L’esordio di Renato Bianco come scrittore presenta l’avvio ad una carriera di successo se già il primo libro “Delitto in Gipsoteca a Casale Monferrato” sta ottenendo vasto consenso.
Il sapiente intreccio della trama, la forma scorrevole, il tono ora serio ora leggermente ironico, sempre rispettoso, nell’aver dato ai personaggi le sembianze fisiche e psicologiche di persone reali, modificate nel nome ma riconoscibili, rendono il racconto molto coinvolgente. Che Bianco avesse una piacevole vena discorsiva lo notai durante gli anni in cui egli funzionario, io assessore alla Cultura, ci incontravamo nel Comune di Casale perciò non mi stupisco che il sua inclinazione sfociasse anche nella scrittura. Ero convinta inoltre che per la sua predilezione per il Lago Maggiore, in particolare Belgirate, sarebbe potuto diventare un novello Piero Chiara. La prima fatica letteraria è infatti ambientata tra due città, l’una, Casale, sede di lavoro, l’altra, Belgirate, di vacanza, che costituiscono il teatro in cui si svolgono gli eventi inseriti scenograficamente tra opere d’arte che caratterizzano i luoghi. Filo conduttore è Leonardo Bistolfi attraverso il “boaro”, il bassorilievo della cappella Hierschel De Minerbi e la riproduzione del modello in gesso de “La Morte” particolare del gruppo “La Vita, La Morte: verso la luce” del monumento funerario Abegg. I brevi cenni alle opere Bistolfiane non sono casuali in quanto, oltre al significato simbolico in tema con l’argomento, offrono occasione di assaporare una pausa culturale allentando la tensione che spinge ad arrivare frettolosamente alla conclusione per scoprire il colpevole. Mi piace pensare che, oltre a rappresentare una bella pagina della letteratura contemporanea, il libro serva ad attirare l’attenzione sulla Gipsoteca di Casale in cui è presente, senza interventi estranei, la prima traduzione plastica che dà corpo alla poetica del più importante scultore simbolista italiano.
Giuliana Romano Bussola