Le organizzazioni sindacali hanno dissotterrato l’ascia di guerra annunciando unitariamente forme di protesta se dalla grande fabbrica (la “feroce”, veniva definita ai bei tempi delle lotte operaie) non giungeranno aperture
”C’è un mondo in cui le persone non lasciano che le cose accadano, le fanno accadere, non lasciano i loro sogni fuori la porta ma si lasciano coinvolgere e si assumono rischi. Lasciano il loro segno. E’ un mondo dove ogni giorno e ogni nuova sfida porta con se’ l’occasione di creare un futuro migliore”.
Parola di Sergio Marchionne, alla presentazione del piano industriale quinquennale di Fiat- Chrysler. Le ambizioni dell’ad di FCA sembrano essere assecondate dall’andamento dell’ azienda che ha immatricolato in Europa lo scorso aprile 69.500 vetture, l’1,5% in più dello stesso mese nell’anno precedente.
Ottima anche la performance di Fiat 500 e Panda, le city car più vendute nel continente, con una quota del 30%. In crescita la 500L e il marchio Jeep per il quale Marchionne ha grandi progetti in Cina. Ma il sogno dell’azienda globalizzata si scontra con la dura realtà domestica torinese.
All’Unione Industriale di Torino, infatti, è ricominciato il confronto-scontro per il contratto di circa 80mila lavoratori Fiat e Cnh. La storia sindacale subalpina si fonda su questo genere di negoziati, il cui risultato è fino all’ultimo all’insegna dell’incertezza. Tanto è vero che la negoziazione si è incagliata sul salario. E le organizzazioni sindacali hanno dissotterrato l’ascia di guerra, annunciando unitariamente forme di protesta se dalla grande fabbrica (la “feroce”, veniva definita ai bei tempi delle lotte operaie) non giungeranno aperture.
(Foto: il Torinese)