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L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Elizabeth Strout  “Olive, ancora lei”    – Einaudi-   euro  19,50

Brusca, senza peli sulla lingua, critica, ma anche profondamente buona: è Olive Kitteridge che ritorna, dopo aver fruttato alla sua ideatrice il Premio Pulitzer nel 2009. Se avete amato la prima tranche della sua storia, non potete perdervi questa in cui Olive, professoressa di matematica in pensione, continua ad osservare con acume gli abitanti dell’ immaginaria cittadina costiera del Maine, Crosby. Provincia americana con i suoi trantran quotidiani che è la grande protagonista del romanzo che, come il precedente, è articolato in una serie di racconti, ciascuno compiuto, tutti strettamente collegati.

12 anni dopo Olive è più vecchia, burbera, alta e grossa. Dopo aver seppellito il primo marito (uno sbiadito farmacista che rimpiange) incontra nuovamente l’amore e inanella un secondo matrimonio. E’ con Jack, professore di Harvard, anche lui pensionato, alle prese con acciacchi e decadenza dell’età. Sono entrambi imbolsiti e rallentati dagli anni, ma ancora capaci di tenerezza e complicità.

Poi c’è il rapporto di Olive con  il figlio Cristopher che vive a New York con la moglie, due figli di primo letto di lei e due  piccoli avuti insieme.  Bellissime le pagine che descrivono le difficoltà  di Olive nell’incarnare l’ideale di nonna e i problemi durante visite difficili e stizzose, abitudini dure a morire e pazienza quasi nulla.

Poi c’è tutto l’affascinante corollario degli abitanti di Crosby con i loro segreti e destini. Un affresco corale suddiviso in 13 storie private che danno pennellate di colore ad un unico grande quadro. Un libro che parla di vita, vecchiaia e prospettiva sempre  più vicina della morte.

Olive dai 70 anni arriva quasi ai 90 e si ritrova vedova per la seconda volta, ghermita da solitudine, rimpianti, ricordi e prospettive prossime allo zero. Una longevità non sempre piacevole, che fa i conti con incontinenza, fragilità, umiliazioni, debolezze, sentimenti grandi e piccoli, meschinità del tutto umane, ma anche sentimenti nobilissimi. Una Olive brontolona che la salute cagionevole riavvicina al figlio e la spinge a scrivere le sue memorie. Un libro delicato e magnifico.

 

Dina Nayeri   “L’ingrata”   – Feltrinelli –   euro 19,00

E’ sospeso tra gli orrori dell’Iran e le difficoltà d’integrazione in Occidente questo libro altamente autobiografico della scrittrice Dina Nayeri, nata a Isfahan nel 1979 e fuggita dal paese nel 1988. L’Iran della rivoluzione Khomeinista è peggiorato e non è certo un paese per donne, che sono considerate meno di niente.

La madre della scrittrice decide di convertirsi al Cristianesimo (nonostante  il parere contrario del marito dentista) inerpicandosi così su una strada difficilissima, irta di ostracismo. Sofferta ma inevitabile la decisione di prendere i figli e andarsene: all’epoca Dina aveva 9 anni ed inizia così la sua odissea di rifugiata.

Un iter lungo e doloroso, fatto di campi profughi a Dubai, accoglienza a Londra, il passaggio per l’Italia in un hotel trasformato in oasi che accoglie masse di richiedenti asilo. Un limbo che sarà l’anticamera per l’approdo finale in America.

Quando arriva in Oklahoma, Dina -che ha già visto di tutto e incontrato la disperazione di chi ha avuto la sfortuna di nascere alla latitudine sbagliata- è determinata a diventare qualcuno. Ma lo status di rifugiato è una forma mentis che non molla: tutto è più faticoso e difficile per chi cerca il suo spazio in terra straniera.

In queste pagine c’è il racconto lucido e in prima persona della complessa quotidianità dei richiedenti asilo, ai quali si impone di rimanere al proprio posto e farsi notare il meno possibile. Ed ecco l’ingratitudine del titolo: la scrittrice sviscera fino in fondo l’insoddisfazione che alberga nel cuore di chi viene accolto. E sottolinea che i migranti non hanno solo bisogno di cibo e documenti, ma soprattutto di sentirsi parte di una comunità….la difficile e impervia via dell’assimilazione.

 

Danilo Soscia  “Gli dei notturni”   -Minimum Fax-  euro 18,00

Questo è un libro di racconti decisamente particolare, in cui l’autore – che nel 2018 aveva pubblicato “ Atlante delle  meraviglie”-  si muove con abilità nelle biografie di 40 personaggi e su queste innesta una dimensione onirica. Prende alcuni famosi personaggi del 900 e immagina i sogni che potrebbero aver abitato le loro menti.

Una sorta di biografie notturne in cui tutto è vero e tutto è falso, ma che ci portano più a fondo nelle loro personalità. Attraverso un itinerario, a volte anche molto complesso e forse con un eccessivo accumulo visionario, rintraccia l’identità dei protagonisti e delinea tratti onirico-biografici.

Ci sono uomini politici come Ronald Reagan e Saddam Hussein, attrici come Marlene Dietrich e Anna Magnani, pittori, musicisti, scrittori, scienziati, sportivi, anime nere come Charles Manson e tanti altri.

Solo alcuni spunti, giusto per darvi l’idea.

Soscia immagina i pensieri di Eva Braun che consulta sibille berlinesi; quelli di Aldo Moro recluso nella stanza in cui è tenuto prigioniero dai suoi aguzzini; quelli di Marylin Monroe quando è ancora sconosciuta. Modigliani che trascorre le notti dialogando con i volti dei suoi quadri; Giulio Andreotti che sogna un’epidemia e lo scrittore Charles Bukowsky che, in un cimitero hollywoodiano, brinda alla morte.

Trait d’union di queste 248 pagine è una scrittura analitica con la quale Soscia entra ed esce da mondi inconsci diversissimi. Come qualcuno ha detto, delle “ipnografie” che travalicano la storiografia.

