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Dal Polo del ‘900 i libri arrivano a domicilio

Dal 23 novembre, oltre 300 mila volumi del Polo del ‘900 disponibili su prenotazione tramite email

 

Delivery e take away non solo per cibi e bevande ma anche per i libri in biblioteca: succede al Polo del ‘900, dove saggi, biografie, romanzi come ogni bene essenziale rimangono disponibili al pubblico, anche dopo la chiusura delle biblioteche ai tempi delle zone rosse.

Si comincia lunedì 23 settembre e gli oltre 300 mila volumi delle biblioteche del Polo (tra romanzi, saggi e graphic novel) tornano disponibili al prestito con una novità. Infatti, al ritiro dei libri in via del Carmine, 14, si aggiunge per la prima volta la consegna direttamente a casa, grazie alla collaborazione con la Rete Italiana di Cultura Popolare e Lo Spaccio di cultura- Portineria di comunità.

“Il lavoro congiunto di archivisti e bibliotecari degli enti del Polo ha garantito un servizio essenziale per i cittadini che abbiamo potenziato grazie ai portinai di comunità  – sottolinea Alessandro Bollo, direttore del Polo del ‘900 – I libri e le biblioteche non possono rimanere chiusi in un momento storico tanto delicato, così ci siamo attivati affinché la lettura e i bisogni culturali in generale vengano soddisfatti come beni di prima necessità perché nutrono lo spirito critico e forniscono chiavi di interpretazioni per il presente e, alle volte, sono essenziali anche solo per distrarci. Completa il senso di questo nuovo servizio, l’alleanza con la Portineria di Comunità che di fatto crea un sistema virtuoso di welfare di comunità e anche nuove opportunità di lavoro”.

“La Portineria di Comunità, attiva nell’edicola di piazza della Repubblica n.1/F dal lunedì al sabato dalle ore 9.30 alle 19.30, è un luogo di welfare di comunità che da mesi si occupa di coprogettare con gli abitanti servizi come commissioni negli uffici pubblici, spesa a domicilio con il gruppo di acquisto Gasp, Sos tecnologia, traduzioni, babysitting, aiuto compiti, pulizie e molto altro. Siamo da sempre convinti che la cultura, e in questo caso, i libri e i servizi bibliotecari siano una necessità quotidiana” Antonio Damasco, direttore Rete Italia di Cultura Popolare.

Per prenotare un libro e definire modalità e tempistiche di ritiro o consegna, è necessario inviare una email a archivio.biblioteca@polodel900.it. La consegna a domicilio sarà effettuata ogni martedì e venerdì dai portinai. La Portineria di comunità risponde al numero 3478788271, la consegna libri è gratuita, con donazione libera per sostenere la Portineria e coloro che ci lavorano.

 

“DC 2020. XX Congresso”. Il libro di Carmagnola democristiano doc

 “E’ solo una nutrita platea di accidiosi quella che non crede alla possibile rinascita dei Democratici Cristiani”

In copertina, l’immagine presa da una litografia che racconta , con toni umbratili, di un centro medievale del Nord Europa, piuttosto attivo con le sue piccole figure in primo piano, sorvegliate dall’imponenza “gentile” delle architetture urbane che s’impongono al paesaggio.

“L’immagine – spiega l’autore del libro – mi sembrava utile a ricordare una dimensione comunitaria ed europea”. E già si entra nel merito del nostro incontro con Mauro Carmagnola, giornalista, democristiano da sempre (è iscritto allo Scudo Crociato dal 1976) e oggi membro della Direzione Nazionale del partito, con l’incarico di segretario amministrativo. Suo il libro “DC 2020. XX Congresso”, di recente pubblicato da “Il Laboratorio Edizioni”. Un pamphlet storico-politico-giornalistico di un’ottantina di pagine che si leggono d’un fiato. Chiare, coraggiose, ben documentate, argute, oneste. E l’incipit già la dice lunga sul perché e sul dove Carmagnola vuole arrivare, denunciare e proporre. Queste infatti le prime quattro righe: “Nei confronti di chi intende rilanciare il progetto ideale e politico della Democrazia Cristiana, una nutrita platea di accidiosi replica che non esistono oggi le condizioni storiche per la sua riproposizione”. Bella stoccata, già in partenza. “E per accidiosi – prosegue – intendo tutti quelli che, pur proclamandosi democristiani o riconoscendo la necessità, anche oggi, di un partito che abbia affinità con la Dc storica non fanno nulla per organizzarsi in tal senso. Gente che recrimina senza agire”. Categoria del genere umano assai poco amata dai tempi dei tempi e relegata nella IV Cornice del Purgatorio perfino dallo stesso Dante, anche a questi “accidiosi”, Mauro intende rivolgersi. Forte e chiaro. “La Dc ha celebrato il suo XIX Congresso nell’autunno del 2018 in piena continuità giuridica con il partito sciolto in modo non corretto da Martinazzoli nel gennaio 1994. Dopo la ripartenza giuridica e dopo l’assestamento post-congressuale, mi sembrava giusto divulgare il nuovo corso della Dc. La chiusura causata da Covid nella primavera 2020 mi ha dato il tempo di trasformare documentazioni ed idee sparse in qualcosa di maggiormente organico.

