nostro pianeta.

Dal 1870 siete i protagonisti dell’outdoor. Ricordiamo le date più significative della vostra storia?

“Ferrino è nata a Torino in via Nizza 107. Cesare Ferrino, mio trisavolo, aveva un laboratorio di vernici e ideò una formula per impermeabilizzare i tessuti. Intuendo il potenziale di questo prodotto rivoluzionario creò dei manufatti, come ad esempio le coperture per il mondo del lavoro. Si occupò anche di vestiario, teloni e tende cerate per uso militare, ma sin da subito equipaggiò gli esploratori e gli alpinisti piemontesi. Durante la Seconda guerra mondiale la sede, essendo un obiettivo sensibile perché produceva tende per l’esercito, venne bombardata e così fu trasferita vicino a Chivasso, alle porte di Torino, per garantire gli approvvigionamenti. Nel dopoguerra il destino del marchio si incrociò con quello di Torino e dell’Italia e la tenda Ferrino divenne sinonimo di vacanza. Quando mio padre Alberto entrò in azienda si ispirò agli esempi europei e fece diventare il brand un punto di riferimento per il campeggio degli Anni ’50-‘60. Per espandere il business, nel 1970 mio padre cedette delle quote alla Famiglia Rabajoli e da allora la conduzione dell’azienda è doppia. Nel 1986 Reinhold Messner si rivolse a noi per scalare le 14 vette più alte del pianeta e richiese equipaggiamenti leggeri e trasportabili in autonomia: nacque così una stretta collaborazione e il successo di Messner fu tale che l’alpinismo passò da fenomeno d’élite a fenomeno di massa. Ferrino divenne sempre più un’azienda focalizzata sull’alpinismo, anziché sul camping e questo è ancora oggi il nostro posizionamento. Il core business è l’escursionismo, ma il brand è specializzato anche nel mondo della montagna e del camping”.

I prodotti Ferrino sono distribuiti in Italia e all’estero: quanto ha influito la pandemia nel vostro settore e come l’avete gestita?

“Ferrino non è solo outdoor, ma è anche un player rilevante del settore professionale. Collaboriamo infatti con le principali organizzazione umanitarie, con il Corpo Nazionale di Soccorso Alpino, con la Protezione Civile e durante la pandemia abbiamo lavorato per garantire le tende agli ospedali da campo. Anche l’outdoor ha tenuto bene e sta registrando un trend di crescita perché la vita all’aria aperta e la montagna sono considerate sicure”.

Sostenibilità è tra le keywords di Ferrino: in che modo la declinate?

“Come molte PMI abbiamo valori sociali e ambientali molto forti. Non ci occupiamo solo di business, ma di come si fa il business. Siamo attenti alle buone pratiche e diamo valore ai collaboratori e all’ambiente. Spesso siamo stati precursori di iniziative volte a sensibilizzare le persone verso la natura: nel 2005, quando ancora pochi la usavano, abbiamo promosso il progetto Adotta una borraccia. Nel 2008 Ferrino è stata tra le prime aziende ad installare gli impianti ad energia solare sul tetto e nel 2018 abbiamo ritenuto che fosse importante avere un approccio strutturato pubblicando il Report Sostenibilità redatto secondo le Sustainability Reporting Guidelines. Per noi ambiente, sociale e supply chain in termini di impatto prodotto da noi o dai fornitori sono capisaldi imprescindibili. In questi anni abbiamo creato un approccio strutturato cercando di selezionare principalmente fornitori certificati ed abbiamo eliminato i PFC da tutte le categorie di prodotto: una sfida lunga e tecnicamente laboriosa che però ha dato risultati qualitativamente eccellenti. Un ulteriore passo avanti è l’utilizzo di tessuti riciclati e certificati non solo per le tende, la categoria di prodotto più importante per noi, ma anche per alcuni zaini e sacchi a pelo dalla prossima collezione estiva. Il 70% dei nostri collaboratori è donna ed abbiamo una policy HR senza distinzione di genere anche dal punto di vista retributivo. La nostra politica di assunzioni punta sui giovani, reclutati dal Politecnico di Torino e dalle Università, che spesso dopo un primo percorso di stage vengono inseriti in azienda. Inoltre prediligiamo sostenere progetti coerenti con la filosofia del turismo responsabile che abbiamo da anni sposato. Ferrino è stato infine partner tecnico del progetto scientifico Sulle tracce dei ghiacciai che con la spedizione Alpi 2020 ha concluso il suo ciclo decennale per rilevare gli effetti dei cambiamenti climatici sulle masse glaciali mondiali negli ultimi cento anni ed è stato partner della successiva mostra Sulle tracce dei ghiacciai – On the Trail of the Glaciers che Ferrino ha sponsorizzato in occasione del 150° anniversario al Museo della montagna di Torino”.

Alcune vostre referenze sono frutto di una progettazione consapevole. Cosa significa?