Viva la libertà. Maratona di letture per la Festa della Repubblica

L’Università degli Studi di Torino, il Politecnico di Torino e l’Università del Piemonte Orientale in collaborazione con il Teatro Regio Torino e il Conservatorio di Musica Giuseppe Verdi aderiscono alle celebrazioni per la Festa della Repubblica con una maratona di letture in diretta streaming dal cortile del Rettorato

In occasione della Festa della Repubblicamartedì 2 giugno alle ore 18, in diretta streaming sui portali dell’Università degli Studi di Torino, del Politecnico di Torino e dell’Università del Piemonte Orientale e sulle rispettive pagine Facebook, i tre Atenei piemontesi organizzano una maratona di letture ispirata al concetto di libertà.

Docenti, studenti, personale e autori si succederanno nella lettura di testi che esplorano le molte facce di quel valore profondo e assoluto che chiamiamo “libertà”.  Libertà nei versi di Dante, nei drammi di Shakespeare, nell’errare del Cavaliere di Cervantes e nelle riflessioni di Primo Levi, e libertà nelle canzoni di Giorgio Gaber o di Jovanotti: un cammino libero tra letteratura, poesia e musica, che si conclude con il coro “Va’ pensiero” dal Nabucco di Giuseppe Verdi eseguito da Orchestra e Coro del Teatro Regio Torino.

Dopo i saluti dei Rettori Stefano GeunaGuido Saracco e Gian Carlo Avanzi, leggeranno (in ordine di intervento): Marco Rondina, Alessandro Perissinotto, Giulia Carluccio, Paolo Verri, Gabriele Vacis, Patrizia Lombardi, Cristopher Cepernich, Stefania Stecca, Chiara Simonigh, Andrea Malvano, Alessandro Barbero, Juan Carlos De Martin, Bruna Lorenzin, Ilaria Adamo, Giaime Alonge, Angela La Rotella, Clara Allasia, Lodovica Gullino, Paolo Bertinetti, Silvia De Francia, Elena Bravetta, Loredana Segreto. Presenta Maria Paola Pierini.

 

“La proposta di celebrare la Festa della Repubblica con una cerimonia che vede la comunità accademica piemontese riunita insieme nel cortile dello storico Palazzo del Rettorato dell’Università di Torino” dichiara Giulia Carluccio, Prorettrice dell’Università di Torino “vuole costituire un segnale forte di apertura e ripartenza in un giorno importante per la cittadinanza tutta. L’idea della maratona di letture nasce dall’esigenza di proporre e condividere una riflessione sulla libertà attraverso brani diversi per registro, genere, contesto culturale e storico, in modo da affrontarne differenti sfumature e declinazioni. Il passaggio del testimone tra i lettori e le lettrici conferirà una dimensione polifonica alla cerimonia, nell’intento di rivolgere un saluto corale a tutti e tutte, augurandoci che il pubblico che seguirà la diretta streaming a distanza voglia idealmente unirsi a questa polifonia”.


“La Festa della Repubblica è un momento di grande valore simbolico: il 2 Giugno 1946, infatti, il popolo italiano ha scelto una nuova strada per la libertà e la democrazia” dichiara Stefano Geuna, Rettore dell’Università di Torino “Celebrarla è un’occasione importante per rafforzare il senso di appartenenza ad una grande democrazia, attraverso il nutrimento della memoria collettiva e la valorizzazione delle infinite eccellenze culturali che ci rappresentano. Anche questo è il compito di un grande Ateneo che esercita la sua responsabilità sociale nel rapporto fra passato e presente. Preciso compito delle Università è offrire punti di riferimento alla collettività per affrontare il futuro, consapevoli di quello che è stato”.


“I valori di libertà, giustizia, uguaglianza fra gli uomini e rispetto dei diritti di ciascuno, che sono il fondamento della nostra società e che ricordiamo nella Festa del 2 Giugno” aggiunge Guido Saracco, Rettore del Politecnico di Torino “sono anche i valori fondamentali che un’università deve garantire in primis all’interno della propria comunità accademica, e poi promuovere all’esterno”, commenta il Rettore del Politecnico di Torino Guido Saracco: “Proprio per questo motivo abbiamo aderito con entusiasmo all’iniziativa cittadina di una celebrazione della Festa della Repubblica online e anche in presenza, perché anche se la cultura in questi mesi non si è mai fermata, con tante iniziative sulla rete promosse anche dal nostro Politecnico, vogliamo anche tornare a vivere insieme i valori e il sentimento comune che ci caratterizza come Repubblica e come istituzioni”.


“Il nostro Paese sta attraversando una delle fasi più delicate della sua storia;” dichiara Gian Carlo Avanzi, Rettore dell’Università del Piemonte Orientale “abbiamo vissuto settimane drammatiche segnate dall’emergenza sanitaria e ora stiamo vivendo una ripresa che si preannuncia difficile da più punti vista: economico, sociale, culturale. La Festa della Repubblica assume perciò un significato più forte: la solidarietà e la cooperazione, valori che sono alla base della nostra Costituzione e della nostra Repubblica, hanno guidato in questi mesi le nostre vite e le nostre azioni, permettendoci di uscire dalla fase più buia dell’emergenza. L’Università, che da sempre è un luogo libero e aperto, di accoglienza e di aggregazione, non si è tirata indietro e oggi, in questa occasione, vuole riaffermare il proprio ruolo di guida per i giovani e di faro per la comunità”.

 

La diretta sarà trasmessa dal cortile del Rettorato dell’Università di Torino, uno spazio che l’Ateneo desidera condividere sempre più spesso con la città. Questa volta, nel rispetto delle norme sul distanziamento, torinesi e non torinesi potranno accedervi in maniera virtuale, ma anche in rete potranno comprendere quanto sia forte la volontà dei tre Atenei di far ripartire immediatamente la cultura del territorio.

L’evento, trasmesso da UniTo Media, la piattaforma istituzionale di contenuti multimediali dell’Università di Torino, sarà visibile sui portali istituzionale dei 3 Atenei e sui canali social UniTo / Polito / Upo. Per commentare in diretta la maratona sarà possibile utilizzare l’hashtag #vivalalibertà.