Un libro appunto, in cui raccontare la Dc della diaspora, quella che è sopravvissuta o nel cuore dei suoi potenziali elettori o nelle esperienze di partiti e partitini che, comunque, mantengono viva una certa idea di politica”. In concreto, ciò che Carmagnola intende proporre è “un’attualizzazione di idee e valori che, se incanalati nella contemporaneità, mantengono tuttora la loro ragion d’essere”. “Penso all’economia a servizio dell’uomo, all’interclassismo, all’europeismo, alla propensione al confronto con chi la pensa diversamente, alla cooperazione internazionale: direi a quello che ci caratterizzava ieri e che manca alla politica di oggi, molto meno moderna di quanto vorrebbe far credere”. Una Dc dunque molto più che una formazione politica, un “partito – stato, un continente” come la definiva Leonardo Sciascia. “Direi più semplicemente un partito capace di continuare gli insegnamenti dei fondatori e di offrire buoni esempi, meno assillata dal conseguimento del potere e più impegnata a sferzare un sistema complessivamente inadeguato, dando rappresentanza a chi si riconosce nei valori propri di quelle prime generazioni”. Eppure per alcuni democristiani doc, da Guido Bodrato a Marco Follini (suo il libro “Democrazia Cristiana. Il racconto di un partito”) l’era Dc è finita. Per Bodrato è stato un “fatto storico e oggi una pratica politicamente archiviata”, mentre Follini parla di voi nuovi democratici cristiani come “fantasmi della Dc”. Cosa rispondi? “Bodrato e Follini sono due autorevoli esponenti di un certo periodo della storia democristiana. Intelligentissimi, ma protagonisti di scelte non condivisibili. Il primo da eurodeputato lasciò il gruppo popolare che è oggettivamente la continuazione e l’attualizzazione delle Dc europee, alcune delle quali godono ottima salute. Follini attraversò quella fase del pendolarismo centrista e delle alleanze mutevoli che non è stata

Carmagnola e Baruffi, già Direzione nazionale Dc

compresa dagli elettori. Entrambi sono approdati al Partito Democratico, salvo, in vario modo ed a vario titolo, pentirsene. Sono la prova più evidente che ci sia bisogno di Dc”.

Quali i tuoi principali riferimenti all’interno dello storico Scudo Crociato? “Giovane doroteo, sono approdato trentenne al gruppo andreottiano restandovi fino a quando c’è stata la Balena Bianca. La lunga vicinanza a Vito Bonsignore mi ha certamente portato a condividere con lui tanti scambi di opinioni e di vedute sul partito, sulla società, sul succedersi dei tempi e delle situazioni. Alla Dc manca un’idra a quattro teste: Andreotti, Moro, Rumor e Donat Cattin. Al fotofinish, direi il Donat Cattin del preambolo ed il Donat Cattin prematuramente scomparso. Se non fosse mancato, avrebbe supportato e non lasciato solo Craxi a difendere la repubblica dei partiti, che necessitavano e necessitano tuttora di risorse, anche economiche.

Avrebbe, forse, salvato l’esperienza dei movimenti politici storici, rintuzzando Mani Pulite per quello che si è rivelata: un’operazione pericolosa per il Paese che ha dato inizio alla decadenza dell’Italia senza neppure risolvere alcun problema di moralitàpubblica. Anzi”. Se, come ironico sfottò (come non di rado capita), qualcuno ti dicesse “sei proprio un democristiano”, cosa risponderesti? “Da andreottiano accetterei gli sfottò, che direi danno una certa autorevolezza a chi li incassa con stile. ‘Certo, son proprio un democristiano’ gli risponderei. ‘E non ho di che vergognarmene’ puntualizzerei”.

Gianni Milani

Il principe racconta la storia di Valmacca

La vita e i ricordi di un comune rivierasco del Monferrato che attraversano l’arco temporale dagli anni Venti sino agli anni Quaranta del secolo scorso, narrati da un ‘Principe’: questo, in sintesi, il contenuto di ‘Acsì l’ha parlà  ‘l Princip’ – ‘Così ha parlato il Principe”.

A scriverlo è stato Felice Augusto Rossi, nato a Valmacca ottantadue anni orsono, laureato in pedagogia e filosofia, oggi docente a riposo dopo aver insegnato molti anni alle scuole elementari come maestro e alle scuole medie come professore di italiano. Rossi, che vive a Valenza, dove è diacono delle parrocchie del Duomo e del Sacro Cuore, ha però mantenuto molto saldi i legami e l’abitazione con il paese di Valmacca a metà tra la città di Sant’Evasio, Casale Monferrato, e la città di San Massimo, Valenza, “A Valmacca sono nato e vivevo – racconta, rievocando una tradizione dei tempi passati – nel Rione Napoli, perché era a Sud della strada principale che allora divideva il paese. Era una divisione fittizia, naturalmente, ma si diceva, a seconda che si fosse di qua o di la della strada, che si era del Nord e del Sud”. Nel suo libro, scritto in italiano, ma con forti accenni al vernacolo valmacchese di cui si dirà poc’anzi, ha una prima parte letteraria, dove il periodo in questione viene visto e raccontato, con gli occhi del Principe. Questi non era, però, un nobile, ma una persona che visse veramente tra il 1887 ed il 1964 in una baracca vicino al Po, ed ebbe una vita tutt’altro che facile, fatta di povertà a stenti. Il suo nome era Carlo Guazzora, figlio di Giacomo e di Rosa Zanetti. “Nella sua povertà – dice ancora l’autore – il Principe, è stato un maestro di vita. Attraverso la finzione letteraria gli faccio dire quello che ho trovato negli archivi storici, racconto episodi realmente avvenuti in un periodo – quello del fascismo – nel quale Valmacca era rifiorita, e lo dico pur di fede antifascista, ma quel che è giusto è giusto. Il Principe racconta quello che hanno vissuto i valmacchesi durante la guerra, all’8 settembre, ciò che hanno provato il 25 aprile. E si chiude con la scomparsa del Principe”. Una seconda parte, un vero e proprio libro nel libro, sono le note: ogni personaggio maschile e femminile citato nel libro viene indicato insieme alla sua famiglia. E vengono raccontati anche alcuni episodi che hanno segnato la vita di Valmacca: l’arrivo della prima 500, come si vedeva Lascia o Raddoppia, la guerra, “perché ciò che è in nota serve per capire quello che il Principe ha descritto”. Un altro ambito sul quale l’autore ha  lavorato sono le fotografie del tempo che fu, vero patrimonio visivo di recupero della memoria. Una quarta sezione, infine, contiene la mappa, strada per strada, rione per rione, casa per casa, indicando chi ci ha abitato, un lavoro davvero certosino. Dopo la bibliografia, piuttosto scarna, c’è la seconda parte nella quale Rossi effettua un’operazione di recupero della memoria, andando a riprendere tre delle moltissime storie fantastiche che il Principe raccontava in dialetto valmacchese. “Erano molte di più – dice ancora – ma sono riuscito a ricordare, a distanza di tanti anni, queste”. In questa parte le storie sono scritte in vernacolo valmacchese: “Il dialetto è la lingua madre, perché è la lingua che ti ha insegnato la mamma”, spiega ancora. E proprio al valmacchese, Rossi ha dedicato qualche anno fa una pubblicazione che ne detta alcune regole per l’uso scritto.

