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Netflix del turismo enogastronomico: si chiama Neh Experience 

Lo hanno definito il Netflix del turismo. Si chiama Neh Experience ed è la start up legata ai tour enogastronomici ideata dagli Under 30 torinesi Carlo AbrateMatteo Jaretti Sodano ed Emanuele Sega.

Il progetto nasce sulla base dell’esperienza maturata da Piedmont Food, la pagina Instagram nata nel 2018 per volere di Emanuele Sega volta a promuovere l’enogastronomia piemontese. “Ci siamo ritrovati tutti a Torino durante la pandemia – spiegano i tre soci – dopo diversi anni trascorsi all’estero: siamo compagni di scuola e abbiamo sempre avuto una passione comune per questo settore; visti i problemi in cui il mondo della ristorazione si è imbattuto in seguito alla crisi pandemica abbiamo deciso di realizzare qualcosa che sia di aiuto per il settore e che porti valore al cliente finale”.

Queste le premesse per la nascita della start up che è stata ideata nel luglio del 2021: la piattaforma è andata online nel dicembre dello scorso anno, ma è solo nella primavera del 2022 che è stato previsto il lancio e l’effettiva operatività del sistema. Il valore aggiunto è quello di fare rete utilizzando il web e i social media, proponendo pacchetti esperienziali che possano essere costruiti dall’utente finale in modo tailor made.

Nei primi sei mesi di attività Neh Experience ha coinvolto un business angel esterno che ha acquisito il 6% del valore potenziale del progetto che si aggira sul milione di euro: “La nostra piattaforma – spiegano i soci – è un sistema di acquisto e prenotazione che aggrega in un unico portale servizi come quelli offerti da Air B&B, Booking e The Fork, ma tutto è stato sviluppato internamente per rendere il più personalizzabile possibile la piattaforma in base alle diverse esigenze dei nostri partner”.

Le experience passano dal settore enogastronomico al mondo dell’hôtellerie, fino ad arrivare alla realizzazione di eventi che siano in grado di valorizzare le proposte e i partner dell’iniziativa: “A noi spetta la selezione delle migliori realtà e l’ideazione di pacchetti che comprendano anche attività ludiche e di scoperta del territorio – aggiungono i tre soci – ma ogni scelta può essere implementata in base ai gusti del singolo utente che verrà guidato nella personalizzazione delle esperienze attraverso l’intelligenza artificiale”.

Attualmente hanno aderito al network una cinquantina di realtà che offrono un centinaio di attività tra Torino, Langhe e Monferrato, ma Neh Experience sta lavorando affinché per l’autunno il progetto esperienziale possa offrire attività anche nel nord Piemonte e sulle montagne. Le experience si suddividono in tre fasce di prezzo: sotto i 50 euro; tra i 50 e i 100 euro; sopra i 100 euro e propongono dalla degustazione in cantina al giro in mongolfiera.

Una curiosità: il nome Neh si rifà all’intercalare tipico piemontese e vuole essere non solo un omaggio all’esclamazione più simpatica del dialetto locale, ma vuole anche testimoniare il senso di appartenenza dell’intero progetto al territorio di origine e alla cultura locale.

CHI SIAMO

Carlo Abrate ha una laurea magistrale in Ingegneria Matematica ed è dottorando in intelligenza artificiale; Matteo Jaretti Sodano è laureato in Ingegneria Produzione Industriale e Innovazione Tecnologica e ha un master in Management e Production System; Emanuele Sega ha studiato come perito elettronico ed ha esperienze dall’Europa al Canada e all’Australia nella gestione ristorativa. Nell’ambito di Neh Experience i tre soci si sono suddivisi i ruoli tra gestione contabile, tecnologica e commerciale; in tutto lavorano al progetto una decina di giovani per il 60 % donne.

Per maggiori informazioni www.nehexperience.com

Just Eat ha celebrato l’Hamburge Day!

A TORINO +11% DI ORDINI, CON OLTRE 15MILA KG DI HAMBURGER NEL 2021

In occasione dell’Hamburger Day 2022, Just Eat presenta i dati relativi agli ordini sulla piattaforma, che rivelano una grande passione degli italiani per il panino più famoso del mondo.

  • L’hamburger è tra le cucine più ordinate in Italia, seconda solo alla pizza
  • Torino al quarto posto tra le città con più ordini
  • Nel 2021 sono stati ordinati in Italia oltre 336.000 kg di hamburger, +14% rispetto al 2020.
  • L’hamburger classico è il preferito dagli italiani, ma non mancano varianti alternative.
  • Le patatine fritte sono il contorno per eccellenza.

Una leggenda metropolitana narra che il cuoco tedesco Otto Kuasw provò un giorno a togliere una salsiccia dal suo involucro, appiattendola e friggendola nel burro. La pietanza che ne venne fuori pare fosse perfetta da gustare tra due fette di pane: e così, si racconta, nacque l’hamburger, uno dei piatti più gustosi e amati da grandi e piccini di tutto il mondo.

Just Eat (www.justeat.it), app leader per ordinare online cibo a domicilio in tutta Italia e nel mondo, e parte di Just Eat Takeaway.com, leader mondiale nel mercato della consegna di cibo a domicilio, celebra questa iconica pietanza in occasione dell’Hamburger Day 2022, analizzando le preferenze e i gusti degli italiani in relazione all’amatissimo panino e alle sue varianti.

