GUSTO- Pagina 52

La Rocca di Arignano. Hotel di charme, ristorazione di qualità e storia. Non è per tutti

Di Augusto Grandi

Ci sono luoghi affascinanti, ricchi di storia e di suggestioni, che restano assurdamente fuori dai percorsi classici del turismo.

Indubbiamente la Rocca di Arignano, a soli 22 km dal centro di Torino, non è un luogo per tutti. Una rocca medievale, miracolosamente sopravvissuta a sette secoli di oblio e di incuria, non è il posto ideale dove far pascolare le mandrie di turisti in astinenza da shopping ed alla ricerca di località alla moda dove farsi fotografare per farsi invidiare dagli amici.
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Les Petit Madeleines, alta cucina nel segno dell’eleganza e dell’innovazione

Torino è conosciuta come la “piccola Parigi” per lo stile architettonico delle sue vie, per le  caratteristiche arcate di muratura sul fiume che la attraversa e dai palazzi che, in un certo modo, ricordano quelli maestosi della Francia dell’800. Tutto a Torino ricorda la Francia e il suo stile urbano: l’hotel 4 stelle Turin Palace, proprio di fronte alla stazione di Porta Nuova (lato via Sacchi) ne é un esempio.

La struttura storica ma contrapposta a chiare linee moderne , elegante e non eccentrica, è contornata di dettagli che ne imprimono subito lo stile con cui l’ospite viene accolto. E lo si nota subito dalla hall, arredata con divani e sedute ricoperti da materiali di qualità, con tinte abbinate ai colori dell’ambiente, avvolti da un’atmosfera di tranquillità e di rilassatezza. Accompagnati sempre da un sottofondo di musica classica che può aiutare a trovare concentrazione , a migliorare l’umore ma, piú in generale, contribuisce a calmare il corpo dalle fatiche quotidiane. A tal proposito, saranno varie le iniziative che lo stesso hotel metterà in campo al fine di godere delle intensità della note di musica classica abbinate a particolari degustazioni di tè.
Raffinatezza e stile che si può ritrovare soprattutto nel rinnovato progetto gastronomico del ristorante dell’hotel , LES PETIT MADELEINES, accessibile anche dal pubblico non ospite della struttura: la giovane brigata, guidata dall’executive chef Giuseppe Lisciotto, ha messo a punto un menù che si inserisce perfettamente in ció che potremmo identificare come una proposta gastronomica fresca e rinnovata,  dai gusti perfettamente equilibrati e distinguibili fra di loro, di alta cucina caratterizzata da sinfonie di semplicità e di innovazione.
Con le parole ben precise dello chef, si può comprendere immediatamente  il contenuto e la portata del progetto: ” Questi due anni , segnati da oggettive difficoltà per chi lavora nel mondo della ristorazione e dell’ospitalità, hanno avuto peró il merito di regalarmi del tempo non solo per approfondire le mie competenze, ma anche per riflettere su come approcciarmi nell’elaborare un piatto e nel proporlo. Una riflessione di concetto che ho portato nella Carta di Primavera de Les Petit Madeleines, in cui ho osato meno dal punto di vista della sperimentazione,  ma mi sono concentrato sul dare un’identitá netta ad ogni proposta, rendendola più centrata nell’uso degli ingredienti “
La primavera di gusti, su cui si basano i piatti, sono stati immaginati in un’ottica di sottrazione al posto dell’aggiunta,  proprio per assaporare fino alla fine l’ingrediente principe della portata: dove le contaminazioni sono state pensate e inserite per dare identitá e non per prevaricare. Ecco che, allora, il risotto, crema di topinambur, nduja e  liquriizia è stato chiaramente preparato omaggiando la terra calabra, quello dello chef, e il Piemonte, quella che lo ha accolto. Ma, nel menù alla carte, sono presenti e curiose anche le proposte sospese tra classicitá e innovazione, come il Filetto di fassona, pepe verde e patate ratte, la suprema di faraona, porro grigliato e chorizo e la pluma di maialino, broccoli e mele cotogne. Immancabile e sempre ben riuscita e gradita, la proposta tradizionale piemontese con sbuffi di innovazione non banale : il vitello tonnato con salsa all’antica, sedano e acciughe del cantabrico, l’insalata russa  con uova di quaglia e ventresca di tonno e gli agnolotti del plin al sugo di arrosto e crema di nocciole.
Degno di sottolineatura, il dessert di primavera ” Cremoso alla vaniglia, crema di nocciole, mela Red Moon ( coltivata in zona di Cuneo) e infuso al karkadè:  scenograficamente di impatto e dalla realizzazione curata nei particolari. La carta dei vini, ampia e selezionata direttamente dal sommellier di sala, abile conoscitore degli abbinamenti più adeguati alla pietanza prescelta.
Chiara Vannini
Turin Palace Hotel & Les petites Madeleines
Via Paolo Sacchi 8 , Torino
Tel. 011 0825321