Massimo Iaretti

L’eroe quotidiano. Riflessioni di un filosofo

Un libro, oggi più che mai, può essere una preziosa fonte di ispirazione per comprendere meglio noi stessi ed il mondo, con i cambiamenti che stanno profondamente influenzando le nostre vite.

L’EROE QUOTIDIANO. Riflessioni di un filosofo

di DELIA STEINBERG GUZMÀN

CON L’INTERVENTO STRAORDINARIO DELL’AUTRICE

GIOVEDI’ 19 NOVEMBRE ORE 19

IN DIRETTA STREAMING SUL CANALE YOUTUBE DI NUOVA ACROPOLI ITALIA

In occasione della Giornata Mondiale della Filosofia 2020

Giovedì 19 novembre alle ore 19, in diretta streaming sul suo canale YouTube, Nuova Acropoli presenta una nuova pubblicazione, l’edizione italiana del libro “L’Eroe quotidiano”, con l’intervento straordinario dell’autrice, la Prof.ssa Delia Steinberg Guzmán – Presidente Onorario Internazionale di Nuova Acropoli – una filosofa del nostro tempo, una donna che non soltanto ha studiato la filosofia, ma ne ha fatto uno stile di vita.

Tanto ed a ragione si è parlato di “eroi” in questa pandemia e tutti siamo grati per il lavoro straordinario che hanno svolto a beneficio della collettività, ma l’idea di eroe espressa in questo libro va oltre e si rivolge a tutti noi, chiamandoci a fare ciascuno la nostra parte.

Parlare dell’Eroe Quotidiano equivale ad ammettere lo straordinario nell’ordinario. Lo straordinario ci attrae perché ci parla di una nuova visione, di nuove opportunità, di potenzialità finalmente espresse. Tuttavia, spesso si preferisce continuare ad agire come si è sempre fatto, rimanendo nella propria comfort zone, anche quando le conseguenze sembrano essere poco felici se non addirittura dannose. Ed è qui che entra in gioco l’Eroe Quotidiano: colui che, vedendo i disagi che lo circondano, sceglie di rendersi protagonista del suo tempo storico e farsi fautore di un mondo migliore, iniziando con il dare importanza ai piccoli gesti quotidiani e lasciandosi guidare dalla filosofia nelle scelte di ogni giorno.

Con la presentazione al pubblico del nuovo libro, Nuova Acropoli vuole celebrare la Giornata Mondiale della Filosofia 2020, indetta dall’Unesco (https://www.un.org/en/events/philosophyday/),

come fa ogni anno dal 2005. Si unisce così al doveroso omaggio alla Scienza delle Scienze, promuovendola in più di cinquanta Paesi nel mondo, dove è presente con la sua azione costante ispirata dalla Filosofia Attiva. Quest’anno tutte le iniziative saranno online, unendo tante realtà diverse sotto l’egida della Filosofia; ancora una volta il Filo della Saggezza permetterà una visione globale al di là delle differenze e farà sentire ad ogni essere umano la sua appartenenza all’umanità, con un sentimento di conforto e speranza ed al contempo di responsabilità, perché un mondo migliore nasce dall’impegno individuale ad essere migliori.

Vi invitiamo a riflettere insieme a noi sul tema dell’eroicità nel quotidiano ed a condividere pensieri e considerazioni commentando la diretta nell’apposito box su YouTube.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Valeria Parrella   “Quel tipo di donna”  – HarperCollins –   euro 16,00

Questo è un breve romanzo on the road che, in poco più di 100 scorrevolissime pagine, racconta le avventure di 4 amiche che decidono di fare un viaggio in Turchia durante il Ramadan. Quattro giovani donne che non incarnano il tipo di persona che si trincera dietro una rassicurante serie di schemi prestabiliti: non temono la solitudine, non hanno bisogno di un compagno e affrontano la vita senza mai smettere di sperimentare e imparare.

Carola e Dolores, entrambe dei gemelli, sono spavalde, solari e allegre al limite dell’irresponsabilità; Camilla e la voce narrante sono invece due capricorni precise, quasi maniacali, organizzatissime e prudenti.

A legarle è una profonda amicizia e il mutuo soccorso quando la vita si fa più pesante. Sono insieme per metabolizzare una perdita tra le più dolorose, difficile da affrontare  in solitaria. Lasciano in attesa a Napoli lavoro, figli o amori, e si ritagliano uno spazio tutto per loro.

Non sono donne tradizionali, amano sentirsi libere, escono da sentieri stereotipati, più che sulla programmazione del futuro si concentrano sul vortice del presente, sono profondamente autentiche, anche se piene di contraddizioni.

