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Il silenzio dei Corti, l’eredità di Nino Chiovini

Il 14 e 15 febbraio scorsi Verbania ha ospitato “Il Silenzio dei Corti”, iniziativa ispirata alla memoria di Nino Chiovini promossa dalla municipalità verbanese e dal Parco Nazionale Val Grande con Casa della Resistenza, Anpi e Tararà Edizioni

Nino Chiovini (Biganzolo, 1923 – Verbania, maggio 1991) è stato un partigiano, scrittore e storico italiano, studioso della Resistenza e della cultura contadina di montagna delle valli tra il Verbano, l’Ossola e la Val Vigezzo. Dopo l’azione teatrale del Teatrino al Forno del Pane “Giorgio Budidan” ispirata al libro di Chiovini su Cleonice Tomassetti, unica donna tra i 42 martiri fucilati a Fondotoce nel giugno del ’44, a Villa Giulia si è svolto il convegno sulla figura di Chiovini e sulla prospettiva di un parco letterario a lui intitolato, imperniato sul binomio natura-cultura. Al convegno sono intervenuti Giovanni Antonio Cerutti, direttore dell’Istituo stroicod ella Resistenza di Novara e Vco (“Capire dove e come sbagliammo. La lunga riflessione del partigiano Chiovini sull’eredità della Resistenza”), i giornalisti e scrittori Erminio Ferrari (“I fogli della semina”), Giuseppe Mendicino (“I sentieri della libertà di Mario Rigoni Stern, Nuto Revelli e Nino Chiovini”), Marco Travaglini ( “Sostenibilità delle aree alpine, dalle intuizioni di Nino Chiovini alle esperienze odierne”) e, infine, il direttore del Parco nazionale della Val Grande Tullio Bagnati (“Il silenzio dei Corti e l’esercizio della memoria: nuovi profili della Val Grande”).

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Riportiamo qui una sintesi dell’intervento di Marco Travaglini, collaboratore della nostra testata

E’ praticamente impossibile inquadrare la personalità di Nino Chiovini in una sola definizione. Le sue passioni e l’impegno di narratore, storico, antropologo, appassionato di sociologia rappresentano un tutt’uno.E il collante di tutto, capace di generare un fermento emotivo, era la sua forte e determinata etica civile, la passione per la storia, l’abilità nello scrivere, la capacità di intuire e comprendere i fenomeni sociali, e – non certamente secondario –   un’ideale politico tendente al riscatto degli ultimi, degli umili. La traccia più evidente si trova nei suoi libri dove le fatiche contadine entrano nella narrazione delle storie, rendendo omaggio e offrendo risarcimento a un mondo ormai scomparso. Il ritmo dei cambiamenti ha fatto sprofondare luoghi e persone in un niente, in un oblio al quale la caparbia determinazione di ricercatori come Nino Chiovini hanno saputo opporre l’ostinata volontà della memoria, la forza della narrazione, il racconto del tempo vissuto. Gli stessi paesaggi montani, aspri e carichi di memorie e di senso, racchiudono come una cornice le esili vite dei protagonisti. Nei suoi libri sulla civiltà rurale montana – “Cronache di terra lepontina”, “A piedi nudi”, “Mal di Valgrande” e “Le ceneri della fatica”, uscito postumo -, così come nei volumi dedicati alla lotta partigiana – “I giorni della semina”, “Classe IIIa B. Cleonice Tomassetti. Vita e morte”e i due volumi pubblicati postumi “Fuori legge??” e “Piccola storia partigiana” – il suo impegno di ricerca emerge con grande forza e nitidezza. In questo importante lavoro culturale che ci ha lasciato in eredità il passato ritorna attraverso i volti e le parole di quelle persone, uomini e donne. Un mondo arcaico, retto da pratiche e valori ancestrali, per certi versi poco moderni, secondo i canoni odierni, ma quanto mai importanti, necessari, utili per l’oggi e il domani.

 