Tenuta La Serra di Cinzano: l’eleganza di una cascina del 700 con grandi vini ed ottimi piatti

Di Augusto Grandi

Terra di grandi vini, il Piemonte. Però nell’immaginario collettivo il territorio vocato alla produzione di rossi e bianchi prestigiosi è limitato alle Langhe, al Monferrato.

Pochi conoscono la qualità di altri territori piemontesi, dal Saluzzese alle colline tortonesi, dal Canavese al Nord Piemonte. O al Chierese. E la sfida dell’agriturismo Tenuta La Serra di Cinzano è appunto rivolta a far conoscere ed apprezzare gli ottimi vini di questo angolo della provincia di Torino.

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Gli appetitosi “cossot” dell’orto in burnia

Una favolosa idea per utilizzare le zucchine che  abbondano nei nostri orti

 

Semplice e veloce questa ricetta e’ una favolosa idea per utilizzare le zucchine che in questo periodo abbondano nei nostri orti.  Un modo di conservarle per gustarle tutto l’anno intrappolando i profumi, i colori e i sapori dell’estate. Ottime in abbinamento ad un gustoso antipasto rustico con formaggi e salumi, un aperitivo sfizioso o un contorno stuzzicante.

***

Ingredienti:

1 kg.di zucchine

2 bicchieri di olio d’oliva

1 bicchiere di aceto bianco

12 foglie di basilico

5 spicchi di aglio

1 foglia di alloro

1 cipolla a fettine

3 bacche di ginepro

2 scorze di limone

3 cucchiaini di sale fino

1 cucchiaio di zucchero

***

Lavare bene le zucchine, tagliarle a pezzetti e metterle con tutti gli altri ingredienti in un tegame a bordo alto. Dal primo bollore lasciar cuocere per circa 5 minuti. Togliere dal fuoco e sistemare nelle “burnie”  (precedentemente sterilizzate), coprire con il liquido di cottura, chiudere bene con il tappo e sterilizzare in acqua bollente per 30 minuti

Paperita Patty

 

Con l’agriturismo Bellavista, Marentino fa dimenticare a tavola i disastri della Fiat

Di Augusto Grandi


Marentino, per troppi anni, ha significato per i torinesi solo la località dove venivano formati i quadri ed i dirigenti del gruppo Fiat.

È qui che si è concluso il braccio di ferro tra Romiti e Ghidella per la guida della Fiat. Con la vittoria del primo ed il conseguente declino inarrestabile del gruppo automobilistico torinese. Ed ora l’abbandono della struttura è il simbolo perfetto della conclusione della parabola Fiat. Ma, per fortuna, la scomparsa del gruppo ha favorito la rinascita del paese che sorge sulla collina torinese.

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Turin Palace Hotel e Les Petites Madeleines: una primavera di altissima qualità

Il coraggio di non osare.

Può sembrare paradossale, ma Giuseppe Lisciotto – chef del ristorante Les Petites Madeleines all’interno del Turin Palace Hotel del capoluogo subalpino – ha deciso che il menu di primavera deve prevedere meno sperimentazioni e più ricerca dell’identità di ogni singolo prodotto, sino ad arrivare in qualche caso al mono ingrediente. Serve coraggio, serve la capacità di rivalutare esperienze e tradizioni per arrivare a proposte più delicate.