Soprattutto sono complici, sanno convivere con le loro fragilità e questo tour ha un alto valore liberatorio «Si stava così bene che ci fermammo molti giorni: la bellezza di questi viaggi è che hai un volo di partenza e  uno di ritorno, e poi ci puoi costruire dentro il tempo come meglio viene…».

Viaggiano a bordo di una Mercedes bianca da camorrista, dormono in ostelli e improvvisano con modalità fricchettone; passano da una metropoli fascinosa e moderna come Istanbul ai cunicoli sotterranei dei Camini delle fate in Cappadocia, per arrivare alle coste dell’Antalia e nuotare insieme alle tartarughe.

Sono forti, indipendenti, un po’ incasinate, e vi entreranno nel cuore.

 

 

John Niven  “La lista degli stronzi”   – Einaudi-    euro  17,50

Ha qualche appiglio nell’attualità l’ultimo romanzo dello scrittore scozzese 52enne John Niven, che imbastisce una trama fantapolitica, dissacrante, satirica e a tratti spietata, ambientata in un futuribile 2026 a stelle e strisce.

C’è molto Trump (e sue derive) in queste  pagine in cui Ivanka è la prima Presidente donna degli Stati Unti d’America, dopo due mandati del padre (all’ennesimo matrimonio con una bellona, mentre Melania è morta in un incidente di elicottero).

Il paese è controllato dalla famiglia del tycoon e sprofonda nel conservatorismo più bieco; tra xenofobia ai massimi livelli, uso e possesso delle armi come norma, mentre conquiste come l’aborto sono state spazzate via.

Frank Brill è un ex reporter di 60 anni che la vita ha massacrato con immani  tragedie, ed ora gli lascia pochi mesi da passare con un cancro che lo divora.

Vive da solo a Schilling nell’Indiana e non ha dubbi su cosa fare nel poco tempo che gli resta. E’ solo, non ha più niente da perdere, stila una lista di bersagli – tra il personale e il politico- e parte deciso per ammazzarli.

Man mano che procede nei nuovi panni di spietato serial killer scopriamo le ferite della sua tragica esistenza.

Tre mogli, 2 figli e la morte sempre pronta ad aggredire i suoi affetti più cari.

Nella scuola dove insegnava la moglie Pippa e studiava il loro figlio di 5 anni Adam, un pazzo si è messo a sparare all’impazzata, facendo una carneficina che ha falciato anche loro.

Quando Frank li seppellisce, si rifà viva la figlia 15enne del secondo matrimonio, Olivia, con la quale non parlava da tempo. Riallacciano i rapporti, ma la ragazza muore 7 anni dopo, dissanguata in seguito a un aborto clandestino e illegale.

Brill di conti da saldare ne ha almeno 5: dal professore di educazione fisica che aveva violentato il suo carissimo amico poi morto suicida, al secondo marito della ex moglie, un bieco dentista che l’aveva derubata e fatta finire distrutta dall’alcol.

Fin qui le questioni strettamente private…poi ci sono anche i responsabili politici di nefandezze e decisioni che sono all’origine dei suoi lutti; come l’uso indiscriminato delle armi o la pratica dell’aborto fuorilegge …fino a d arrivare ancora più in alto.

Un romanzo ad alto tasso di adrenalina che è anche una feroce critica della politica americana.

 

John Banville  “Le ospiti segrete”   -Guanda-   euro 19,00

Questa volta il pluripremiato scrittore irlandese indaga sul privato della famiglia reale inglese sullo sfondo di una pagina storica drammatica.

Siamo nel 1940 e Londra si disfa sotto i pesanti bombardamenti tedeschi; la famiglia reale vuole stare accanto al popolo dilaniato, ma si pone il problema di mettere in salvo le due principesse Elizabeth e Margareth che all’epoca avevano 14 e 10 anni.

Il luogo più idoneo sembra l’Irlanda, rimasta paese neutrale in una guerra che metterà in ginocchio mezza Europa.

E’ così che le loro maestà vengono spedite, in gran segreto e sotto nomi fittizi, nella maestosa dimora di Clonmillis Hall, del Duca di Edenmore, che è un parente alla lontana della famiglia reale.

Il romanzo è il racconto del periodo in cui “Ellen”  e “Mary” si trovano per la prima volta lontane dai genitori, affidate all’agente dell’MI5, Celia Nashe (che finge di essere la loro governante) e al detective angloirlandese Strafford.

La Repubblica d’Irlanda è si neutrale al conflitto mondiale, ma per nulla ben disposta verso la Gran Bretagna… e l’identità delle due fanciulle non può essere nascosta a lungo.

Mentre loro vanno alla scoperta dell’augusta dimora che le ospita, manifestano già le diverse inclinazioni dei loro caratteri e si scontrano in svariati litigi. Elizabeth è abilissima a cavalcare e dimostra una sorprendente forza d’animo; mentre Margareth è più capricciosa e indolente.

Poi le cose si movimentano perché iniziano a circolare voci sulla loro presenza. Se la notizia dovesse arrivare all’IRA, la loro incolumità sarebbe a rischio e con essa la Corona stessa.

A infittire la trama aggiungete poi imboscate e incendi, la presenza di un’arcigna governante, del diplomatico britannico Richard Lascelles, e di un fattore enigmatico che piace ad entrambe le fanciulle ma che non se le fila per nulla…..

 

Suad Amiry  “Storia di un abito inglese e di una mucca ebrea”  -Mondadori-  euro  18,00

La scrittrice e architetto palestinese Suad Amiry affida alle pagine di questo romanzo la storia delle vite dell’ 84enne Shams e dell’86enne Subhi, che le hanno aperto i loro cuori e affidato le loro memorie. Due personaggi che sono l’emblema della tragica storia  di un intero popolo e della catastrofe che segnò l’esproprio violento delle terre e delle proprietà dei palestinesi da parte dello  stato di Israele. L’autrice dedica il libro a suo padre e a tutti quelli che sono morti nella diaspora palestinese degli anni  40.

