CULTURA

“Egitto. Nothing But Gold”, la mostra firmata dal fotografo Al Salerno

Da “Combo” a Torino, anteprima sull’Egitto d’oggi

Domenica 14 dicembre, ore 17,30

Quando nel 1922, fu chiesto al famoso archeologo britannico Howard Carter che cosa mai riuscisse a vedere dallo spioncino di una tomba, scoperta in Egitto nella Valle dei Re, durante gli scavi finanziati da Lord Carnarvon, Carter rispose con la celebre frase “Nothing But Gold – Nient’altro che oro, solo oro”. Ma quella non era una tomba “qualunque” e quella scoperta segnò un’era. La tomba, infatti, era quella di Tutankhamon (nota anche come “KV62”), giovane faraone della XIII dinastia – durante il periodo della storia egizia noto come “Nuovo Regno” – che salì al trono a solo nove anni e morì nove anni dopo, a 18. Tomba ritrovata quasi intatta, la sua scoperta ricevette ai tempi una copertura mediatica mondiale, suscitando un rinnovato interesse pubblico per l’Antico Egitto, per il quale proprio la “maschera funeraria” del giovane faraone, conservata nel “Museo Egizio” del Cairo, rimane forse il simbolo più popolare. Tant’è che reperti provenienti dalla sua tomba hanno compiuto negli anni il giro del mondo. E perfino le parole pronunciate da Howard Carter divennero lapidarie nel loro esaltante stupore. E dunque, eccole ancor oggi accompagnare, nel titolo, “Egitto. Nothing But Gold”, la mostra – parte del più ampio Progetto “A occhi aperti” – del fotografo analogico torinese (di base a Palermo) Al Salerno, ospitata in una decina di eccellenti e suggestivi scatti negli spazi del “Combo”, innovativo “hub culturale e ricettivo” situato a Porta Palazzo nell’ex “Caserma dei Vigili del Fuoco”, in corso Regina Margherita 128, a Torino.

Curata dal fotografo torinese Stefano Carini, l’esposizione è visibile la prossima domenica, 14 dicembrealle 17,30, nell’ambito del pomeriggio culturale “Spedizione in Egitto”, pensato per raccontare, in modo particolare, l’Egitto di oggi e per mostrare e raccontare il nuovo “Museo Egizio” de Il Cairo – riaperto il 4 novembre scorso con i suoi oltre 100mila reperti, tra cui l’intera collezione del “tesoro di Tutankhamon” esposta per la prima volta al completo – per finire con l’esposizione delle immagini del “Deserto Bianco”, chiuso alle rotte turistiche per oltre dieci anni a causa di problemi di sicurezza.

L’intera organizzazione dell’evento si deve ad “Archètravel”, tour operator torinese che, da sempre, si occupa non solo di organizzare viaggi, ma anche di proporsi come “motore d’iniziative culturali”. Dopo aver dato vita, negli scorsi anni, a “Guide” e “Podcast”, ora “Archètravel” organizza anche iniziative culturali dal vivo: la giornata torinese sarà la prima e verrà poi replicata a Milano, Bologna e Roma.  Non solo. A queste ne seguiranno, infatti, altre su Paesi diversi e la proposta non si fermerà a questo: “La nostra concezione del viaggio – spiegano infatti i responsabili, Andrea Dattoli e Tiziano Salerno – nasce dal significato originario del ‘Grand Tour’, quello che si sviluppò tra il XV e il XVI secolo: un percorso pensato per la formazione dell’individuo attraverso l’incontro con il mondo. Non un viaggio di mera fruizione, ma un’esperienza per crescere, osservare, dialogare, lasciarsi attraversare dalla storia, dall’arte, dalle comunità”.

Nel corso del talk, moderato dalla giornalista Chiara Priante, si potranno ascoltare i racconti di Alberto De MinTour Leader e Travel Designer, e Federico Genre, Product Manager di “Archètravel”, che racconteranno l’Egitto di oggi, al di là delle rotte più note, oltre alla voce del fotografo Al Salerno e del curatore Stefano Carini, nonché a quella dei fondatori di “Archètravel” ed esperti viaggiatori, Tiziano Salerno e Andrea Dattoli.

“ ‘Nothing But Gold’ – spiega il curatore Stefano Carini – è un diario visivo che trasforma un’esperienza individuale in un linguaggio condivisibile. Ciò che l’autore restituisce non è l’Egitto come concetto, ma l’Egitto come incontro: una terra stratificata, complessa, in cui la bellezza convive con l’inesorabile. E dentro questa complessità, ciò che emerge con più forza – nelle persone, nei colori, nella luce – è quella stessa percezione che Carter tentò di tradurre un secolo fa aprendo per la prima volta da millenni la tomba di Tutankhamon: un sentimento di meraviglia che, pur non essendo mai spettacolare, rimane innegabile”.

Parole che ben concordano con le affermazioni dello stesso fotografo Al Salerno“Non ho nessun dubbio su cosa sia la cosa che più mi ha colpito tra caotiche città e deserti silenziosi: l’anima della gente. La gentilezza dei volti, l’empatia mai centellinata. Il mio viaggio è stato questo e questi sono i miei ricordi in fotografia. E quando qualcuno mi chiederà che cosa ho visto laggiù non potrò che rispondere in un solo modo: ‘Nothing But Gold’”.

Attenzione! Nel corso della serata è previsto anche un aperitivo. Per partecipare: https://www.archetravel.com/live/evento-egitto-torino/

Per info: “Archétravel”, via Frassinetto 49, Torino; tel.011/19821722 o www.archetravel.com

Gianni Milani

Nelle foto: Al Salerno “Alle piramidi di Giza”, Il Cairo, 2025; “Templi di File ad Aswan: Alberto De Min, Tiziano Salerno e Alberto Salerno”; “Al mercato di Downtown”, Il Cairo, 2025

