Lo dicevamo prima e, a maggior ragione, lo diciamo oggi dopo il voto europeo. E sempre partendo dall’assunto che in Italia “la politica è sinonimo di politica delle alleanze”. E se questo resta la costante della politica italiana, e’ persin ovvio arrivare alla conclusione che se si vuole ricostruire una coalizione e una alleanza credibile e competitiva non è sufficiente riproporre la vocazione maggioritaria o l’autosufficienza di un partito.
Fuor di metafora, se l’obiettivo resta quello di ricostruire una alternativa al centro destra – che oggi,
checche’ ne dica il segretario del Pd Zingaretti, purtroppo non esiste ancora – che non sia solo un
banale e semplice prolungamento di un partito, e’ sempre più indispensabile la presenza di un
partito di centro, riformista, plurale e di governo. Una richiesta che emerge in modo persin troppo
chiaro dal voto europeo e anche dalla consultazione per il rinnovo della guida della Regione
Piemonte che ha registrato, per l’ennesima volta, la sconfitta della sinistra a vantaggio di un centro
destra a trazione leghista. Malgrado la presenza di un candidato come Sergio Chiamparino che,
come tutti sapevano tranne la “propaganda giornalistica amica”, non è riuscito a far la differenza
attraverso il fantomatico “voto disgiunto”. Ora, e’ del tutto evidente che la sinistra non è più politicamente ed elettoralmente autosufficiente. Ed è altrettanto chiaro che un centro sinistra e’ credibile, ed esiste, nella misura in cui riesce a comporre una alleanza variegata e articolata. Nonché rappresentativa e realmente espressiva di pezzi di società. Insomma, non è più credibile una alleanza che viene gestita e pianificata a tavolino e dall’alto. Al netto della buona volontà e della consapevolezza di uscire dall’isolamento e dall’angolo, non è più praticabile la strada di dar vita ad una coalizione decidendo a tavolino chi copre il fianco destro, chi il fianco sinistro e chi il fianco centrista/cattolico della coalizione. Questa concezione di una parte del Pd non è, ovviamente, più percorribile. Quello che adesso serve, e forse è anche utile per la democrazia italiana, e’ quello di ricostruire una alleanza di centro sinistra dove la forza di un centro dinamico e riformista, moderno e plurale, deve essere il più possibile visibile e protagonista. Un luogo politico che certamente esprima anche un leader – considerando che la politica in Italia continua ad essere fortemente leaderistica e personalizzata – ma che, soprattutto, sia in grado di declinare una posizione politica capace di essere contendibile con l’agglomerato leghista e conservatore. Un “blocco sociale” che, comunque sia, va rispettato e non ridicolmente disprezzato e ridicolizzato come continua a fare, con una arroganza moralistica e culturale senza limiti, la sinistra salottiera e al caviale dell’arcipelago progressista italiano. Un centro dinamico, appunto, che sia in grado però di non ricoprire una semplice casella mancante della alleanza ma che ritorni ad essere decisivo nella sua capacità di rappresentare interessi sociali, mondi vitali e culture politiche reali. Ed è proprio sotto questo profilo che l’area cattolico democratica e popolare può e deve giocare un ruolo politico, culturale, programmatico ed organizzativo decisivo. Non per ritrarsi in una dimensione identitaria ma, appunto, per contribuire con altri a ridefinire un progetto politico che può essere alleato con una sinistra democratica e di governo ma che, al contempo, non può essere subalterno o gregario rispetto ad un’azionista di maggioranza. Un progetto politico che deve essere messo subito in campo e che sia in grado di saper unire la politica con l’organizzazione, la rappresentanza di interessi sociali con una dimensione valoriale e culturale. Chi continua a commentare e dispensare giudizi dall’esterno può tranquillamente prendersi un periodo di riposo. Adesso è il momento dell’azione e della progettualità politica.
Giorgio Merlo