Nelle sue opere Nino rende giustizia agli abitanti del territorio, al lavoro duro, alla fatica che schianta, al rispetto del tempo, del ritmo delle stagioni e della terra, all’impegno spesso obbligato che genera sudore mischiato a un grumo di rabbie e speranze, di tradizioni e fame, di poche gioie e tanti, troppi dolori. Mi è venuta in mente un’intervista a Francesco Guccini dove, ricordando quel prozio emigrato oltreoceano al quale dedicò la canzone “Amerigo”, raccontava come – ritornato in Appennino – al saluto della gente rispondeva con un “Buongiorno e vita lesta, mangiar poco e lavorar da bestia”.Quello indagato e descritto da Chiovini è un mondo che ci insegna ad essere umili, a riconoscere che una parte importante della cultura accumulata da generazioni di montanari risiede in quei luoghi aspri, spesso percorsi su sentieri ripidi sotto il peso di una gerla. Posti dove le frontiere dei crinali sono stati più un punto d’incontro che una linea di demarcazione e separazione. Se c’è una eredità che Nino Chiovini ci ha lasciato credo si possa individuare nell’assillo di una riorganizzazione della cultura in grado di aiutare una sintesi su storia, radici, saperi. Si riconosce lì il messaggio di chi, pur tra speranze e illusioni, ha sempre pensato ad una società nuova e più giusta. Un messaggio che sottende la volontà di ricerca, di un approfondimento più che mai necessari per salvare noi e il paese in questo tempo segnato da superficialità, dalla riduzione e impoverimento del linguaggio. E’ la rivalutazione di quella parte del paese che non sta sotto i riflettori e che rappresenta buona parte della montagna più povera, dell’area prealpina, dell’entroterra appenninico e pedemontano, dei piccoli borghi abbandonati,ai margini del commercio, dell’industria, della cultura. Negli incontri con Nino Chiovini e nella lettura dei suoi libri avvertivo l’urgenza, il bisogno di testimoniare e in qualche modo risarcire la memoria degli ultimi, narrando la civiltà contadina, le radici e le origini. Un pensiero antico e al tempo stesso moderno che, in parallelo, ricordava le ricerche di Nuto Revelli o – più tardi – quelle di Marco Aime sui pendii ruvidi della Val Grana o tra i pastori transumanti di Roaschia, in Valle Gesso. La difesa e il riscatto quantomeno culturale del “mondo dei vinti” fa emergere un’attenzione, una forza nella denuncia dell’abbandono della montagna, dei coltivi, degli alpeggi, delle borgate che ha portato ad un depauperamento dell’ambiente, alla perdita di capacità, conoscenze, competenze. Quando l’antico edificio agromontano si sgretolò, iniziò l’abbandono della montagna. Raccontando il disboscamento della Val Grande con l’Ibai, la cura del bestiame, i lavori precari nel fondovalle nello “spartano” secondo dopoguerra, Chiovini raccolse ,tra confessioni e reticenze, la testimonianza del collorese Settimio Pella sul tema delle “disobbedienze” – il   bracconaggio, la pesca di frodo, il contrabbando con le bricolle –chiedendosi quale processo si dovesse fare a questi uomini che, al netto di queste “disobbedienze”, furono “corretti servitori di uno stato diretto da un ceto dirigente che tanto non meritava”. Siamo nel 1983 e così scrive Chiovini: “Gente che non evade il fiscoche non spreca, che non inquina, che produce fino alla fine dei suoi giorni, che non intrallazza con il potere, che non impoverisce l’azienda Italia; gente che, chiamata alle armi, mandata su ogni fronte, pagò i prezzi che conosciamo; gente che quando fu il momento ospitò i partigiani e fu dalla loro parte più che in altri luoghi, mentre anche i suoi giovani si facevano combattenti per la libertà; in cambio, dal nemico, ebbe devastazioni, spoliazioni, morte; dallo Stato nato dopo la Resistenza, che ancora oggi pretende e in parte ottiene il loro consenso politico, quasi nulla”. E si domandava ( e chiedeva) quale processo potesse essere fatto a queste persone e se non fosse il caso di conceder loro un’amnistia precisando però che non si trattava di “quella che periodicamente premia evasori, speculatori, trafugatori di pubblico denaro e via sottraendo… Un’amnistia culturale, di costume: quella che passando attraverso il territorio, possa giungere ai suoi antichi utenti”.

 

 Aggiungeva: “Forse il Settimio e la sua gente comprenderebbe il valore e il senso di quell’amnistia, di quel messaggio: giungerebbero, forse, alla conclusione che il rapporto stabilito da sempre con l’ambiente, non tollera più antiche devianze, remote e recenti contraddizioni. Quell’amnistia, poetico e politico ripianamento di colpe nei riguardi dell’ambiente, se sorretta dall’assenso delle giovani generazioni, dei ragazzi che oggi frequentano le sopravvissute scuole di quei villaggi – che dovrebbero fungere anche da sedi di rifondazione della cultura montana e da fonte della sua memoria – potrebbe diventare più efficace dei guardacaccia e dei finanzieri. Forse, un esperimento da ripetere in settori molto più importanti e decisivi del pianeta”. Una grande lezione morale. La stessa lezione che si trova nella conclusione di “A piedi nudi” quando scrive : “ Quello scomparso era un mondo imperfetto e crudele in cui tuttavia erano ravvisabili e riconosciuti vivi gli obiettivi, il senso della vita, il suo fine:l’obiettivo della sopravvivenza e quello della continuità della stirpe; il senso della vita sorretto dalla memoria della specie; il fine del bene operare che faceva perno sulla speranza. Quel mondo scomparso rappresentava la riconosciuta e accettata civiltà della fatica quotidiana, del lavoro realizzato da mani con le palme di cuoio; la civiltà dei sentieri e delle mulattiere selciate e lastricate, dei geometrici terrazzamenti e, in fondo, dell’ottimismo collettivo, simboleggiato dal rituale saluto di congedo – alégher, allegri – che si scambiavano i suoi abitanti”. Qui si coglie, nel saluto, l’importanza della lingua e del linguaggio. Un caro amico mi ha fatto rilevare come la lingua si fondi sul significante, sull’immagine acustica della parola che la distingue dal significato. La nostra cultura ha dato la preminenza assoluta al significato mentre nel dialetto è il significante che pesa e conta. Alégher non è traducibile con un “ciao”. Il significato è più o meno lo stesso ma il saluto è più denso e più ricco, parla e suona diversamente perché è la lingua il significante. La parola risuona diversamente e ha effetti differenti su di noi e questa è l’identità della lingua. Tutto ciò racchiude quell’insieme che è la storia delle ceneri della fatica, di quella civiltà alpina sulla quale calò, come scrisse, “ un sipario di fogliame”.

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria. A cura di Laura Goria

 

Silvia Bisconti “Diario di una viaggiatrice eccentrica” -La nave di Teseo-   euro 18,00