Di Augusto Grandi

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Bere il territorio, al via la nuova edizione

Al via in tutta Italia la ventunesima edizione del
concorso letterario nazionale promosso da Go Wine

“BERE IL TERRITORIO”
Raccontare il vino attraverso un viaggio
L’associazione Go Wine lancia la ventunesima edizione del Concorso letterario nazionale Bere il Territorio.

 

E’ un progetto culturale che ha sempre accompagnato la vita dell’associazione fin dalla sua costituzione e che giunge nel 2022 ad un traguardo importante.

Riportiamo a seguire il Bando di Concorso che illustra le modalità di partecipazione e le informazioni legate alla sezione generale ed alle sezioni speciali.

Il Bando viene divulgato più avanti rispetto ai tempi abituali delle scorse edizioni, la scadenza è fissata al prossimo 30 aprile. 

 

Vi invitiamo a partecipare e a diffondere l’iniziativa.

Il Concorso conferma gli obiettivi di sempre che si rinnovano ogni anno e si misurano sempre con nuovi protagonisti: far crescere la cultura del consumo dei vini di qualità e contribuire, mediante il tema della narrazione, a valorizzare storia, tradizioni, paesaggio, vicende socio-culturali dei territori del vino.

IL BANDO DI CONCORSO

 

1. La ventunesima edizione del concorso letterario “Bere il Territorio” è promossa dalla Associazione Go Wine.

I partecipanti dovranno redigere un testo-racconto in forma libera che abbia per tema un viaggio in un territorio del vino italiano, raccontando esperienze, evidenziando il rapporto con i valori cari all’enoturista: paesaggio, ambiente, cultura, tradizioni e vicende locali.

 

Sono previste due categorie, in base a distinte fasce di età:

giovani dai 16 ai 24 anni;

per tutti i soggetti di età superiore ai 24 anni.

 

2. Ogni concorrente o gruppo potrà partecipare con un solo elaborato inedito, in lingua italiana, della lunghezza minima di due cartelle (3600 battute) e massima di 5 cartelle (9000 battute), redatto anche su supporto magnetico (chiavetta usb o cd-rom).

 

3. E’ inoltre istituita, a latere del concorso generale, una sezione speciale riservata agli studenti degli Istituti agrari italiani (di età compresa fra i 14 ed i 20 anni).

Verranno selezionati elaborati che trattino il tema dei vitigni autoctoni. Con l’invito agli studenti a svolgere un approfondito e originale lavoro di ricerca su vitigni autoctoni della propria zona di provenienza o di altre aree. Nell’elaborato essi potranno tenere conto delle conoscenze acquisite durante il corso di studio e trattare l’argomento attraverso uno specifico elaborato.

La partecipazione al Concorso è consentita a singoli studenti oppure a piccoli gruppi non inferiori a 5 persone. Gli elaborati dovranno avere la medesima lunghezza di cui all’art. 2, salvo eccezioni dettate dal lavoro di ricerca a cui sono chiamati.

 

4. Ogni testo dovrà contenere, in calce, le generalità del concorrente: nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono ed eventualmente il riferimento dell’Istituto agrario di appartenenza (per la sezione speciale dell’art. 3).

 

5. Gli elaborati dovranno pervenire, in tre copie dattiloscritte e su supporto magnetico, entro il 30 aprile 2022, tramite posta, al seguente indirizzo:

 

Concorso “Bere il territorio” – Go Wine

Via Vida, 6 – 12051 Alba (Cn).

 

6. Gli elaborati saranno sottoposti al vaglio della giuria composta da Gianluigi Beccaria e Valter Boggione (Università di Torino), Margherita Oggero (scrittrice), Bruno Quaranta (La Repubblica), Massimo Corrado (Associazione Go Wine).

 

7. Saranno selezionati dalla sezione generale I DUE MIGLIORI TESTI, uno per ciascuna categoria: i vincitori riceveranno ciascuno un premio di euro 500,00.

 

7a) Sarà selezionato dalla sezione speciale riservata agli Istituti agrari IL MIGLIORE LAVORO DI RICERCA: il vincitore (o il gruppo) della sezione speciale riceverà un premio di euro 500,00.

