Andrà in scena al Teatro Regio di Torino dal 15 al 26 novembre prossimi l’opera simbolo di Camille de Saint Saens, Sansone e Dalila, presentata nel nuovo allestimento in coproduzione con il China National Centre for Performing Arts di Pechino, risultato di un storico protocollo di intesa firmato dal Teatro Regio, primo in Europa, con il Ncpa. Il regista, creatore anche delle scene e dei costumi di questo allestimento spettacolare, intriso di magia ed esotismo, è Hugo de Ana, uno tra i più immaginifici del teatro d’opera contemporaneo. A dirigere sul podio Orchestra e Coro del Teatro Regio sarà PInchas Steinberg, direttore tra i più apprezzati nel repertorio tardo ottocentesco. Il ruolo di Dalila sarà interpretato dal mezzosoprano Daniela Barcellona, mentre quello di Sansone dal tenore Gregory Kunde e quello del sommo sacerdote da Claudio Sgura. A completare il cast saranno Andrea Comelli nel ruolo del satrapo Abimelech, Sulkhan Jaiani in quello del vecchio ebreo e Cullen Gandy in quello del primo filisteo. Sansone e Dalila è un’opera lirica composta da Camille de Saint Sains tra il 1875 e il 1876 su libretto di Ferdinand Lemaire. Celeberrima l’aria “Mon coeur s’ouvre à ta voix”, cantata da Dalila, sacerdotessa di Dagon, nel secondo atto, che riuscirà a convincere Sansone, capo degli Israeliti, a rivelarle il segreto della sua forza. L’opera debuttò al Teatro Granducale di Weimar in lingua tedesca nel dicembre 1877, riscuotendo un grande successo, mentre quando fu eseguita in Francia a Rouen per la prima volta, nel marzo 1890, non suscitò particolari entusiasmi. Tuttavia fu destinata a riscattarsi pochi anni dopo, divenendo l’opera più celebre di questo compositore, e cantanti liriche quali Sherley Verrett e Maria Callas hanno reso il personaggio di Dalila immortale. La composizione dell’opera presenta una dicotomia intrinseca, che risiede nel contrasto tra la ieraticità del soggetto biblico e i numerosi momenti leggeri e delicati della musica. Approcciando il soggetto biblico, Saint Saens doveva avere ben presente l’esempio dell’oratorio haendeliano, dal quale deriva l’uso del coro quale elemento privilegiato di coesione, mentre nel grande duetto del secondo atto si riconosce l’influenza del Tristan. La vicenda di Sansone ha in sé una grande forza tragica, che risiede nell’accettazione del proprio destino e il suo trionfo rappresenta anche la sua fine. Da questi elementi scaturisce un’opera di notevole sapienza contrappuntistica, percorsa da una sensualità estenuata e dai nuovi fremiti del nascente Novecento.
Mara Martellotta