I libri più letti e commentati nel mese di maggio

La rassegna del gruppo facebook Un libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri

Primo posto per un titolo che difficilmente ci si aspetterebbe di trovare tra le nostre discussioni: si tratta di Sfida il signor S con Luì e Sofì, “fatica” editoriale di una coppia di Youtuber che spopolano tra i bambini. A molti membri del gruppo sembra impossibile che un titolo simile risulti tra quelli più letti della classifica di un noto quotidiano, eppure ci dice molto sia sulle preferenze dei lettori più giovani, sugli orientamenti di acquisto dei lettori più maturi. Voi cosa ne pensate?

Tornando ad argomenti più usuali, al secondo posto troviamo Lo Scarafaggio, recente romanzo di Ian McEwan,che non ha deluso i suoi molti sostenitori, regalando una storia di grande impatto; terzo posto per Come un respiro, terzo romanzo del regista Fernan Ozpetek che sta guadagnando il favore del nostro pubblico.

Per la serie: Time’s List of the 100 Best Novels, ovvero i cento romanzi più importanti del secolo XX, scritti in inglese e selezionati dai critici letterari per la rivista Times, questo mese noi abbiamo discusso di tre romanzi con tre storie di ricerca di integrazione e identità: Denti Bianchi, di Zadie Smith, Il grande mare dei Sargassi di Jean Rhys, e Paura, di Richard Wright.

 

Per la nostra rassegna mensile la libreria Il Bastione di Cagliari ha scelto per noi:

Sete di Amélie  Nothomb. Nella sua ultima notte che precede la crocifissione, Gesù è un uomo come tutti gli altri: avvilito, impaurito, deluso, preoccupato per sua madre, non è mica naturale sopravvivere ad un figlio, e innamorato della sua Maddalena, ricorda i primi sguardi tra di loro, si chiede se guardi tutti allo stesso modo, perché a lui manca il respiro quando lei posa gli occhi sui suoi. Non si capacita di tanta bellezza. Un po’ polemico con i suoi discepoli, hanno scritto un sacco di inesattezze sul suo conto!

È un uomo. Un uomo con un corpo, e al corpo prima o poi viene sete. Cosa può saperne suo padre che un corpo non ce l’ha? Nothomb è dissacrante, come suo solito. Non è una novità. Stupisce peró la sua capacità di non sbagliare mai un colpo, chapeau!

Le Transizioni, di Pajtim Statovci. È un libro toccante. dalla prosa viva e pulsante: Il viaggio di Bujar inizia a Tirana negli anni ’90 e prosegue in altre città, ognuna delle quali fa da sfondo alle sue transizioni:cambio di nome, di aspetto, di relazioni sociali e sentimentali. L’ unico suo desiderio è che la sua storia, così tragica, venga semplicemente accettata con compassione.

La fine del libro è un pugno nello stomaco che lascia doloranti e senza fiato.

Sostiene Pereira, di Antonio Tabucchi e Pierre-Henry Gomont. Questa piccola opera d’arte merita la vostra attenzione: tavole che assomigliano a mini capolavori e impreziosiscono la trama rispettando lo spirito originario del romanzo; sfondi indistinti e cupi fanno da scenario ai momenti più funesti, a leggere dei dialoghi di Pereira con la moglie defunta e con il suo ego ci si commuove e si sorride, taccio sulle tavole finali.

 

Podio del mese

Sfida il signor S con Luì e Sofì (Electa) –  Lo Scarafaggio, McEwan (Einaudi) – Come un respiro, Ozpetek (Mondadori)

 

Time’s List of the 100 Best Novels

Denti Bianchi, Smith (Mondadori) – Il grande mare dei Sargassi, Rhys (Adelphi) – Paura, Wright (Bompiani)

 

Il Bastione di Cagliari consiglia:

Sete, Nothomb (Voland) – Le Transizioni, Statovci (Sellerio) – Sostiene Pereira, di Antonio Tabucchi e Pierre-Henry Gomont (Feltrinelli Comics).

 

Testi di Valentina Leoni, grafica e impaginazione di Claudio Cantini redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

 

Fabiano Massimi  “L’angelo di Monaco”   -Longanesi –     euro  18,00

La storia è vera e il libro inizia con gli ultimi istanti di vita della 23enne Angela Maria Raubal, detta Geli. E’ la nipote prediletta di Adolf Hitler, col quale viveva, e viene trovata morta la mattina del 19 settembre 1931 nella sua camera da letto, chiusa a chiave dall’interno. Suicidio o omicidio ben congegnato? Chi era davvero questa giovane, figlia della sorellastra di “Woolf”, come  lui si firmava in lettere compromettenti? Alcuni testimoni la descrivono fatua, dedita al lusso e ai divertimenti, piena di vita e di fascino, tanto da aver soggiogato “zio Alf” facendogli perdere lucidità. Oppure è una reclusa super sorvegliata, vittima impotente delle più aberranti perversioni dello zio, fino alle voci sull’incesto?

Inutile dire che la sua morte getta ombre pesanti sul Fűhrer, leader del partito da lui fondato, che richiama la Germania al risveglio e al predominio della pura razza ariana. Non è ancora il dittatore che invaderà mezza Europa sterminando milioni di ebrei…ma ci sta arrivando e uno scandalo non può proprio permetterselo.

Le indagini vengono affidate a 2 commissari con l’imperativo di chiuderle al più presto. L’ordine arriva dall’alto, da Hitler in persona e dai suoi accoliti più spietati, tra i quali Himmler e il morfinomane Göring. Ma la strada verso la verità è lastricata di menzogne, manipolazioni, inganni e ogni volta che stanno per essere rintracciati testimoni chiave…immancabilmente vengono trovati morti, apparentemente suicidatisi.