Difficile inquadrare in un genere preciso questo libro che è un mare magnum di più cose: diario di viaggio, taccuino in cui sono annotati pensieri e suggestioni, foto, consigli per viaggiare con leggera essenzialità…e tanto altro. Nel ricco curriculum dell’autrice ci sono gli studi di moda a Milano, un decennio come braccio destro di Romeo Gigli, poi mente creativa di Maliparmi e l’esperienza come personal designer per una sceicca araba. Ma il punto di svolta è il 2013 quando fonda l’azienda Raptus & Rose. Un innovativo concetto di Moda Liberata: forme morbide e tessuti pregiati che arrivano da lontano e hanno il sapore dell’Oriente. Silvia Bisconti da anni gira il mondo in lungo e in largo alla ricerca di bellezza a 360 ° e stoffe uniche e particolari da drappeggiare in vestiti che potete scoprire sul suo sito @raptusandrose, ordinare via Internet o acquistare nel suo Atelier sul Fiume a Belluno. Un vestire che ha del rivoluzionario perché realizza la libertà di essere se stesse. Colori carezzevoli, morbidezza e comodità. In questo libro troverete i suoi viaggi e le sue valigie perfette per ogni latitudine, rigorosamente riempite in base alla legge del tre (che lascio a voi scoprire). 7 capitoli sciorinati in circa 300 pagine lievi e divertenti, all’insegna del motto “La bellezza ci salverà”. In cui lei miscela vestiti, alberghi con l’anima, luoghi adorati …in primis l’India, amori letterari, cibi e odori, sfilate e lavoro…raccontati da parole e foto fatte con l’iPhone.

 

 

 

Sigrid Nunez “L’amico fedele” -Garzanti_ euro 17,60

Sigrid Nunez è una delle più importanti autrici contemporanee, molti romanzi al suo attivo e collaborazioni prestigiose con testate come “The New York Times” e “The Wall Street Journal”, e con questo libro ha vinto il prestigioso National Book Award. E’ un romanzo sull’immenso valore della letteratura, perché, come sosteneva Karen Blixen, anche la più dilaniante sofferenza diventa sopportabile se inserita in una storia…insomma, le parole come balsamo. E la protagonista cerca di elaborare un lutto proprio sciorinando pagine che scorrono tra citazioni letterarie, riflessioni personali, ricordi e pensieri. A morire è il suo insegnante di scrittura, quello che tanti anni prima le aveva dischiuso l’inesauribile universo dei libri. Lei era stata l’allieva più promettente e nello scorrere degli anni la loro amicizia si era nutrita di complicità e confidenze, amore, affetto, lettura e scrittura: tutto sullo sfondo della scena letteraria newyorkese. Lui, la sua complicata vita di seduttore seriale e le sue 3 mogli, fino al giorno in cui si suicida buttandosi dal Golden Gate Bridge. Il suo mentore le lascia in eredità un gigantesco alano di nome Apollo che diventa l’inseparabile compagno: entrambi sono orfani del professore e finiscono per condividere il dolore. Tra una passeggiata nel parco e la vita nel minuscolo appartamento, la protagonista ripensa all’amico, ai momenti che non torneranno, al mondo intellettuale della grande mela (un ritratto spietato e ironico) al perché del suicidio e finisce per   rendersi conto che Apollo è l’unico a cui confidare pensieri ed emozioni.

 

 

Mariangela Traficante   “Luoghi e libri”  – Morellini Editore- euro 17,90

Questo libro è una fonte preziosa di spunti letterari per viaggiare in modo diverso in Italia ed Europa. Impostate la road map su scrittori che amate e poi seguite le pagine trasformandovi in “turisti letterari”, ovvero un modo diverso di percorrere il mondo. Si parte dal bicerin con gli scrittori a Torino, si percorre l’italico stivale sulle orme degli autori più amati in 14 regioni; poi si vola in 13 tappe, dall’Inghilterra all’Islanda, si attraversa tutta l’Europa e si plana in Turchia. In ogni capitolo troverete non solo le grandi città dove da sempre la letteratura si respira ad ogni angolo (come Parigi, Londra o Praga) ma scoverete anche informazioni su paesini ed angoli misconosciuti che però hanno grandi storie da raccontare. Ogni capitolo è una messe di indirizzi, riferimenti web, indicazioni precise e dettagliate, citazioni, calendari di eventi letterari e, tra le tante altre cose, anche vari consigli di lettura. Qui non trovate le solite mete turistiche delle guide tradizionali; ma sono suggeriti luoghi in cui andare alla ricerca dello spirito più profondo degli scrittori che amate. Non l’hotel di grido, ma il ben più emozionante b&b nella dimora di Agatha Christie, la camera dell’albergo di Parigi in cui morì Oscar Wilde…o ancora il tavolo del bar di Lisbona in cui era solito sedersi Fernando Pessoa. Tutto condito da incursioni anche nell’arte, nella musica e nel cinema (con ricostruzioni di scene e romanzi, come per esempio i “Buddenbrook” a Lubecca) per offrirvi itinerari a 360° gradi e memorabili. Buona lettura e buon viaggio sulle orme di…..(di chi decidetelo voi).

 

 

Con Biblio Tour alla scoperta dei libri

Il nuovo format di conferenze promosso da GiovedìScienza e Biblioteche civiche torinesi

Primo appuntamento mercoledì 12 febbraio ore 17.45 – Biblioteca civica Centrale Via Cittadella 5, Torino

La conferenza scientifica cambia volto e il pubblico diventa protagonista attivo! Prende il via a Torino BIBLIO_TOUR, il nuovo format di conferenze partecipate promosso da GiovedìScienza in collaborazione con le Bilioteche civiche torinesi.

Un ciclo di quattro incontri che si terranno nelle biblioteche aderenti al progetto, in cui verranno affrontati gli obiettivi fissati nell’Agenda 2030.

Cambiamento climatico, economia e finanza per il cittadino, rivoluzione digitale e rapporto tra scienza, tecnologia e società. Il pubblico, nelle settimane precedenti l’incontro, avrà l’opportunità di informarsi e approfondire questi temi grazie ai materiali messi a disposizione dalle biblioteche e potrà depositare le domande per i relatori online, tramite l’apposito modulo a disposizione sui siti di GiovedìScienza e delle Biblioteche civiche torinesi o presso le biblioteche stesse.

A partire dalle domande del pubblico i relatori avranno due settimane di tempo per preparare la conferenza, individuando gli argomenti da approfondire.