 

8. E’ istituito da questa edizione un premio speciale rivolto a realtà del comparto vitivinicolo che si siano distinte per aver salvaguardato il patrimonio territoriale in un’ottica di valorizzazione del paesaggio, con la fruizione dell’ambiente naturale, volto a stimolare lo sviluppo culturale, turistico, sociale ed economico. Il tutto in un’ottica di sostenibilità nel rispetto di modelli di sviluppo equi e “green”.

 

9. È inoltre istituito un premio speciale a favore di un libro edito durante l’anno 2021 che abbia come tema il vino o che, comunque, riservi al vino una speciale attenzione.

L’autore riceverà un premio in denaro di euro 500,00.

 

10. I testi rimarranno a disposizione dell’organizzazione del concorso e non verranno restituiti. I concorrenti, accettando senza condizione il presente regolamento, concedono, sin d’ora e senza nulla pretendere, i diritti di pubblicazione a Go Wine.

 

11. I vincitori, che saranno avvertiti tramite raccomandata, saranno premiati durante la cerimonia che si terrà ad Alba sabato 28 maggio 2022.

 

12. I giudizi della giuria, che selezionerà le opere, sono insindacabili.

 

13. Per quanto non previsto dal presente regolamento, le decisioni spettano autonomamente alla segreteria del concorso.

 

 

Info: Associazione Go Wine – Tel. 0173 364631 e-mail gowine.editore@gowinet.it

 

I tiramisù di Eataly Lingotto per la Fondazione per la Ricerca sul Cancro

Quest’anno, in occasione della Giornata internazionale dei diritti della donna, il tiramisù Eataly diventa ancora più buono: dall’8 al 13 marzo, parte del ricavato dei tiramisù acquistati nei ristoranti a Eataly Lingotto sarà devoluto alla Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro, per sostenere la lotta contro i tumori femminili.

Pochi ingredienti, di alta qualità e ricchi di gusto rendono il tiramisù preparato ogni giorno dagli chef di Eataly un fine pasto immancabile. Ecco i Savoiardi Giovanni Moro fatti a mano, il caffè il Supremo Presidio Slow Food della Cooperativa Sociale Pausa Café, la crema al mascarpone di Golosi di Salute e il cacao in polvere Due Vecchi di Venchi da pregiate miscele del centro e sud America. Un omaggio al dolce italiano più amato al mondo, così semplice ma anche così buono. E dall’8 al 13 marzo ancora più buono: sosteniamo insieme la ricerca!

Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro
La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro Onlus è stata costituita nel 1986 per offrire un contributo significativo alla sconfitta del cancro attraverso la realizzazione in Piemonte di un centro oncologico, l’Istituto di Candiolo (Torino), capace di coniugare la ricerca scientifica con la pratica clinica e di mettere a disposizione dei pazienti le migliori risorse umane e tecnologiche.
La Fondazione Piemontese per la Ricerca sul Cancro si occupa di reperire le risorse economiche attraverso attività di raccolta fondi e organizza tutte le iniziative e le manifestazioni necessarie per raggiungere questo scopo.
L’Istituto di Candiolo è l’unico centro di ricerca e cura del cancro italiano realizzato esclusivamente attraverso il sostegno di oltre 300 mila donatori privati che, grazie alla loro generosità, ne hanno fatto un centro di rilievo internazionale. L’ Istituto di Candiolo è anche l’unico “Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico” del Piemonte, riconosciuto dal Ministero della Salute, a testimonianza delle importanti scoperte fatte e pubblicate sulle più prestigiose riviste scientifiche internazionali. È inserito nella Rete Oncologica del Piemonte e della Valle d’Aosta e le sue prestazioni sono fornite in convenzione col Servizio Sanitario Nazionale o in regime di libera professione. Ha iniziato la sua attività nel 1996 e da allora ha sviluppato nuovi spazi e servizi. Oggi si estende su 56.500 mq, di cui circa 10 mila dedicati alla ricerca. A Candiolo lavorano circa 800 persone tra medici, ricercatori italiani e internazionali, infermieri, personale amministrativo e tecnici.
La Fondazione ha previsto per i prossimi anni un importante piano di sviluppo che permetterà all’Istituto di crescere ulteriormente, dotandosi così di nuovi spazi da mettere a disposizione di medici, ricercatori e, soprattutto, dei pazienti e delle persone a loro vicine. L’obiettivo è di curare sempre più persone e sempre meglio.