Questo romanzo mozzafiato miscela magnificamente realtà e immaginazione. Trae linfa dalle cronache dell’epoca -testimonianze, articoli di giornale, documenti ufficiali- e sono accertati personaggi, luoghi, tempi e ipotesi. I commissari incaricati delle indagini si chiamavano davvero come quelli del libro; Heydrich era “la belva bionda”, Eva Braun che qui fa capolino avrà il ruolo che tutti conosciamo. Soprattutto sono veri, anche se hanno dell’incredibile, i dati che risultano dalle carte ufficiali; come l’indagine aperta e chiusa in giornata o il mistero e i maneggi intorno all’autopsia di cui non c’è referto. Su tutto si innesta la bravura di Fabiano Massimi nel narrare una pagina di sporca storia e, pensando a Geli, scrive: “Per la sua morte non c’è stata giustizia. Forse un romanzo renderà giustizia alla sua vita”.

 

Marie Lamballe  “Il destino di una famiglia”    -Rizzoli-   euro 19,50

Il destino di cui si parla è quello della famiglia tedesca Koch alla fine della 2° Guerra Mondiale, ruota intorno al loro Cafè Angel a Wiesbaden, e ad altri personaggi che in un modo o nell’altro si ritroveranno nel locale una volta passata la bufera e compiuti i vari destini.

Heinz Koch è stato arruolato insieme ai figli e finisce prigioniero di guerra degli americani che lo ingaggiano come démineur (sminatore): fato beffardo perché, scampato ai combattimenti, è nel pericolo annidato nelle mine antiuomo che incappa tragicamente.

Durante la sua assenza è toccato alla moglie Else e alla figlia Hilde sopravvivere e pensare all’attività di famiglia che, prima della guerra, era rinomato ritrovo di artisti. Intorno a loro una girandola di persone. C’è Julia, costumista teatrale ebrea tenuta nascosta.

Luisa, figlia illegittima di un barone, che alla morte del padre viene cacciata insieme alla madre (entrambe considerate meno di zero dai parenti blasonati)… e le attende una fuga disperata, bombardamenti, ma anche incontri di grande umanità.

E c’è Jean Jacques soldato francese che la guerra conduce per un attimo nella vita di Hilde, della quale si innamora, ma che ritorna nel suo paese, e faticosamente riprende il suo ruolo di marito e proprietario dei vigneti di famiglia.

Ovviamente molto altro accade nelle vite dei personaggi ai quali si finisce per affezionarsi: alcune raccontate benissimo e a tutto tondo, altre un po’ meno. Ma, per chi ama le saghe familiari, il romanzo resta un affresco godibilissimo sullo sfondo storico della guerra e della caduta della Germania, con alle porte l’arrivo di russi e americani.

 

Henry “Come diventare newyorkesi” – Mattioli-   euro   10,00

Vale la pena riscoprire lo scrittore americano William Sydney Porter nato a Greensboro (Carolina del Nord) l’11 settembre 1862 e morto a New York il 5 giugno 1910, autore prolifico di 400 racconti scritti sotto pseudonimo O. Henry.

La sua fu a dir poco una vita avventurosa: avido lettore fin da piccolo, una carriera scolastica non oltre i 15 anni ma una cultura sconfinata da autodidatta, poi contabile nella farmacia dello zio, e in seguito mandriano, giornalista, disegnatore, impiegato di banca, suonatore di chitarra e mandolino, realizzatore di mappe topografiche …Insomma uomo dai tanti mestieri e dalla vita complicata.

Nel 1894 viene accusato di appropriazione indebita e scappa in Honduras; torna solo per accudire la prima moglie (sposata di nascosto perché la famiglia di lei era contraria) minata dalla tubercolosi. William dopo varie vicende, nel 1902 si trasferisce a New York, ha pochi soldi ma grandi idee e talento infinito. Sono gli anni in cui scrive racconti a getto continuo e viene incoronato dalla fama, che gusterà per poco tempo, stroncato alla fine da cirrosi epatica, con complicanze derivanti dal diabete e dalla cardiopatia.

“Come diventare newyorkesi” raccoglie 9 racconti e ci conduce dritti nelle strade della Grande Mela di quegli anni, facendoci immedesimare nei sogni e nei difetti dei suoi abitanti.

Il primo è magnifico e geniale: protagonista è lo spiantato poeta Raggles che si avventura nelle città e le corteggia come fossero donne, ognuna con le sue caratteristiche. Da Chicago (“..che ti piomba addosso”) all’elegante e casalinga  Pittsburg, passando per New Orleans e Boston, per arrivare a New York.

Una Manhattan frenetica e indifferente dalla quale Raggles si sente dapprima ignorato e respinto; poi è un incidente a fargli scoprire il vero cuore della città.

I brani successivi non sono da meno, abitati da cameriere che sognano ricchezze, ricche fanciulle che si fingono povere, broker che lavorano per un futuro migliore e incontri che sarebbero perfetti se solo ognuno si mostrasse per quello che è realmente.

Apologario. Adriana Zarri e le favole di Samarcanda

Quelle contenute in Apologario di Adriana Zarri sono le favole “non innocenti” che la teologa raccontò dagli schermi televisivi della terza rete della Rai dove, per alcuni anni, tenne una sua rubrica fissa all’interno di Samarcanda, il talk show condotto da Michele Santoro