“Negli anni abbiamo cercato di avere un approccio legato all’ecodesign. Uno dei cardini del nostro modo di operare è allungare il ciclo di vita dei nostri prodotti e renderli facilmente riparabili. Pensando a questo già nella fase di progettazione lavoriamo per una riduzione degli sprechi, perché il rischio di rottura sia minimo e perché la riparazione sia semplice o addirittura eseguibile dal cliente finale. La nostra attrezzatura è progettata in base alla funzionalità, al tipo di avventura e all’utilizzo perché, ad esempio, una tenda da mare è diversa da una da montagna. Per questo abbiamo ideato Tent Set: un progetto strutturato di ecodesign grazie al quale non solo è possibile adeguare la composizione della tenda all’utilizzo, ma in caso di rottura si possono salvare alcune dotazioni e acquistare solo quelle che servono così da evitare gli sprechi. Questo è un cambiamento epocale e stiamo cercando di farlo conoscere e capire ai consumatori”.

Alpinisti, esploratori, viaggiatori, freeriders. Quali sono i requisiti per essere ambassador Ferrino?

“Siamo un’azienda che opera nell’outdoor a 360 gradi: dalla spedizione sull’Himalaya al campeggio per le famiglie. Da sempre il nostro fil rouge è legato agli alpinisti per i quali realizziamo prodotti sartoriali in base alle specifiche esigenze. Nel 2006 abbiamo lanciato il marchio nell’ambito del turismo responsabile e creiamo dei cluster tematici tramite i quali scegliamo dei progetti che rispondano alla nostra idea concettuale e li sosteniamo. In questo ultimo periodo ci siamo concentrati sul sentiero CAI Italia supportando tre progetti. Tra questi c’è Va’ Sentiero ideato da Yuri Basilicò, Sara Furlanetto e Giacomo Riccobono che percorrono il Sentiero Italia CAI: itinerario di 6.880 chilometri che attraversa le due grandi dorsali montuose della penisola italiana e che è rinato nel 2019 per volontà del Club Alpino Italiano. Il loro obiettivo è dare voce alle terre alte per far conoscere la bellezza e il piacere del cammino ai più giovani e Ferrino li accompagna in questo percorso”.

IL FOCUS DI PROGESIA

Condividere valori per creare esperienze di valore è una delle mission che guida la società Ferrino, specializzata in attrezzature outdoor. “Il nostro Gruppo, racconta Anna Ferrino, CEO dell’azienda, possiede due anime: una di queste è dedita ad accompagnare lo spirito di avventura degli appassionati di montagna e di alpinismo. Un’altra anima, invece, ha la finalità di affiancare chi opera in prima linea nel pronto intervento e nelle situazioni di emergenza territoriale. “La Ferrino SpA ha mantenuto una gestione tipica dell’azienda familiare, in parte influenzata dal suo posizionamento e dal settore di riferimento. Un’azienda importante, che opera in un mercato di nicchia e in forte crescita, come quello delle attività outdoor”. “Lavorare per gli sportivi e per la comunità, racconta Anna Ferrino, ha da sempre costituito la leva principale per attrarre in primo luogo i nostri collaboratori e di conseguenza una clientela sempre più appassionata e attenta ai dettagli tecnici dei nostri prodotti. Riusciamo a realizzare la giusta alchimia che ci permette di avere un gruppo di dipendenti che condividono passioni, ideali e la stessa cura nella gestione del cliente. “Il nostro gruppo di lavoro, spiega Anna Ferrino, possiede un approccio positivo alla vita e alle opportunità che il mercato e il contesto attuale offrono.

In fase di inserimento delle nuove risorse quindi, molta attenzione viene prestata alle soft skills: competenze trasversali che rendono una persona adatta a contribuire alla creazione di un business di successo. “Come per tutte le PMI, le funzioni aziendali non sono rigorosamente verticalizzate. In ufficio è normale dover passare da una mansione all’altra, per questo cerchiamo di coltivare un approccio flessibile dal punto di vista organizzativo e allo stesso tempo friendly nei confronti del cliente. “Le nostre risorse interne, prosegue la Ferrino, possiedono la capacità di saper costruire relazioni stabili con i propri partner, che siano fornitori, clienti o ambassador. Mi capita spesso di ricevere, da parte dei clienti, feedback molto positivi che confermano la validità del nostro approccio.”

“Crediamo e investiamo nelle HR: a partire dai giovani, strutturiamo un percorso di crescita studiato secondo le esigenze dell’area aziendale e le caratteristiche della persona. Interveniamo con la formazione e l’aggiornamento tecnico, in particolare per coloro che ricoprono ruoli di specializzazione.”

La filosofia dell’azienda Ferrino è quella di dar voce e ascoltare i bisogni di chi contribuisce con il proprio lavoro alla realizzazione di un prodotto che va oltre la qualità e che ispira le generazioni di oggi e quelle di domani.

“Per realizzare questo, ci spiega Anna Ferrino, è necessario coinvolgere le risorse aziendali e renderle partecipi di un progetto comune. Periodicamente e in modo sistematico, inoltre, valutiamo e monitoriamo la qualità interna dell’ambiente di lavoro e la chiarezza di trasferimento delle strategie aziendali. Quando rileviamo delle criticità, cerchiamo di intervenire in modo puntuale, migliorando la comunicazione interna e i momenti di confronto con il nostro personale.

