Questo libro narra la storia dei quattro imprenditori-intellettuali, protagonisti del miracolo italiano, usciti di scena tra il ‘60 e il ’64 per morte prematura e in circostanze ambigue e sospette: Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Domenico Marotta e Felice Ippolito
Curiosando tra gli scaffali di una libreria torinese lo sguardo si è posato su un libro edito da “Donzelli” nel 2011: “Il Miracolo Scippato. Le quattro occasioni sprecate della scienza italiana negli anni Sessanta”, di Marco Pivato. La lettura è stata più che interessante. All’inizio degli anni sessanta, l’Italia vantava alcuni poli di eccellenza scientifico-tecnologici che il mondo le invidiava in quattro settori strategici: informatico, petrolifero, nucleare, medico. Oggi, in pieno terzo millennio, è il fanalino di coda tra i paesi più sviluppati proprio per scarsità d’innovazione e ricerca. Perché? Questo libro narra la storia dei quattro imprenditori-intellettuali, protagonisti del miracolo italiano, usciti di scena tra il ‘60 e il ’64 per morte prematura e in circostanze ambigue e sospette: Adriano Olivetti, Enrico Mattei, Domenico Marotta e Felice Ippolito. Quello di Pivato è un libro-inchiesta, dove l’autore ricostruisce, in modo molto documentato e con tono avvincente (quasi fosse un giallo) le quattro storie svoltesi agli inizi degli anni Sessanta, il culmine del “miracolo economico”.
Appena quindici anni dopo la fine della seconda guerra mondiale – dalla quale usciva sconfitta e distrutta – l’Italia era riuscita a realizzare alcuni poli di eccellenza scientifico-tecnologici che il mondo le invidiava, proprio nei settori più avanzati e strategici: informatico, petrolifero-ingegneristico, nucleare, biomedico. Poi nel giro di pochi anni i casi Olivetti, Mattei, Ippolito e Marotta provocarono – per ragioni diverse ma non dissimili – il rapido declino, fino all’estinzione, dei frutti della rivoluzione informatica italiana (che aveva portato alla progettazione del primo pc e dei primi microprocessori del mondo); dell’autonomia energetica del paese, che si stava realizzando grazie all’instancabile e coraggiosa opera del fondatore dell’Eni; delle ricerche in campo nucleare, che grazie al Cnen diretto da Felice Ippolito aveva collocato l’Italia al terzo posto mondiale per la produzione di energia elettrica di origine nucleare; dell’Istituto superiore di sanità, che aveva fatto dell’Italia uno dei primi tre produttori di penicillina e il Paese in cui venivano a fare ricerca i premi Nobel stranieri per la medicina. Quattro punti fermi di un modello di sviluppo economico e sociale basato sulla ricerca scientifica vennero buttati via, aprendo la strada al declino. Il bel libro di Marco Pivato , giornalista collaboratore del supplemento “Tuttoscienze & Salute” de “La Stampa”, nel ricostruire questa storia, offre un angolo visuale intelligente e interessante, restituendoci la fotografia di un paese che, al contrario di oggi, era all’avanguardia dell’innovazione e i cervelli non fuggivano all’estero.
Marco Travaglini