Adriana Zarri, è stata una delle voci più originali e anticonformiste del mondo cattolico. Teologa, scrittrice, giornalista, eremita per vocazione nel silenzio della campagna canavesana, non ebbe mai il timore di andare controcorrente. Anche i brevi apologhi contenuti in questo libro che ho trovato su una bancarella dell’usato, pubblicato da Camunia nel 1990, miravano “a disturbare la coscienza quieta affrontando i grandi temi del malessere sociale: razzismo, emarginazioni e discriminazioni, corruzione, tossicodipendenza e violenza ideologica, distorsione di valori e significati della fede religiosa. Ventinove storie brevi dove s’incontrano peccatori onesti e benpensanti dalla dubbia morale, uomini stolti e animali intelligenti che danno vita a vicende immaginarie ma non paradossali. Attraverso queste parabole la Zarri praticò “lo scandalo della verità” e contestò “un cristianesimo omologato al perbenismo”. Essendo passati trent’anni i protagonisti reali che vengono citati – per lo più politici e religiosi dell’epoca – sono ovviamente “datati” ma resta fresca e attuale la narrazione di questa commedia umana grottesca e drammatica, dove l’ironia pungente della Zarri rivalutava il senso più alto della morale. Tra gli altri è molto bello l’apologo garantista intitolato “Pro reo”, dove la teologa indica al contadino Giuseppe i criteri e la filosofia dello sfalcio del prato ( “Va cautodico,perché, nel dubbio è meglio lasciare in piedi un’infestante che non tagliare un’erba buona”) riferendosi simbolicamente all’amministrazione della giustizia. Ne “La suora” fece invece emergere tutta l’ipocrisia ecclesiastica del tempo sul tema dell’aborto,condannato e osteggiato se garantito dalla pubblica legge a tutela della salute delle donne e, viceversa, tollerato se eseguito in clandestinità e a pagamento, magari da chi “fa obiezione in pubblico per poi poter risolvere in privato”. Suor Liberia, disgustata dalla doppia morale, nell’apologo si rifiuta di prestare servizio in quella clinica e quando la superiora l’ammonisce (“L’obbedienza, sorella, l’obbedienza..”), risponde che “la coscienza vale di più”. Il senso più sincero della frequentazione dei luoghi di culto si afferma in “Omelia polacca”, una delicata favola sui pericoli dell’opportunismo e del conformismo sia antireligioso che religioso. Spesso nei racconti si parla dei migranti, dei tanti pregiudizi e luoghi comuni ai quali fanno da contraltare importanti esempi di solidarietà. Temi attuali, del tutto contemporanei dove Adriana Zarri, nel ricordare che “il primo precetto è la carità”, non usa perifrasi nel condannare la falsa idea di fede dei parrocchiani nell’apologo “Cristo tra i mussulmani” perché – come disse San Paolo –“il vostro Dio è la pancia”. I drammi delle famiglie e il ripudio del figlio in “Dio,patria,famiglia”, l’avidità accecante in “Giuseppe e l’oca”, la parabola del buon samaritano in “La civetta in autostrada”, la stupidità ottusa del razzismo in “Lucia ed Elisabeth”, il tema dell’handicap e delle barriere architettoniche ne “L’ingombro”. E, ultima in ordine di presentazione, una straordinaria riflessione sulla commemorazione dei defunti dove si comunica al lettore il senso della fede cristiana nella resurrezione che altro non è “che un credere strenuamente nella vita che travalica il passo della morte”.Sulla copertina del libro compare l’immagine di Adriana Zarri con il suo gatto Malestro in braccio, sullo sfondo della campagna. Una scelta dell’editore che l’autrice accettò “di buon grado, sia per l’affetto che ho per i miei mici che per l’eleganza della bestia che riscatterà l’immagine di una donna ormai vecchia”.Invisa a molti, soprattutto cattolici – fatto a ben vedere meno paradossale di quanto possa apparire – per l’indomita libertà di pensiero, nel corso della sua lunga esistenza che si è conclusa a novantun anni, la notte tra il 18 e il 19 novembre del 2010, Adriana Zarri ha vissuto in anticipo sui tempi. E anche le pagine dell’Apologario lo confermano. Tutti i suoi libri sono frutto di pensieri profondi, di intuizioni e capacità narrative importanti, in grado di rendere comprensibili i grandi misteri della vita, della fede e del loro rapporto con la natura che ci circonda. Da eremita nel canavese tra Albiano, Fiorano e, infine, Strambino ( a Cà Sàssino, nella frazione di Crotte, in una proprietà diocesana abbandonata offertale in comodato da monsignor Luigi Bettazzi, allora vescovo di Ivrea) le sue giornate, d’estate come d’inverno, venivano scandite secondo uno stile di vita monastico che alternava preghiera e meditazione al lavoro manuale. Di notte scriveva, dalle dieci di sera alle tre di mattina, con il gatto sulle ginocchia e il fuoco acceso nel camino. I suoi scritti ci hanno lasciato un’eredità culturale e morale, fatta di indimenticabili pagine e preziose testimonianze da conservare gelosamente.

Marco Travaglini

ContemporaneA. Parole e storie di donne

A partire da mercoledì 3 giugno, ogni giorno un appuntamento online. Fino al prossimo autunno quando il progetto diventerà, se possibile, un vero e proprio Festival ospitato a Biella E’ sempre l’online, dati i tempi, a guidare e a permettere i giochi

Il primo appuntamento è per mercoledì 3 giugno. Nato all’interno dell’Associazione biellese Bi-Box, da un’idea di Irene Finiguerra e Barbara Masoni ( in collaborazione con la libreria Giovannacci e con il contributo di Fondazione Cassa di Risparmio di Biella), “ContemporaneA.

Parole e storie di donne” è un progetto che, da subito, si presenta con una doppia anima ed un solo obiettivo: “quello di essere uno spazio – affermano le organizzatrici – per tutte le donne (e non solo) dove confrontarsi, sognare e progettare, dove ascoltare gli interventi di scrittrici, artiste e imprenditrici”. Due le fasi (o anime) in cui s’è concretamente pensato di attuarlo: a giugno nella sua declinazione “rendez-vous”, con appuntamenti e rubriche sui canali social e con la scrittrice milanese e torinese d’adozione Giusi Marchetta – Premio Italo Calvino nel 2008 con “Dai un bacio a chi vuoi tu” e autrice di “Tutte le ragazze avanti!” (Add, 2018) – ad aprire le danze. Programmato invece per l’autunno il “ContemporaneA Festival”, da tenersi a Biella.
Ma andiamo per ordine.

A partire da mercoledì 3 giugno fino a ottobre, su Instagram e su Facebook, una serie di incontri, o per meglio dire rendez-vous ( “ContemporaneA rendez vous”) animerà i canali social di “ContemporaneA” con citazioni, illustrazioni, recensioni ma non solo.

