Visitare i cimiteri dove sono sepolti grandi poeti, scrittori e artisti suscita ricordi ed emozioni. Uno dei più importanti è senz’altro il “cimetìere du Sud” di Parigi, il grande camposanto di Montparnasse, secondo per grandezza e importanza solo al Père-Lachaise. Situato nel XIV arrondissement della capitale francese, sulla rive gauche della Senna, un tempo era un terreno agricolo occupato da tre fattorie appartenenti a istituzioni caritatevoli come l’Hotel Dieu e Les Frères de la Charité. Già ai tempi della Rivoluzione francese gli appezzamenti vennero confiscati e a Montparnasse cominciarono ad essere seppelliti i poveri morti negli ospedali dei quali nessuno reclamava le spoglie. Successivamente, all’inizio del 1800, il prefetto del dipartimento della Senna, Nicolas Frochot, acquisì questi terreni per destinarli al cimitero e la prima inumazione ebbe luogo il 25 luglio 1824. Sul finire del “secolo del cambiamento”, nel 1890, venne aperta una strada ( la rueEmile-Richard) che divise i 19 ettari tra il piccolo e il grande camposanto. In questo museo a cielo aperto nel 14° arrondissement parigino, a lato dei viali tra cappelle e lapidi riposano le spoglie di anonimi cittadini a fianco di personaggi che hanno fatto la storia delle arti e della cultura. Per raccontare le biografie di chi s’incontra, vagando tra le tombe, non ci si può affidare ai 140 caratteri di un tweet. Nessun cinguettio elettronico può trasmettere la densità del pensiero, la profondità della poesia, l’emozione di opere d’arte che evocano incontri con pittori, poeti, drammaturghi, scrittori che dormono nel sonno eterno all’ombra di frondosi alberi di ogni specie. Nella porzione più piccola del cimitero s’incontrano subito le ultime dimore di André Citroén, fondatore dell’omonima e celebre casa automobilistica, di Charles Pigeon – inventore della lampada antiesplosione usata nelle miniere – che è sepolto con la moglie ed entrambi sono raffigurati nelle statue di bronzo coricate su un letto di marmo. Più avanti il pittore bulgaro JulesPascin e Auguste Bartholdi, lo scultore che realizzo la Statua della Libertà situata all’ingresso del porto di New York. In una tomba di pietra con altri famigliari riposa invece Alfred Dreyfus, protagonista suo malgrado – perché innocente – dell’ affare Dreyfus , il più clamoroso caso politico scoppiato in Francia sul finire dell’800, ai tempi della Terza Repubblica, con l’ufficiale alsaziano di origine ebraica accusato di tradimento e complotto con il nemico tedesco. Dreyfus venne condannato alla prigionia sull’isola del Diavolo, nella Guyana francese. Il suo caso giudiziario divise l’opinione pubblica della Francia intera nel Paese e gran parte degli intellettuali, di fronte a quell’assurda campagna d’odio razzista e antisemita si schierò dalla sua parte ( sul giornale L’Aurore, Émile Zolapubblicò il suo celebre J’accuse) fino alla sua piena, seppur tardiva,riabilitazione.Nella 26° divisione si trova il sepolcro di Guy de Maupassant, uno dei padri del racconto moderno, autore diBel Ami, mentre nella 30° è sepolto Léon Schwarzenberg, importante oncologo e protagonista dei più avanzati dibattiti sull’etica medica e scientifica, autore di “Changer la mort”, cambiare la morte. Nell’altra parte del cimitero di Montparnasse, la più grande, si possono fare incontri straordinari iniziando da Maurice Leblanc, creatore del ladro gentiluomo Arsène Lupin, la controparte francese dello Sherlock Holmes di Arthur Conan Doyle. Tra le varie “avenue” (Boulevart, du Nord, de l’Est e l’Ouest) e l’intrico di passaggi tra cappelle e lapidi è quasi impossibile non imbattersi in due grandi maestri del teatro dell’assurdo come Eugène Ionesco e Samuel Beckett. Sulla tomba di quest’ultimo un anonimo ammiratore ha posato una carota, omaggio orticolo-letterario che richiama il suo capolavoro,“Aspettando Godot”( “Lui non saprà niente. Parlerà dei calci che si è preso e io gli darò una carota”). Da lì in avanti il visitatore curioso incrocerà i sepolcri di Susan Sontag, grande scrittrice e intellettuale statunitense, dei registi Joris Ivens – uno dei più grandidocumentaristi del XX° secolo – e Alain Resnais, ispiratore della “nouvelle vague”e autore di pellicole importanti come L’anno scorso a Marienbad e Mon oncle d’Amérique, oppure amati attori come Philippe Noiret (con la scultura del piccolo cane a vegliarne il riposo) e Serge Reggiani, uno degli amici più stretti di Jacques Prévert. Anche Serge Gainsbourg è lì con loro, dopo averci turbato con i suoi sussurri, accompagnati dai sospiri di Jane Birkin quando in coppia – era il 1969 e non s’erano ancora spenti gli echi del maggio francese – cantarono “Je t’aime..moi non plus”. Questo geniale e sulfureo protagonista dello spettacolo francese, non era certamente di una bellezza classica ma era dotato di un fascino in grado di sedurre donne straordinariamente avvenenti. In un angolo di seconda fila giace Chaïm Soutine, ebreo russo perseguitato, genio tormentato della pittura e compagno di Amedeo Modigliani e degli altribohémien e artisti maledetti degli “années folles” di Montparnasse. La sua piccola lapide squadrata, con il nome quasi illeggibile, provoca una stretta al cuore per l’incuria e l’indifferenza a cui è stato condannato. Poco distante da lui anche l’ultima dimora di Charles Baudelaire va rintracciata scorrendo i nomi incisi sulla tomba di famiglia, quasi nascosto sotto l’iscrizione ingombrante del padre adottivo, Jacques Aupick, e senza alcun particolare epitaffio. Troppo poco per l’autore dei Fleurs du Mal, opera collocata fra le più alte espressioni della poesia di tutti i tempi e paesi. Ma almeno per lui non manca mai la consolazione di un fiore, un biglietto, un pensiero a tenergli compagnia. Lungo il muro che delimita il cimitero, da una parte e dall’altra dell’entrata principale su Boulevard Edgar Quinet, si trovano i sepolcri di Simone De Beauvoir e Jean-Paul Sartre – che nella vita e nella morte sono ancora insieme – e Marguerite Duras, con l’omaggio delle decine di penne di ogni tipo e colore infilate nel vaso dei fiori. Con lo scrittore Julio Cortázar formano un formidabile quartetto letterario, unendo le pagine delle “Memorie di una ragazza perbene” con quelle dell’esistenzialista che scrisse “La nausea” e “Il muro” e la ribelle che, grazie a “L’amante”, vinse il premio Goncourt. Certamente ci saranno tanti altri prot
agonisti della storia e della cultura che giacciono a Montparnasse, nei luoghi che – insieme alla butte di Montmartre – rappresentavano il cuore della vita culturale parigina tra gli anni ’20 e gli anni ’30, dove si incontravano pittori e intellettuali. Un buon motivo per tornarci ancora per porgere un saluto e magari lasciare un segno, un omaggio a dei grandi che hanno lasciato un segno nella nostra vita con le loro opere.
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Marco Travaglini
(le foto sono di Barbara Castellaro)