L’avvio del romanzo risale al 1947 quando la Palestina era amministrata dagli inglesi e Giaffa era  una città fiorente e carica di promesse, che viveva di coltivazione di arance e commerci vari.  Allora era possibile imbastire i sogni di una vita su misura, come faceva il geniale ragazzino Subhi che smontava e riassemblava qualunque oggetto puntando a diventare il meccanico più abile di Giaffa. Quando risolve un problema di irrigazione per un ricco uomo d’affari, questo lo ricompensa regalandogli un abito su misura di pregiata stoffa inglese, ed è intorno a questo grande tesoro che si sviluppa la storia di Subhi. Sogna di indossarlo al suo matrimonio con la ragazzina che gli ha preso il cuore, Shams.

Ma la Storia si mette di mezzo: nel 1948 il governo britannico pone ufficialmente fine al mandato sulla Palestina ed esplodono le tensioni  tra arabi ed ebrei.

La superiorità militare degli ebrei è evidente e la vita di milioni di persone viene stravolta. Attentati, espropri, stupri e violenze inaudite mettono in fuga gli abitanti di Giaffa: in molti muoiono, le famiglie vengono smembrate e chi sopravvive si vede portare via tutto e relegare in ghetti in cui gli arabi vengono confinati.

La vita di Subhi viene stravolta e a lui rimane l’abito inglese e il sogno d’amore per Shams.

Alla ragazzina il destino riserva la separazione dai genitori, l’apparizione di una mucca “ebrea” la cui macellazione sarà fonte di guai e due sorelline terrorizzate.

Le loro tragedie private si innestano sulle pagine di storia che vedono arabi da una parte, ebrei e nascita dello Stato di Israele dall’altra: pagine intrise di sangue, sofferenza e perdite devastanti.

 

 

 

 

 

”Quel che abisso tace” e gli olocausti dimenticati

Ho conosciuto Maura Maffei a Casale Monferrato in libreria, casualmente, la fine dello scorso anno  e  ho appreso da lei in persona della storia misconosciuta riferita alla decisione di Winston Churchill chiamata Collar the Lot ( metteteli al guinzaglio ) che il 2 luglio 1940 portò alla tragedia dell’ affondamento dell’ Arandora Star con a bordo 805  italiani   e non solo, deportati in seguito alla decisione presa da Benito  Mussolini di dichiarare guerra alla Gran Bretagna.

Tutto questo e di più è raccontato nel suo bellissimo romanzo storico ”Quel che abisso tace” (edizioni  parallelo 45, 2019 pagg.341 €.13) che ho finito di leggere in questi  giorni. In questo periodo di quarantena forzata e claustrale a causa del   Covid-19 e dell’ ”affondamento sociale economicoe   civile”  che ne è  seguito, le storie di vita dei naufraghi narrate nel romanzo in prima  persona, mi hanno costretto a una forma particolare di identificazioncognitiva. 

Considerarmi mio malgrado naufrago tra i naufraghi, a riflettere   sull’ineluttabilità dell’infausto destino collettivo e soprattutto  sulle  conseguenze sociali e individuali della discrezionalità del potere, sul    rapporto tra quest’ultimo e  la sua influenza sulle ragioni etiche del  bene e la persistenza del male con la sua anessa banalità morale ( Hannah Arendt   ”La banalità del male. Il processo a Adolf Eichmann a Gerusalemme”) e l’etica della scelta  sociopolitica di  governo di ieri e di sempre. ”La convinzione che il comune egoismo normalmente induca gli uomini dall’indulgere agli impulsi aggressivi    del  tutto indipendentemente dagli interessi degli altri ”(Christopher  Lasch, ”L’ Io minimo. La mentalità della sopravvivenza in un epoca di turbamento” Universale Economica Feltrinelli, Milano 1996 pag.156 ) non è garanzia di libertà anche nel senso cristiano evidenziatoda Franz Rosenzweig nella ”Stella della Redenzione”. Così   è per il      giornalista piemontese emigrato nella perfida Albione Cesare Vairo di fedeltà al regime parente della scrittrice e per l’apolitico    personaggio  di ‘fantasia’ Oscar Dell’Ongaro entrambi compressi nel  conflitto  lacerante di diverse identità e comuni sofferenze. Se la Shoah ha  giustamente il marchio terribile dell’unicità del Male Assoluto nulla  ci   esenta anzi a maggior ragione tutto ci obbliga a ricordare i tanti  dimenticati Olocausti che gli si affiancano nel passato più o meno  recente e nel presente. A monito per il futuro. E chiudo con una  citazione di William James a commento finale dell’ importante opera letteraria di Maura Maffei: ” La moderna deificazione della mera  sopravvivenza, una sopravvivenza che rinvia a se stessa, nuda e   astratta, con la negazione di una qualsiasi sostanziale eccellenza in    ciò che sopravvive, tranne la capacità di una misura ancora maggiore di  sopravvivenza, é senz’altro la tappa intellettuale più strana mai  proposta da un uomo a un altro uomo”.

Aldo Colonna

L’associazione Vitaliano Brancati a Malta con tre scrittori torinesi

GIORGIO VITARI, GIANNI OLIVA E ANDREA MONTICONE AL MALTA FESTIVAL BOOK.

 

Sono tre i torinesi che partecipano al Malta Book Festival 2020 dal 11 al 15 novembre. Gianni Oliva, Giorgio Vitari e Andrea Monticone infatti  saranno presenti all’evento organizzato dal National Book Council, l’IIC La Valletta che presenterà un ricco programma rinnovando, anche quest’anno, la sua partecipazione alla manifestazione.