Dall’analisi di Just Eat, si evince che il trend sulle ordinazioni di hamburger è in netta crescita rispetto al 2020: solo nel 2021 sono stati ordinati in Italia oltre 336.000 kg di hamburger, pari al +14% rispetto al 2020. E il trend non sembra arrestarsi: nei primi mesi del 2022, sono già stati ordinati oltre 95.000 kg di hamburger! La popolarità di questo piatto e’ anche provata dal fatto che l’hamburger si trova al secondo posto tra le cucine più ordinate in Italia, preceduta solo dalla pizza.

Gli hamburger più amati

 

Ma quali sono le tipologie di hamburger preferite dagli italiani? Al primo posto, l’intramontabile Hamburger classico, seguito dal Cheeseburger, per gli amanti della golosa aggiunta di formaggio. La medaglia di bronzo è aggiudicata dall’opzione Componi il tuo hamburger, per tutti i buongustai che non rinunciano al proprio tocco creativo! Seguono il Bacon Burger, con il croccante bacon ad accompagnare il sapore della carne, e il Chicken Burger, per chi preferisce la carne bianca e una panatura croccante.

Un’altra variante molto amata dagli italiani su Just Eat è quella dell’hamburger con carne Made in Italy: dalla chianina alla fassona, passando per la scottona, gli italiani amano la ricetta internazionale ma non rinunciano alla qualità nostrana.

Infine, nel 2021 sono emerse anche alcune varianti non tradizionali, create con ingredienti alternativi: nel 2021 sono stati ordinati infatti ben 567 kg di Avocado Burger e 189 kg di Tomino Burger. Scelta ideale per chi non preferisce la carne ma non resiste al fascino del panino per eccellenza!

Italiani sempre più green, anche nella scelta dell’hamburger

 

Oltre alle varianti con avocado e tomino, Just Eat ha registrato un aumento di ordini di hamburger vegetariani o vegani pari al +26%. Queste varianti sono composte non solo da sostituti della carne, ma anche da hamburger creati con proteine vegetali, quali per esempio ceci o lenticchie, oppure mix di deliziose verdure, come zucchine, broccoli, patate e… cipolla!

Il dato conferma le evidenze raccolte da Just Eat in occasione del Veganuary a gennaio 2022, dove si evince che 2 italiani su 3 hanno ridotto il consumo di carne e pesce nel 2021. Inoltre, il 14% della popolazione si dichiarava propenso ad abbracciare il regime di dieta vegana durante il 2022.

A dimostrare ulteriormente l’amore di tutti gli italiani per l’hamburger, il piatto vegano più ordinato durante il 2021 è stato proprio l’hamburger vegano: irresistibile in tutte le salse!

Il contorno, per una coccola a 360 gradi

 

Quando immaginiamo un piatto di hamburger, è impossibile visualizzare solo un panino: il contorno infatti non può mancare! Il side per eccellenza e il più ordinato su Just Eat sono ovviamente le patatine fritte, seguite dagli anelli di cipolla. A seguire, gli italiani amano abbinare all’hamburger anche chicken nuggetschicken wingsmozzarella sticks e le deliziose olive ascolane.

Le città più ghiotte di hamburger: Torino al quarto posto

 

Per quantificare la golosità degli italiani, ecco le 10 città che hanno ordinato piu’ hamburger nel 2021.

  1. Roma (oltre 59 mila chili ordinati)
  2. Genova (oltre 31 mila chili ordinati)
  3. Bologna (oltre 19 mila chili ordinati)
  4. Torino (oltre 15 mila chili ordinati)
  5. Milano (oltre 12 mila chili ordinati)
  6. Napoli (oltre 8 mila chili ordinati)
  7. Trieste (oltre 6 mila chili ordinati)
  8. Padova (oltre 5 mila chili ordinati)
  9. Firenze (oltre 4 mila chili ordinati)
  10. Palermo (oltre 4 mila chili ordinati)

Torino, che nel 2020 si trovava al quinto posto della classifica e che nel 2021 ha aumentato gli ordini di hamburger del +11%.

I periodi e i momenti preferiti per ordinare

Non c’è propriamente una stagione preferita per ordinare un bell’hamburger, come si evince proprio dalla classifica dei mesi che hanno registrato maggiori ordini di hamburger nel 2021:

  1. Gennaio
  2. Marzo
  3. Aprile
  4. Febbraio
  5. Maggio
  6. Ottobre
  7. Giugno
  8. Dicembre
  9. Settembre
  10. Luglio
  11. Novembre
  12. Agosto

Per quanto riguarda i momenti preferiti dagli italiani per ordinare, vince il weekend: il sabato è il giorno preferito per gustare un hamburger in tutta Italia, soprattutto nella città di Napoli, dove nel weekend si registra un terzo degli ordini di hamburger dell’intera settimana!

Just Eat svela anche che gli italiani sembrano preferire gustare un hamburger da soli (59% degli ordini) rispetto che in compagnia (41% degli ordini).

Piccole curiosità

 

In provincia di Torino, a maggio 2021, un utente ha fatto l’ordine con piu’ hamburger dell’anno, ordinando ben 15 hamburger di tipologie diverse: l’ordine conteneva infatti panini con carni più tradizionali, come fassona, angus e pollo ma anche cinghiale e addirittura canguro! L’ordine di hamburger più costoso registrato su Just Eat nel 2021 ammontava a ben 612€. In entrambi i casi, si è trattato probabilmente di una bella e gustosa – e costosa! – serata tra amici.