Per questo parliamo di risorse e non solo di dipendenti, perché sono loro i primi ambasciatori del brand e l’elemento trainante per l’organizzazione e la crescita aziendale.”

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Focus: Daniela Argentina

Chi è Laura Orestano, AD di Socialfare, Center for Social Innovation

Rubrica a cura di Progesia Management Lab

Laura Orestano incarna alla perfezione il concetto di passione e concretezza perché il suo amore per ciò che fa porta a risultati precisi. È Amministratore Delegato di SocialFare, primo Centro per l’Innovazione Sociale in Italia e Presidente di SocialFare Seed, primo veicolo di seed impact investing in Italia. E’ anche membro del Consiglio di Amministrazione del Cottino Social Impact Campus, primo campus formativo completamente dedicato alla creazione di social impact culture. Vanta inoltre una lunga esperienza industriale in business strategy e innovazione sociale ed ha lavorato in UK, USA, Lussemburgo e Germania. Tra i suoi numerosi titoli ed incarichi ricordiamo: EU Social Innovation Expert, Fellow of the Royal Society of Arts (UK), Jury Member della EU Social Innovation Competition. Nel 2016 ha ricevuto il premio Women Economic Forum “Trailblazer Innovative Woman of the Decade” e nel 2018 è divenuta Partner di ActionAid Onlus. Perché quando cuore e testa dialogano tra loro, i risultati sono eccezionali e Laura Orestano ne è la dimostrazione.

Laura Orestano SocialfareQual è la mission di SocialFare e quali sono i progetti futuri?

“SocialFare ha una mission precisa: costruire innovazione sociale. Cosa significa? Significa sviluppare soluzioni innovative per rispondere alle sfide sociali contemporanee; lo facciamo attraverso l’accelerazione di conoscenza e di impresa a impatto sociale, cioè supportando con competenze e consulenza esperta chi voglia sviluppare nuovi prodotti, modelli e servizi rilevanti per le persone, per la comunità e creare quindi nuova economia a impatto sociale. L’impatto sociale è al centro della nostra impresa: è l’effetto positivo che ci poniamo come intenzione delle nostre azioni, per il miglioramento della qualità della vita, per la lotta alle disuguaglianze, per sostenere l’inclusione sociale, per generare innovazione davvero utile e rilevante per le persone. Per analizzare e rendere concrete queste intenzioni, abbiamo bisogno di know-how esperto, di un approccio sperimentale, di partnership ibride e di finanza coraggiosa e paziente. Le persone e le comunità diventano co-progettisti delle soluzioni per le sfide che devono, che dobbiamo, affrontare tutti i giorni, sono coinvolte nello sforzo progettuale e sono parte della soluzione. Questa visione, la visione dell’innovazione sociale, non è speculazione astratta, teorizzazione di pochi ma accade in Italia e nel mondo in modo sempre più definito, evoluto e apprezzabile attraverso sperimentazioni che davvero migliorano la vita delle persone, creano nuova impresa sostenibile, concentrandosi su ciò che conta davvero nella nostra vita quotidiana. Tutto questo richiede studio, sperimentazione, iterazione, rischio, passione e sinergie”.

Quando è nata SocialFare?

“SocialFare è nata come impresa sociale nel 2013 e attraverso il lavoro di una bellissima squadra è cresciuta nella reputazione, nei risultati, nel fatturato ma soprattutto nella qualità delle attività fatte insieme a tanti partner diversi e accompagnando tante nuove imprese a impatto sociale verso traguardi non scontati. Imprese fatte soprattutto da giovani con un obiettivo preciso: giocare il proprio ruolo nel mondo con gli altri e per gli altri grazie all’innovazione e all’intenzionalità di generare impatto sociale positivo attraverso l’azione imprenditoriale. Ne cito solo alcune, senza fare torto alle tante che abbiamo e stiamo accompagnando: UnoBravo, Restorative NeuroTechnologies, Epicura, Synapta, Kalatà, HumusJob, BonusX. Questa è la nuova “prateria” nella quale correre: l’Unione Europea con NextGenerationEU pone un forte accento e risorse considerevoli sulla coesione sociale, la sostenibilità integrale, l’impresa impact-driven che attrae talenti e passione; anche la finanza sta scoprendo il mondo impact e inizia ad investire e a creare fondi dedicati all’impresa a impatto sociale. Torino è un punto chiaro in questa nuova prateria”.

In cosa consiste l’approccio human-centered? 

“L’approccio human-centered o meglio il cosiddetto human-centered design fa parte dell’expertise di SocialFare. È un approccio progettuale che coinvolge la prospettiva della persona in tutte le fasi del processo di risoluzione di un problema. Le necessità e i comportamenti delle persone diventano centrali per analizzare e progettare soluzioni innovative. In SocialFare lavoriamo affinché la conoscenza tacita che c’è nelle comunità possa divenire esplicita e partecipare al processo di sviluppo di soluzioni rilevanti per i più”.

Che cos’è FOUNDAMENTA?