Gli incontri saranno così costruiti grazie alla collaborazione del pubblico che continuerà ad interagire con il relatore anche durante la conferenza.

Un nuovo format che ha già ottenuto grande successo in tutta Europa e che sta muovendo i primi passi in Italia. BILBLIO_TOUR è un progetto nato con l’obiettivo di trovare nuove modalità per parlare di scienza e che mira al coinvolgimento diretto di nuovi pubblici.

 

CALENDARIO CONFERENZE

Mercoledì 12 febbraio 2020 ore 17.45

Biblioteca civica Centrale Via Cittadella 5

Scienza e società a cura di Observa Science and Society, con Giuseppe Pellegrini e Andrea Rubin.

Observa Science and Society è un centro di ricerca indipendente che promuove la riflessione e il dibattito sui rapporti tra scienza e società, favorendo il dialogo tra ricercatori, politica e cittadini. Ogni anno pubblica l’Annuario Scienza Tecnologia e Società, in cui fotografa la percezione dei temi scientifici nella cittadinanza. Giuseppe Pellegrini e Andrea Rubin, ricercatori di Observa, parleranno dei temi caldi del dibattito contemporaneo, dai vaccini al cambiamento climatico, cercando di capire cosa ne pensino i cittadini e come sia possibile discuterne in modo civile ed efficace. Saranno presenti anche gli studenti di una scuola superiore cittadina che presenteranno una loro ricerca sulla percezione dei temi scientifici nei giovani.

 

Giovedì 12 marzo 2020 ore 17.45

Biblioteca civica Villa Amoretti, Corso Orbassano 200

Cambiamento climatico con Elisa Palazzi.

Il cambiamento climatico generato dalle attività umane è forse l’argomento più discusso negli ultimi tempi in ambito scientifico. C’è molta confusione e molti sono i dubbi e le domande del pubblico. Proverà a mettere ordine nel dibattito Elisa Palazzi, ricercatrice presso l’Istituto di Scienze dell’atmosfera e del clima presso il CNR di Torino, esperta di modelli climatici e protezione ambientale, ma soprattutto appassionata divulgatrice.

Mercoledì 15 aprile 2020 ore 17.45

Biblioteca civica Don Milani, via dei Pioppi 43

Economia per il cittadino con Pietro Terna.

L’economia e la finanza negli ultimi anni si sono legate a doppio filo alle rivoluzioni tecnologiche della nostra epoca: il denaro circola con velocità impressionante, grazie alla rete e a sofisticati algoritmi; affidarsi alle macchine, però, in alcuni casi porta a disastri come crisi generalizzate e crolli in borsa. Si ha l’impressione che il cittadino risparmiatore sia del tutto impotente di fronte a certe dinamiche. A dissipare dubbi in materia sarà Pietro Terna, professore emerito di Modelli per l’economia all’Università di Torino, autorità nel campo delle applicazioni della matematica e della fisica alle scienze economiche.

Mercoledì 13 maggio 2020 ore 17.45

Biblioteca Calvino, Lungo Dora Agrigento 94

Rivoluzione digitale con Marco Mezzalama

Chi avrebbe scommesso, anche solo alle soglie del millennio, che le tecnologie informatiche e di rete avrebbero rivoluzionato in modo così clamoroso le nostre vite? Oggi tutto passa attraverso macchine e algoritmi, che ci permettono di comunicare con il mondo intero e spesso ci facilitano la vita, ma che comportano anche rischi di alienazione. E in un prossimo futuro delegheremo agli automi sempre più cose, come per esempio la guida delle automobili. Per fare il punto della situazione abbiamo chiamato Marco Mezzalama, del Politecnico di Torino, esperto informatico con una lunga carriera di conferenziere e divulgatore.

Per maggiori informazioni:

www.giovediscienza.it

www.comune.torino.it/cultura/biblioteche

Moduli online per depositare le domande ai relatori:

www.comune.torino.it/cultura/biblioteche

www.giovediscienza.it/it/biblio_tour

Alla Gam: Giulio Paolini. Disegno geometrico, 1960

Martedì 11 febbraio alle 18 – Sala Uno GAM – Via Magenta, 31 Torino

GLI AMICI DELLA BIBLIOTECA D’ARTE
Per il ciclo Esercizi di lettura. Libri, album, cataloghi

 

Presentano il volume di Fabio Belloni
Giulio Paolini. Disegno geometrico, 1960
Corraini Edizioni-Fondazione Giulio e Anna Paolini, Mantova-Torino 2019

Intervengono
Fabio Belloni, 
Università di Torino
Flavio Fergonzi, 
Scuola Normale Superiore di Pisa
Elena Volpato, 
GAM – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Torino

Nel 1960 il ventenne Giulio Paolini realizzò un’opera con l’aiuto di un manuale, un tiralinee e un compasso. Su una tela dipinta di bianco vergò a inchiostro la squadratura della superficie, intitolandola Disegno geometrico. Alcuni anni dopo egli riconobbe in quel quadro di modeste dimensioni il proprio battesimo d’artista: punto di inizio, ma anche di continuo ritorno – mentale quanto formale – di ogni sua prova. Per quale ragione un lavoro così precoce e dall’evidenza tanto essenziale è divenuto fondamento della poetica paoliniana? Fabio Belloni avanza per la prima volta un’approfondita lettura critica di Disegno geometrico. Ne indaga genesi e significati: anche il valore del formidabile ruolo, nelle vicende dell’autore come della contemporaneità artistica. Il volume costituisce la quinta uscita della serie “In collezione,” curata dalla Fondazione Giulio e Anna Paolini e dedicata ad approfondimenti monografici di alcune opere di Giulio Paolini.

