La risposta di architetti, ingegneri e designer alle catastrofi naturali in un concorso internazionale, che ha visto il team della laurea magistrale in ‘Architettura per il progetto sostenibile’ del Politecnico classificarsi tra i nove vincitori
Dal 1970 ad oggi gli eventi catastrofici sono quadruplicati (The Economist) e solo negli USA ammontano a 306 miliardi di dollari i danni provocati dagli uragani e dagli incendi nel 2017. Si stima che i rifugiati a seguito di disastri naturali siano circa 20 milioni l’anno; il loro numero supera quello dei rifugiati per conflitti bellici ed è in continua crescita a causa dei cambiamenti climatici. Con l’intento di rispondere al crescente numero di calamità naturali che colpiscono il nostro pianeta, laWorld Bank e Nazioni Unite – UN Habitat, in partenariato con Airbnb, Build Academy e Global Facility for Disasters Reduction and Recovery hanno promosso il concorso Resilient Homes Design Challenge, per la progettazione di piccole case economiche e sostenibili che possano essere costruite ad un costo inferiore a 10 mila dollari. Progettisti di tutto il mondo sono stati chiamati a confrontarsi su un tema cruciale a livello globale: la casa per i rifugiati a causa di disastri naturali. Il concorso ha proposto il tema in una chiave nuova: il “transitional housing”, ovvero superare l’approccio tradizionale basato su campi profughi temporanei – che nella realtà dei fatti vengono occupati invece per anni, quando non per sempre – per vedere il processo di rilocalizzazione come inizio di un nuovo insediamento evolutivo, in grado di diventare da temporaneo permanente, crescendo nel tempo per soddisfare esigenze che passano da primo rifugio alla casa definitiva sullo stesso pezzo di terra. Questo nuovo approccio rende la sfida progettuale appassionante, perché alla casa permanente si richiedono prestazioni di comfort e resilienza che un rifugio temporaneo può non avere, e perché il riferimento a luoghi concreti spinge a confrontarsi con condizioni operative reali – non solo progettare una architettura, ma verificarne la fattibilità logistica, economica, costruttiva.
Il final design studio “Design within the limits of scarcity” della laurea magistrale in ‘Architettura per il progetto sostenibile’ del Politecnico di Torino ha raccolto questa sfida: 48 studenti di tutto il mondo, iscritti al Politecnico o qui in Erasmus o con accordi di doppia laurea, coordinati da Francesca De Filippicon Roberto Pennacchio (tecnologia dell’architettura), Matteo Robiglio e Elena Vigliocco con Matteo Gianotti (progettazione architettonica e urbana) e Marco Simonetti (Sistemi di controllo ambientale) hanno dapprima sviluppato alternative di progetto in competizione per poi convergere in tre team – uno per ognuno degli scenari proposti dal concorso, collocati in contesti ambientali e climatici diversi.Il progetto “Core House” coordinato da Laura Munoz Tascon, studentessa colombiana, ha sviluppato una elegante soluzione di casa in bamboo a basso costo ed alta sostenibilità, auto-costruibile, in grado di resistere a ricorrenti inondazioni sollevandosi dal suolo grazie a un ingegnoso sistema di galleggianti realizzati con materiali di recupero. I vincitori sono stati annunciati la scorsa settimana e il team del Politecnico è risultato uno dei 9 vincitori su più di 300 proposte presentate; i progetti vincitori saranno invitati per una esposizione alla sede centrale della World Bank a Washington DC e altre sedi internazionali, e potranno essere realizzati e sperimentati nell’ambito di interventi della Banca Mondiale nel mondo.
Il Team PoliTo:
Francesca De Filippi, Matteo Gianotti, Roberto Pennacchio, Matteo Robiglio, Elena Vigliocco, Marco Simonetti, Laura Munoz Tascon, Simone parola, Maria Vélez, Zhang xinyun, Ma Xingyu, Manuela Reitsma, Alessandro Scarfiello, Francesco Sorasio, Florencia Courroux, Ferhat Dural, Hadi Charafeddine, Fernanda Souza Povoa, Luca Anselmino, Tzlil Lussato, Mirela Dadaj, Ghazal Amiri, LI biao, Ramezanzade.