Ogni martedì l’appuntamento al quale non mancare è il “Caffè con le ragazze”. Quindici minuti per chiacchierare con donne impegnate in vari settori: scrittrici, imprenditrici, giornaliste o appartenenti al mondo dello spettacolo. Tutte legate dall’essere protagoniste del loro percorso di vita, lavoro, interessi, passioni. Il tempo di una tazza di caffè, per parlare in libertà fra ragazze, “perché ragazze si è sempre, anche con i capelli bianchi!”. Inaugurano la rubrica Giusi Marchetta (9 giugno) e la scrittrice e traduttrice torinese Marta Barone (16 giugno), in libreria con “Città sommersa” (Bompiani, 2018), romanzo che “racconta il terrorismo attraverso gli occhi del padre”, attualmente in corsa per il Premio Strega.
Il mercoledì è il momento de “L’amica che vorrei”, dedicato alle scrittrici da conoscere, da leggere o da rileggere. Delle amiche da scoprire attraverso le storie delle loro opere, per percorrere insieme nuovi sentieri lungo le loro pagine. Questo format è ispirato al libro di Beatrice Masini, “Le amiche che vorresti”, in cui vengono presentate ventidue eroine della letteratura: “personaggi irriverenti, unici e affascinanti”.

“Chi è la tua scrittrice preferita?”: è a partire da questa domanda, posta ogni volta a un autore diverso, che invece prende vita l’appuntamento del venerdì: “Scrittori per scrittrici”. Per ricordare sempre che non esiste una scrittura al femminile e una al maschile, ciò che conta è che chi scrive sappia regalare storie intense. Venerdì 12 giugno, lo scrittore e autore televisivo Matteo B. Bianchi, fondatore della rivista “Tina”, racconta Eve Babitz e la sua Los Angeles degli anni ‘70. Nelle settimane successive, protagonisti della rubrica saranno Raffaele Riba e Fabio Genovesi.
La settimana si chiude con “La donna della domenica”, appuntamento dedicato alle donne da non dimenticare, magari poco conosciute, che talvolta il mondo ha giudicato strane, inadeguate, eccessive. Ma che meritano di essere ricordate e valorizzate.

Dai social al live. Ecco allora “ContemporaneA Festival”, la “seconda anima” del progetto.
Compatibilmente con le misure di sicurezza in vigore, in autunno (indicativamente nel mese di ottobre) gli incontri si svolgeranno dal vivo, a Biella.
A caratterizzare i singoli eventi, la presenza di alcune delle protagoniste del territorio, vere e proprie madrine del Festival, che presenteranno gli ospiti: scrittrici esordienti o voci contemporanee di rilievo, che attraverso i loro libri raccontano storie di donne moderne e si confrontano con temi propri della sensibilità femminile.

www.contemporanea-festival.com
Facebook: @contemporaneafestival
Instagram: @contemporaneafestival

g. m.

Nelle foto
– “ContemporaneA”: immagine di copertina
– Giusi Marchetta
– Marta Barone
– Matteo B. Bianchi

“Torino beach”, il libro che porta il mare in città

Il nuovo romanzo di Valeria Pomba, edito da Spunto Edizioni, parla di musica, danza e amicizia, con una sottile sfumatura noir, sulle rive di una città reale e  immaginata

Torino sarebbe una città più felice se avesse il mare. Queste le prime  parole sulla quarta di copertina di Torinobeach, il secondo libro scritto da Valeria Pomba, pubblicato lo scorso 20 maggio.

Le presentazioni online ad oggi programmate in cui interverrà l’autrice sono: il 18 giugno alle 20.30 sul sito del programma radiofonico Cover Book di Salerno (https://www.radiobase.fm/), il 26 giugno alle 20.00 sulla pagina Instagram della Libreria Ubik di Rivoli e il 3 luglio alle 18.30 sulla pagina Facebook della Libreria Piccoli Labirinti di Parma. Dopo il romanzo d’esordio, La vita di mezzo, pubblicato nel 2014, l’autrice torinese racconta questa volta dei sogni di tre amici che, per una serie di fortuite circostanze e grazie al loro talento, riescono a realizzare le proprie ambizioni. Moreno, aspirante architetto, costruisce uno stabilimento sulle rive del Po, Viola, sfuggente ballerina, apre una scuola di danza, Ace, estroverso musicista, crea una band di successo e avvia una stravagante quanto redditizia attività di comunicazione funebre. Ma realizzare i propri sogni può avere delle conseguenze impreviste: l’amicizia che li lega pare incrinarsi per sempre e strani fatti iniziano ad accadere attorno a loro. Sullo sfondo c’è la Torino dei primi anni del 2000, citata nei suoi luoghi reali, attraversata dal centro alle sue zone più periferiche, come Barriera di Milano. Ma con il procedere del romanzo questa città diventa sempre più enigmatica, coinvolgendo i protagonisti in un mistero da risolvere. Particolare nota meritano le canzoni citate all’interno di Torinobeach, che creano una vera e propria colonna sonora alla storia, opera di cantautori emergenti (Atlante, Nicola Bellini, Fabrizio Olivero, Angelo Busciolà, Loris di Nunzio, Andrea Caputi), coinvolti dall’autrice nel progetto e menzionati nelle note alla fine del libro. La casa editrice, Spunto Edizioni (Buttigliera Alta, Torino), è una giovane realtà, nata da un’idea di Mariapaola Perucca, molto attiva sul territorio nella promozione degli autori emergenti.La nota critica è a cura del regista Pietro Di Legami, direttore del Teatro Circolo Bloom di Torino. Torinobeach è prenotabile in tutte le librerie, inoltre si può acquistare online sul sito della casa editrice: www.spunto.info. Valeria Pomba è nata e vive a Torino, dove ha studiato Scienze della Comunicazione e danza. Scrive per la comunicazione aziendale e per il teatro. Vincitrice del Premio Narrativa Città di Rivoli (1999) del Play Arezzo Award (2007 e 2008) e finalista del Sunday Poets La Stampa (2017), ha pubblicato vari racconti e il romanzo La vita di mezzo (2014). Torinobeach è il suo secondo romanzo.