 

Ingresso libero fino a esaurimento posti.
L’accesso sarà consentito fino al raggiungimento della capienza massima della sala

 

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità in libreria. A cura di Laura Goria

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Costanza DiQuattro “La mia casa di Montalbano”   -Baldini + Castoldi- euro   15,00

La casa è quella sulla spiaggia in cui, nella fiction, vive il commissario Salvo Montalbano, creato da Camilleri. Costanza DiQuattro è la nipote del proprietario della villa di Puntasecca e in questo delizioso libro ci racconta storia, aneddoti, abitanti e ricordi legati a quella terrazza appoggiata sul mare in cui il commissario più famoso d’Italia sorseggia caffè all’alba dopo una vigorosa nuotata. Ha il sapore nostalgico dell’infanzia dell’autrice che era solita trascorrere lì le vacanze estive con genitori e nonni. 16 anni idilliaci tra caldo, mare, pranzi amorevolmente cucinati dall’elegantissima nonna, che faceva trovare lenzuola di lino rosa con le iniziali ricamate di Costanza e di sua sorella Vichy. Momenti bellissimi trascorsi con l’affascinante nonno, “…avvocato per hobby, imprenditore per professione, sognatore nostalgico, bambino mai cresciuto”. Entusiasmanti pesche ai ricci con tanto di retino, nuotate in quel mare dal fondale sabbioso “…e limpido che diventa casa, un liquido amniotico nel quale sguazzare felici”. Un ritaglio di Eden perché, come scrive l’autrice, “In fondo al mare si spegne il rumore del mondo, si attutisce ogni dolore, si camuffa ogni pensiero”. Pagine indimenticabili in cui fanno capolino personaggi famosi, come lo scrittore Gesualdo Bufalino e l’editrice Elvira Sellerio, ospitati dai nonni. Poi c’è anche il racconto di come quella casa fu notata da chi di dovere e diventò il set della serie tv “Il commissario Montalbano”. Prendeva così vita la Vigata di Andrea Camilleri nel Golfo di Marinella: nella casa di villeggiatura di Giovannino DiQuattro “… proprio sulla spiaggia, quasi dentro al mare”. E con il successo della fiction arriverà anche il continuo pellegrinaggio dei fans alla scoperta della magica location, dove l’anziano proprietario finirà per   intrattenerli   piacevolmente.

 

Maria Dueñas “Le figlie del capitano” – Mondadori – euro 22,oo

In Spagna questo romanzo corposo si è rivelato un fenomeno editoriale; del resto, l’autrice già nel 2010 aveva fatto un bell’exploit con “La notte ha cambiato rumore” (oltre 5 milioni di copie). Questa sua ultima fatica letteraria è ambientata a New York nel 1936 ed è la storia della resilienza tutta al femminile delle giovani protagoniste, catapultate nel calderone multietnico dell’immigrazione di quegli anni. Inizia con il funerale di Emilio Arenas, spagnolo 52enne, sbarcato in America all’ inizio del 1929, pochi mesi prima del crollo della Borsa e della Grande Depressione. Tempismo pessimo per l’apertura del suo piccolo ristorante “El Capitán” sulla14° strada, nel cuore del quartiere spagnolo. Emilio rimane vittima di un infortunio che gli spezza vita e speranze. A piangerlo sono la moglie analfabeta Remedios –donna timorosa di tutto e chiusa ai cambiamenti- e le tre figlie Victoria, Mona e Luz. Dapprima tentano di continuare il lavoro paterno, ma si scontrano con le difficoltà del Nuovo Mondo. Il romanzo è la storia della loro complicata integrazione nella città caotica, dove arrancano con inesperienza e ingenuità. Tentano di rimettere in piedi la trattoria paterna che ribattezzano “Le figlie del Capitano”, e passano attraverso varie avventure e disavventure che le aiuteranno a maturare e fortificarsi. Poi c’è un nutrito corollario di personaggi che intersecano la strada della tre fanciulle: da un’eccentrica suora a un perfido avvocato, passando per personaggi realmente esistiti come l’erede al trono spagnolo Alfonso di Borbone (esiliato negli States per sfuggire alla guerra civile e al pugno duro del Regime Franchista). Sullo sfondo e grande protagonista è la minuziosa ricostruzione storica dello sviluppo veloce e multietnico della New York di quegli anni, con un occhio particolare al quartiere della Little Spain e alla sua metamorfosi.

 

John Galsworthy “Il patrizio” – Elliot-   euro 15,00

Tra le infinite e decisamente troppe uscite editoriali, ben venga la riscoperta di grandi autori classici. E’ il caso dello scrittore e drammaturgo britannico John Galsworthy (1867- 1933), autore della famosa”Saga dei Forsyte” e vincitore del premio Nobel per la letteratura nel 1932. Elliot riedita “Il patrizio” pubblicato per la prima volta nel 1911. E’ una storia di grandi ambizioni, politica, amori che si mettono di mezzo, convenzioni difficili da aggirare: tutto sullo sfondo di spettacolari tenute di campagna e blasonati palazzi londinesi in cui si fa politica. Protagonista è Lord Eustace Miltoun, rampollo primogenito di una famiglia nobile. Ha 30 anni ed ha viaggiato in lungo e in largo, è coltissimo (legge dalla poesia alla storia, dalla filosofia alle scienze sociali e alla religione), costruisce la sua ambiziosa   carriera politica all’ombra del padre e mira ad essere il candidato ideale al ruolo di Primo Ministro. Ma sulla sua strada incappa nella passione amorosa per l’affascinante Audrey Noel; peccato che non sia esattamente la compagna ideale per un uomo destinato a grandi cose in una società in cui l’etichetta è tutto. Si dice che sia divorziata, ma pare invece che sia ancora legata al marito, un uomo di Chiesa che si rifiuta di lasciarla libera. Per Eustace s’innesca la titanica lotta tra ragione e sentimento. E Galsworthy con la sua penna vi guida nei pensieri e nelle azioni del protagonista, caduto nelle spire del conflitto atavico tra la brama, da un lato, di potere e lustro e dall’altro, il sacrosanto diritto e desiderio di amare la donna che gli ha preso il cuore.