Golosità a Nole: la sagra dell’Ofela

Il 2 giugno 2022 a Nole si terrà la tradizionale “Sagra dell’ofela”.

Artigianato, hobby, produttori locali, arte, fiori, street food, giostre e minigolf, a spasso con i pony, CRI, buone protezione civile, duelli medievali, tiro con l’arco, tamburi di borgo S.Rocco e molto altro.
Ore 15,30 concerto in  piazza Vittorio Emanuele.
Sarà possibile salire sulla torre civica. (ingresso gratuito – accesso consentito ai minorenni soltanto se accompagnati dai genitori).
Apertura della sagra ore 9,00.

Andar per vini alla trentesima edizione di Cantine Aperte

Tradizionale appuntamento in Piemonte il 28 e 29 maggio

 

Torna Cantine Aperte in Piemonte e in tutta Italia grazie al Movimento Turismo del Vino, l’associazione di cantine italiane che promuove l’enoturismo. Quest’anno sarà un’edizione davvero speciale: nell’ultimo week end di maggio si festeggiano infatti i 30 anni di Cantine Aperte. Siamo stati i pionieri dell’accoglienza dei turisti in cantina!

Sarà un’occasione imperdibile per gli enoturisti alla ricerca di momenti da vivere all’aperto, in sicurezza e toccando con mano il lavoro in vigna ed in cantina attraverso il racconto dei produttori.
Le cantine socie di Movimento Turismo Vino sono pronte ad accogliervi con le degustazioni dei migliori vini piemontesi di fronte a splendidi panorami, percorsi trekking, picnic tra le vigne, pranzi tra i filari. Non c’è che l’imbarazzo della scelta fra cantine storiche e piccole realtà da scoprire fra le nostre meravigliose colline: basta consultare i partecipanti e le attività proposte e creare il proprio itinerario di visita!

E’ sempre necessaria la prenotazione.

PARTECIPANTI E PROGRAMMI
VAI ALLA MAPPA 
Per info:
piemonte@movimentoturismovino.it
www.mtvpiemonte.it
www.movimentoturismovino.itCantine Aperte è un marchio di proprietà del Movimento Turismo del Vino, registrato e protetto giuridicamente per contrastarne qualunque abuso/imitazione e garantire ai consumatori qualità e professionalità nell’accoglienza, tratti distintivi delle cantine MTV.

L’Associazione Movimento Turismo del Vino è un ente non profit ed annovera circa 1000 fra le più prestigiose cantine d’Italia, selezionate sulla base di specifici requisiti, primo fra tutti quello della qualità dell’accoglienza enoturistica. Obiettivo dell’associazione è promuovere la cultura del vino attraverso le visite nei luoghi di produzione. Ai turisti del vino il Movimento vuole, da una parte, far conoscere più da vicino l’attività e i prodotti delle cantine aderenti, dall’altra, offrire un esempio di come si può fare impresa nel rispetto delle tradizioni, della salvaguardia dell’ambiente e dell’agricoltura di qualità.
www.movimentoturismovino.it

Il sapore del mare nel cuore di Torino

PAPO KITCHEN & FISH

Una bistronomie di pesce in via Monferrato, in Borgo Po, uno dei quartieri più chic di Torino, tra la Gran Madre, la collina e il fiume Po.

Un locale piccolo: tre salette, pochi tavoli, qualche posto al bacone davanti allo chef che sfiletta il pesce e un grazioso dehor affacciato proprio sulla via del passeggio.

Un menù di solo pesce, crostacei, ostriche e coquillages nel quale convivono ricette semplici e invenzioni gastronomiche. Percebes, Gamberi rossi di Mazara del Vallo, Chele di Granciporro, Fasolari, Lumache di mare, ricci e king krab sono solo alcuni dettagli del ricco menù.

Il pesce, che arriva fresco tutti i giorni, è il protagonista della carta – antipasti, primi, secondi e zuppe – ma si può scegliere anche fra quello esposto nel bancone, scegliendo se farlo preparare alla griglia, al sale o fritto.

L’ambiente è informale ma curato; ogni dettaglio parla di mare ed entrare da Papo Kitchen & Fish è un po’ come spostarsi in una località marittima. Anche i tavoli apparecchiati con tovagliette all’americana sia a pranzo sia a cena aiutano a creare l’atmosfera, sdrammatizzando il concetto di lusso.

I piatti sono accompagnati da una interessante carta dei vini, un’ampia selezione di etichette che comprende bianchi, rossi e rosati, con un occhio di riguardo per gli Champagne e le bollicine italiane.

L’Enoteca regionale dell’Albugnano

Sono salite a quindici le enoteche regionali del Piemonte. L’ultima è nata in questi giorni ad Albugnano sulle colline del basso Monferrato astigiano, in una terra ricca di vigneti, storia, leggende, arte romanica e Santi sociali.