Aperta la selezione per “Fringe in progress” 2026

“Fringe in progress” è la selezione aperta ai progetti work in progress che necessitano di residenze artistiche, tutoraggio, supporto tecnico, accompagnamento alla finalizzazione e diffusione. La call è dedicata ad artisti e compagnie under 35 che operano in Italia. Il bando è aperto fino a venerdì 19 dicembre 2025. Con “Fringe in progress”, il festival conferma la sua volontà di sostenere i progetti creativi offrendo spazi, tempi e occasioni d’incontro con professionisti del settore. Il progetto prevede un momento di presentazione tra compagnie e artisti selezionati e gli operatori di Fringe in rete, nata nel 2019 per favorire la circuitaziknenazionale degli spettacoli. La curatela e selezione dei progetti sarà guidata dalla direzione artistica del Torino Fringe Festival, in collaborazione con una commissione di mentore composta da Settimo cielo (Arsoli), Compagnia Abbondanza-Bertoni (Rovereto), Spazio KOR (Asti), Teatro del Carro residenza MigraMenti (Badolato). Dal 2013, il Torino Film Festival è uno dei principali appuntamenti nazionali dedicati alle arti performative contemporanee e al teatro OFF, capace di coinvolgere centinaia di compagnie nazionali e internazionali, per più di 3 mila repliche in 120 spazi tra teatri, luoghi non convenzionali, al chiuso e all’aperto, raggiungendo migliaia di spettatori. La 14esima edizione è in programma dal 19 al 31 maggio 2026. A “Fringe in progress” possono partecipare artisti e compagnie residenti in Italia, professionisti del settore con almeno il 50% dei componenti under 35, con progetti appartenenti a qualsiasi ambito performativo. Ogni artista/compagnia può proporre il proprio progetto.

www.torinofringe.it

Mara Martellotta

La “conversione” di Vito. A Fossano, secondo appuntamento di “Granda in Rivolta”

Con la presentazione del libro di Vito Alfieri Fontana “Ero l’uomo della guerra”

Domenica 14 dicembre, ore 18

Fossano (Cuneo)

Da fabbricante d’armi a coraggioso “cacciatore” di mine. Un gran salto. E una storia di redenzione, tormentata e dolorosa, quella che racconta Vito Alfieri Fontana nel suo libro (scritto a quattro mani con il giornalista Antonio Sanfrancesco“Ero l’uomo della guerra. La mia vita da fabbricante d’armi a sminatore” (Ed. Laterza, 2023). Libro che, insieme al suo autore, sarà protagonista di presentazione e discussione nella serata organizzata a Fossano (Cuneo) dall’Associazione “Grande in Rivolta”domenica 14 dicembre (alle 18) presso la “Vineria in Piazzetta” di via Garibaldi 40.

Un appuntamento sicuramente di grande attualità, visti i tempi di incredibile ferocia bellica che da più parti tormentano il nostro mondo. Senza segnali concreti e credibili, nonostante i proclami (proclami al vento!) da parte dei Potenti “burattinai” della Terra, di possibili venti di pace all’orizzonte. “Un appuntamento – sottolineano gli organizzatori – di profonda riflessione sulle responsabilità individuali e sull’industria bellica”, tanto più nella sua messa in gioco di esperienze personali che, ancor oggi, sono dolorosi strappi nella carne di chi a quel “gioco al massacro” ha prestato una parte importante della propria vita, delle proprie competenze e dei propri guadagni.

Al centro dell’incontro fossanese, infatti, sarà lo stesso Vito Alfieri Fontana, ingegnere e per circa vent’anni, dal 1977 al 1993, la mente della “Tecnovar italiana” di Bari, una delle più grandi aziende produttrici di “mine antiuomo” e “anticarro” a livello mondiale. In quel periodo, Fontana ha progettato, costruito e venduto oltre due milioni e mezzo di mine antiuomo. E forse non avrebbe mai smesso, se a un tratto nella sua vita non avesse deciso di imboccare, a seguito di una profonda crisi d’identità e di coscienza, la sua personale “via di Damasco”, alla ricerca di quella miracolosa “luce” capace di sconfiggere definitivamente le “tenebre” dell’anima. Ma, soprattutto, a fare di lui un altro uomo fu la semplice innocente domanda del figlio allora di otto anni Ma papà, con il lavoro che fai anche tu sei un assassino? Parole ingenue e, nello stesso tempo, terribili che toccano a fondo il cuore di Fontana e che nell’immediato gli fanno decidere di dare una svolta alla sua vita e di chiudere, nel 1993, con l’azienda di famiglia, proprio in parallelo con l’avvio della “Campagna internazionale per la messa al bando delle mine antiuomo”.

Due anni dopo, inizia quella che lui stesso definisce la sua “seconda vita”: da “armaiolo” diventa “sminatore”, trascorrendo quasi vent’anni, dal 1999 al 2016, nell’area balcanica (Kosovo, Serbia, Bosnia) come “capo missione” per progetti umanitari, prima con l’“Ong Intersos” e poi con la “Cooperazione italiana”.
Ho progettato, costruito e venduto due milioni e mezzo di mine antiuomo. Ne ho tolte migliaia, per quasi vent’anni… Dal punto di vista numerico, il bilancio è impari. Da quello della mia coscienza pure, perché il male compiuto resta. Per sempre” scrive Fontana nel suo libro.
Il libro non è solo una storia personale di redenzione, “ma un’analisi cruda e senza reticenze – si sottolinea – del mondo delle armi, che interroga ciascuno sulle responsabilità rispetto ai fatti della storia”. Si parla della quantità di mine prodotte – del modello di punta la “Tecnovar” ne produceva 3mila al giorno – e della loro micidialità. L’autore affronta anche temi come l’uso dell’uranio impoverito e l’impatto disastroso delle armi sui civili.
Al termine della presentazione, ci sarà la possibilità di cenare e intrattenersi con l’autore e il co-autore. Per l’apericena è richiesta la prenotazione ai numeri 0172/633706 o 331/7502831.
Intanto giovedì 11 dicembre proseguono gli appuntamenti di “Granda in Rivolta” alla “Biblioteca di Trinità” (Cuneo); ospite Giulia Arduino, ricercatrice del “Laboratorio di Storia delle Alpi”, che presenta “Che ne sarà di noi? Ricordi di partigiani piemontesi a ottant’anni dalla Liberazione” (“arabAfenice”, 2024), portando testimonianze preziose sulla Resistenza piemontese.

 

Per ulteriori info: “Granda in Rivolta”, Fossano (Cuneo); tel.0172/633706 o grandainrivolta@gmail.com

 

g. m.

 

Nelle foto: Vito Alfieri Fontana; Cover “Ero l’uomo della guerra. La mia vita da fabbricante d’armi a sminatore” (Ed. Laterza, 2023); Vito Alfieri Fontana nelle vesti di “sminatore”

 

Gli appuntamenti della Fondazione Torino Musei

VENERDI 12 DICEMBRE

 

Venerdì 12 dicembre ore 17

INCONTRO CON PATRICK TUTTOFUOCO E DRIANT ZENELI

MAO – incontro nell’ambito del progetto DIGITAL VISUAL

Il MAO Museo d’Arte Orientale presenta un incontro con Patrick Tuttofuoco e Driant Zeneli in conversazione con Anna Musini. L’evento è realizzato nell’ambito del progetto DIGITAL VISUAL, ideato da Quartz Studio e realizzato con il supporto di MAUTO – Museo Nazionale dell’Automobile, Fondazione Santagata e Università di Torino, e con il patrocinio della Regione Piemonte e della Città di Torino.

