Uno dei pochi vantaggi dei traslochi e nel ritrovare vecchi libri presenti nella memoria ma non più visibili agli occhi. Libri che hanno segnato il proprio vivere, che segnano un punto di svolta tra ciò che era e ciò che è diventato. Direi proprio punti di rottura tra passato e futuro. Sono tanti i motivi per leggere. Magari sono pochi i libri che segnano questi punti. La lettura è una delle poche cose dove essere onnivori: ogni libro non letto è un’ occasione mancata. Sia ben chiaro che non esiste una legge che impone di finire i libri iniziati. Ma è buona creanza terminare prima di giudicare. Probabilmente il libro in questione da ben pochi politici torinesi è stato letto o, se lo hanno appena sfogliato, dopo si sono voltati dall’ altra parte. Giudicare senza sapere è indice di ottusità con i relativi limiti anche di carattere intellettuale. Ma sapere e non intervenire è sintomo di malafede. Il libro in questione, “Non sulle mie scale”, di Italo Fontana, è una piccola testimonianza datata 20 anni fa sul degrado di una Torino oramai sul viale del tramonto. Gli attori sono spacciatori di colore e giovani donne spaventate da loro, con l’ autore psicoanalista costretto a chiudere il suo studio. Teatro è un palazzo di via Berthollet in zona San Salvario. Italo Fontana è intellettuale di sinistra che dopo denunce e appelli si arrende agli
spacciatori. Sempre in quegli anni uno studio sulle acque di Torino aveva rilevato un dato medio di 20 mila persone che facevano uso di cocaina. E per chi non c’era o non lo ricorda alla Pellerina trent’anni fa stazionavano prostitute di colore. E se volete andare avanti con gli anni ’60 e ’70, mafia siciliana e ‘ndrangheta si fronteggiavano per il controllo dei sequestri e dello spaccio della droga. Mirabili i romanzi polizieschi di Bruno Gambarotta, tra la Dora di Porta Palazzo e i mercati generali. Miscela esplosiva. Direttamente proporzionale con la deindustrializzazione, l’ aumento di criminalità ed immigrazione. L’immigrazione non ha determinato la criminalità organizzata: ne ha aumentato notevolmente il radicamento e la relativa ulteriore territorializzazione , ramificandosi e diminuendo notevolmente i prezzi. Aumento dell’ offerta, diminuzione dei prezzi e diffusione delle sostanze tossiche. Con una nuova figura: il Tossico del Sabato sera. Anche qui per tutti gli usi, per tutte le tasche e per tutte le età. Chi ne fa uso impara a gestirle, dall’ operaio al libero professionista. Torino come le città del Sud? Torino come Roma? Forse no, ma ci siamo vicini. E giusto per gradire, con la droga il proliferare del mercato delle armi. Così “non sulle mie scale” diventa “non nella nostra città”. Ed in certi quartieri è normalità e ci svegliamo solo dopo qualche assassinio o qualche fatto di cronaca nera, con i giornalisti che si fiondano chiedendo ai locali come si vive, con la ovvia risposta: male. E la polizia che ammettendo la propria impotenza denuncia: come svuotare un oceano con cucchiaino. Inutile. Soluzioni? Ora mi sa che non ce ne sono. Si è decisamente superato il limite determinando il punto di non ritorno o detto in altro modo, i buoi sono scappati ed è quasi impossibile trovare una soluzione. Ma almeno tentare di arginare il fenomeno è doveroso, in un solo modo; smetterla con i proclami e legiferare. Sul’ immigrazione organizzare il lavoro degli immigrati in attesa di regolarizzazione in attività socialmente utili. Da oltre 25 anni, se ne parla. Depenalizzare alcune droghe togliendo al crimine organizzato linfa vitale. Unificare i sistemi informatici tra le diverse strutture dello Stato. Cose talmente ovvie che da trent’anni la politica si intestardisce nel non fare. Sa molto di presa in giro.
spacciatori. Sempre in quegli anni uno studio sulle acque di Torino aveva rilevato un dato medio di 20 mila persone che facevano uso di cocaina. E per chi non c’era o non lo ricorda alla Pellerina trent’anni fa stazionavano prostitute di colore. E se volete andare avanti con gli anni ’60 e ’70, mafia siciliana e ‘ndrangheta si fronteggiavano per il controllo dei sequestri e dello spaccio della droga. Mirabili i romanzi polizieschi di Bruno Gambarotta, tra la Dora di Porta Palazzo e i mercati generali. Miscela esplosiva. Direttamente proporzionale con la deindustrializzazione, l’ aumento di criminalità ed immigrazione. L’immigrazione non ha determinato la criminalità organizzata: ne ha aumentato notevolmente il radicamento e la relativa ulteriore territorializzazione , ramificandosi e diminuendo notevolmente i prezzi. Aumento dell’ offerta, diminuzione dei prezzi e diffusione delle sostanze tossiche. Con una nuova figura: il Tossico del Sabato sera. Anche qui per tutti gli usi, per tutte le tasche e per tutte le età. Chi ne fa uso impara a gestirle, dall’ operaio al libero professionista. Torino come le città del Sud? Torino come Roma? Forse no, ma ci siamo vicini. E giusto per gradire, con la droga il proliferare del mercato delle armi. Così “non sulle mie scale” diventa “non nella nostra città”. Ed in certi quartieri è normalità e ci svegliamo solo dopo qualche assassinio o qualche fatto di cronaca nera, con i giornalisti che si fiondano chiedendo ai locali come si vive, con la ovvia risposta: male. E la polizia che ammettendo la propria impotenza denuncia: come svuotare un oceano con cucchiaino. Inutile. Soluzioni? Ora mi sa che non ce ne sono. Si è decisamente superato il limite determinando il punto di non ritorno o detto in altro modo, i buoi sono scappati ed è quasi impossibile trovare una soluzione. Ma almeno tentare di arginare il fenomeno è doveroso, in un solo modo; smetterla con i proclami e legiferare. Sul’ immigrazione organizzare il lavoro degli immigrati in attesa di regolarizzazione in attività socialmente utili. Da oltre 25 anni, se ne parla. Depenalizzare alcune droghe togliendo al crimine organizzato linfa vitale. Unificare i sistemi informatici tra le diverse strutture dello Stato. Cose talmente ovvie che da trent’anni la politica si intestardisce nel non fare. Sa molto di presa in giro.