Ada Reed! Chi era costei? Incipit “manzoniano” a parte, è necessario ricordarla, dal momento che in quest’area (“Indian Territory”) dell’Oklahoma di stanziamento dei Chickasaw (allontanati da Alabama, Mississippi e Tennessee) fu proprio dalla figlia del colono bianco Jeff Reed che prese il nome l’agglomerato di case che dal 1891 in poi si sarebbe chiamato “Ada”; negli anni Settanta del Novecento la cittadina sarebbe diventata quartier generale della Chickasaw Nation. Ad Ada i cugini Jerry e Gary Sims fondarono “The Dimensions” nel 1964, band che costituiva il nucleo originario dei futuri “The Monuments”, che dal 1965 avrebbero reso frenzied le feste e le serate dell’area tra Ada, Shawnee, McAlester, Muskogee e Tulsa. I componenti furono (con
varianti) Jerry (b) e Gary Sims [poi Tom Wilds] (chit), Howard Collings (V), Burl Moore (org) [poi il rientrante Gary Sims], Terry Bell (batt) [la formazione che incise il 45 giri nel 1966 comprendeva Wilds e Moore]; le influenze musicali comuni erano varie, dai Kingsmen a Paul Revere & The Raiders, dagli Hollies agli Animals a Lonnie Mack. Monte Bell, padre del batterista Terry, era il manager della band e programmava personalmente la promozione del gruppo e gli svariati gigs in Oklahoma. Si spaziava dai balli di fine anno alle feste per eventi sportivi, dai frat parties agli eventi in licei e college, anche nell’area ovest a Stillwater, Edmond e attorno Oklahoma City; luoghi di riferimento erano frequentemente “The Attic” a McAlester e “The Vendome” a Sulphur, ma The Monuments si spinsero fino a Denison in Texas e in Colorado. La band partecipò (vittoriosa nella propria settimana di esibizione) alla Battle of the bands (sponsorizzata da Pepsi e Guitar House) tenutasi a Tulsa nel 1966, con fase finale presso “The Cimarron Ballrrom”. L’esito positivo fece da trampolino di lancio per alcune apparizioni televisive a Tulsa, Ada ed Oklahoma City e per entrare in sala di registrazione ed incidere il primo (ed unico) 45 giri nel febbraio 1966: “I Need You” [H. Collings] (Alvera 677A-5216 (M-65); side B: “African Diamonds” [H. Collings], 1966), etichetta Alvera Publ. Co., inciso a Tulsa negli studi della KVOO (Radio) [The Voice Of Oklahoma]. In particolare “African Diamonds” ebbe buon successo a livello radiofonico locale, sostando stabilmente nella Top 10 di KAKC (la popolare “The Big 97”) di Tulsa e nelle radio KADA di Ada e KKAJ di Ardmore. Oltre al 45 giri, restarono sotto forma di acetati e di demo altri brani originali scritti da Collings, tra cui “Where Bad Boys Go”, “Don’t Blame Me”, “You Always Hurt The Ones You Love”, “Cold Winds Of March”. Una clamorosa opportunità sfiorò The Monuments probabilmente nel periodo luglio-agosto 1966, allorquando The Beach Boys erano in fase di spostamento dal New Jersey al Colorado durante il proprio tour; alla band fu offerta la possibilità di fare da support band ai Beach Boys in apertura ai loro concerti autunnali successivi. Purtroppo impegni di studio improrogabili e impedimenti di vario tipo costrinsero The Monuments a rinunciare a malincuore e a fare ritorno sommessamente ad Ada. Tale rinuncia inevitabilmente segnò anche l’inizio del declino; Tom Wilds lasciò il gruppo, che continuò in formazione di 4 elementi. Dopo un breve lasso di tempo tuttavia anche il batterista Terry Bell e il main songwriter Howard Collings (arruolati per il Vietnam) abbandonarono la band, che finì per sciogliersi subito dopo, presumibilmente tra fine 1966 ed inizio 1967. Anche in questo, come in numerosi altri casi di “bands meteora”, nessuno può ipotizzare cosa sarebbe successo se… l’attimo fosse stato colto.