“Per arrivare ai nostri potenziali innovatori, a coloro che intenzionalmente vogliono creare impresa a impatto sociale, SocialFare ha lanciato già a fine 2015 la prima call per startup a impatto sociale, appunto, Foundamenta, che oggi è alla sua dodicesima edizione e che raccoglie, due volte l’anno, più di 400 candidature da tutta Europa. SocialFare seleziona tra tutte le candidature pervenute, quelle sulle quali ritiene di poter lavorare apportando competenze e valore aggiunto e le accompagna in un percorso intensivo di 4 mesi per farle divenire investibili e scalabili. Ma il primo passo lo facciamo noi, investiamo nelle startup che selezioniamo, attraverso il nostro veicolo di investimento SocialFare Seed. Sono orgogliosa di poter dire oggi che il modello e le competenze di accompagnamento messe in campo funzionano e lo dicono i risultati raggiunti dalle startup stesse”.

SocialFare ha supportato Restorative Neurotechnologies, la startup che ha ideato i dispositivi medici per la riabilitazione e il potenziamento cognitivo. Un traguardo importante per la telemedicina?

“Ecco, Restorative Neurotechnologies è un esempio di successo: non solo un traguardo importante in termini di soluzione innovativa, riabilitazione neurologica e cognitiva attraverso specifiche lenti ed esercizi digitali, ma anche in termini di scalabilità. Restorative NT ha raccolto recentemente investimenti per oltre 1 milione di euro da investitori diversi e importanti e il team è super concentrato sui prossimi passi: quindi un traguardo importante anche come modello di impresa a impatto sociale, forte in tecnologia, managerialità e capitali”.

Donna per lei significa?

“Significa ricchezza, molteplicità: essere donna significa essere ricca di potenzialità e aperta alla molteplicità del mondo, perché pronta ad includere con fiducia e concretezza. Come donna penso che la scelta di senso che diamo a questa ricchezza e molteplicità nel corso della nostra vita è quello che dovrebbe fare la differenza per noi stesse e per gli altri, impegnandoci per un futuro più equo, giusto e inclusivo”.

IL FOCUS DI PROGESIA

Foundamenta è la call di SocialFare, che raccoglie le candidature italiane da parte di start up, aziende a impatto sociale che vengono selezionate e portate nel programma di accelerazione dal Centro di Innovazione.

Due volte l’anno, attraverso questa call, i progetti delle giovani realtà imprenditoriali hanno l’opportunità di essere supportati nel proprio percorso di crescita e nella formulazione di servizi nuovi da immettere sul mercato.

Laura Orestano, Ceo di SocialFare, ci spiega quali sono le caratteristiche che devono possedere le start up innovative ad impatto sociale. “Le start up devono affrontare delle sfide sociali contemporanee, avendo molto chiara una teoria del cambiamento e sviluppando una risposta innovativa alla sfida sociale in corso. Al tempo stesso devono poter proiettare le proprie metriche verso e per una sostenibilità economica della propria proposta”.

“Faccio un esempio: una delle ultime start up che abbiamo selezionato e accompagnato nel nostro programma di accelerazione si chiama Unobravo, una piattaforma di psicoterapia online per italiani residenti all’estero, che abbiamo supportato nella sua crescita.  Oggi questa start up ha un fatturato notevolissimo, è molto attrattiva e ha già raccolto molti investimenti.

Qual è l’impatto sociale che crea? “Un miglioramento del benessere e della qualità di vita delle persone”, spiega Laura Orestano. “La popolazione target, come quella dei connazionali all’estero, ha l’opportunità di beneficiare di servizi di psicoterapia in lingua madre, disponibile secondo il fuso orario di propria localizzazione, per agevolare l’esperienza nel paese ospitante e favorire l’integrazione nel tessuto sociale.

Inoltre, spiega la Dott.ssa Orestano, “la start up, attraverso i suoi ricavi è riuscita a raggiungere una sostenibilità economica importante e di lungo periodo. Questo significa che il mercato valorizza e premia le soluzioni innovative e facilmente fruibili da parte degli utenti target”.

Quali sono dunque le best practice che aiutano le start up innovative a raggiungere risultati concreti? SocialFare ci propone delle indicazioni da seguire:

  • Presentare un progetto che risponda in modo innovativo alle sfide sociali contemporanee;
  • Organizzare un team dedicato, con specifiche competenze; un team che crede in quello che fa e vuole provare e testare la propria idea, raccogliendo metriche ed evidenze di funzionamento e market fit;
  • Acquisire e sviluppare know-how che permetta di iterare e sperimentare le versioni del prodotto/servizio/modello;
  • Applicare strumenti e metodologie universalmente riconosciute: human-centered design, design sistemico, design-thinking, agile & lean;
  • Presentarsi ad un network di investitori a impatto sociale per i quali la soluzione d’impresa possa rappresentare un’interessante sperimentazione e un modello attrattivo nel quale investire per favorirne la scalabilità.