 

A Volpiano “L’ora del racconto”

 Per avvicinare i bambini alla lettura. Riprendono gli incontri nella biblioteca comunale

Giovedì 13 febbraio riprende «L’Ora del Racconto», il progetto della biblioteca comunale di Volpiano rivolto ai bambini in età prescolare oppure iscritti ai primi anni della scuola primaria; alle 17 nella sede di via Carlo Botta 26 gli artisti dell’associazione Crab propongono letture su principesse, draghi e amori contrastati.

«L’Ora del Racconto» rappresenta un modo per abituare i bambini all’ascolto, coinvolgendo anche i genitori, ed è una iniziativa che la biblioteca civica di Volpiano organizza dal 1986; il progetto è inserito nell’ambito del programma «Nati per leggere» della Regione Piemonte ed è sostenuto dalla Compagnia di San Paolo.

Carlo Mollino, un libro sull’archistar torinese

 Al Forte di Bard, si presenta il nuovo volume di Luciano Bolzoni 

Domenica 9 febbraio, ore 15,30

Bard (Aosta)

Quarantacinque anni di attività. Intensa e funambolica. Di studio. Di progettazione e costruzione. Estrosa e geniale, ma sempre scientificamente controllata.

Fra le sue ultime “creature” torinesi, solo per citarne alcune, il Palazzo della Camera di Commercio e il nuovo Teatro Regio, ricostruito dopo l’incendio del ’36 e inaugurato nel 1973. Carlo Mollino (Torino, 1905 – 1973) fu indubbiamente una figura di primo piano nell’ambito dell’architettura internazionale del Novecento. Ma non solo. Mollino, infatti, fu anche designer e arredatore, fotografo e scenografo e perfino uomo di grandi passioni sportive, sciatore professionista (ottenne anche l’incarico di direttore della “Coscuma”, la Commissione delle scuole e dei maestri di sci), corridore automobilista e aviatore acrobatico, oltreché influente docente universitario al Politecnico di Torino e scrittore di razza. A lui è dedicato il nuovo libro “Carlo Mollino architetto”, scritto per “Silvana Editoriale” da Luciano Bolzoni, architetto e direttore culturale di “Alpes”. Il volume verrà presentato domenica prossima 9 febbraio, alle ore 15,30, in Vallée, nella Sala Archi Candidi del Forte di Bard, alla presenza dell’autore e del fotografo e artista Armin Linke, nell’ambito della rassegna culturale “Forte di Bard_incontri”, con il patrocinio e il supporto dell’Ordine degli Architetti Pianificatori Paesaggisti e Conservatori della Valle d’Aosta. Un omaggio, questo vuole essere il libro “al genio creativo e irrequieto di Mollino, archistar nota all’estero – sottolinea Bolzoni – ma ancora poco compresa in Italia”. L’intento è quello di indagare “due storie, coincidenti e trasversali: quella dell’uomo dai molteplici interessi e passioni e quella dell’architetto che, navigando nel passato, si proietta nel domani”.

g. m.

“Carlo Mollino architetto”

Forte di Bard, via Vittorio Emanuele II 85, Bard (Aosta); tel. 0125/833818 o www.fortedibard.it

Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria a: prenotazioni@fortedibard.it

 

Pansa e la “Battaglia di Roma” nell’agenda del Pannunzio

Due appuntamenti culturali in programma nei prossimi giorni

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Venerdì 7 febbraio alle ore 15,30 nella Sala Cinema del Museo Nazionale del Risorgimento (piazza Carlo Alberto 8), il Centro “Pannunzio” invita alla proiezione del film di Luigi Cozzi “LA BATTAGLIA DI ROMA 1849”, ispirato al libro di Giovanni Adduci “Un Garibaldino a casa Giacometti”, premiato dal Centro “Pannunzio”. Interverranno Umberto Levra, Presidente del Museo Nazionale del Risorgimento e lo storico Pier Franco Quaglieni. L’iniziativa è promossa in occasione dei 170 anni dagli avvenimenti narrati nel libro e nel film.Prenotare a info@centropannunzio.it
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Martedì 11 febbraio alle ore 17,30, a Palazzo Cisterna (via Maria Vittoria 12), il Centro “Pannunzio” organizza un RICORDO DI GIAMPAOLO PANSA, recentemente scomparso. Ricorderanno il giornalista che scrisse su “La Stampa”, “Il Giorno”, “Il Corriere della Sera”, “La Repubblica”,” L’Espresso”, “Panorama” e l’autore coraggioso di numerosi libri di grande successo sulla storia italiana,  Marco Castelnuovo, Gianni Oliva, Pier Franco Quaglieni. A Pansa fu conferito nel 2006 il Premio “Pannunzio”.Coordina Elisabetta Cocito .

In un semplice giorno d’inverno

Stagione molto particolare, l’inverno. Tempo capace, come scriveva Victor Hugo, di cambiare “in pietra l’acqua del cielo e il cuore dell’uomo”

Ma è anche il periodo che più di altri favorisce l’immaginazione, fa pensare, aiuta i ricordi, la fantasia. Riordina i pensieri e genera storie. Se poi le storie diventano racconti e questi, uno in fila all’altro, diventano un libro come “In un semplice giorno d’inverno” (Impremix Edizioni Visual Grafika) ai lettori non resta che sfogliarlo e scoprirne piacevolmente il contenuto. Già il titolo è indicativo e l’autrice, Maria Teresa Carpegna, ambienta in questa stagione, nelle giornate che precedono le feste di fine anno, tra nebbie, neve e silenzi che le precedono e che seguono, quattordici storie di uomini e donne come tanti “ la cui vita scorre, giorno dopo giorno, nella felicità ingannevole o nella semplice serenità”.