Gian Marchisio
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In Kansas non andava violato Burnett’s Mound, che i nativi locali dicevano essere luogo leggendario dal potere apotropaico e di protezione per la città di Topeka dal passaggio dei tornados.
soprattutto per la loro predisposizione alla spontaneità e a dare il meglio di sé live. Tramite Mike Chapman, chitarrista degli ammirati The Blue Things, fu possibile registrare nel 1967 il primo (ed unico) 45 giri:“One Day Girl (Twenty-Four)” [M. West – G. Gucker] (Cavern 2207; side B: “Memories”), con etichetta Cavern records (di John Pearson), inciso ad Independence (Missouri) e prodotto dallo stesso Chapman. In seguito Blair Honeyman lasciò, sostituito da Bruce Lynn; l’onda post-incisione sembrava positiva a livello locale (anche se l’impatto sulle classifiche fuori Kansas fu mediocre) e l’apprezzamento per le esibizioni live dei Burlington Express cresceva; un ruolo importante nei concerti era giocato dal peculiare uso delle luci, con effetti inusuali e stroboscopici che Jim Nash definiva enfaticamente “Visual Act”. Il 22 agosto 1968 alla Municipal Auditorium Music Hall di Kansas City (Missouri), i Burlington Express aprirono con un’esibizione di mezz’ora il concerto dei The Who durante il tour nordamericano di promozione dell’album “The
Who Sell Out“. Poteva essere il trampolino di lancio definitivo ma paradossalmente fu il punto d’inizio di una frattura interna, con Gucker (anima rock e principale songwriter) che iniziò espressamente a non condividere la tendenza blues del resto del gruppo. La band sfornò ancora alcune demos su brani di Byrds e Yardbirds (“I’ll Feel A Whole Lot Better” e “Stroll On”) e tenne una veloce sessione di registrazione agli Audio House Studios di Lawrence; Gucker uscì e passò ai White Clover, band di orientamento progressive che in seguito a fusioni darà origine nei primi anni Settanta ai Kansas. 
e Don Harney (chit) e Jim Price (b); a questi si aggiunsero, dopo alcune sostituzioni, Wayne Groves (batt), John Parisi (org) e Tom Vorhauer (V). Le esibizioni coprirono soprattutto l’area nord-est della Virginia e la zona di Washington; fra le venues si segnalano “Mac’s Pipe and Drum”, la “Firehouse” di Fairfax e la famosa “Roller Rink” di Alexandria (qui The Apollos furono support band di gruppi quali The Vogues, The Mad Hatters, The British Walkers). Un’affermazione ad una “Battle of the Bands” locale consentì, presso gli Edgewood Studios di Washington, la registrazione di una demo di 4 brani; due di questi erano originali (scritti da Vorhauer-Parisi e Don Harney) e sarebbero poi stati il materiale del primo 45 giri. “That’s The Breaks” [T. Vorhauer – J. Parisi] (Delta MM 183; side B: “Country Boy”, 1965) uscì con etichetta Delta [Music Company] e con la produzione del manager della band, Bill Mosser. Il brano divenne presto una hit locale, ma diede visibilità anche ad ampio raggio, tanto che la MGM records si fece avanti per acquisire i diritti del pezzo; The Apollos tuttavia rifiutarono la proposta, in quanto scettici sulla convenienza di cedere subito i diritti del brano che li aveva fatti emergere con tanta rapidità.
nonostante il buon livello, ebbe scarso riscontro nelle classifiche e purtroppo scomparve presto dai radar. Dopo l’estate 1966 Vorhauer, Price e Groves dovettero lasciare per motivi personali e di studio; subentrarono Doug Collis (V) e Wayne Goubilee (batt), che con i fratelli Harney cercarono di proseguire un’avventura ormai già segnata da un mercato musicale non più favorevole. La parabola de The Apollos si chiuse probabilmente entro l’inizio del 1967; tuttavia non ha impedito agli Harney, a Price, Vorhauer e Groves di incidere nel 2013 un album celebrativo del cinquantennio e di organizzare nel 2017 un’ultima reunion a Hot Springs in Arkansas, ricordando ancora le origini a McLean e Falls Church e le feste alla George C. Marshall High School.
