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Repole dopo il conclave: “Da Papa Leone XIV forte messaggio di pace ai potenti”

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La riflessione dell’Arcivescovo di Torino e Vescovo di Susa,  all’indomani dell’elezione di Papa Leone XIV

Tante parole del nuovo Papa riecheggiano quelle che avevamo ascoltato da Francesco. Innanzi tutto la parola Pace, che Leone XIV ha ripetuto addirittura 10 volte nel suo primo messaggio al mondo. Le ho ascoltate – non ho paura a confessarlo – in un turbine di grandi emozioni, per il passaggio storico al quale ho avuto la grazia di partecipare nel Conclave, per il pensiero di portare idealmente con me le Chiese di Torino e Susa, per la gravità del momento che il mondo sta attraversando, ma anche e soprattutto per la sensazione che il Vangelo sia in grado di portare infinita luce e speranza a questo mondo”.  Così l’Arcivescovo di Torino e vescovo di Susa, cardinale Roberto Repole, all’indomani dell’elezione di Leone XIV. “Mi ha colpito molto il fatto che la folla dopo la fumata bianca sia accorsa in piazza San Pietro per ritrovare il Papa, l’apostolo di Gesù: – prosegue cardinal Repole – era in festa a prescindere dal suo nome. Per i cristiani la Pace viene da Dio, ma credo che l’intera umanità, anche quella che non crede, ieri sera avesse un grande bisogno di respirare speranza in questo momento così difficile della storia. Prevost ha scelto di iniziare parlando di Pace, ha invocato la costruzione di ponti fra gli uomini ed è stato impossibile non pensare ai tanti muri, alle tante barriere che i popoli e i governi della Terra stanno tornando a costruire in tutto il pianeta, dividendosi fra loro e moltiplicando tragicamente le situazioni di conflitto. È un messaggio lanciato ai cristiani e alla Chiesa, che conosce le sue divisioni, ma credo che questo messaggio sia arrivato forte e chiaro soprattutto ai potenti della Terra. È presto per fare valutazioni – conclude l’arcivescovo di Torino – ma per come io ho percepito il cardinale Prevost prima del Conclave e per come questo vescovo missionario ha vissuto fino ad oggi, Leone XIV è un grande segno di speranza. È un uomo di Dio. Ci ha esortati a non avere paura perché il male non vincerà ed è sembrato di ascoltare le indimenticabili parole di Giovanni Paolo II: ‘Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”.
(dal settimanale della Diocesi di Torino  “La Voce e il Tempo” )

Il nonno del Papa, Jean Lanti Prevost, nacque a Torino?

In base a quanto rilevato dal sito di ricerche genealogiche wikitree, che cita come fonti i dati anagrafici del governo USA, il nonno del Papa, Jean Lanti Prevost, sarebbe nato a Torino nel 1876 e deceduto nel 1960 a Cook, in Illinois. Si sarebbe sposato  con Suzanne Louise Marie Fabre, di origini italo-svizzere, prima di emigrare negli Stati Uniti, stabilendosi a Chicago, dove nel 1920 nacque il padre di Robert Prevost, Luis Marius. Bisogna anche però  precisare che, nelle biografie diffuse in queste ore, le origini del nuovo vescovo di Roma vengono descritte in modo generico come franco-italiane e, al momento, non risultano riscontri certi negli archivi anagrafici italiani.

Quando i vescovi del Piemonte furono ricevuti da Papa Francesco

Foto di gruppo per i vescovi del Piemonte e della Valle D’Aosta recatisi in Vaticano in udienza da Papa Francesco. L’immagine risale a fine gennaio 2024, quando il papa ricevette in Vaticano i vescovi della “sua” regione. Il Piemonte venne spesso ricordato con affetto dal Santo Padre in numerose occasioni pubbliche.

Mercoledì una veglia in Duomo per papa Francesco

L’Arcivescovo Roberto  Repole  mercoledì 23 aprile alle ore 20.30 presiederà nella Cattedrale di Torino una Veglia di preghiera in suffragio di Papa Francesco.

Le parole di cordoglio dell’Arcivescovo Repole: 

Il Papa se n’è andato nell’Anno della Speranza, il Giubileo che aveva tanto desiderato. Ora è davanti al Signore ed era questa la sua grande speranza, che Francesco ha cercato di condividerci: la notizia che un giorno saremo tutti nell’abbraccio di Dio.