“Un mix di creatività, spirito di iniziativa, empatia e coraggio costituiscono, infine, il motore del cambiamento e la capacità di trovare soluzioni fuori dagli schemi tradizionali, davvero rilevanti per le persone e le comunità”.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Focus: Daniela Argentina

Chi è Maria Carola Gullino, AD di Gullino Srl

Rubrica a cura di Progesia Management Lab

Brillante, competente e molto occupata: in sintesi, Maria Carola Gullino. Originaria di Saluzzo, in provincia di Cuneo, si è laureata in Economia Aziendale a Torino e successivamente ha frequentato due corsi con attestato presso la SDA Bocconi. Dopo alcune esperienze professionali, nel 2009 è approdata nell’azienda di famiglia dove lavora anche il fratello Giovanni. Fondato dal padre Attilio nel 1969, il Gruppo Gullino si occupa della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli e ad oggi comprende la società commerciale Gullino Import Export srl e la società cooperativa Union Kiwi, che a sua volta associa sette aziende agricole e si conferma una delle prime in Italia nel settore dell’esportazione. In Piemonte e più precisamente a Cuneo, Saluzzo, Revello e Savigliano, le aziende certificate secondo lo standard GLOBAL-GAP coltivano le prestigiose varietà di pesche e nettarine, le famose mele rosse di Cuneo, le prugne e sempre qui crescono le actinidia dalle quali nascono i kiwi. Nel Lazio, nella zona di Latina, sorgono invece le aziende della Gullino Union Kiwi. Anche in questo caso le aziende sono tutte certificate secondo lo standard GLOBAL-CAP e NATURE CHOISE e il 50% sono certificate biologiche. Attenta sin dagli Anni ’90 alle tematiche ambientali ed ecosostenibili, nel 2017 l’azienda saluzzese ha aumentato la specializzazione nel biologico convertendo la sua azienda melicola di Cuneo completamente al biologico.

Maria Carola Gullino srl
Maria Carola Gullino, AD Gullino srl

Il suo obiettivo è quello di diventare nel giro di qualche anno un’azienda bio al 100%. Nello stesso anno Maria Carola Gullino si è fatta promotrice di un progetto che punta ad insegnare ai bambini l’importanza della corretta alimentazione e l’azienda ha realizzato il libro di favole Le avventure di Kiwito e Galita che è stato distribuito nelle scuole e il cui ricavato delle vendite è stato donato alla Lega Italiana per la Lotta Contro i Tumori. Amministratore Delegato della Gullino srl, questa donna curiosa, attenta ai cambiamenti e dall’energia inesauribile fa anche parte dell’Associazione Nazionale Donne dell’Ortofrutta fondata da un gruppo di imprenditrici ed esperte di tutta la filiera produttiva. Protagoniste di Valore l’ha incontrata per conoscere meglio questa realtà virtuosa e di successo.

Da anni il Gruppo Gullino si è convertito al biologico. Una scelta vincente?

“Dagli Anni ‘90 ci occupiamo di biologico e biodinamico: prima ci siamo specializzati con i kiwi e poi con le mele e ad oggi il 50% della nostra produzione è bio, ma l’obiettivo è aumentare ulteriormente questa percentuale. La frutta viene trattata esclusivamente con sostanze di origine naturale e minerale e le nostre aziende agricole sono certificate e garantiscono la totale tracciabilità delle materie prime; inoltre effettuiamo un monitoraggio costante affinché lo standard del biologico sia assicurato sempre e ovunque. Il nostro metodo di lavoro è garantito da numerose certificazioni tra le quali lo standard globale Leaf Marque, un sistema di garanzia che qualifica le produzioni agricole sostenibili. La nostra è una filosofia di vita perché pensiamo che il terreno sia stato troppo sfruttato negli anni e che numerose malattie siano causate proprio dalla scarsa attenzione all’ambiente. Ritornare ad un’agricoltura più naturale è una forma di rispetto verso le piante e le persone. Inoltre i consumatori vogliono conoscere il prodotto e mangiare sano ed è giusto fornire loro tutte le informazioni. Da questa consapevolezza è nata la campagna dedicata ai temi del futuro e della sostenibilità Future Lovers for Generations che presenta un modo di produrre nuovo e a basso impatto ambientale. Stiamo per lanciare una nuova campagna Gullino Loves People allo scopo di continuare a diffondere conoscenze sul legame fra uomo e natura. Non ci tiriamo mai indietro quando si tratta di comunicare e i social rappresentano il modo più diretto che abbiamo per far conoscere il nostro marchio e la salubrità dei nostri prodotti.”

Siete anche promotori di azioni mirate a limitare le immissioni di CO2, SO2 e NOX. Un atto d’amore per le vostre terre?

“Negli anni abbiamo attuato una serie di iniziative nel rispetto del territorio e dell’ambiente. Ad esempio, abbiamo installato degli impianti fotovoltaici sopra i capannoni grazie ai quali produciamo un megawatt di energia e il 60% di ciò che realizziamo lo consumiamo. Anche in campagna utilizziamo il fotovoltaico per produrre l’energia impiegata per attivare le pompe di irrigazione. Inoltre abbiamo eliminato l’amianto dai capannoni, abbiamo sostituito le lampade per sprecare meno energia elettrica, l’acqua per raffreddare le celle refrigeranti è in ricircolo e viene riutilizzata e abbiamo delle vasche per raccogliere l’acqua piovana”.