Azotea, il nuovo concept di restaurant bar nel cuore di Torino

LA “TERRAZZA”  DA DOVE ESPLORARE CULTURE LONTANE MA VICINE.  

Torino porta con sé tante etnie e culture diverse: un meltin’ pop straordinario di cui, forse, dovremmo farne più tesoro. Popoli che si fanno conoscere soprattutto attraverso il cibo e la gastronomia del proprio territorio di origine e che stiamo imparando a conoscere attraverso i ristoranti che propongono le loro ricette tradizionali.
Da qualche mese, in città, è nato quello che potremmo definire un punto di riferimento importante per l’unione di culture gastronomiche diverse fra di loro, quella nippo – peruviana: Azotea, che in spagnolo significa ” terrazzo”, narra l’esplorazione visiva e gustativa di due mondi che tanto lontani sembrano non essere e dove la contaminazione di gusti apparentemente diversi danno vita a piatti, tapas e cocktail in perfetta armonia fra di loro.

Noi de ” Il Torinese” abbiamo intervistato insieme il bar manager e titolare del locale Matteo Fornari, e lo chef, che i più a Torino si ricorderanno per averlo conosciuto ai fornelli della cucina del Carlina Restaurant, e che vanta notevoli esperienze sia in Piemonte che addirittura in Arabia Saudita, Alexander Robles, di origini peruviane.
1. Com’è nato il progetto di Azotea? 
MF:  E’ nato nel 2017, su volontà mia e di mia moglie, a Laigueglia dove gestivamo già un cocktail bar dove la cucina era solo un contorno, un di più rispetto alla nostra reale proposta. E già il locale portava il nome di ” Azotea” , proprio per la presenza di questa grande terrazza a vista sul mare. La volontà di trasferire definitivamente il locale a Torino, è stata dettata anche dalla necessità dare continuità al rapporto coi clienti – la maggior parte torinesi – e la valorizzazione della parte “food” è stata rivolta proprio per dare completezza ai cocktail ai quali mi sono dedicato lungamente e con molto studio alle spalle. E poi, ora come ora, Torino – dal punto di vista urbano e di vivibilità – è davvero molto più ordinata: questo aspetto, dando seguito anche ai miei studi in grafica pubblicitaria, è stato maggiormente di stimolo ad insediarsi qui. E ho trovato  tanta voglia di cambiamento
AR: E’ stato amore a prima vista con Matteo e sua moglie Noemi. Mi trovavo in un periodo di cambiamenti lavorativi e trovarmi da Azotea è stata la mia fortuna. Ci siamo capiti sul mio modo di cucinare e il loro modo di completarla con la parte liquida: ciò che davvero mi ha conquistato e che mi ha fatto subito entrare in empatia con la proprietà è stato un cocktail realizzato appositamente per me a base di alloro e funghi shiitake peruviani che, fino a quel momento, conoscevo solo per l’utilizzo in cucina. I profumi e il perfetto mix tra i componenti mi ha addirittura ricordato i profumi del ragù di mia nonna in Perù : un vero cocktail sensoriale ed emozionale. Il mio ingresso in questo locale è stato da me fortemente voluto perchè poteva darmi la possibilità di concentrare il mio lavoro a partire dalle mie origini nippo- peruviane ( la mia bisnonna era giapponese) : il mio attaccamento alla città di Torino e le importanti esperienze di lavoro che ho svolto da Davide Palluda nelle Langhe e a Villa Tiboldi, sempre sotto la sua consulenza, nonchè anche in Arabia Saudita dove ho assunto il ruolo di chef, mi hanno permesso di riprendere in mano il mio ” curriculum” e di metterlo a disposizione in questa nuova avventura gastronomica e culturale.
2. Il Perù ospita la seconda comunità giapponese del sudamerica. Quali sono i caratteri della cucina peruviana che trovi si uniscano meglio alla cucina giapponese?
AR: Senza dubbio l’utilizzo del particolare tipo di peperoncino peruviano, dalle note fruttate, e le sue varie intensità, è l’ingrediente da cui parto per arrivare alla giusta contaminazione. Questo ingrediente, però, sia nei piatti che nei cocktail, non risalta la nota piccante spiccata ( come ad esempio accade nella cucina messicana)  ma, al contrario, fornisce una nota di aromaticità. Al tecnicismo, che contraddistinguono le lavorazioni della cucina giapponese, si contrappone l’equilibrio e la fantasia culinaria proveniente dai gusti tipici del Perù. Ad esempio, nel nostro ” Ceviche mexclado” , ho dovuto equilibrare con attenzione l’acidità e la piccantezza sia del peperoncino sia dello zenzero, insieme all’intensità data dal coriandolo: molta gente per la prima volta assaggia i nostri piatti nikkei- peruviani e così devo necessariamente far sì che tutto sia in equilibrio per soddisfare tutti i palati
MF: Per la cocktaileria, invece, non abbiamo un ingrediente preciso da cui partire: lo scegliamo e da lì , io e il mio staff del bar, costruiamo il cocktail da far conoscere al pubblico. Ad esempio, quando ho assaggiato il tomate de àrbol, pomodoro peruviano dove, assaggiandolo, ci sono un sacco di sentori ( tra cui, molto curioso, la liquirizia) , con una pelle molto dura e amarognola e, dopo averlo lavorato, abbiamo capito che potevamo inserirlo in un drink semplice, il pisco sour, dando vita, così, al ” Tomato de Pisco” : un gusto particolare, che nulla ha a che fare con il Bloody Mary, ma dona una freschezza aromatica ed erbacea inaspettata. Nel processo di bilanciamento di tutta la nostra proposta sia food che drink, in questo preciso cocktail la ” bilancia” pesa forse di più verso l’utilizzo delle acidità con il lime, in contrapposizione con la dolcezza del pisco. Ecco, questa continua ricerca dell’ equilibrio e di rispetto per le ricette originali, fa comprendere come l’espressione ” nikkei” e tutto ciò che di culturale appartiene, è una componente sempre presente in ogni nostra espressione.