Siamo nei giorni della Pasqua, che ieri Francesco ha ancora celebrato con noi. Nel grande dolore per la morte, ma anche nella fiducia dell’abbraccio tenerissimo di Dio le Chiese di Torino e Susa, la Chiesa piemontese dove il Papa aveva le sue radici, pregano per Francesco con affetto e tanta riconoscenza per aver speso la vita, tutta la sua vita lunga e generosa, ad annunciare la gioia del Vangelo.

È una gioia senza eguali, «Evangeli gaudium»: viene dalla notizia che Gesù è risorto e perciò il mondo, questo nostro mondo così difficile e violento, non sarà sconfitto dal male.
Il Papa Francesco ha cercato di comunicare l’amore di Dio con ogni mezzo e ad ogni latitudine, l’ha fatto con parole semplici che tutti potevano comprendere: ha spiegato ai potenti della Terra e agli ultimi, ai poveri, alle persone scartate, che il volto di Dio è innanzi tutto Misericordia e questo volto è in grado di cambiare il nostro cuore, può addirittura cambiare il corso della storia.

Speranza, Misericordia. Come suonano diverse, queste parole, di fronte alle regole imperanti della guerra e della sopraffazione! Basta prenderle sul serio. Credo che sia per questo messaggio mite e sorridente che il Papa è stato tanto amato dagli uomini e dalle donne del nostro tempo, anche da chi non crede; per questo messaggio è stato riconosciuto come riferimento fondamentale negli equilibri internazionali.
Nelle ore dell’addio, vorrei che raccogliessimo le parole che il Papa ci ha lasciato in consegna. Le terremo nel cuore.

Porterò, io personalmente, il ricordo grato dell’amicizia che mi ha legato a Papa Francesco, la coscienza delle responsabilità che mi ha affidato, l’immagine – a me carissima – del giorno in cui volle incontrare i miei genitori e la mia famiglia con tanto affetto e semplicità.
Soprattutto porterò, spero che porteremo tutti, il ricordo di un uomo che ha creduto e ha testimoniato il Vangelo.

+ Roberto Repole, Arcivescovo di Torino
e Vescovo di Susa

Da La Voce e il Tempo

Papa Francesco e la “munia quacia”

ACCADDE NEL 2014

Il Santo Padre, che non ha mai fatto mistero dell’attaccamento alle proprie radici, nel giugno del 2014 usò il dialetto della sua antica terra di origine per colpire quegli ipocriti che si mascherano dietro una facciata umile ma che, in realtà, non è tale

Si stima che in Argentina siano addirittura 6 milioni gli abitanti di origine piemontese, giunti in cerca di fortuna nell’America del Sud uno o due secoli fa e, successivamente, là stabilitisi con le proprie famiglie da intere generazioni.

 Non dovrebbe stupire, ma fa tanto “cool” per chi è  piemontese,  il fatto che Papa Francesco abbia usato, in una udienza generale di ormai più di 10 anni fa  l’espressione dialettale “munia quacia”,  (si pronuncia più o meno “mugna”) traducibile con “aspetto da acqua cheta”, prostrata e dimessa almeno all’apparenza. Il santo padre, che non ha mai fatto mistero dell’attaccamento alle proprie radici,  ha usato lo “slang” della sua antica terra di origine per attaccare quegli ipocriti che si mascherano dietro una facciata umile ma che, in realtà, non è tale.

Un grande comunicatore, bisogna riconoscerlo. In fondo anche in quell’occasione fu (inconsapevole?) testimonial del Piemonte e della sua cultura.

Cristiano Bussola

 

E il Piemonte presentò in Vaticano il Tour de France

23 GIUGNO 2024 – La Regione Piemonte fu ricevuta in delegazione in Vaticano con il direttore della Giunta Paolo Frascisco per un incontro con Papa Francesco al quale fu presentata la partenza in terra piemontese della celebre gara ciclistica. Presenti con il Piemonte, Emilia Romagna e Toscana,  protagoniste della Grande partenza dall’italia de Le Tour de France.