È membro dell’Associazione Nazionale Donne dell’Ortofrutta: quanto è importante dare voce alle donne in un settore prettamente maschile?

“È basilare. L’associazione è stata fondata nel dicembre del 2017 da 30 imprenditrici ed esperte di tutta la filiera produttiva e Alessandra Ravaioli ne è la Presidentessa. Sono una delle socie fondatrici e a breve ci saranno le nuove nomine e sono stata candidata a far parte del CdA. L’idea di creare un network di professioniste è nata per presentare progetti, organizzare eventi ed essere parte attiva nella comunicazione del settore con una visione al femminile. La nostra mission è diffondere la voce e le idee delle donne nell’ambito dell’ortofrutta, appannaggio prevalentemente del mondo maschile”.

Durante l’emergenza sanitaria dello scorso anno siete stati promotori di alcune azioni. Quali?

“Per insegnare ai bimbi a consumare la frutta, nel 2017 abbiamo realizzato il libro di favole Le avventure di Kiwito e Galita e durante il lockdown abbiamo lanciato un’iniziativa: chiunque avesse fatto una donazione per la Croce Verde di Saluzzo o per il presidio ospedaliero locale avrebbe ricevuto il nostro libro in dono. Inoltre ci siamo confrontati con l’ospedale cittadino per capire di cosa avesse bisogno e abbiamo acquistato dei monitor portatili. Ci sembrava importante aiutare il territorio in un momento difficile e di grande sofferenza”.

Donna per lei significa?

“Essere donna è sicuramente una grande responsabilità. Come madre di tre maschi ho il dovere di insegnare loro l’uguaglianza e il rispetto nei confronti dell’universo femminile. Inoltre ritengo che nel mondo del lavoro noi donne abbiamo una sensibilità diversa che ci permette di vedere certe sfaccettature che forse gli uomini non notano”.

IL FOCUS DI PROGESIA

I Valori dell’azienda Gullino sono:

  • Sviluppo sostenibile;
  • Educare e comunicare il rispetto dell’ambiente e del territorio.

 

Appassionata di tematiche ambientali, Maria Carola Gullino, AD della Gullino srl, ha avviato da diversi anni interventi di ristrutturazione ambientale sugli stabilimenti di proprietà, valorizzando l’impiego delle energie rinnovabili come fonte primaria di alimentazione delle aziende agricole.

La nostra missione, spiega Maria Carola, è quella di tornare a coltivare seguendo i ritmi della natura. Per fare questo abbiamo realizzato una comunicazione ad hoc che possa “raccontare” questo messaggio direttamente al consumatore. Attraverso le favole del nostro libro puntiamo al target genitore-bambino per avvicinare i più giovani ad un’alimentazione sana e rispettosa dell’ambiente. Così i due protagonisti, i supereroi Kiwito e Galita, impersonificano i prodotti principali della filiera aziendale e aiutano i più piccoli a guarire dai malanni di stagione”.

“Il risultato che abbiamo riscontrato coinvolgendo i più giovani, spiega Maria Carola Gullino, è stata una maggiore richiesta di frutta, sostenuta da un cambiamento del regime alimentare a favore di una scelta più etica e sostenibile delle abitudini quotidiane”.

La formazione ludica, che passa sia attraverso il web che sulle pagine di Facebook, accompagna alla scoperta di un’alimentazione sana e allo stesso tempo divertente, raggiungendo una platea di pubblico sempre più ampia.

L’impegno in termini di chiarezza e trasparenza dei processi da parte del produttore e del distributore, che coinvolge il consumatore in tutte le fasi della filiera, rende la piena consapevolezza della naturalità del prodotto. Innovare e promuovere prodotti salutari risulta quindi una strategia molto attuale e vincente per le aziende del settore.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Focus: Daniela Argentina

Chi è Monica Pereno, Socia dello Studio Legale Ravinale Baldassarre Pereno Toninello

Rubrica a cura di Progesia Management Lab

Lo scrittore francese Antoine Albalat sosteneva: “Avere del talento significa capire che si può fare di meglio”. Questa citazione rappresenta pienamente l’Avvocato Monica Pereno, professionista impegnata e capace che lavora costantemente per raggiungere nuovi obiettivi. Laureata in giurisprudenza presso l’Università di Torino con lode e dignità di stampa, successivamente ha conseguito la Specializzazione in Diritto del Commercio e degli Scambi Transnazionali presso l’università di Torino. Iscritta all’albo degli Avvocati di Torino, ha ottenuto l’abilitazione professionale con riconoscimento del premio Toga d’oro, ed è Cassazionista. La sua esperienza è incentrata su questioni, contenziose e non, di diritto fallimentare e concorsuale, societario e commerciale e in questo ambito presta assistenza sia agli Organi delle Procedure concorsuali preposti dal Tribunale, sia a clienti privati. È inoltre iscritta nell’elenco dei gestori della crisi da sovraindebitamento istituito presso il Ministero della Giustizia ai sensi della legge 3/2012 e del dm 202/2012. Nell’ultimo decennio Monica Pereno si è occupata, in particolare, della gestione della crisi d’impresa e dell’individuazione di soluzioni alternative alla dichiarazione di insolvenza, con il ruolo di assistenza legale dell’impresa e coordinamento delle professionalità coinvolte nei processi di accesso alle procedure concorsuali e para-concorsuali alternative al fallimento. Cura inoltre la contrattualistica di imprese che operano in ambito internazionale, con particolare riferimento all’assistenza nella trattativa e nella redazione di contratti di fornitura e distribuzione commerciale anche con imprese multinazionali. Incuriosita dagli impatti dell’evoluzione digitale sul mondo del diritto, ha appena frequentato un corso privato di approfondimento in materia di tech law e digital transformation.