 

Dal primo racconto, profondo e garbato, dove la statuetta di Gesù bambino porta alla memoria protezione e complicità nei tempi orribili della persecuzione degli ebrei da parte dei nazisti, agli altri dove le emozioni che ognuno di noi ben conosce – quelle belle e serene, e quelle amare e dure – riflettono ciò che portiano dentro. I vicini di casa, lo scrittore che vive la crisi della sua famiglia e tra i boschi cerca il modo di chiudere la sua vita e poi, mezzo assiderato, viene salvato e avverte un calore diverso, nella sua mente e nel cuore;una dolce e triste prostituta che legge i libri ad un uomo rimasto eterno bambino mentre in un’altra vicenda ecco ancora una donna che avverte come una rivelazione, dopo l’ictus che ha colpito l’amante, un profondo senso di solitudine e la necessità di tornare a vivere la propria vita, di essere generosa con se stessa e di non sprecare in una storia sbagliata gli anni migliori della sua gioventù. A volte basta una foto, come nel racconto “Una diversa carestia”, a far maturare una maggior coscienza su ciò che accade attorno a noi mentre “Un appuntamento al buio”, nato come uno scherzo malizioso finisce paradossalmente con la più classica applicazione della legge del contrappasso. Ci sono quasi sempre, nei racconti, la neve e la montagna che l’autrice (nata a Giaveno e residente in una borgata sopra Coazze) conosce e ama e sullo sfondo, il profilo invernale di Torino, con le sue luci e l’anima complessa, rigorosa, persa in lunghi e laboriosi silenzi, interrotti da brevi e sporadici sprazzi di allegria durante il periodo delle feste.

 

Nei racconti di Maria Teresa Carpegna ci sono anche solitudine e amarezza per quel che avrebbe potuto essere e non è stato, per le scelte che richiedevano un coraggio che non si è avuto. Spesso c’è un ultima possibilità, un possibile riscatto come i genitori separati che si riconciliano con il figlio o l’affetto della pianista nei confronti della ragazza che, nonostante il suo enorme problema, ama davvero la musica. La celebre artista, infastidita dalle banalità, prova così un piacevole stupore che esplode in una imprevista tenerezza e nella piena comprensione di un sentimento sopito. Più o meno tutte le vite rappresentate nelle quattordici storie che danno corpo a “In un semplice giorno d’inverno” sono lievi, malinconiche o divertenti, proponendo minuscoli e inaspettati eventi che porteranno ad imprevedibili sviluppi. Può essere un disvelamento come in “Tutta la vita davanti”, un gesto d’altruismo e d’amore per i libri ( in “Flessibilità”, ad esempio, i testi sono quelli che raccontano, in parole e cifre, la contabilità di una piccola drogheria) oppure un’altra opportunità nonostante la crisi abbia stravolto abitudini, attività e vite come in “Piste da sci”. I libri sono come gli specchi e spesso riflettono l’anima di chi li scrive. Maria Teresa Carpegna ha sempre lavorato con i libri. Ha gestito per diversi anni, insieme al marito, una libreria a Giaveno e ora si dedica alla cura dei testi come editor e talent scout, insegna in corsi di scrittura narrativa e organizza laboratori su vari temi, sempre dedicati alla scrittura. Questa raccolta di racconti è la sua prima “prova d’autore”. Alla fine dei ringraziamenti, a fondo pagina, si augura che siano piaciuti perché, scrive, “temo non sarà che l’inizio”. Personalmente mi sento di commentare che questa è davvero una buona notizia per noi lettori.

Marco Travaglini

L’isola del libro

Rubrica settimanale sulle novità librarie. A cura di Laura Goria

Isabelle Allende “Lungo petalo di mare” -Feltrinelli- euro 19,50

Cominciamo subito col dire che Isabelle Allende è una donna simpaticissima e autoironica, come ha dimostrato al pubblico, affascinato dalla sua verve, quando ha presentato il libro alla Nuvola Lavazza di Torino. Brillante il modo di raccontare pagine importanti della sua vita. Da come, all’alba delle sue 77 primavere, ha sferrato un attacco frontale all’assiduo ammiratore che la corteggiava, inanellando così il suo terzo matrimonio pochi anni fa. Perché oltre a non dimostrare assolutamente la sua età (ha sottolineato che però gli è costato mucho dinero), è fermamente convinta che ci si può sempre e ancora innamorare come a 18 anni; solo, si ha meno tempo da perdere.

Poi ha raccontato l’ incontro con il grande Pablo Neruda: lei era una giovane giornalista e lui si rifiutò di concederle un’intervista dicendo che inventava troppo per il mestiere che faceva e che avrebbe dovuto invece dedicarsi alla narrativa. Quindi un grazie anche al poeta se la vita ci ha regalato gli splendidi romanzi dell’Allende.

Chiusa la parentesi biografica passiamo al “Lungo petalo di mare”. E’ la bellissima e travagliata storia del medico Victor Dalmau, scappato dalla guerra civile spagnola nel 1939, grazie all’aiuto di Pablo Neruda che noleggiò il piroscafo Winnipeg e portò più di 2000 repubblicani -in fuga dal regime franchista- in Cile. Esuli che ricominciarono daccapo per rifarsi una vita. A bordo della nave ci sono Victor e la giovane pianista Roser Bruguera i cui destini si uniscono indissolubilmente nel paese che è un “lungo petalo di mare e neve” . Tra amori passionali, matrimonio di facciata e poi unione profonda; attraversando pagine storiche durissime come il golpe che nel 1973 fece cadere il presidente cileno Salvador Allende e consegnò il paese alla lunga e spietata dittatura dei colonnelli e alla morte di migliaia di desaparecidos. Vi anticipo solo che anche Victor, diventato cardiologo di fama, finirà tragicamente impigliato nella rete di interrogatori, torture e   prigionia. Poi un nuovo esilio in Venezuela e altre pagine magnifiche che vi aspettano.