L’edizione del Festival sarà interamente online. L’Istituto Italiano di Cultura La Valletta vi partecipa con un nutrito programma di presentazioni di libri italiani, alla presenza degli autori, che si potranno seguire sui social Facebook e Instagram dell’Istituto e del Festival. Verranno presentati romanzi, saggi, libri d’arte e sarà annunciata la nuova edizione della Divina Commedia in maltese che uscirà nel 2021, anno in cui si celebrano i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri.

I titoli che verranno presentati sono:

“VADO A VIVERE A MALTA” di Carlo Morrone – 2019 – Morrone Editore

Giovedì 12 novembre ore 16:00 Conversazione con l’autore, Carlo Morrone, e Massimo Sarti, Direttore IIC | La Valletta.

LA CIRCONFERENZA DELL’ALBA” di Federica Brunini – 2020 – Feltrinelli

Giovedì 12 novembre 2020 ore 16:30 | Conversazione con l’autrice, Federica Bruinini, e Massimo Sarti

CROSSROADS: UN TUFFO NELLA VITA DI ALICE PASQUINI2020Drago

Venerdì 13 novembre ore 16:30 | Conversazione con l’artista, Alice Pasquini, e l’editore, Paulo von Vacano                                                                                                                                                                                                                                                                  LA GUERRA FASCISTA. DALLA VIGILIA ALL’ARMISTIZIO, L’ITALIA NEL SECONDO CONFLITTO MONDIALEdi Gianni Oliva 2020 – Mondadori

Sabato 14 novembre ore 14:30 – Conversazione con l’autore, Gianni Oliva e Giovanni Firera, Presidente Associazione Vitaliano Brancati.

IL PROCURATORE E LA BELLA DORMIENTEdi Giorgio Vitari – 2020  – Neos Edizioni

Sabato 14 novembre ore 16:30 – Conversazione con l’autore, Giovanni Vitari, e Giovanni Firera.

CARNE MANGIA CARNEdi Andrea Monticone – 2020 – Buendia Books

Sabato 14 novembre ore 16:00 – Conversazione con l’autore, Andrea Monticone, e Giovanni Firera.

LA DIVINA COMMEDIA“: nuova edizione in maltese, rivista e aggiornata con illustrazioni, traduzione di Alfred Palma – 2021, Midsea Books Ltd editore – Sabato 14 novembre ore 17:00

LELI DI CASAL PICCOLO2020 – Morrone Editore

Domenica 15 novembre ore 16:30 Conversazione con Isabella Ellul Cefai (traduttrice), Carlo Morrone Editore, Charles Briffa -Università di Malta – Arnold Cassola – Università di Malta.

 

Il programma “italiano” al Festival, reso possibile dalla collaborazione fra Istituto Italiano di Cultura La Valletta e il National Book Council, gode del patrocinio dell’Ambasciata d’Italia a Malta e si è avvalso del contributo dell’Associazione Vitaliano Brancati e delle case editrici Feltrinelli, Drago, Mondadori, Buendia Books, Neos Edizioni, Morrone Editore, Midsea Book Ltd.

Maria La Barbera

Per il programma completo del Festival: http://bit.ly/MaltaBookFestivalProgramme

 

Per maggiori informazioni: segreteria.iiclavalletta@esteri.it, +356 21 221462, www.iicvalletta.esteri.it

Luci, voci e colori di “Novembre”

Le poesie di Massimiliano Giannocco sono state pubblicate per i tipi di Europa Edizioni.

Il libro, intitolato “Novembre” a ricordo del mese di nascita del Poeta e disponibile su carta stampata e in formato e-book, contiene anche alcune poesie già pubblicate in precedenza. L’attuale raccolta di poesie è coerente con i “baluginii” che caratterizzano tutte le opere poetiche di Giannocco, un Poeta che ci fa scoprire, in modo accattivante, il suo variegato mondo fatto di nobili sentimenti, di paesaggi, di colori, di odori, di luci e di voci.

Queste ultime, le voci, accompagnano, come una colonna sonora, sentimenti e visioni tratteggiati con sapiente scrittura. Dalla “pioggia che bussa sui muri” alla grandine sul “vetro ferito di una finestra sul tetto, dalle “urla del mare” all’ondeggiare “delle dita sul vibrante pianoforte”, fino al “grido costante soffocante delle cicale nel meriggio d’estate”. È sempre difficile commentare un libro di poesie perché la poesia è come la musica che commuove ed emoziona in modo indescrivibile. Così, i pensieri e i sentimenti profondi del Poeta pulsano come i battiti del cuore. Giannocco tocca delle note che si spingono fino alla descrizione, in modo mirabile, di una coinvolgente “estasi” e di una bellissima “Venere all’alba”. E non manca di parlare del suo “timore di creare” e della sua timidezza. Ho il privilegio di essere amico di Massimiliano e di conoscere da vicino una buona parte del suo mondo. Un mondo nel quale intravedo tante esperienze (e preferenze) comuni. Ecco perché non vado oltre a queste mie brevi considerazioni. Mi limito a concludere con un cenno alla sua bella composizione che parla della “gustosa passione” di fumare il sigaro toscano. Il fumo e il singolare profumo dell’antico toscano mi hanno accompagnato a lungo, fin da bambino perché lo fumava anche mio Nonno.

Antonio Pileggi

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Banine  “I miei giorni  nel Caucaso”  -Neri Pozza-    euro 19,00

Banine è lo pseudonimo di Umm-El-Banine Assadoulaeff, nata a Baku nel 1905, e questo libro – pubblicato per la prima volta nel 1945 a Parigi dove lei era esule da 25 anni- è un memoir familiare con al centro la sua infanzia e adolescenza trascorse sulle rive del Mar Caspio.

La scoperta del petrolio sull’uscio di casa  aveva reso la sua famiglia di contadini improvvisamente e scandalosamente ricca, ma le vicende storiche rivolteranno più volte le carte.