È l’Enoteca regionale dell’Albugnano, inaugurata nell’ex scuola elementare del piccolo paese di 500 abitanti della provincia di Asti. Siamo ad Albugnano, il “balcone del Monferrato”, come viene chiamato per la sua altitudine, 550 metri, e per lo splendido panorama che nelle giornate limpide si ammira dal suo belvedere sulle colline tra il torinese e il basso Monferrato. Nella nuova Enoteca, diretta da Giancarlo Montaldo, si può apprezzare l’Albugnano Doc che nasce da 40 ettari di vigneto contro i quindici di tre-quattro anni fa. Una produzione che si aggira intorno a 250.000 bottiglie all’anno. “I soci sono inizialmente venticinque ma, assicura Montaldo, entreranno presto nella nostra famiglia tante altre realtà vitivinicole e agroalimentari che vogliono farsi conoscere”. Nella nuova Enoteca, oltre ad apprezzare l’Albugnano, è possibile degustare gli altri grandi vini del territorio come il Freisa d’Asti e quello di Chieri, la Malvasia di Castelnuovo Don Bosco e la Barbera d’Asti insieme ad una lunga serie di prodotti agroalimentari, dalle nocciole alle verdure sottovetro, dalla frutta alle confetture e al miele. L’enoteca diventerà un luogo d’incontro non solo per produttori e amanti del buon vino ma anche per chi è interessato a vedere le bellezze artistiche e i tesori culturali della zona, come la storica Abbazia di Vezzolano e la chiesa di San Pietro ad Albugnano, dell’anno Mille, un tempo parrocchia e oggi all’interno del cimitero, tutta in arenaria e ristrutturata nel corso dei secoli. L’enoteca sarà quindi una tappa importante anche per turisti e visitatori che nei locali dell’edificio troveranno le informazioni necessarie per gite, escursioni e visite a musei e chiese. L’Enoteca regionale dell’Albugnano, messa a disposizione dal Comune e ristrutturata con il contributo della Regione Piemonte, è aperta dal venerdì al lunedì dalle 10,30 alle 18,30.
Filippo Re

Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato: territorio e qualità

Esistono vini che resistono al tempo e che, nonostante le innovazioni tecnologiche introdotte per la loro produzione, hanno saputo mantenere intatto il gusto col quale si sono fatti conoscere. E, forse, si sono anche migliorati. 

Il Consorzio Barbera d’Asti e Vini del Monferrato, rappresenta un punto di riferimento per lo sviluppo di una filiera vitivinicola che esprime in pieno i valori di una porzione di regione che ha ancora tanto da esprimere: i lavori di ricerca e sviluppo,  nel tenere vivi i rapporti tra la natura e l’impresa, hanno dato vita  una rinnovata modalità di intendere e promuovere i propri prodotti di punta,  fra i quali possiamo ricordare: 4 docg – Barbera d’Asti, Nizza, Ruchè di Castagnole Monferrato e Terre Alfieri; e 9 doc – Albugnano, Cortese dell’Alto Monferrato, Dolcetto d’Asti, Freisa d’Asti, Grignolino d’Asti, Loazzolo, Malvasia di Castelnuovo Don Bosco, Monferrato e Piemonte.
L’obiettivo futuro per il Consorzio è rappresentato dal raggiungimento costante verso i mercati europei : l’assemblea dei soci, infatti, ha lavorato a lungo per dare vita a un importante pacchetto di proposte importanti, di modifiche e di interventi atte a perseguire e rafforzare il percorso di crescita e sviluppo su cui il Consorzio si è concentrato.
Dalle dichiarazioni del Presidente del Consorzio,  Filippo Mobrici, secondo le quali il focus su cui si sta lavorando maggiormente riguarda la diversificazione e l’ampliamento dell’offerta vinicola verso i mercati nazionali e internazionali, noi de ” Il  Torinese ” abbiamo intervistato il Presidente : aver avuto la possibilità di approfondire  la conoscenza degli obiettivi del Consorzio e capire in cosa consiste la modifica al disciplinare per la realizzazione dei vini appartenenti al consorzio stesso, è stato un vero piacere.
 
1. Si è concluso da alcune settimane il Vinitaly: quali vantaggi ,  come Consorzio del Barbera,  avete percepito a seguito della vostra partecipazione? 

Partecipare a vinitaly è stato prima di tutto un ritorno alla normalità. Abbiamo avuto l’occasione di presentare la nostra nuova campagna Welcome to my place, che è un invito ai nostri consumatori di tutto il mondo a venire a trovarci a casa nostra, nel Monferrato. Le nostre aziende hanno potuto cogliere le opportunità commerciali che il nuovo vinitaly offre. Infatti da qs edizione il vinitaly ha incentrato la sua attenzione verso gli operatori invece che sul pubblico.
 
2. In un’ottica futura di crescita e di sviluppo del Consorzio, voi – intesi come soci – avete approvato una serie di modifiche allo statuto, in particolare al disciplinare in base al quale si dovranno produrre i vini della vostra zona. In cosa consiste, brevemente, questo pacchetto di regole?
 Le modifiche apportate dall’assemblea consorto al disciplinare del Barbera d’Asti si orientano nel segno dell’innalzamento qualitativo e nella sempre più valorizzazione del nostro vino principe. Abbiamo innalzato il grado minimo naturale delle uve( sempre più convinto che qualità si fa nelle vigne), abbiamo inserito nuove opportunità come la Riserva – che richiede 24 mesi di affinamento, di cui 12 in legno – , oltre che menzioni geografiche più piccole , come le denominazioni comunali che hanno lo scopo di identificare, con maggior dettaglio, i vini Barbera d’Asti provenienti da territori specifici, i comuni appunto.
Dopo 14 anni dall’ottenimento della Docg, queste novità rappresentano una svolta nella storia del Barbera d’Asti .
 