Il vostro Studio Associato ha ottenuto l’accreditamento UNI EN ISO 14001 relativo all’adozione di un Sistema di Gestione Integrato Qualità e Ambiente. Cosa vi ha spinto a richiedere questo riconoscimento?

“Come studio siamo partiti dalla necessità di riflettere su noi stessi per ripensare al modo in cui esercitiamo la professione e al rapporto con i clienti e i collaboratori. Con l’aiuto di consulenti esterni abbiamo quindi deciso di misurarci con le norme ISO. Prima ci siamo concentrati sui servizi legali, nell’ottica di perseguire la massima efficienza ed efficacia nell’assistenza ai nostri clienti; successivamente, confrontandoci con i nostri collaboratori più giovani, abbiamo lavorato sulla sensibilità ambientale. La nostra attività ha un impatto ambientale relativo, ma per noi è diventato simbolico certificare l’impegno in modo da mantenerlo e implementarlo nel tempo. Questo ha comportato la sostituzione del fornitore di energia a favore di uno green, una revisione degli impianti di riscaldamento e dell’aria condizionata e ci ha indotto a sviluppare delle pratiche nuove come la sostituzione della carta con quella riciclata, l’uso della stampante fronte e retro, l’impiego di bottigliette e bicchieri non in plastica nel distributore di bevande, l’installazione di un impianto di acqua potabile fornita dal Comune di Torino, la somministrazione di borracce in metallo ai collaboratori. Sono piccole azioni che però fanno la differenza perché con la certificazione ci siamo assunti l’impegno di portare avanti questo percorso e cercheremo altre iniziative per ridurre l’impatto della nostra attività nell’ambiente. Quello della certificazione è stato un approccio non consueto per il nostro settore, ma è uno strumento che ci ha consentito di riflettere su di noi e di darci un’impostazione di studio adeguata alle nuove sfide della professione”.

Come declinate questo sistema e quali altre buone pratiche adottate all’interno dello studio?

“Tutta l’organizzazione dello studio si ispira all’efficienza e alla programmazione. Può sembrare banale, ma per un avvocato non lo è perché la programmazione non è sempre congeniale con la nostra attività, se si fa eccezione, ovviamente, per il rispetto delle scadenze processuali. Abbiamo quindi lavorato molto sull’organigramma dello studio coinvolgendo i collaboratori, anche i più giovani, perché in questo modo ci siamo focalizzati tutti sugli obiettivi comuni. Abbiamo individuato diverse funzioni con i relativi responsabili e referenti, ad esempio in materia di IT o di comunicazione, e abbiamo costituito gruppi di lavoro per individuare le soluzioni più adatte e condivise”.

Cos’è Angels4Women, l’associazione della quale è membro?

“Si tratta di un’associazione della quale fanno parte solo donne che si pongono l’obiettivo di finanziare dei progetti di startup innovative in cui sia predominante l’imprenditoria femminile o la destinazione del prodotto alle donne. L’universo femminile gioca quindi su un doppio piano: da un lato le donne sono coloro che investono risorse, anche economiche, in iniziative imprenditoriali, dall’altro sono le ideatrici dei progetti che necessitano di supporto economico. Esistono diverse associazioni di questa natura e sono tutte necessarie per supportare le startup con i capitali, ma la particolarità di Angels4Women è la totale presenza femminile. L’associazione è nata a Milano e si è estesa a Torino e oltre al finanziamento accompagna le startup nelle fasi iniziali di vita”.

Di cosa si occupa come Business Angel?

“Mi sono iscritta all’associazione nel febbraio del 2020 e sono contenta di farne parte perché è un momento di incontro e confronto tra donne che hanno una vocazione verso l’imprenditoria. Purtroppo l’emergenza sanitaria non ha favorito il contatto diretto e l’interazione tra di noi. Tramite LinkedIn ho però ricevuto contatti di startup che si sono rivolte a me per essere presentate ad altri incubatori o ad Angels4women. Le iniziative imprenditoriali devono essere avviate e condotte in modo da essere conoscibili e appetibili per gli investitori, in quest’ottica avere un Business Angel è importante. Mi è parso un modo, raggiunta una certa maturità professionale, e con maggiore disponibilità di tempo rispetto agli impegni familiari (mio figlio ha 25 anni), di convogliare le mie risorse, di tempo, intellettuali, professionali e, perché no, economiche, a sostegno dell’imprenditoria femminile nei settori più innovativi, e di promuovere presso altre donne l’attività di angel investing, per colmare il gender gap che caratterizza anche il settore degli investimenti finanziari”.

Donna per lei significa?