Il dialogo approfondirà la pratica dei due artisti, focalizzandosi su una selezione di opere che mostrano la relazione con lo spazio pubblico, con il contesto urbano e con le comunità con cui i loro lavori interagiscono. L’incontro sarà occasione per esplorare in particolare il legame con la città di Torino e le opere commissionate dal MAO ai due artisti, tra cui l’installazione luminosa Ultraworld, realizzata da Patrick Tuttofuoco nel 2024, e il lavoro in fase di sviluppo di Driant Zeneli, che sarà presentato nel novembre 2026 all’interno del progetto Declinazioni Contemporanee. Una parte del dialogo sarà dedicata inoltre all’analisi del digitale nella realtà contemporanea e nelle pratiche artistiche.

L’ingresso è gratuito fino a esaurimento posti. 

 

Patrick Tuttofuoco (Milano, 1974) è un artista visivo, docente presso la facoltà di Arti Visive e Studi Curatoriali alla NABA di Milano. La sua pratica, che mescola Modernismo e Pop, è concepita come un dialogo tra l’individuo e la sua capacità di trasformare l’ambiente in cui abita, esplorando le nozioni di comunità e di integrazione sociale. L’artista spinge le proprie opere verso l’astrazione utilizzando l’uomo come paradigma dell’esistenza e unità di misura della realtà. Da questo processo prendono vita infinite versioni dell’essere umano e del contesto della sua esistenza, capaci di animare le sculture.

 

La ridefinizione dei concetti di fallimento, utopia e sogno è al centro della ricerca di Driant Zeneli (Scutari, 1983), in quanto elementi che aprono possibili visioni e realtà alternative. Nei suoi film e nelle sue installazioni video-scultoree, la rappresentazione del potere, della scienza, della mitologia e delle fiabe si intreccia con narrazioni individuali, dando vita a utopie che sovvertono l’ordine naturale delle cose. L’atto creativo si nutre di incontri casuali e del rapporto con il patrimonio architettonico dei luoghi con cui l’artista si confronta. Driant Zeneli è docente presso la NABA di Roma ed è attualmente in residenza presso Artist residencies Art Explora – Cité internationale des arts di Parigi.

 

 

DOMENICA 14 DICEMBRE

 

Domenica 14 dicembre ore 16

GAYE SU AKYOL

MAO – performance per la presentazione di “In palmo di mano”, il Calendario di Porta Palazzo 2026, realizzato dal Comune di Torino con l’assessorato al Commercio e il MAO

@Tettoia del Contadini, piazza della Repubblica – Torino

In occasione della presentazione di “In palmo di mano”, il Calendario di Porta Palazzo 2026, realizzato dal Comune di Torino con l’assessorato al Commercio e il MAO Museo d’Arte Orientale, domenica 14 dicembre alle ore 16, sotto l’iconica Tettoia dei Contadini, si svolgerà la performance musicale di Gaye Su Akyol, una delle voci più originali e dirompenti della scena turca contemporanea. Cantautrice e chitarrista femminista, Akyol fonde rock e pop con la musica popolare anatolica in una miscela esplosiva. Acclamata come “la nuova promessa della musica turca” dal New York Times, si ispira tanto alla psichedelia turca degli anni ‘70 quanto a icone folk come Selda Bağcan.

A fare da scenografia alla performance sarà la piazza stessa che, per l’occasione si trasformerà in un palcoscenico aperto e non esclusivo, privo di barriere visive e fisiche: nessun palco, ma solo un’area a livello del suolo, in continuità con lo spazio circostante.

Partecipazione gratuita.

 

 

GIOVEDI 18 DICEMBRE

 

Giovedì 18 dicembre ore 18

LA “VIA DEL TACCUINO”. VIAGGI IN ORIENTE CON IL “CARNET DE VOYAGE”

MAO – conferenza nell’ambito del corso di formazione extracurricolare 2025/26

Il Viaggio, in quanto occasione privilegiata di scoperta del mondo, è l’esperienza in cui, più d’ogni altra, il taccuino- nelle sue classiche partiture, quella figurativa e quella “scritta”- ci rivela tutta la sua efficacia. Diversamente dal taccuino quotidiano, il “journal intime”, di cui poche testimonianze di qualità sono sopravvissute all’avvicendarsi delle generazioni, il taccuino di viaggio ha invece una lunga storia e splendidi esempi in archivio. A partire dal XVII secolo, il viaggio in Oriente (o più genericamente il viaggio esotico) è stato declinato in forme, stili e attitudini molto diverse. Strumento di prospezione coloniale e archeologica (Amelia Edwards) o supporto di fughe più o meno oniriche, (Gauguin:“…des notes éparses, sans suite come les reves, comme la vie toute faite de morceaux”), laboratorio antropologico, raccolte di
souvenir d’arte, (Thomas e William Daniell in India, David Roberts in medio oriente, Delacroix in Marocco, ecc…).
Il XIX secolo segna il suo apogeo; il declino comincerà con l’avvento della fotografia e il suo ingombrante carico di oggettività. È in atto, tuttavia, una grande ripresa contemporanea del carnet de voyage, come pratica artistica e narrativa, dove l’attenzione all’aspetto processuale è anteposto al risultato ultimo, quello di un’opera spesso chiusa in sé stessa.

Stefano Faravelli ha frequentato e lavorato come “artista viaggiatore” in Cina, India, Giappone, Tibet. Ha studiato in modo approfondito il mondo islamico e viaggiato in medio oriente. A partire da queste esperienze sono nati dei libri che hanno contribuito alla diffusione e alla riscoperta del Carnet de Voyage in Italia. Il suo intervento, dopo una breve ricognizione nella storia del genere, si concentrerà sulla sua personale interpretazione del “taccuino orientalistico”.

Supporto della mia riflessione saranno i suoi libri: “India per vedere l’Elefante” (EDT) e “Giappone, taccuini dal Mondo Fluttuante” (De Agostini), che si prestano particolarmente ad entrare in relazione con gli oggetti delle collezioni del museo.