Sinfonie d’amore

Marco Travaglini

Tre serbi, due musulmani, un lupo

Riletture / Prijedor, Bosnia Erzegovina, in quella che oggi è la terza città della Repubblica serba di Bosnia (Rs), tra la primavera e l’estate del 1992 accaddero cose spaventose. Sembrava d’essere tornati ai tempi del nazismo. Gli ultranazionalisti serbo-bosniaci vogliono sradicare i “non serbi”, danno la caccia ai musulmani e lo fanno con le deportazioni e  gli omicidi. Vengono creati per quest’ultimo scopo tre campi di concentramento e, spesso, di sterminio. Nomi che, alla memoria, suonano tremendi: Omarska. Keraterm. Trnopolje. In quest’ultimo luogo, composto da una scuola, una casa del popolo e un prato, vengono recluse tra le quattromila e le settemila persone. Ed è lì e nei dintorni che è ambientata la storia narrata nel libro di Luca Leone e Daniele Zanon. “Tre serbi, due musulmani e un lupo” è un racconto di fantasia, ma poggia su solide basi storiche e di testimonianza. Questo libro non è solo un romanzo, ma anche un reportage di quanto accaduto in un tempo troppo vicino a noi per non conoscere o non voler sapere. Vengono evocati un quadro terribile di violenze, sopraffazioni, omicidi, odio nazionalista e un clima allucinante, nel quale l’aria è impregnata dell’odore del sangue, della paura e del terrore. Non a caso Luca Leone e Daniele Zanon scrivono che “il Male era tornato nel cuore dell’Europa e aveva messo radici a Prijedor, mezzo secolo doo la fine dell’Olocausto”. Pagina dopo pagina si viene a contatto con il dramma della famiglia bognacca degli Imanović e di quella serbo-bosniaca dei Mirković, con il ghigno orribile del sergente Goran “la carogna”, con i paramilitari serbi e i mercenari russi del colonnello Karpov, la “parte peggiore dell’umanità”. L’allucinante vicenda che vede protagonisti cinque tredicenni – Zlatan, Jelena e Milo, tre ragazzi serbi, Faris ed Emina, due fratelli musulmani – e il lupo Vuk si svolge in un universo violento, angosciante e claustrofobico in cui i personaggi sono quasi tutti conoscenti, vicini di casa. La tragedia cresce d’intensità quasi sempre preannunciate dal cambiamento dei rapporti, dal manifestarsi di integralismi e sospetti, dall’astio e dalla diffidenza, fino a giungere alla violenza e alla sopraffazione. Il ritmo della narrazione è serrato e si dispiega dando senso alle storie e alla terribile Storia della prima parte della “decade malefica” che insanguinò il cuore europeo dei Balcani al tramonto del ‘900, negli ultimi, lividi anni del secolo “breve” con il riacuirsi dei nazionalismi e il rifiorire dei conflitti armati. Tra le righe sembra di avvertire, quasi fisicamente, la disperata speranza di Faris quando urla alla sorella, mentre viene spinto lontano da lei con crudeltà, da un miliziano armato di kalashnikov, “Non può durare!”,“Il mondo non potrà starsene in silenzio a guardare”. E, invece, il mondo aveva lo sguardo rivolto altrove. “Chi è che sa di che siamo capaci tutti, vanificato il limite oramai”, si ascolta in Memorie di una testa tagliata dei CSI di Giovanni Lindo Ferretti. Lì il limite venne vanificato una, dieci, cento, mille e mille volte. E tutto ciò sotto gli sguardi distratti, lontani, indifferenti e bui dell’Occidente e del “mondo”. Cercare di salvare la vita ai due giovani bosgnacchi, rischiando la propria è la “missione” che intraprendono i tre giovanissimi serbi con Vuk, il lupo di Jelena. Una vicenda terribilmente avvincente, disperatamente angosciante, quasi impossibile e senza speranza. Il contesto in cui si svolge è tremendamente reale e rimanda alla memoria di cosa è stata la pulizia etnica in Bosnia in quegli anni disgraziati e violenti, dove la vita di migliaia di persone, dalla sera alla mattina, di punto in bianco non valeva più nulla. Nel vortice dell’ubriacatura ultra nazionalista, dell’indegna impunità dei paramilitari filo serbi, la storia dei cinque ragazzi e del coraggioso Vuk inchioda il lettore al testo dall’inizio alla fine. Il merito di Leone e Zanon è di non far dimenticare ciò che avvenne realmente nel cuore della civilissima Europa, meno di trenta anni fa, un tempo molto vicino, del tutto contemporaneo e spesso rimosso dalla cattiva coscienza e dal desiderio di non fare i conti con quella indifferenza che ancora oggi genera odi, srotola fili spinaci, innalza muri. Nel campo della miniera di ferro a Omarska, almeno tredicimila persone vennero internate e tremila di loro furono torturate, uccise e inumate in fosse comuni, ancora oggi in buona parte da individuare e riaprire per dare, chissà quando, degna sepoltura ai corpi che lì sotto giacciono. L’area di Prijedor, nella Bosnia settentrionale, conobbe le stesse violenze di Višegrad e Srebrenica. Vennero eliminate le persone “non serbe”, mentre la comunità internazionale fingeva di non sapere nulla e lasciava fare, non intervenendo e, per certi versi, rendendosi complice nell’avallare la pulizia etnica, lo stupro di massa, le violenze più atroci. Le pagine finali raccontano quei giorni e quei mesi con fatti, luoghi, date su quanto accadde veramente a Prijedor e dintorni e con la testimonianza di Alma che fece l’esperienza terribile di Trnopolje a sedici anni. Tre serbi, due musulmani e un lupo è un libro da leggere “in nome della memoria e della giustizia”.

Marco Travaglini

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria

Arianna Farinelli  “Gotico americano”   -Bompiani-   euro 18,00

Questo primo romanzo della scrittrice romana -che da quasi 20 anni vive negli Stati Uniti ed insegna in un’università newyorkese- assembla più argomenti e lo fa tenendoci incollati alle pagine fino alla fine.

Scritto magnificamente, racconta rapporti tra genitori e figli che sconfinano in soffocanti dipendenze e impossibili emancipazioni affettive, tradimenti, sessualità incerte, e l’amore impossibile tra una donna matura e il suo giovane allievo che finisce ingoiato dall’Isis.

Difficile tenere insieme tanti argomenti e incastrarli alla perfezione, ma la missione della Farinelli è perfettamente compiuta.