3. Che importanza ricopre il procedimento del cocktail e del food pairing nella vostra proposta menù?
MF: Fondamentale. La prima cosa che ci siamo detti io e lo chef, quando abbiamo stretto l’accordo di lavoro, è che il piatto e il drink dovevano essere complementari uno all’altro. E non è un capriccio perchè, proprio a livello molecolare ,alcuni ingredienti sono particolarmente affini ad altri e, se l’abbinamento è fatto a regola d’arte, l’esaltazione del piatto è massima.  Il drink è divertente sul piatto e viceversa: il pubblico sta dimostrando di apprezzare questo gioco.
AR: L’intesa e il confronto con Matteo è molto forte su questo aspetto: i miei piatti, dopo averli assaggiati, sono associati subito a un drink di sua realizzazione. Il bar ormai è come la cucina: come io, ad esempio, lavoro con le estrazioni o con delle cotture particolari, il barman le riporta in forma liquida. Gli ingredienti, che spesso non sono abituati ad utilizzare in un cocktail, riesco ( per lo meno spero) a stimolarli e a farglieli conoscere.

4.Qual è il vero ingrediente che unisce Perù e Giappone ? 
AR : Inaspettatamente, la salsa di soia, ovviamente, giapponese. Ne esistono tantissimi tipi che qui in Italia non conosciamo. In Perù viene prodotta ma non è così popolare come in Giappone. Le varietà più aromatiche, insieme a determinati tagli di pesce, che ne garantiscono maggior morbidezza durante la masticazione, le utilizzo per esaltare i piatti più spiccatamente peruviani
MF: Per i cocktail utilizzo varie infusioni di tè giapponese e lo yuzu, agrume favoloso molto aromatico, che unisco al tamarindo peruviano, frutto con un’acidità importante, che dà molta forza al drink. E poi, sicuramente, l’uso del sake in unione sempre con altri ingredienti della tradizione peruviana, sono i cocktail a cui puntiamo per darci identità.
Azotea – Cocktail bar e Cucina Nikkei 
Via Maria Vittoria 49/B- Torino
Tel. 328 8015231
Chiara Vannini