Le confessioni religiose torinesi in lutto per Papa Francesco

Comunicato stampa del Coordinamento Interconfessionale Regionale “Noi Siamo con Voi” :

“La morte fa un po’ paura ma, attraversata la porta, c’è la festa del Regno di Dio!”.
Era il 24 agosto del 2022 e così ragionava Papa Francesco intervenendo nell’aula Paolo VI, al termine di un ciclo di lezioni dedicato alla vita. Raccontava che l’uomo nella morte non perde la memoria, non abbandona la propria storia, non scioglie le relazioni in cui è vissuto sulla terra. Diceva che l’essenziale della vita, in prossimità del nostro congedo, ci appare definitivamente chiaro perché il meglio della vita è ancora tutto da vedere.
In queste parole c’è forse il senso profondo dell’impegno di noi credenti del Coordinamento Interconfessionale del Piemonte. È la grande eredità spirituale che ci lascia Francesco, l’uomo venuto “dalla fine e dalle periferie del mondo” per denunciare la cultura dello scarto, della globalizzazione dell’indifferenza, di non aver più lacrime per gli emarginati, i poveri, gli ultimi.
Noi espressione di numerose Fedi che convivono nell’armonia del dialogo, facciamo tesoro di queste parole, certi che soltanto la “filosofia” degli uomini ha dato mille nomi allo stesso Padre.
Aderiamo quindi alla veglia di preghiera indetta dal Cardinale Roberto Repole per Mercoledì 23 P.V. alle ore 20:30 nel Duomo di Torino.

 

Il Comitato Interfedi della città di Torino si unisce al dolore di tutti i cattolici per la morte di Papa Francesco.

Un profeta di Pace, un protagonista di autentico dialogo interreligioso, una perdita per tutta l’umanità. La sua attenzione ai più deboli, i suoi insegnamenti sulle grandi sfide della contemporaneità sono stati una testimonianza profonda del Vangelo.

Francesco a Ernesto Olivero: “Amici del Sermig, non stancatevi!”

8 gennaio 2023 – In 300 in rappresentanza del popolo del Sermig a Roma per raccontare a Papa Francesco la cinquantennale bellissima storia di un gruppo che continua alla grande nel mondo di oggi il grande lascito dei Santi Sociali piemontesi che si sporcarono le mani aiutando i poveri e i ragazzi senza scuola e senza da vivere.
Prima la Santa Messa celebrata in San Pietro poi tutti nella Sala Clementina a incontrare il Santo Padre accompagnati dai due Arcivescovi, Cesare Nosiglia e Roberto Repole.
I Ragazzi nelle  prime due file. Molte ragazze e signore, stile composto, nessuno sfoggio di eleganza  perché al Sermig ci si sporca le mani con le difficoltà sociali più pesanti. Ho avuto il privilegio di essere invitato da Ernesto Olivero insieme a  Monica  Canalis e all’ex assessore provinciale Campia e abbiamo così vissuto una emozione unica.
Poi si passa il Portone di Bronzo , scaloni grandi, cortile di S.Damaso sino alla bellissima Sala Clementina. Arriva il Papa e sembra stupirsi a vedere un gruppo così folto. Grande applauso. Il Papa da’ una carezza ai i bambini in prima fila.  Infine un emozionantissimo  Ernesto Olivero legge tre pagine, contro la pagina  consentita dal cerimoniale, la storia del Sermig e la sua grande attività nei confronti degli ultimi, dei senza tetto a Torino, in Giordania e a S. Paolo del  Brasile. Pensate come è bello per i disperati sapere che c’è un posto , come il Sermig, dove non si girano dall’altra parte e ti aprono le braccia e le porte 24 ore su 24 tutti i giorni tutto l’anno.
Il SantoPadre ha capito perfettamente lo spessore del servizio svolto dai ragazzi del Sermig, 24 ore su 24, con gli aiuti economici della gente comune . Sul 100 per cento dei fondi raccolti meno del 5% arriva da Banche e Istituzioni. Il SantoPadre capisce la genuinità e la grande generosità dei ragazzi del Sermig e risponde a tono chiedendo alla gente del Sermig di “non stancarsi mai”.  Ma il SantoPadre ha colto un secondo aspetto della vita del Sermig, l’aver trasformato l’Arsenale della Guerra in Arsenale della Pace è stato lo stimolo per Papa Francesco di chiedere ai Paesi in guerra di trasformare le azioni della guerra in azioni per la pace. Al termine dell’incontro  prima di salutarci  uno ad uno il Papa ci ha chiesto di pregare per lui.
Una giornata indimenticabile che rimarrà nei nostri cuori e che ci da’ la carica ad essere ancora più  attenti e attivi con i fratelli più sfortunati e emarginati.
E Torino sia più riconoscente con chi dedica la propria vita in tutto o in parte a favore dei più deboli.
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MINO GIACHINO