Ingresso libero fino a esaurimento posti disponibili.

 

 

 
Visite guidate in museo alle collezioni e alle mostre
 di Palazzo Madama, GAM e MAO
a cura di CoopCulture.
Per informazioni e prenotazioni: t. 011 19560449 (lunedì-domenica ore 10-17)ftm.prenotazioni@coopculture.it

 

https://www.coopculture.it/it/poi/gam-galleria-darte-moderna/
https://www.coopculture.it/it/poi/mao-museo-darte-orientale/
https://www.coopculture.it/it/poi/palazzo-madama-museo-civico-darte-antica/

The Phair dal 22 al 24 maggio 2026 nella sala Fucine delle OGR

The Phair Photo Art Fair, la fiera internazionale dedicata alla fotografia e alls opere d’arte realizzate con il mezzo fotografico, ritornerà a Torino per il settimo anno consecutivo, dal 22 al 24 maggio 2026, nella sala Fucine delle OGR Torino. Ogni anno, attraverso la scelta di un’immagine guida, The Phair si propone lo scopo di valorizzare il profondo legame tra Torino e la fotografia, attraverso la collaborazione con le principali istituzioni museali del territorio. È stata svelata anche l’immagine guida, che rappresenta il punto di partenza della visione curatoriale della fiera e simbolo del rapporto tra la ricerca artistica e la città. Per il 2026 The Phair presenta un’opera proveniente dal Castello di Rivoli Museo di Arte Contemporanea, una fotografia di Nanda Lanfranco che ritrae l’artista Giuseppe Penone, nato a Garessio nel 1947, intento a passeggiare negli spazi del museo. La fotografia è stata scattata nel 1991 e mostra Penone come un corpo in movimento, colto nell’attraversamento di una soglia immaginaria. L’immagine fa parte del Fondo Nanda Lanfranco, istituito nel 2025 da CRRI centro di Ricerca Castello di Rivoli, e gentilmente concessa dal museo. L’opera scelta condensa in un unico gesto la relazione tra corpo, spazio e pensiero, incarnando quel dialogo tra linguaggi che definisce l’identità di The Phair, e la sua vocazione alla ricerca a e alla sperimentazione.

Mara Martellotta

I segreti della Gran Madre

Torino, bellezza, magia e mistero

Torino città magica per definizione, malinconica e misteriosa, cosa nasconde dietro le fitte nebbie che si alzano dal fiume? Spiriti e fantasmi si aggirano per le vie, complici della notte e del plenilunio, malvagi satanassi si occultano sotto terra, là dove il rumore degli scarichi fognari può celare i fracassi degli inferi. Cara Torino, città di millimetrici equilibri, se si presta attenzione, si può udire il doppio battito dei tuoi due cuori.

Articolo1: Torino geograficamente magica
Articolo2: Le mitiche origini di Augusta Taurinorum
Articolo3: I segreti della Gran Madre
Articolo4: La meridiana che non segna l’ora
Articolo5: Alla ricerca delle Grotte Alchemiche
Articolo6: Dove si trova ël Barabiciu?
Articolo7: Chi vi sarebbe piaciuto incontrare a Torino?
Articolo8: Gli enigmi di Gustavo Roll
Articolo9: Osservati da più dimensioni: spiriti e guardiani di soglia
Articolo10: Torino dei miracoli

Articolo 3: I segreti della Gran Madre

La città di Torino è tutta magica, ma ci sono dei punti più straordinari di altri, uno di questi è la chiesa della Gran Madre di Dio, o per i Torinesi, ël gasometro. La particolarità del luogo è già nel nome, è, infatti, una delle poche chiese in Italia intitolate alla Grande Madre. L’edificio, proprietà comunale della città, venne eretto per volontà dei Decurioni a scopo di rendere onore al re Vittorio Emanuele I di Savoia che il 20 maggio 1814 rientrò in Torino dal ponte della Gran Madre (la chiesa sarebbe stata edificata proprio per celebrare l’evento), fra ali di folla festante. Massimo D’Azeglio assistette all’evento in Piazza Castello. Il dominio francese era finito e tornavano gli antichi sovrani. Il passaggio del Piemonte all’impero francese aveva implicato una profonda trasformazione di Torino: il Codice napoleonico trasformò il sistema giuridico, abolì ogni distinzione e i privilegi che in precedenza avevano avvantaggiato la nobiltà, la nuova legislazione napoleonica legalizzò il divorzio, abolì la primogenitura, introdusse norme commerciali moderne, cancellò i dazi doganali. La spinta modernizzatrice avviata da Napoleone con il Codice civile fu di grande impatto e le nuove norme commerciali furono fatte rispettare dalla polizia napoleonica con un controllo sociale nella nostra città senza precedenti. Tuttavia il carattere autoritario delle riforme napoleoniche relegava i Torinesi a semplici esecutori passivi di ordini imposti dall’alto e accrebbe il malcontento di una economia in difficoltà. Quando poi terminò la dominazione francese non vi fu grande entusiasmo, né vi fu esultanza per l’arrivo degli Austriaci. L’8 maggio 1814 le truppe austriache guidate dal generale Ferdinand von Bubna-Littitz entrarono in città, e prontamente rientrò dal suo esilio in Sardegna il re Vittorio Emanuele I, il 20 maggio dello stesso anno. Il re subito volle un immediato ritorno al passato, ossia all’epoca precedente il 1789, abrogando tutte le leggi e le norme introdotte dai Francesi. Il nuovo regime eliminò d’un tratto il principio di uguaglianza davanti alla legge, il matrimonio civile e il divorzio, e reintrodusse il sistema patriarcale della famiglia, le restrizioni civili riservate a ebrei e valdesi e restituì alla Chiesa cattolica il suo ruolo centrale nella società. Il 20 maggio 1814 fu recitato un Te Deum nel Duomo di Torino per celebrare il ritorno del re, che si fermò a venerare la Sacra Sindone. L’autorità municipale festeggiò il ritorno dei Savoia costruendo una chiesa dedicata alla Vergine Maria nel punto in cui il re aveva attraversato il Po al suo rientro in città. A riprova di ciò sul timpano del pronao si legge l’epigrafe “ORDO POPVLVSQVE TAVRINVS OB ADVENTVM REGIS”, (“L’autorità e il popolo di Torino per l’arrivo del re”) coniata dal latinista Michele Provana del Sabbione.