3. Quali sono le vostre aspettative in seguito all’approvazione di questo disciplinare, sotto l’aspetto della comunicazione , e tra il pubblico? 
 

E’ ovvio che le aspettative sono tante. Pensiamo che la riserva possa consentire, qualora ce ne fosse bisogno, di innalzare quella che è la percezione qualitativa del nostro vino, affermando ancora una volta che il Barbera d’Asti si posiziona, a ragione, tra i piu  grandi vini rossi italiani ed internazionali. Come si diceva prima, inoltre , con le menzioni geografiche comunali si potrà operare verso quello che oggi il consumatore cerca: la tracciabilita è l’identità chiara è netta di un prodotto, il vino, appunto. Da qui ne seguirà un grande progetto legato ,a sua volta,  alla sostenibilità perché , partendo dalle piccole realtà, è nostra intenzione creare sensibilità nelle piccole comunità comunali . E non solo al fine di rendere i nostri vini sostenibili per noi e per le generazioni future : non dimentichiamoci, infatti, che già oggi le aziende dei nostri viticoltori fanno del patrimonio unesco Langhe Roero e Monferrato, aspetto che, forse, andrebbe sottolineato con maggior forza.

Chiara Vannini

“Sua maestà l’asparago: unico, come il nostro territorio”

Cascine Piemontesi promuove il prodotto d’eccellenza  di Santena e delle Terre del Pianalto

 

La stagione degli asparagi è iniziata. Quest’anno l’avvio di campagna è stato ritardato a causa del freddo primaverile che ha rallentato lo sviluppo dei germogli in pieno campo; la raccolta è iniziata in questi giorni e si protrarrà almeno fino alla prima decade di giugno.

 

Attualmente è iniziata la raccolta dei turioni (è definita con questo termine la parte degli asparagi che consumiamo) nei principali areali di produzione, che trovano nel territorio del Santenese e del Pianalto di Poirino la loro terra d’elezione.

L’andamento siccitoso della stagione – spiegano I tecnici di Confagricoltura – farà sì che la produzione sia inferiore alla media delle annate precedenti; la qualità in compenso si presenta ottima.

Il consorzio Cascine Piemontesi, in collaborazione con Confagricoltura Torino, ha organizzato una campagna promozionale per la valorizzazione dell’asparago di Santena e delle terre del Pianalto, riconosciuto quale Pat – prodotto agroalimentare tradizionale del Piemonte.

Per illustrare le caratteristiche dell’asparago e diffonderne la conoscenza al pubblico dei consumatori Cascine Piemontesi ha realizzato la produzione di tre videoclip, che illustrano il territorio, le tecniche di coltivazione e l’utilizzo del prodotto in cucina.

 

In Italia la superficie destinata alla coltivazione dell’asparago è di circa 9.500 ettari (elaborazioni Confagricoltura su dati Istat) concentrati soprattutto in Puglia, Veneto, Emilia-Romagna e Piemonte.

 

Attualmente in Piemonte si coltivano oltre 260 ettari di asparagi; le imprese agricole impegnate nella coltivazione sono circa 640. La superficie coltivata è in aumento: nel 2010 erano 346 le aziende produttrici di asparagi, con 180 ettari di superficie. Il principale territorio di produzione è il Torinese, con oltre 90 ettari, seguito da Cuneo con 73 ettari e Vercelli con 71 ettari.

 

La domanda di prodotto da parte dei consumatori, dopo il freno dovuto alla pandemia, è in aumento per tutte le varietà di asparago: verdi, bianchi.

 

La coltivazione dell’asparago in Piemonte esprime le sue caratteristiche d’eccellenza in un territorio molto particolare, il Pianalto, ereditato dal pleistocene come risultato di processi ecologici lontani nel tempo. Comprende un altopiano argilloso di circa 400 chilometri quadrati che collega città quali Chieri, Santena, Poirino, Pralormo, fino a Montà d’Alba.

In tempi antichi il Pianalto era attraversato da un fiume, ma circa diecimila anni fa una serie di movimenti tellurici sollevò l’intera area, facendone mutare il corso. Il fiume lasciò così uno strato di argilla formata da micro-minerali che rendono il terreno molto compatto e in grado di trattenere gli elementi nutritivi. Questa particolare fertilità rende l’intera area del Pianalto famosa per la produzione di ortaggi, eccellenze dell’orticoltura del Piemonte, tra cui l’asparago spicca per le sue qualità e il sapore caratteristico che gli viene conferito proprio dalle peculiarità pedologiche delle “terre rosse” del Pianalto.

 

L’asparago di Santena e delle Terre del Pianalto è considerato il re degli ortaggi, riconosciuto dal 1999 quale PAT (Prodotto Agroalimentare Tradizionale), storicamente legato a Camillo Benso, conte di Cavour che lo definì senza riserve la “sorgente della prosperità di Santena”. Le particolarità pedologiche del terreno che risulta formato dal 60% di sabbia e una percentuale minima di calcare e buona permeabilità, assicurano le proprietà organolettiche tipiche dell’asparago di questa terra.