Banine è l’ultima di 4 sorelle, cresce tra parenti rumorosi e propensi al litigio, in un clima tutto sommato sereno. Sorvegliata, da un lato, dalla balia tedesca Fräulein Anna e, dall’altro, contesa dalla nonna, una monumentale donna musulmana, che maledice e insulta come e quanto le pare.

Poi c’è il corollario di zie bruttine, baffute e dedite al gioco; una serie di zii avari; i cugini propensi all’omosessualità e, tra tutti, spicca la cugina Gullnar che vuole arrivare vergine al matrimonio solo per potersi poi dare a molteplici uomini e tradimenti.

Un microcosmo che passa le giornate tra chiassosi pranzi, litigi per i soldi, vacanze e viaggi, nozze combinate come tradizione vuole.

L’amore è un capitolo a parte nella vita di Banine, che regolarmente finisce per mettersi in coda e  innamorarsi di tutti quelli che piacciono alle sorelle.

A ingarbugliare ulteriormente il quadro domestico c’è anche il secondo matrimonio del padre con l’emancipata Amina che, vissuta per anni a Parigi, porta una ventata di modernità.

Fin qui le caleidoscopiche vicende private che si innestano sui rivolgimenti della Storia.

Siamo negli ultimi anni dello zarismo e si profila il potere sovietico nel Caucaso. Un mondo che è sulla soglia della fine e oscilla tra credenze e abitudini dure a morire e una modernizzazione che fa grandi passi; tra un Islam che opprime e un laicismo progressivo che cancella il velo. Da un  fanatismo all’altro, con pogrom, massacri e pagine di storia non proprio edificanti.

Quando poi muore il ricchissimo nonno, l’eredità viene spazzata via dall’arrivo dei soldati russi e dall’espropriazione di terre e beni, che diventa la regola assoluta. I palazzi sono condivisi con sconosciuti meno abbienti, e compaiono commissari politici che incitano alla delazione e fanno presa su un’ingenua Banine ormai 15enne, facile preda del marxismo e del fascino di un dirigente comunista. Ma non finisce qui…..

 

Manuel Vilas  “La gioia all’improvviso”   -Guanda-   euro  19,00

Il secondo romanzo di Manuel Vilas è una sorta di interrogazione fluviale sul senso dell’esistenza e rimanda spesso al suo precedente “In tutto c’è stata bellezza” del quale è la continuazione ideale.

La voce narrante è quella dell’autore che a tratti smarrisce la bussola e durante un tour promozionale dal Portogallo agli Stati Uniti d’America racconta il suo presente; ma insegue anche il passato e compie un’opera di proustiana memoria che porta il lettore a meditazioni profonde. Tutto il libro è una ricerca che scandaglia il nucleo della vita.

Vilas parla di affetti altamente coinvolgenti, come l’amore per i genitori che non ci sono più e che ora capisce meglio di quando erano vivi. L’amore per i figli, difficile da esplicare quando si è ancora di questo mondo, ma che capiranno al suo funerale e alle prese con la sua assenza. L’amore per la nuova compagna che segue nei suoi viaggi di lavoro, con la quale l’intesa è forte, ma sempre velata dall’enigma insito nei complessi rapporti umani.

Scorrono pagine in cui assegna nomi di musicisti o attori alle persone più importanti della sua vita; ma su tutto regnano alcune domande che prima o poi anche noi ci poniamo: cosa ci facciamo su questa terra, quanto conosciamo davvero a fondo l’anima di chi amiamo, cosa ci aspetta dopo e come possiamo gestire il peso e la bellezza della memoria?

Decisamente un libro che  non lascia indifferenti…..

 

John O’Hara “The New York Stories”  – Bompiani –  euro 16,00

O’Hara -nato in Pennsylvania il 31 gennaio 1905 e morto a Princeton, nel New Jersey l’11 aprile 1970- è uno dei grandi maestri del realismo americano, contemporaneo di Mostri Sacri della letteratura americana come Hemingway e Scott Fitzgerald.

Non riuscì a realizzare il sogno di laurearsi a Yale, ma divenne reporter per “Herald Tribune” e “Time”; poi la fama con il romanzo di esordio “Appuntamento a Samarra” che, pubblicato nel 1934, contribuì a renderlo uno degli scrittori più noti d’America. Di romanzi ne scrisse 17, vinse premi letterari e fu anche un autentico maestro delle short stories.

In questo volume sono riuniti 32 suoi racconti, scritti tra gli anni trenta e sessanta del Novecento.

La Grande Mela è la protagonista e lo sfondo di tutti i brani… leggerli equivale a ritrovarsi nella New York di quegli anni, tra Times Square, Brooklyn, eleganti grattacieli o più modeste brownstone.

Osservatore acuto, era capace di ascoltare le storie delle persone di qualunque ceto sociale: captava  i loro discorsi, afferrava i loro pensieri, sapeva raccontare i meandri delle loro vite.

In questi racconti entra nelle esistenze variegate di camerieri, segretarie, attori e attrici, produttori, sceneggiatori, pubblicitari, giornalisti e professionisti dell’editoria.

Storie di varie lunghezze e spessore che vi condurranno in miliardari appartamenti dell’Upper East Side, tra cocktail e vite mondane; ma che parleranno anche dei fallimenti, della disperazione e delle immani fatiche di chi è costretto a combattere a denti stretti per sopravvivere.

 

 

Anna Peyron  “Il romanzo  della rosa”   -Add editore –    euro 16,00

C’è tutto il suo travolgente amore per le rose in questo libro che Anna Peyron ha scritto tracciando la storia del fiore nei secoli e nelle vite di grandi personaggi storici.