La chiesa, di evidente stampo neoclassico, venne edificata nella piazza dell’antico borgo Po su progetto dell’architetto torinese Ferdinando Bonsignore; iniziato nel 1818, il Pantheon subalpino venne ultimato solo nel 1831, sotto re Carlo Alberto. L’edificio ubbidiva all’idea di una lunga fuga prospettica che doveva collegare la piazza centrale della città, Piazza Castello, alla collina. La chiesa è posta in posizione rialzata rispetto al livello stradale, e una lunga scalinata porta all’ingresso principale. Al termine della scalinata vi è un grande pronao esastilo costituito da sei colonne frontali dotate di capitelli corinzi. All’interno del pronao vi sono ai lati altre colonne, affiancate da tre pilastri addossati alle pareti. Eretta su un asse ovest-est, con ingresso a occidente e altare a oriente, essa presenta orientazioni astronomiche non casuali: a mezzogiorno del solstizio d’inverno, il sole illumina perfettamente il vertice del timpano visibile dalla scalinata d’ingresso. Il timpano, sul frontone, è scolpito con un bassorilievo in marmo risalente al 1827, eseguito da Francesco Somaini di Maroggia, (1795-1855) e raffigura la Vergine con il Bambino omaggiata dai Decurioni torinesi. Ai lati del portale d’ingresso sono visibili due nicchie, all’interno delle quali si trovano i santi San Marco Evangelista, a destra, e San Carlo Borromeo, a sinistra. Fanno parte dell’edificio due imponenti gruppi statuari, allegorie della Fede e della Religione, entrambi eseguiti dallo scultore carrarese Carlo Chelli nel 1828. Sulla sinistra si erge la Fede, rappresentata da una donna seduta, in posizione austera, con il viso serio, sulle ginocchia poggia un libro aperto che tiene con la mano destra, con l’altra, invece, innalza un calice verso il cielo. Spunta in basso alla sua destra un putto alato, che sembra rivolgersi a lei con la mano sinistra, mentre nella destra tiene stretto un bastone. Dall’altro lato si trova la Religione, raffigurata come una matrona imperturbabile e regale: stringe con la mano destra una croce latina e sta seduta mentre guarda fissa l’orizzonte, incurante del giovane che la sta invocando porgendole due tavole di pietra bianca. I capelli sono ricci, e sulla fronte, lasciata scoperta dal manto, vi è una sorta di copricapo, come una corona, su cui compare un simbolo: un triangolo dal quale si dipartono raggi. Spesso, con un occhio al centro del triangolo, il simbolismo è usato in ambito cristiano per indicare l’occhio trinitario di Dio, il cui sguardo si dirama in ogni direzione, ma anche in massoneria è un importante distintivo iniziatico. Perfettamente centrale, ai piedi della scalinata, è l’imponente statua di quasi dieci metri raffigurante Vittorio Emanuele I di Savoia. La torre campanaria, munita di orologio, venne costruita sui tetti dell’edificio che si trova a destra della chiesa nel 1830, in stile neobarocco.

Entrando nella chiesa ci si ritrova in un ampio spazio tondeggiante e sobrio, c’è un’unica navata a pianta circolare, l’altare maggiore, come già indicato, è posto a oriente, all’interno di un’abside semicircolare provvista di colonne in porfido rosso. Numerose sono le statue che qui si possono ammirare, ma su tutte spicca la figura marmorea della Gran Madre di Dio con Bambino, posta dietro l’altare maggiore, il cui misticismo è incrementato dalla presenza di raggi dorati che tutta la circondano. Nelle nicchie ai lati, in basso, vi sono alcune statue simboliche per la città e per i committenti della chiesa, cioè i Savoia. Oltre a San Giovanni Battista, il patrono della città, anch’egli con una grande croce nella mano sinistra, S. Maurizio, il santo prediletto dei Savoia, Beata Margherita di Savoia e il Beato Amedeo di Savoia. La cupola, considerata un capolavoro neoclassico piemontese, sovrasta l’edificio ed è costituita da cinque ordini di lacunari ottagonali di misura decrescente. La struttura è in calcestruzzo e termina con un oculo rotondo, da cui entra la luce, del diametro di circa tre metri. Sotto la chiesa si trova il sacrario dei Caduti della Grande Guerra, inaugurato il 25 ottobre 1932 alla presenza di Benito Mussolini. La bellezza architettonica dell’edificio nasconde dei segreti tra i suoi marmi. Secondo gli occultisti, la Gran Madre è un luogo di grande forza ancestrale, anche perché pare sorgere sulle fondamenta di un antico tempio dedicato alla dea Iside, divinità egizia legata alla fertilità, anche conosciuta con l’appellativo “Grande Madre”. Iside è l’archetipo della compagna devota, per sempre fedele a Osiride, simbolo della consapevolezza del potere femminile e del misticismo, il suo ventre veniva simboleggiato dalle campane, lo stesso simbolo di Sant’Agata. Si è detto che Torino è città magica e complessa, metà positiva e metà maligna, tutta giocata su delicati equilibri di opposti che sanno bilanciarsi, tra cui anche il binomio maschio-femmina. Questo aspetto è evidenziato anche dalla contrapposizione tra il Po e la Dora che, visti in chiave esoterica, rappresentano rispettivamente il Sole, componente maschile, e la Luna, componente femminile. I due fiumi, incrociandosi, generano uno sprigionamento di forte energia. Altri luoghi prettamente maschili sono il Valentino e il Borgo Medievale, che sorgono lungo il Po e sono anche simboli di forza; ad essi si contrappone la zona del cimitero monumentale, in prossimità della Dora, legata alla sfera notturna e femminile. L’importanza esoterica dell’edificio non termina qui, ci sono alcuni che sostengono ci sia un richiamo alle tradizioni celtiche con evidente allusione a un ordine taurino nascosto tra le parole della dedica: se leggiamo l’iscrizione a parole alterne resta infatti la dicitura: Ordo Taurinus. Ma il più grande mistero che in questa chiesa si cela è tutto contenuto nella statua della Fede. Secondo gli esoteristi, la donna scolpita in realtà sorreggerebbe non un calice qualunque ma il Santo Graal, la reliquia più ricercata della Cristianità, e con il suo sguardo indicherebbe il luogo preciso in cui esso è nascosto. Allora basta capire dove guarda la marmorea giovane -secondo alcuni la stessa Madonna – e il gioco è fatto! Sì, peccato che chi ha scolpito il viso si sia “dimenticato” di incidervi le pupille, così da rendere l’espressione della figura imperscrutabile, e il Graal introvabile. Se non per chi sa già dove si trovi.

