LA VERSIONE DI GIUSI / di Giusi la Ganga
Tutto centrato sull’azione di governo e sui suoi successi, con sfilata di personalità (non tutte nuovissime, vedi Bassanini), interviste ai ministri, clip propagandistiche, entusiasmo sincero di militanti. Molta gente, molti giovani.Intendiamoci, valorizzare i risultati di un duro lavoro è giusto e necessario, soprattutto a fronte di una campagna populistica e distruttiva che serpeggia nel paese
Non ero mai stato alla Leopolda, pur avendo sostenuto Renzi alle ultime primarie. D’altra parte non sono, né potrei pretenderlo, un “renziano della prima ora”. Quest’anno però, complice un viaggio organizzato dalla segreteria regionale, ho deciso di andarci, curioso di vedere e di capire.
Senza la pretesa di un commento organico, vorrei riferire le impressioni che ne ho tratto e le sensazioni che ho provato. Parlo di sensazioni, perché l’evento è costruito per coinvolgere, per colpire, per trasmettere un messaggio. Assai più che per discutere davvero. Non mi scandalizzo. In politica serve la discussione, ma serve anche la comunicazione e il coinvolgimento emotivo.Intanto ho provato la sensazione di un déjà-vu: mutatis mutandis, il clima del congresso socialista di Verona del 1984, con Craxi Presidente del Consiglio e segretario del PSI. Per intenderci: quello dei fischi a Berlinguer.
Tutto centrato sull’azione di governo e sui suoi successi, con sfilata di personalità (non tutte nuovissime, vedi Bassanini), interviste ai ministri, clip propagandistiche, entusiasmo sincero di militanti. Molta gente, molti giovani.Intendiamoci, valorizzare i risultati di un duro lavoro è giusto e necessario, soprattutto a fronte di una campagna populistica e distruttiva che serpeggia nel paese. Ho avuto la conferma di una grande capacità di Renzi di gestire la comunicazione, con la scelta del format e con una regia di tipo televisivo (non a caso affidata alla bravissima Simona Ercolani, quella de “Le sfide”),che alterna video, musica e discorsi in un mix spettacolare ed efficace.
Il rischio in questi casi è quello di, come si dice, cantarsela e suonarsela; ma d’altra parte, altri sono i luoghi della riflessione critica. La seconda forte impressione che ne ho tratto è quello di una generazione nuova, che non rivendica più il potere (la “rottamazione”), ma che lo esibisce, spiegando come lo sta usando, e che cerca una ancora più forte legittimazione, per fronteggiare le inevitabili difficoltà.
Il clima che si respirava era quello, di fronte alle opposizioni populiste di destra e sinistra, di una sorta di “convergenza repubblicana”, simile a quella che in Francia continua a sbarrare la strada, finché potrà, alla Le Pen. Solo che in Italia la convergenza repubblicana avviene in un solo partito, il PD. E questo credo sia il senso della definizione, altrimenti discutibile, di Partito della Nazione. Ho apprezzato l’impostazione di politica internazionale ed europea, critica verso l’establishment dell’U.E., anche se, per ora, poco supportata da fatti concreti.
E’ stato totalmente assente il riferimento al socialismo europeo, un po’ perché considerato in crisi di identità e di coesione sovranazionale, e molto perché il grosso dei nuovi dirigenti del PD sono culturalmente post-democristiani. Il personaggio Renzi nel suo intervento conclusivo ha confermato tutte le sue qualità. E’ un animale politico nettamente superiore agli altri, efficace nel parlare, lesto nel capire e ancor più nell’agire. Spregiudicato, un po’ ruffiano con il suo pubblico, ma unico baluardo in tempi di crisi. La sproporzione fra Renzi e il suo gruppo dirigente appare evidente. Non so se sia ricercata, ma certo affida il destino del PD, del centrosinistra e della tenuta democratica dell’Italia ad una sola persona.
Insomma, dopo molte Leopolde di lotta, una Leopolda di governo, che, probabilmente, è piaciuta meno a chi le ha frequentate tutte. A me invece non è dispiaciuta, pur con i limiti che ho segnalato. Infine una osservazione da piemontese. E’ evidente lo scarso ruolo che i democratici delle nostre parti hanno avuto nell’evento. Toscani soprattutto, emiliani, siciliani, romani. Il Nord Ovest poco o nulla rappresentato. Non so se sia un caso o il segno di uno spostamento degli equilibri politici e di potere nell’Italia di oggi.