 

Le cultivar sono riconducibili agli ecotipi Marte, Eros, Gijmlin ottenuti da ricerche e studi effettuati in Italia ed in Europa e a un ecotipo locale chiamato “asparago santenese” legato ad una selezione di Precoce d’Argenteuil ottenuta negli anni ’50-’60 sul territorio interessato.

 

L’asparago di Santena e delle Terre del Pianalto è verde con sfumature violacee; i turioni hanno l’apice appuntito grazie al terreno ricco, alla maturazione fuori serra e all’utilizzo di concimi organici. L’asparago di Santena e delle Terre del Pianalto si caratterizza per un sapore dolce e delicato. Ha una lunghezza media di 22 cm e la parte colorata comprende circa il 65% della lunghezza totale.

 

Gli asparagi vengono confezionati in mazzetti e commercializzati con la base del turione bianca dovuta alla tecnica di coltivazione con baulatura del terreno e ai metodi di raccolta che prevedono l’utilizzo di un tipico coltello che consente di tagliare l’asparago senza traumatizzare la zampa (con il termine “zampa” si intende la parte che rimane nel terreno e che fruttificherà nuovamente). Il segreto per apprezzarne la bontà, come suggeriva Cavour, è il consumo entro poche ore dal raccolto o al massimo entro due giorni.

Sono un centinaio le attività agricole che hanno già aderito a Cascine Piemontesi; per oltre il 50% sono situate nelle Langhe e nell’Albese, ma è in crescita il numero delle aziende delle zone del Monregalese, Saluzzese, Saviglianese, Cuneese, Torinese e Astigiano.

Aderiscono a Cascine Piemontesi allevatori e apicoltori, produttori di ortofrutta, castagne, cereali e di altre coltivazioni agricole, del comparto lattiero caseario, corilicolo e vitivinicolo.

 

https://www.cascinepiemontesi.it/

 

Prosciutto DOP e salame IGP a Cibus

Dal 3 al 6 maggio, il Consorzio di Tutela e Promozione del Crudo di Cuneo D.O.P. e il Consorzio di Tutela del Salame Piemonte I.G.P. parteciperanno congiuntamente a Parma alla 21° edizione di Cibus, una delle più importanti manifestazioni fieristiche al mondo nel campo del food. La scelta dei due Consorzi è stata quella di promuoversi congiuntamente con l’obiettivo di far conoscere e apprezzare il grande e diversificato patrimonio della salumeria piemontese. I due Consorzi di Tutela saranno presenti a Cibus, nell’ambito di uno stand comune, nel padiglione 02, stand I 037, dove racconteranno e presenteranno i prodotti e li proporranno in degustazione. “La nostra presenza congiunta a Cibus ha un valore particolare – spiegano Chiara Astesana e Daniele Veglio – rispettivamente presidente del Consorzio di Tutela e Promozione del Crudo di Cuneo e presidente del Consorzio di Tutela del Salame Piemonte – In primis, in un momento di congiuntura particolarmente difficile, vogliamo fare squadra, unire le forze per valorizzare le nostre produzioni. In secondo luogo, si vuole proporre i due salumi piemontesi, che vogliono farsi conoscere sempre più, in un ambito nazionale e internazionale superando la logica dei localismi e delle divisioni ma cercando di fare sistema per uscire dall’isolamento che spesso il Piemonte patisce”.

Antica Focacceria S. Francesco, la Sicilia a Torino

Nel 1834 il Principe di Cattolica cede al cuoco di corte Salvatore Alaimo la cappella del
proprio palazzo di Piazza San Francesco a Palermo: nasce così l’omonima Focacceria,
coniugando le tradizioni umili del cibo di strada con l!amore per la migliore cucina popolare
siciliana. Ingredienti tipici e ricette semplici segnano l!incontro tra culture diverse, nelle
strade affollate di questa multietnica città.

Oggi il brand Antica Focacceria S. Francesco, sinonimo di autentica cucina tradizionale
siciliana, sbarca per la prima volta a Torino, con l’apertura del suo dodicesimo punto
vendita in Italia.

Un’apertura annunciata e attesa, che finalmente ha una data ufficiale: il 29 aprile le porte
dell’Antica Focacceria S. Francesco di Torino si apriranno al pubblico in Via
Principe Amedeo, 3, angolo di Piazza Carignano. Una location prestigiosa, in una delle
piazze più belle e storiche della città, significativamente proprio di fronte al luogo che per
la prima volta vide il Nord e il Sud Italia uniti in un unico Stato, nel suo primo Parlamento.
Qui, Antica Focacceria S. Francesco, proporrà ai Torinesi le specialità che l’hanno resa
celebre negli anni: a cominciare dallo Schiticchio (una sorta di aperitivo a base delle più
rinomate specialità dei cibi di strada palermitani) con la focaccia o vastedda ca’ meusa
(un piccolo panino tondo ricoperto di sesamo con milza e polmone di vitello), le panelle,
le crocché di latte, i cazzilli (ossia le crocchettine di patate e menta), le arancinette al
burro, al ragù siciliano ed alla Norma, lo sfincione, la caponata). Per continuare, poi, con i
celeberrimi primi piatti (l’immancabile pasta alla Norma, ma anche quella con l’anciova, i
bucatini con sarde, passando per il golosissimo timballo di anelletti al forno e la
parmigiana di melanzane); e ancora i secondi: le sarde a beccafico, la bistecca di tonno,
per esempio o, nella sezione carni, l’involtino gratinato ai pistacchi. E come dimenticare
gli strepitosi dolci siciliani? Nel menu di Antica Focacceria S. Francesco non possono che
avere un posto d’onore: la cassata, il cannolo farcito di ricotta, la “pistacchiosa”, fino alla
degustazione di cioccolato dell’Antica Dolceria Bonajuto di Modica e, ovviamente, i
gelati e le granite, servite nella tradizionale brioche col tuppo.