Alessia Cagnotto

Al Pop App Museum i libri si animano

 L’inaugurazione è prevista l’11 dicembre prossimo

Nasce  a Torino il Pop App Museum a palazzo Barolo, l’unico a livello italiano e europeo, un suggestivo percorso  alla scoperta dei libri animati, libri speciali capaci di suscitare meraviglia e divertimento grazie ad effetti di tridimensionalità,  veri precursori delle moderne applicazioni digitali.  Si arricchisce così il viaggio fantastico tra libri animati e multimedialità del MUSLI, unico a livello italiano ed europeo. L’inaugurazione sarà l’11 dicembre al Musli di Torino, Museo della Scuola e del Libro per l’infanzia di via delle Orfane 7/a, con una mostra dedicata al geniale creatore di libri animati Lotont Meggendorfer, in occasione del centenario della sua morte. I materiali fanno parte del ricco patrimonio della Fondazione Tancredi di Barolo, donato dal presidente Pompeo Vagliani.

Le nuove sale, messe a disposizione dall’Opera Barolo, integrano il percorso già  esistente al MUSLI sui libri animati  e vengono inaugurate l’11 dicembre con la mostra “Sempre allegri bambini! Lothat Meggendorfer e il libro animato in Italia tra Ottocento e Novecento”, visitabile dal 12 dicembre al 28 giugno 2026. Il nuovo museo ha suscitato un grande interesse internazionale, testimoniato dalla presenza all’inaugurazione di ospiti illustri, che racconteranno diverse esperienze sul tema dei libri animati sviluppate in tutto il mondo , in particolare negli Stati Uniti, in Francia e Germania.

Il Pop App Museum rappresenta il punto di arrivo di un progetto avviato nel 2017 dalla Fondazione Tancredi di Barolo allo scopo di valorizzare  e mettere a disposizione del pubblico, degli studiosi e specialisti, ma anche degli appassionati e collezionisti, il patrimonio di materiali , conoscenze ed esperienze  sviluppati  negli ultimi dieci anni. Il progetto ha visto contemporaneamente la costituzione all’interno della Fondazione Tancredi Barolo dell’International Centre on Interactive Books, che supporta e garantisce le attività scientifiche,  di ricerca e valorizzazione sul tema e pubblica anche la rivista online “JIB journal on  Interactive Books”.

Il Pop-App Museum integra in un percorso espositivo unitario le sei nuove sale e gli spazi preesistenti del MUSLI dedicati ai libri animati. Si tratta di un nuovo museo interattivo che valorizza il collegamento tra la storia dei libri animati e le nuove tecnologie digitali, a partire da un patrimonio librario di interesse storico di oltre 1500 esemplari, che costituisce la più importante collezione in Italia  a disposizione del pubblico. Il progetto proseguirà nel 2026-2027 con l’allestimento definitivo del percorso complessivo. Saranno sviluppati nuovo contenuti multimediali,  con la creazione di un database consultabile online sulla collezione di libri mobili del MUSLI e verranno ampliate l’attività di formazione e i laboratori per la realizzazione di artefatti interattivi, sia cartacei sia multimediali.

Attraverso le attività didattiche rivolte alle scuole, il Museo permetterà di stimolare la creatività e facilitare l’avvicinamento alla lettura. Potrà inoltre costituire un’officina di sperimentazione per favorire lo sviluppo di competenze scientifiche e professionali,  per esempio nell’ambito del restauro e del cinema di animazione , in continuità con le esperienze già consolidate con il Centro di Conservazione Restauro La Venaria Reale, il Centro Sperimentale di Cinematografia e a quelle avviate recentemente con il Politecnico di Torino e l’Accademia Albertina.

Il Pop- App Museum intende inoltre stimolare esportare anche in Italia la presenza di nuovi talenti nel campo della creazione dei libri animati , capaci di unire capacità cartotecniche alle più avanzate tecnologie multimediali.

Tra gli obiettivi 2026-2027 vi è l’istituzione di un Premio rivolto ai giovani intitolato aLuisella Terzi , fra le prime donne attive in questo campo del Novecento, per libri che prevedono  parte cartotecnica e componente multimediale.

La mostra intitolata “Sempre allegri bambini” vuole essere un omaggio a uno dei più importanti e geniali creatori di libri animati per l’infanzia, Lothar Meggendorfer,  nato nel 1847 e scomparso nel 1925, di cui quest’anno ricorre il centenario della scomparsa. Mettendo evidenza la ricchezza e la varietà della sua produzione. Egli realizzò più di 160 libri , oltre 77 giochi da tavolo e numerose illustrazioni per riviste,  pubblicità e cartoline. La sua importanza nella storia dei libri mobili e interattivi presenta alcuni dei suoi capolavori più noti e spettacolari, come quelli dedicati al circo e alla casa delle bambole.

Parallelamente è anche l’occasione per esplorare il contesto dell’editoria italiana specifica tra gli anni Settanta dell’Ottocento e la prima guerra mondiale, in gran parte legato alla produzione internazionale.

Particolare spazio è dedicato al volume dal titolo Pierino Porcospino Vivente, che “prende vita” grazie a un tavolo interattivo multimediale . Il percorso prevede anche un focus sulla musica, a cui Meggendorfer ha dedicato ampio spazio nella propria produzione. In mostra sono presenti alcuni corti animati  realizzati dal Centro Sperimentale di Cinematografia di Torino, a partire dalle sue tavole mobili a tema musicale e una serie di animazioni  sonore.

L’esposizione prosegue nella biblioteca fantastica con una sezione incentrata sul contesto editoriale italiano coevo. Accanto a un approfondimento sulle case editrici  Hoepli e Vallardi, sono esposti gli album animati in un unico esemplare realizzati da Luisa Terzi tra il 1913 e il 1917, recentemente restaurati nell’ambito della collaborazione  con il Centro Restauro La Venaria Reale e le versioni animate di Pinocchio con i disegni di Attilio Mussino.

Completano la sezione le card animate e tridimensionali realizzate dal grafico Sergio Martinatto, grande collezionista di Pinocchio, la cui grande collezione è conservata al MUSLI.
Il Pop App Museum , in occasione della sua apertura e fino a domenica 11 gennaio prossimo, sarà aperto tutti i giorni dalle 14 alle 19. Chiusura il 24,25, 31 dicembre e il 1 gennaio 2026.

Mara Martellotta

Lingue scandinave al Premio Mario Lattes per la Traduzione

La quarta edizione del Premio biennale promosso dalla “Fondazione Bottari Lattes”.