La morte del Papa tra politica e storia

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IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni
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Non ho titolo ad esprimere un’opinione personale su Papa Francesco perché gli storici devono formulare giudizi che vadano oltre le emozioni e la morte del Papa crea reazioni sentimentali inevitabili. Gli storici hanno tempo per esprimere una valutazione meditata e disincantata sul suo pontificato. Un pontificato si valuta  anche per gli effetti che produrrà nei tempi futuri. Oggi appare abbastanza chiaro un giudizio storico su Giovanni Paolo II, mentre ancora incerto è capire se  Benedetto XVI abbia lasciato un segno nella storia della Chiesa e nella storia in generale. La vicenda di Papa Francesco appare molto complessa, anche se il suo magistero può sembrare semplice e lineare. L’estrema resistenza alla vecchiaia e alla malattia appare come un atto eroico rispetto alle dimissioni del suo predecessore che preferì ritirarsi.
Va invece rilevato un vero e proprio  concerto rumoroso  di dichiarazioni da parte  della politica italiana quasi all’unisono: si tratta di gente che confonde un ruolo pubblico in uno Stato laico con i propri legittimi personali sentimenti religiosi che non andavano mescolati con le dichiarazioni istituzionali.
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Il Papa è riuscito a parlare a tutti e quindi appare scontato che tutti “non possano non dirsi cristiani”, come scriveva Croce, ma ci sono limiti invalicabili. Ma il dire da parte di sindaci e ministri che invitano a pregare per il Papa, chiedendo protezione “da lassù” appare una ingenuità istituzionale. È vero che il Papa ha saputo rivolgersi a credenti e non credenti, forse è perfino vero che si è rivolto soprattutto al mondo non cattolico, laico, ateo, lontano dall insegnamento del Vangelo: è la parabola del buon pastore capovolta perché il Papa è andato alla ricerca delle 99 (o quasi) pecorelle smarrite. Ma leggere che la scomparsa del Papa rende un ministro “attonito e sbigottito”  appare davvero fuori luogo perché nelle vesti istituzionali si usano altro linguaggi. Debbo
dire che ho apprezzato la Schlein e Conte che si sono limitati a parlare di Papa Francesco in termini politici così come ho disprezzato chi ha voluto vedere nel Papa un sostenitore della propria causa politica . Pochi altri hanno colto la differenza tra credenti e non credenti, come ha fatto Elisabetta Casellati.
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In fondo è proprio in quel rivolgersi agli uni e agli altri su temi che dovrebbero accomunarli ,il senso del pontificato di Francesco, che come il poverello d’Assisi preferì incontrare il sultano per superare il clima di scontro delle Crociate. La morte del Papa rivela una classe politica nel complesso culturalmente povera. C’è da domandarsi infine che valore possa avere una dichiarazione di un leader politico che non sa neppure trovare le parole adatte per la morte di un Papa. Una volta si diceva ad ogni morte di Papa con espressione impropria e profana. Qualche politico non ha neppure lontanamente seguito l’esempio del Papa domandandosi, prima di dichiarare: “Chi  sono io per … ?”  Molti, se l’avessero fatto, avrebbero taciuto.
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Lasciamo che sia la storia ad esprimersi sul Papa: ci vorrà del tempo per comprendere quale sia stato il senso di un impegno appassionato sia per la storia della Chiesa cattolica sia per il mondo. I due piani sono diversi e il giudizio storico difficilmente potrà coincidere. Quasi nessuno ha ricordato le interviste di Eugenio Scalfari al Papa che intrattenne con lui un dialogo che apparve fecondo. Sarà  interessante ripercorrerlo anche perché la raffinatezza intellettuale di Eugenio (lo scrive un pannunziano che non lo ha mai amato) appare oggi una merce molto rara. Il Centro “Pannunzio” che promosse un dibattito all’inizio del pontificato di Francesco, ha già programmato per il 9 maggio un incontro per  commemorare laicamente il Papa.