Piccola – ma non poco importante – menzione per la carta vini e birre, che propone alcune
eccellenze siciliane: la birra artigianale del birrificio Tarì di Modica, ad esempio, o i vini
bio di alcune belle realtà locali, come la cantina Baglio di Pianetto nel piccolo comune di
Santa Cristina Gela o le altre cantine che compongono la carta vini (Cusumano, Firriato,
Duca di Salaparuta, Tasca d’Almerita), insieme a eccellenze storiche come il marsala
Florio. Siciliano anche l’olio, che arriva dal Premiato Oleificio Barbera, fondato in Sicilia
nel 1894, le bibite Tomarchio e il caffè Moak di Modica.

Fabio Conticello, patron storico di Antica Focacceria S. Francesco ed erede della famiglia
di fondazione, ha voluto salutare così il pubblico torinese: “Benvenuti a Palermo! Lo so, ci
aspettavate da tempo, ma quel tempo, finalmente, è arrivato. E così, dopo tantissime
edizioni al Salone del Gusto, ma anche le tante partecipazioni al Borgo Medievale, al
Lingotto per Gourmet, a Cheese nella vicina Bra e ad altri numerosi eventi, ma soprattutto
dopo che tantissimi di voi siete venuti a trovarci nella nostra sede storica di Palermo e a
gran voce ci chiedevate “Quando a Torino?”, eccoci sbarcati in una delle più belle piazze
della Città che, ne sono certo, diventerà la nostra seconda casa. Non vediamo l’ora di
iniziare questa nuova avventura, consapevoli della responsabilità di un’azienda con quasi
190 di storia alle spalle e ben tre secoli di cultura popolare siciliana. Quindi, Amici Torinesi
e Piemontesi, Vi aspettiamo numerosi, non vi deluderemo, è una promessa”.

“CIRFOOD, leader in Italia nella ristorazione collettiva, nel 2019 fonda CIRFOOD Retail
con l’obiettivo di sviluppare la ristorazione commerciale attraverso un portafoglio di marchi
autentici, e l’acquisizione di Antica Focacceria S.Francesco è il primo importante esempio,
trattandosi del più storico marchio di ristorazione a catena in Italia e probabilmente al
mondo”, spiega Leopoldo Resta, Amministratore Delegato di CIRFOOD Retail. “Il
nostro impegno, ma anche la ricetta del successo è il rispetto dell’autenticità che
acquisiamo, dunque avere a bordo la famiglia fondatrice dei Conticello è stato il nostro
primo passo, anzi il prerequisito. L’apertura di Torino è particolarmente importante, anche
perché segna una svolta rispetto ai due anni faticosi appena trascorsi. Inoltre Torino ci è
particolarmente cara, qui abbiamo acquisito anche un marchio meno storico ma
straordinariamente diffuso: Poormanger”.

 

Antica Focacceria S. Francesco. Una storia di profumi, cultura e tradizione
Una storia che inizia nel 1834 quando Salvatore Alaimo, dopo una vita al servizio
dei principi di Cattolica come monsù (cuoco di corte) riceve, come spettanze degli
oltre 25 anni passati alle dipendenze dei nobili del Palazzo, la cappella sconsacrata
dell’edificio di via Alessandro Paternostro a Palermo. Proprio in questo luogo, nel
cuore del capoluogo siciliano, decide di aprire la “Focacceria”, così come scrive
sulla tavola di legno posta all’ingresso.

Da allora cinque generazioni della stessa famiglia hanno gestito questa attività
simbolo della storia della Sicilia e d!Italia, luogo d!incontro di esponenti della politica
e della letteratura, simbolo di lotta alla mafia e punto di riferimento della
gastronomia siciliana. Pare infatti che nel 1860, poco prima di risalire l’Italia per
unificarla, Giuseppe Garibaldi si sia fermato a Palermo accampandosi per alcuni
giorni proprio nella “piazza della Focacceria” che diventò così suo punto di ristoro
quotidiano.

Tra i clienti illustri si ricordano anche Luigi Pirandello, Leonardo Sciascia, Renato
Guttuso che, insieme ad altrettanti illustri scrittori e artisti, iniziano a incontrarsi alla
Focacceria rendendola loro punto di riferimento, caffè letterario e luogo di
espressione della cultura italiana del 900.

Ernesto Basile, infine, una delle grandi firme dell’architettura liberty europea,
disegnerà il logo, i tavolini in ghisa e le sedie in ferro battuto, segni distintivi
dell’arredamento di tutti i locali di quella che poco dopo verrà ribattezzata come
Antica Focacceria S. Francesco. Questo nuovo nome di battesimo si deve
soprattutto a Vincenzo Florio, grande imprenditore palermitano e grande amico
della famiglia Alaimo. Pare infatti sia stato proprio Florio a proporre, intorno al 1896
le modifiche alla cappella sconsacrata di via Paternostro per renderla in linea con le
tendenze dello stile liberty il cui massimo esponente, nell’accezione sicula, era
senz’altro Ernesto Basile.