Iscrizioni fino al 19 gennaio 2026

Monforte d’Alba (Cuneo)

A sottolineare, ai fini del successo e della buona fortuna di un libro scritto in altra lingua che non sia (per noi) quella italiana e dove dunque abbia messo mano e competenza la figura di un buon traduttore, ci paiono davvero significative le parole di Italo Calvino ricordate proprio dai promotori del “Premio per la Traduzione” dedicato all’indimenticato Mario Lattes (1923 – 2001), dalla “Fondazione Bottari Lattes” (nata in sua memoria nel 2009 a Monforte d’Alba per volontà della moglie Caterina Bottari Lattes), in collaborazione con l’Associazione “Castello di Perno”.

Scriveva, dunque, Italo Calvino“Il traduttore letterario è colui che mette in gioco tutto sé stesso per tradurre l’intraducibile”. Parole ben chiare, che non permettono dilettantismi e facili pressapochismi. Avendo, quale sentiero non facile da percorrere, le parole di Calvino e ormai giunto alla sua quarta edizione (dopo l’esordio nel 2020), quest’anno il “Premio”– dopo la scelta della prima edizione incentrata sulla lingua araba e di quelle successive che hanno visto le selezioni della lingua cinese e di quella ispano-americana – ha quindi inteso rivolgersi a testi tradotti dalle “lingue scandinave”“sullo sfondo delle differenze istituzionali che le distinguono – dicono i rappresentanti della Giuria – queste presentano tra di loro forti affinità e sono legate indissolubilmente tra loro per storia, ambiente geografico, clima e immaginario”.

Il bando, in scadenza lunedì 19 gennaio 2026 e scaricabile sul sito www.fondazionebottarilattes.it, è aperto alle opere di “Narrativa Contemporanea” tradotte ed edite in Italia nel corso del 2024 e del 2025.

La selezione delle opere si articola in due fasi: in un primo momento la “Giuria stabile” (formata da traduttori e docenti di alto prestigio), tenendo conto della capacità del traduttore di rendere in italiano la qualità letteraria del testo, indica tre romanzi finalisti. Successivamente, una “Giuria specialistica” esperta della lingua in oggetto, valuta a sua volta la terzina, decretando il nome del vincitore o della vincitrice.

Della “Giuria stabile” fanno parte: Anna Battaglia (già docente di “Lingua francese” all’“Università di Torino” e traduttrice, tra le diverse opere, di “Oiseaux” di Saint-John Perse), Melita Cataldi (è stata docente di “Letteratura anglo-irlandese” all’“Università di Torino”, ha tradotto tra gli altri, testi dall’antico irlandese, William Butler Yeats e poeti del Novecento come Hutchinson e Heaney), Mario Marchetti (traduttore di lungo corso dal francese e dall’inglese per le case editrici “Einaudi” e “Bollati-Boringhieri”, presidente del “Premio Italo Calvino”, autore di saggi e recensioni) ed Antonietta Pastore (scrittrice e traduttrice dal giapponese, a lei si deve la traduzione di numerose opere di Haruki Murakami e di autori come Soseki Natsume, Kobo Abe, Yasushi Inoue).

Tre sono, invece, gli esperti che in questa quarta edizione compongono la “Giuria specialistica”Daniela Marcheschi (docente, critica letteraria e saggista, attualmente in forza al “CEG-Centro de Estudos Globais” dell’“Universidade Aberta” di Lisbona per “Letterature e Ipermedia”), Lorenzo Lozzi Gallo (professore ordinario di “Filologia e Linguistica germanica” presso l’“Università Pegaso”) e Franco Perrelli (già “ordinario” di “Discipline dello Spettacolo” nelle “Università” di Torino e Bari, nonché vincitore nel 2009 del “Premio Pirandello” per la “saggistica teatrale”).

I nomi dei tre traduttori finalisti saranno resi noti a mezzo stampa entro la fine del mese di maggio 2026, mentre il nome del traduttore vincitore sarà annunciato nel corso della premiazione che si svolgerà sabato 27 giugno al Castello di Perno (Cuneo). In palio, un premio di 3mila Euro.

Realizzato, come detto, dalla “Fondazione Bottari Lattes” in collaborazione con l’Associazione “Castello di Perno”, il “Premio Mario Lattes per la Traduzione” fruisce anche del sostegno di “Regione Piemonte”.

g.m.

Nelle foto: “Fondazione Bottari Lattes” e “Castello di Perno”

L’Opera dei Ragazzi compie 30 anni. Dal Teatro Regio al Festival MITO 

Il teatro musicale dell’Opera dei Ragazzi festeggia 30 anni di attività, splendido esempio del futuro musicale casalese che ha lo scopo di avvicinare e unire in modo operativo bambini e ragazzi di diverse culture fino al superamento degli esami in Conservatorio. La geniale idea di Erika Patrucco maturò nel 1985 a soli 16 anni con la variazione dei programmi scolastici del Ministero dell’Istruzione, inserendo l’educazione musicale nelle scuole elementari. In questa occasione, la Regione Piemonte chiamò un grande didatta musicale, il torinese Sergio Liberovici (1930-1991), compositore di origine ebraica, etnomunologo e fondatore del Teatro Stabile di Torino. Liberovici fondò il Teatro per Ragazzi e con Giulio Castagnoli l’Opera dei Bambini, componendo opere per le scuole con la collaborazione di Luciano Berio e dei pittori Ugo Nespolo, Mauro Chessa e Francesco Casorati, figlio del celebre Felice.

 

Erika sviluppò il progetto nel 1994 con un saggio delle scuole elementari di San Domenico nel Teatro di Casale Monferrato, eseguendo “La serva padrona” di Pergolesi, avvicinando così gli alunni dell’anno scolastico al mondo musicale dell’opera sotto l’egida dei Compositori Associati di Torino. Nel 1995 la Patrucco fondò a Casale l’Opera dei Ragazzi sulla scia di Liberovici e Castagnoli. Non sono mancate le occasioni di crescita di questa affermata realtà casalese che ha ricevuto il premio della Fondazione CRT, dal Teatro Regio al Festival MITO eseguendo Le nozze di Figaro e il Flauto Magico di Mozart, La Cenerentola di Rossini, l’Elisir d’Amore di Donizetti e Giacomo Puccini al Piccolo Regio di Torino con allestimento di Ugo Nespolo. Nel 2003 fondò a Casale il Coro Ghescer, costola dell’Opera dei Ragazzi, ponte interculturale e interreligioso creato da un’idea di Elio Carmi, presidente della Comunità Ebraica di Casale. Questa sinergia musicale integra il Coro MusicaInsieme della scuola casalese Primaria San Paolo, affiancando un’orchestra di giovani violoncellisti dell’Opera dei Ragazzi.