Oltre 200 pagine interamente dedicate alla “regina dei fiori” che la Peyron coltiva dal 1984 sulla collina di Torino, a Castagneto Po, nel Vivaio Roses du Temps Passé, dove ha dato vita a una lussureggiante produzione di rose antiche e classiche.

La storia di questo fiore inizia il 21 aprile 1799 quando Giuseppina Bonaparte acquista un castello, circondato da un parco incolto, dopo averlo visitato insieme a Napoleone.

Affascinata dalla botanica trasforma questo luogo abbandonato in un giardino che diventerà storico, unico e pregiatissimo. Impiega paesaggisti, botanici, zoologi, chimici, naturalisti e matematici, li mette tutti all’opera per realizzare il suo sogno: trasformare il parco della Malmaison in uno scrigno di pura magia e bellezza, con semi di piante esotiche, rare e ancora sconosciute in Francia, Purtroppo morirà a soli 50 anni, nel maggio 1814, in piena fioritura delle sue adorate rose, senza testamento e lasciando una scia di debiti.

E’ nel 1896 che il finanziere Osiris acquista la proprietà, la fa restaurare e nel 1904 la dona allo Stato francese: le rose di Giuseppina rivivranno.

Ma la storia di questo incantevole fiore attraversa i secoli e deve le sue fioriture a personaggi vari e assortiti; a partire dai lavori nel 1899 del celebre paesaggista Edouard André per realizzare  il primo roseto della storia.

Ed è solo l’inizio dell’affascinante viaggio in cui vi conduce la Peyron, attraverso luoghi, profumi, giardini e personaggi indimenticabili.

 

 

 

“Compagni”, il libro in cui rivive la storia dei Pajetta

“Come si poteva tenere vivo nel ricordo quel mondo di persone generose, attive che avevano ispirato la loro vita a ideali forti e vi erano rimaste sempre coerenti?”

S’intitola “Compagni” il libro scritto da Elvira Pajetta , pubblicato dall’editore Macchione. Il racconto di una “giovinezza tenace” e coraggiosa, vissuta nel desiderio di una libertànegata dal fascismo e nell’impegno politico comunista, un riferimento ideale mai venuto meno nella famiglia Pajetta e incarnato nei giovani Gian Carlo, Giuliano e Gaspare, i tre figli di Elvira Berrini (la nonna dell’autrice) e Carlo Pajetta, avvocato del banco San Paolo di Torino, emarginato per non aver voluto prendere la tessera del Partito nazionale fascista. A loro si aggiunge il ritratto, al tempo stesso forte e delicato, della madre di Elvira, Claudia Banchieri. “ Come si poteva tenere vivo nel ricordo quel mondo di persone generose, attive che avevano ispirato la loro vita a ideali forti e vi erano rimaste sempre coerenti?”, scrive Elvira Pajetta. Aggiungendo: “Questi fogli rappresentano i giorni di un calendario che per me era necessario comporre”.Quella raccontata in “Compagni” è una storia intima e pubblica allo stesso tempo che si gioca su più scenari. Sullo sfondo ci sono la Francia, pronta ad accogliere i tanti rifugiati politici italiani, la guerra civile in Spagna, l‘Unione Sovietica e l‘Italia di Benito Mussolini. Una storia che in parte si svolge anche a Taino, in provincia di Varese, sulla sponda lombarda del lago Maggiore, dove Elvira Berrini e Carlo Pajetta hanno abitato fin dagli anni ’20 e luogo che terrà a battesimo la militanza comunista dell’adolescente Giuliano. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale mise a dura prova i destini dei giovani Pajetta. Giuliano ,che si trovava Oltralpe, venne arrestato dai gendarmi francesi e trasferito, dopo la condanna, al carcere di Nimes da dove evase con un’azione degna di un romanzo di Dumas.

La figlia Elvira ripercorre molti anni dopo lo stesso cammino fatto dal padre verso l’Italia, un vero pellegrinaggio dove antiche ferite si riaprono per far scorrere la storia. Gaspare e il cugino Piero ( Nedo) cadono in combattimento: il primo il 13 febbraio del ’44 , al Cortavolo di Megolo, con altri undici partigiani guidati dal Capitano Beltrami ; il secondo un mese dopo in uno scontro in montagna con i fascisti. A sua volta Giuliano, dopo essere rientrato in Italia per partecipare alla Resistenza, conoscerà sia il carcere di San Vittore che il lager di Mauthausen, dove verranno internati migliaia di italiani.Nel racconto di Elvira c’è posto anche per molto altro: la felicità del 25 Aprile, giorno della liberazione dall’occupazione nazifascista, l’impegno di Giuliano Pajetta e del figlio Gian Carlo nel Pci del dopoguerraaccanto a Enrico Berlinguer, i rapporti con l’Urss, i fatti tragici di Ungheria, i ricordi di Roma e Firenze. Belle foto, in parte inedite, e un nutrito numero di documenti testimoniano tutti questi passaggi pubblici e privati. Un lavoro lungo, non facile, durato ben otto anni. “Negli ultimi anni tutto il mio mondo si era modificato”, dice Elvira Pajetta. “ Molte cose erano sparite del tutto e molte avevano cambiato posto o dimensione. Mio padre Giulianoera morto nel 1988. Il muro di Berlino, smantellato nell’anno successivo, era diventato un monumento alla Germania unificata. Il Partito Comunista Italiano, dove avevo abitato da sempre, aveva cambiato nome e ora avrebbe dovuto cambiare forma. Mi rendevo conto, certo, che da vent’anni le crepe nei muri di “casa mia” erano diventate sempre più visibili. La mia famiglia, “I Pajetta”, non era più quella che, come in un disegno infantile, mi ero tenuta dentro per tanto tempo: mia nonna Elvira e i suoi tre figli, Giancarlo, Giuliano e Gaspare, i comunisti. Raccontarla era necessario”.

 

Marco Travaglini