Basile iniziò a disegnare su un pezzo di carta l!attuale facciata della Focacceria e i
piedi dei tavoli in ghisa che furono poi realizzati dalle Fonderie (Oretea) di proprietà
della famiglia Florio. Proprio da quel momento la Focacceria diventa Antica ed
entra a pieno titolo nel Liberty palermitano.

L!Antica Focacceria S. Francesco, ancor prima che luogo di cultura, è considerata
luogo simbolo della gastronomia e dello street food siciliano. Basta mettersi in fila e
scegliere tra panelle, crocchè, arancine e sfincione, involtini di melanzana o di
pesce spada, timballo di anelletti al forno ma anche tra cannoli, cassate, granite e
la più recente torta Setteveli.

Prodotto di punta dell!Antica Focacceria S. Francesco è, però, la focaccia. La
focaccia o vastedda, è una pagnotta croccante fatta da farina bianca, acqua, pasta
acida e sale che viene cotta nel forno a legna. Appena sfornata viene farcita e due
sono le varianti tra cui scegliere, la versione schietta o schetta, in cui la candida
ricotta di pecora viene bagnata nello strutto e condita con l!aggiunta di trucioli di
caciocavallo di Roccamena o di Godrano, così denominata perché il bianco della
ricotta ricorderebbe il velo di una donna vergine che si dirige all!altare vestita di
bianco. C’è poi la versione maritata, quindi sposata, con l’aggiunta di milza,
polmone e trachea di vitello che vengono fatti bollire e poi insaporite nello strutto
all!interno del tianu (il tegame, per i non siciliani) e che vengono affettati
quotidianamente in quantità industriali.

Il sapore della Focacceria è anche quello della libertà, della lotta alla mafia e alle
prevaricazioni. Tutti valori che si riflettono nella scelta di fornitori e collaboratori che
condividano valori come correttezza e trasparenza e che con determinazione
procedono verso la realizzazione di questi obiettivi.

Alcuni aneddoti
Vi siete mai chiesti perché Antica Focacceria S. Francesco proponga anche i
sorbetti?
Pare che l!invenzione si debba sempre al suo fondatore Salvatore Alaimo che, in
una afosa giornata estiva del 1851, si trovava seduto davanti alla Focacceria
insieme all!amico Alfredo Tutone. All!epoca non esistevano i frigoriferi ma le
neviere, luogo in cui si immagazzinava la neve presa dalle nevi perenni di Geraci
Siculo, nelle Madonie. Salvatore Alaimo chiese alla moglie Sarina di portare un po’
di neve che i due cominciarono a prendere col cucchiaio per rinfrescarsi.
L!amico Alfredo chiese a Salvatore Alaimo qualche goccia di zammù, uno sciroppo
a base di fiori di sambuco e anice, da miscelare alla neve fresca e da lì nacque il
sorbetto all!anice, o gelato d!acqua, una delle specialità della Focacceria.
Successivamente, dopo qualche sperimentazione con i limoni, nacque anche il
rispettivo sorbetto.

La pasta della discordia
Salvatore Alaimo, uomo coraggioso, curioso e temerario, decise di svelare al
popolo diverse ricette dei piatti apprezzati dalla nobiltà palermitana alla quale fu
dedito per molti anni. Quella che destò più scalpore fu la rivelazione, nel 1861, della
ricetta della pasta con le sarde. Questo evento infatti portò la nobiltà dell!epoca ad
accusare alle autorità il cuoco, “reo” di aver svelato e diffuso al popolo quella
preparazione che fino a quel momento era riservata soltanto alle mense altolocate.
La ricetta della pasta con le sarde è rimasta immutata da allora e prevede l!utilizzo
di sarde fresche, finocchietto, qualche acciuga sott!olio, cipolla, u(o)va passa, pinoli
e zafferano, oltre all!immancabile pan grattato, “a muddica”, per i siciliani!
Comu a vuole, schietta o maritata, (v)assa trase ca c’ ha conzo!

Su questo tema, quello della focaccia o pane ca’ meusa si fa sempre grande
confusione. In origine la focaccia o vastedda, una pagnotta croccante fatta di farina
bianca, acqua, pasta acida e sale cotta nel forno a legna, veniva preparata
bagnando la ricotta di pecora nello strutto e farcita con l’aggiunta di caciocavallo di
Roccamena o di Godrano stagionato. Il colore candido della ricotta fece si che
questa venisse chiamata schietta o schetta proprio come le giovani ragazze vergini
che vestite di bianco andavano all!altare.

Qualche tempo dopo, gli operai del mattatoio iniziarono a fornire ad Alaimo le
interiora di manzo in cambio di pane. Il fondatore decise di aggiungere milza e
polmone di manzo alla focaccia schietta e da questa unione nacque la focaccia
maritata. Nino Alaimo allora inventò uno slogan che i suoi collaboratori recitavano
per attirare i clienti, con la classica “abbanniata” palermitana: comu a vuole,
schietta o maritata, vassa trase ca c’ha conzo!