Protagonista del libro è Bruna, che ha fatto uno scatto sociale rispetto alla modesta famiglia di origine: è diventata professoressa ed insegna in un college di New York. Si è trasferita in America anche per amore di Tom, medico di successo, emotivamente immaturo e soggiogato da genitori invadenti ed ottusi.

Bruna e Tom hanno due figli, Minerva e Mario, sui quali i nonni paterni incombono: inevitabile lo scontro con i suoceri, acuito dalla scoperta che il piccolo Mario si sente femmina costretta in un corpo che non riconosce, disprezzato dal nonno che lo chiama “faggot” (finocchio)… e sarà la goccia che fa traboccare il vaso.

Anche dopo l’apparente strappo del cordone ombelicale, Tom continua a rivelarsi un marito e padre assente e ad un certo punto il “matrimonio americano” di Bruna giunge al capolinea.

Tanto più che nella sua vita irrompe Yunus, con lo straripante vigore dei suoi 20 anni. E’ un suo allievo afroamericano, ha un passato difficile, arriva da Harlem e tutti i pomeriggi si ritrova nel suo letto, tra passione e interessi comuni.

Poi un bel giorno scompare: si è convertito all’Islam ed è partito per Mosul, dove finisce per militare nelle file del sanguinario Stato Islamico, tra sgozzamenti e orrore allo stato puro.

Bruna si trova così nell’occhio del ciclone: incinta di Yunus, interrogata dall’Fbi, in rotta con il marito. Di più non vi anticipo, ma scoprirete schemi che saltano, vite che sembravano perfette e invece nascondevano scheletri nell’armadio, integrazioni difficili, ricerca affannosa di identità e senso di appartenenza…e tanto altro… in un libro di esordio strepitoso.

 

Roberto  Bolaño   “Sepolcri di cowboy”   -Adelphi –   euro 18,00

Lo scrittore -cileno di nascita e messicano di adozione, nato a Santiago del Cile nel 1953 e morto a Barcellona  nel 2003 a soli 50 anni- scrisse i tre abbozzi di romanzi raccolti in questo volume, negli ultimi anni della sua vita. Sono stati trovati dopo la sua morte, mentre il suo nome diventava leggenda, insieme ad altri inediti pubblicati postumi.

Il primo dei tre scritti, che dà il nome al volume, ha chiari riferimenti autobiografici. Suo alter ego è il giovane Arturo Belano (voce narrante) sospeso tra due mondi. Scorrono pagine in cui compaiono i genitori: la madre cilena, donna bellissima dalla mente matematica, stravagante, lettrice di romanzi rosa e riviste esoteriche. Il padre messicano, pugile che si dichiara con fierezza cowboy, figlio di cowboy e lettore appassionato solo di romanzi western. La loro è una storia d’amore che va avanti e indietro tra i due paesi e genera tre figli.

Su tutto però incombe il golpe militare che l’11 settembre del 1973 abbatté il governo del Presidente Salvador Allende, innescando l’atroce destino dei desaparecidos.

Arturo, che più di tutto si sente latinoamericano, decide di  tornare in Cile per partecipare alla rivoluzione. Belano racconta i curiosi incontri durante il viaggio (inclusa una spogliarellista che seduce lui e il compagno di cabina), poi arriva il dramma di un intero paese con la rievocazione dell’incredulità di fronte alla notizia del golpe.

Nel secondo brano, la “Patria” del titolo è quella della dittatura militare e qui l’autore intesse storie tragiche ed emblematiche. Come quella di una ragazza desaparecida e il dramma di una vita finita nel nulla, con i devastanti effetti sulla sua famiglia. O ancora, punta il dito contro l’organizzata e redditizia rete del traffico di organi che prevede il rapimento di bambini mendicanti-vagabondi per i quali il destino ha in serbo un futuro da macelleria.

Di tutt’altro tono, invece, l’ultimo brano che parte da un’eclissi e ci fa scoprire il Gruppo Surrealista Clandestino che da tempo sopravvivrebbe nelle fogne parigine.

 

Preston & Child   “L’uomo che scrive ai morti”   -Rizzoli-  euro 19,00

Ancora un punto messo a segno dalla coppia formata dal giornalista del “New Yorker” Douglas Preston e dall’editor e saggista Lincoln Child, che firmano un altro dei loro thriller con protagonista Aloysius  Pendergast. Ritroviamo così il pluridecorato agente dell’FBI: cane sciolto poco incline a rispettare la catena di comando, dai metodi investigativi poco ortodossi, avvolto da un certo mistero, sempre vestito in modo impeccabile, con un’affilata intelligenza, notevole cultura e pungente sarcasmo.

Scende in campo per districare una matassa decisamente inquietante che inizia con il ritrovamento nel cimitero di Bayside-Miami di un cuore sanguinante sulla tomba di una ragazza suicidatasi 11 anni prima, Elise Baxter. E’ accompagnato da un biglietto in cui qualcuno ha scritto con grafia elegante un messaggio che sa di pentimento ed ha riferimenti letterari ben precisi, firmato da un fantomatico Signor Cuorinfranti.

Ed è solo l’inizio, perché 3 giorni dopo lo schema si ripete; altro cuore strappato a una vittima e depositato sulla tomba di una presunta suicida di tempo addietro.

Pendergast arriva a Miami insieme al giovane collega Coldmon, che i vertici del Bureau gli hanno affiancato più che altro per sorvegliarlo. Ma ben presto le indagini sconfinano oltre le Everglades della Florida, passano dal Maine e da New York, perché si collegano ad altri delitti.

Tra autopsie e macabre scoperte, una mano decisiva la gioca anche la bravura della giovane anatomopatologa Charlotte Fauchet, della quale Pendergast intuisce subito la professionalità puntigliosa.

Insomma, un thriller ad alta tensione, in cui a fiutare le tracce lasciate dallo psicopatico di turno è l’abilissimo Pendergast che ha in se lo strabiliante mix dei detective più celebri della narrativa: eleganza alla Philo Vance, raffinato come James Bond, fuori dal comune come Hercule Poirot, colto e con l’istinto da segugio di Sherlock Holmes.