“Essere donna oggi significa saper svolgere diversi ruoli con la capacità di alleggerire il carico, soprattutto mentale, che deriva proprio dalla molteplicità degli impegni. Spesso dobbiamo occuparci di tanti aspetti che non sono solo lavorativi e ci dobbiamo confrontare con realtà che non sono tagliate su misura per noi; ecco che allora essere donna vuol dire cercare di portare la nostra visione nelle attività che svolgiamo senza appiattirci su modelli tipicamente maschili. Anche se, va detto, dagli uomini dovremmo utilmente imparare ad acquisire una visione più ampia; talvolta ci perdiamo nel particolare senza allargare lo sguardo, mentre gli uomini sono abituati da secoli alla gestione al vertice e a pensare a livello di strategia e non solo di operatività. Essere donna significa quindi anche aprire lo sguardo e avere una visione più strategica del nostro ruolo e del contesto. Sotto questo aspetto, credo che il momento di crisi sanitaria ed economica che stiamo vivendo, che ci impone un ripensamento generale del nostro modo di vivere, rappresenti un’occasione imperdibile per spenderci ancora di più, come donne, a disegnare un mondo diverso”.

IL FOCUS DI PROGESIA

I Valori dello Studio Legale Ravinale Baldassarre Pereno Toninello sono:

  • Sviluppo sostenibile;
  • Valorizzazione dei collaboratori e dei dipendenti;
  • Massima attenzione e soddisfazione delle aspettative dei clienti.

La sensibilità ambientale e il contributo dei collaboratori più giovani

“L’input sulla sostenibilità ambientale è partito proprio dai più giovani”. Esordisce così Monica Pereno nel descrivere   l’inizio del percorso di certificazione, che ha portato ad attivare una serie di azioni concrete per ottimizzare l’organizzazione interna e la gestione dello Studio legale di cui è socia fondatrice.

Nell’avviare questo processo sono stati coinvolti tutti i collaboratori e sono state organizzate periodiche sessioni di brainstorming per esprimere e condividere le idee del gruppo.  Incontro dopo incontro il team ha raggiunto la consapevolezza dell’esigenza di apportare delle modifiche alle abitudini dello Studio e sono emerse proprio da parte dai più giovani l’attenzione e la sensibilità alle tematiche ambientali.

“Il mio ruolo” racconta Monica Pereno “è stato quello di sistematizzare questa istanza, far sì che la sensibilità dei più giovani diventasse una mission formale dello Studio, con degli impegni finalizzati al raggiungimento di determinati risultati. E così è stato!”

Lo Studio ha adottato due nuovi strumenti di indirizzo per una convivenza ad impatto zero sull’ambiente e per l’ottimizzazione dell’organizzazione e dei risultati: il manuale della qualità e il regolamento. “All’interno di questi documenti, spiega Monica Pereno, abbiamo declinato la nostra politica ambientale. Man mano che sono state introdotte nuove misure da adottare le abbiamo inserite e queste sono diventate da subito una buona pratica da seguire. È un continuo work in progress!”

È possibile affermare che il successo dell’iniziativa è dovuto al contributo creativo e all’impegno dei più giovani, che resta fondamentale per raggiungere i traguardi prefissati dallo Studio e per supportare una piccola rivoluzione delle abitudini a vantaggio di un sistema di norme e comportamenti più sostenibile e meno impattante sull’ambiente.

Strumenti per ottimizzare il lavoro e il risultato con i clienti

La riorganizzazione dello Studio Legale inizia dall’attenzione verso le risorse umane e dal supporto di strumenti per migliorare la qualità del lavoro. “Recentemente abbiamo implementato le attività di monitoraggio dello svolgimento delle pratiche, chiedendo ai professionisti, compresi i soci, di esplicitare la strategia dell’approccio adottato e le tempistiche di realizzazione. Questo strumento ha l’obiettivo di aumentare la comprensione dei processi, soprattutto nel caso in un cui la pratica venga delegata ad altri collaboratori o praticanti.  È un momento in cui ci si sofferma tanto sugli aspetti strettamente giuridici, quanto su quelli gestionali, nell’ottica del raggiungimento del miglior risultato” spiega Monica Pereno. “Un altro strumento recentemente adottato dal nostro Studio consiste nell’introduzione di un momento di autovalutazione che ogni collaboratore è invitato annualmente a svolgere, al fine di acquisire maggiore consapevolezza del lavoro svolto e anche al fine di avviare il confronto interno finalizzato agli avanzamenti di ruolo nell’ambito dello Studio”.

Diversi studi evidenziano l’importanza dei sistemi di autovalutazione per migliorare le performances: il metodo adottato dallo Studio Legale richiede una riflessione puntuale sul lavoro e aumenta la consapevolezza rispetto alle aree da migliorare. L’utilizzo di strumenti attraverso i quali è possibile valutare i progressi e le competenze messe in campo, permette alle organizzazioni professionali di svolgere le attività con efficienza e garantire un risultato finale soddisfacente, che il cliente percepisce come valore aggiunto.

 

Coordinamento: Carole Allamandi
Intervista: Barbara Odetto
Focus: Daniela Argentina