Per questo romanzo -con echi che richiamano il capolavoro assoluto della Allende “La casa degli spiriti”, del 1982, da cui l’omonimo film con Jeremy Irons- si è ispirata alla vita vera dell’esule Victor Pey che conobbe in Venezuela. Lo incontrò 40 anni fa e solo ora si è decisa a raccontare la sua storia. Lui è morto – a 103 anni e lucidissimo fino alla fine- 6 giorni prima che lei potesse mandargli il manoscritto.

E ancora una volta questa somma scrittrice di lingua spagnola più letta al mondo (22 romanzi, tradotti in 35 lingue e 67milioni di copie vendute) ha imbastito una storia che non è solo quella di un grande amore, ma anche di rifugiati politici, esilio, migrazioni e ricerca di identità. Tutte cose che lei ha vissuto sulla sua pelle; è infatti la nipote del presidente socialista Salvador Allende destituito da Pinochet e fu costretta all’esilio. Un tema più che mai attuale .

 

Sandra Petrignani   “Lessico femminile” -Laterza-   euro 18,00

Questo è un affascinante mosaico di scrittrici e scrittura al femminile, a spasso nei secoli e a più latitudini del globo. La giornalista e scrittrice Sandra Petrignani è bravissima nel ricostruire i tasselli di vita di grandi autrici e vi consiglio anche i suoi precedenti “La scrittrice abita qui” (2002, libro di viaggio nelle case-museo di grandi scrittrici del 900), “Marguerite” (2014, dedicato alla Duras) e “La corsara. Ritratto di Natalia Ginzburg” (2018).

In “Lessico femminile”   rilegge pagine di grandi autrici del passato –dalla Bronte alla Woolf- e contemporanee – dalla Ernaux a Joyce Carol Oates- mettendole a confronto, scandagliando i temi a loro più cari e sottolineando la loro sensibilità e il loro sguardo sulla vita, squisitamente geniale e femminile.

E’ un libro che   possiamo prendere come guida per scoprire o riscoprire, pagine magnifiche di capolavori; ma ci conduce anche nelle pieghe più intime del pensiero e delle vite delle scrittrici. Ogni capitolo è   dedicato ad un tema condiviso da molte di loro. Per esempio, c’è l’importanza e il modo di intendere la casa -tempio di vita e nido ordinato- come quella della baronessa Karen Blixen che lasciata alle spalle la fallimentare piantagione di caffè in Africa tornò a scrivere nella sua avita dimora in Danimarca. C’è l‘importanza di avere “una stanza tutta per se” caldeggiata da Virginia Woolf e le tante case al centro dei suoi romanzi e della sua esistenza. Per arrivare all’affascinante ”La grande casa” di Nicole Krauss (del 2010).   Poi tra gli altri temi gli amori e i loro percorsi, le relazioni pericolose come il colpo di fulmine per il marito Ted Hughes che cambiò la vita della poetessa suicida Sylvia Plath. O ancora quelli di coppie famose, spesso molto competitive e a volte fallimentari come Flaubert e Louise Colet, Scott e Zelda Fitzgerald, Sartre e de Beauvoir, o Lillian Hellman e Dashiell Hammett… E tra gli altri spaccati al femminile anche i rapporti complessi tra madri e figli e pagine bellissime dedicate alla solitudine di geniali autrici, al loro modo di affrontare la materialità o l’effimero delle cose.

 

Annie Ernaux “L’evento”   – L’Orma editore – euro   15,00

La Ernaux è una delle scrittrici francesi più seguite perché ha saputo reinventare un personalissimo modo di raccontare la sua vita, trasformandola in specchio che riflette anche indagine sociale ed esistenziale. L’evento che racconta è urticante e drammatico. E’ la narrazione dell’aborto clandestino procuratosi quando era giovane studentessa di lettere, incinta e disperata. Erano gli anni 60, in piena epoca gollista, quando interrompere una gravidanza indesiderata era illegale, difficile e altamente rischioso. E’ la discesa agli inferi della 23enne che vuole a tutti i costi liberarsi del feto e si schianta contro un muro di ostacoli, solitudine, doppia moralità. I suoi genitori non devono sapere, il padre del bambino se ne lava le mani e l’unica ad aiutarla sarà una compagna di scuola –ironia della sorte- molto borghese e cattolica convinta. E’ il racconto struggente di vergogna, sensi di colpa, ginecologi che fanno finta di non capire, tentativi falliti di risolvere da sola il problema infilzandosi con un ferro da calza. Ma il bimbo che nessuno vuole è tenacemente ancorato alle pareti uterine.

La soluzione del problema è nelle mani di una squallida “fabbricante d’angeli” che lucra sulle sventure di sprovvedute fanciulle. La protagonista si ritrova così in una misera stanza adibita per la bisogna, con il ventre invaso da sonde e il pericolo incombente di una setticemia. Straziante la scena in cui “nei bagni dello studentato avevo partorito allo stesso tempo una vita e   una morte” quando con l’aiuto della compagna taglia il cordone ombelicale che la legava al feto di tre mesi… che le scivola tra le gambe e lei getta nella tazza del water. Pagine difficili anche da leggere, immaginiamoci da scrivere affondando la penna nel proprio drammatico passato. La Ernaux ancora una volta è riuscita a mettere in parole “..un’esperienza umana totale, della vita e della morte, del tempo, della morale e del divieto, della legge, un’esperienza vissuta dall’inizio alla fine attraverso il corpo”.