Erika ha partecipato a registrazioni per Rai Radio Tre, Nuova Fonit Cetra, Festival Asti Teatro, Teatro Stabile e Teatro Regio di Torino. Si è diplomata in violoncello con i maestri Brancaleon e Destefano, primo violoncello dell’Orchestra Rai e Teatro Regio, sempre presente nelle rassegne della splendida Sinagoga casalese. Nel 2024 è stato istituito il premio intitolato al padre Mario Patrucco, borsa di studio per le nuove generazioni consegnato nel Palazzo Gozzani di Treville, sede della Filarmonica, durante il Festival Echos del maestro Sergio Marchegiani. Le origini mantovane del ramo nobiliare materno risalgono al 1535 con i Passera, consignori di Gaiola e Moiola in Valle Stura, antica famiglia decurionale “de Platea” di Cuneo e con i Nuvoli, conti di Grinzane Cavour, San Damiano d’Asti, Moncalieri e Revigliasco. Nella vicina Trofarello, in antichità Truffarello, ritroviamo i conti Nuvoli dal 1663 al 1671 con Baldassarre, Giovanni Domenico e Giuseppe Antonio. Lo stemma in gesso nella tomba di famiglia dei conti Passera e Nuvoli del cimitero di Moncalieri è fedelmente ricostruito nelle armi dei catasti del comune torinese, rappresentato nel Blasonario Subalpino delle famiglie piemontesi.
Nell’altare dell’imponente monumento funebre, una lapide della cappella risalente al 1688 ne descrive l’acquisto del conte Giovanni Vincenzo Nuvoli, depositario dell’ossario di famiglia come da testamento. Lo stemma dei conti Nuvoli è raffigurato dal sole d’oro uscente da una nuvola d’argento con bordatura indentata d’argento e rosso dal motto “Cum sole nevus”, ossia “Con il nuovo sole”. La discendenza dell’antica e nobile casata è rappresentata in epoca recente da Passera Arturo (1880-1955), marito della contessa Nuvoli Camilla (1884-1925) dalla cui figlia Erica Passera (1916-1966) nacque nel 1944 Luciana Gavazza, pianista, madre di Erika e moglie di Mario Patrucco (1943-2018), violista, musicologo, critico musicale e liutaio. I festeggiamenti per la ricorrenza dell’Opera dei Ragazzi sono previsti per la prossima primavera.
Armano Luigi Gozzano 

Storie di fumetti resistenti

“Churubusco” si riferisce principalmente alla Battaglia di Churubusco del 1847, durante la guerra messico-statunitense, una vittoria americana decisiva che portò alla caduta di Città del Messico.  Infine é anche il titolo di un graphic novel di Andrea Ferraris che racconta la battaglia da una prospettiva diversa.  Il disegnatore di graphic Nobel genovese torna a Torino il 5 dicembre con “Storie di fumetti resistenti” all’Emporio Altromercato via San Marino 65 telefono info: 011 3249540.

Sarà presentata anche la graphic novel la cicatrice disegnata su tremiladuecento chilometri è lungo il confine tra Messico e Stati Uniti, più di un terzo dei quali segnato dal muro. La frontiera. Quella che un tempo era l’icona della conquista dell’occidente, oggi è una ferita della società contemporanea, una cicatrice, attorno alla quale si alternano oscurità e luce, violenza e umanità. Su quei territori gli autori si sono spinti in prima persona, per guardare i paesaggi, ascoltare le voci e raccogliere le storie di chi vive in prima linea quella realtà.
Il risultato è un libro a fumetti che è narrazione e testimonianza, invenzione stilistica e rigore documentario, una fusione di linguaggi per restituire la complessità della frontiera. Disegnata e elaborata con Renato Ciocca. Qui di seguito i curriculum dei nostri:

Andrea Ferraris, dopo il liceo artistico, frequenta un corso di grafica e scenografia tenuto da Gianni Polidori ed Emanuele Luzzati. Lavora a Milano come aiuto-scenografo per la televisione e ad Alessandria per il teatro lirico, quindi decide di assecondare una sua grande passione iscrivendosi ad un corso di fumetto a Bologna dove conosce, tra gli altri, Marcello Jori, Vittorio Giardino ed Andrea Pazienza.

Nel 1992 comincia una collaborazione con Disney Italia realizzando, per oltre 15 anni, storie di Topolino e Paperino. Nel 2007 si trasferisce a Barcellona per lavorare nello studio creativo di Egmont, editore di Copenaghen. Disegna tuttora per Egmont storie di Donald Duck su quattro strisce seguendo lo stile di Carl Barks. Ha disegnato illustrazioni e fumetti per Alias La Lettura inserti dei quotidiani Manifesto Corriere della Sera. Collabora con la rivista Internazionale.

Per Tunuè nel 2008 disegna, su testi di Giacomo Revelli, “Bottecchia”, racconto a fumetti della vita di Ottavio Bottecchia, ciclista degli anni 20, primo italiano a vincere il Tour de France.
Nel 2011 esce per Gallucci editore “Il Pinguino e la Gallina” e nel 2012, sempre per Gallucci “Cocco e Drilli” un altro libro illustrato per bambini.
Dal 2013 al 2016 vive a Parigi dove ha modo di ultimare “Churubusco”, suo primo lavoro come autore completo, racconto dell’italiano del Battaglione San Patrizio.
Churubusco è uscito in Italia per Coconino Press-Fandango, in Francia per Rackham editions, in Messico per La Cifra Editorial e, a novembre 2017, è prevista l’uscita negli Stati Uniti, per Fantagraphic. Dal 2017 vive e lavora a Torino.

Renato Chiocca è regista e sceneggiatore, lavora per il cinema, il teatro e la televisione. Ha girato documentari in Himalaya, a Lampedusa e in Tunisia, e numerosi tra cortometraggi, spot, videoclip e programmi tv. Tra cinema e fumetto ha diretto “Mattotti” (2006), sull’opera di Lorenzo Mattotti con la partecipazione del Premio Pulitzer Art Spiegelman, e “Una volta fuori” (2012), liberamente ispirato a Gli innocenti di Gipi.

Per apocalittici e integrati senza effetti collaterali o contro indicazioni.

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Aldo Colonna