tra Illinois ed Indiana e, tuttora, sembra che lì attorno “tutto” sia Chicago. Figuriamoci 50 anni fa… Anche allora poteva essere considerato originario della “Windy City” chiunque fosse nato a Calumet City o Hammond, al di là o al di qua del confine. Non facevano eccezione The Omens, band garage “meteora” tra il 1964 e il 1966, formatasi a Hammond (Indiana) eppure a lungo ritenuta originaria di Chicago. Come per molti altri gruppi nascenti, l’età media dei componenti (Don Revercomb, V, chit; Gene Cooper, chit; Larry Allen, b; Tim Jones, batt; Al Patka, org) era attorno ai 17 anni e il raggio d’azione insisteva particolarmente nell’ambito dei teen clubs o delle feste delle high schools della zona. Si esibirono specialmente tra Chicago, Gary, Blue Island, Calumet City, Hammond, Lake Station, Glen Park e Portage; in un concerto a Cedar Lake (Indiana) furono support band degli Yardbirds e in una “Battle of the Bands” ad Hammond affrontarono, senza fortuna, nientemeno che i futuri The Jackson 5. Come nel caso di tante altre bands “meteore” del garage rock, la produzione discografica fu ridottissima (due 45 giri dell’etichetta Cody records di Tom Cleary incisi entro l’autunno 1966), sebbene significativa del suono garage di quegli anni. Non a caso “Searching” [D. Revercomb – L. Allen] (Cody records C007; side B: “Girl Get Away”, luglio 1966) è diventato brano emblematico e quasi archetipico del genere, caratterizzato da un insistente riff introduttivo di chitarra che apre al succedersi di voci frenetiche e screamings, assolo di organo e i tipici effetti di chitarra ottenuti tramite l’allora diffusissimo Gibson Maestro Fuzztone. Non è raro scoprire che proprio in quel periodo nacquero brani “tipici” e caratterizzanti che, indipendentemente dalla notorietà o dalla longevità di una band, ebbero la forza di riemergere anche a distanza di anni, quando ormai di una band “meteora” si conserva a malapena qualche informazione biografica o discografica. L’altro 45 giri targato The Omens di etichetta Cody records, probabilmente inciso poco dopo il precedente, omaggia anche la “British Invasion” (come era d’altronde frequente). La cantante solista è Carol Buehler (allora fidanzata del band leader Don Revercomb) che esegue l’originale “September” [D. Revercomb – C. Provenzano] e la cover di As Tears Go By di Jagger-Richards; l’assenza di numero di catalogo del disco indica la natura essenzialmente promozionale dell’incisione. Dall’autunno 1966 gli impegni, gli studi, il rischio di licenziamento dal lavoro per gli eccessivi permessi e le dolci attese di fidanzate e future mogli chiusero la breve parentesi della band, che tuttavia nell’arco di un biennio seppe movimentare e scuotere il nord-ovest dell’Indiana e buona parte dell’area nord-est del “Prairie State”.
1965, grazie ai concerti di quei “Fab Four” e “Stones”, la strada era già chiaramente tracciata; l’area del Midwest americano (tra Ohio, Michigan, Minnesota, Iowa, Illinois, Indiana, fin quasi al Colorado e all’Oklahoma) divenne terreno fertile per la nascita di una nuova forma di rock dai toni più crudi, grezzi e “home made”: il garage rock. Prendeva le mosse dalla scia del rock & roll e inglobava
l’apporto del British Invasion rock, ma trasformandolo in un prodotto realizzabile da un vasto bacino di musicisti e fruibile da un variegato pubblico; le chitarre diventavano aggressive e distorte, la voce ringhiante, i testi più graffianti, sfacciati e diretti. La fiammata fu veloce ed improvvisa, l’ascesa travolgente; ma altrettanto rapido fu il declino, tanto che molte bands ebbero carattere di meteore ed entrarono nell’oblio già al giro di boa degli anni Settanta. In parallelo, la metà degli anni Sessanta vide l’affermarsi del movimento psichedelico, che impregnava il rock di particolari caratteristiche: la forma musicale ed il rapporto testo-musica assumevano fattezze fluide, venivano assorbiti suoni dell’area indiana e orientale, si sperimentavano novità pionieristiche nelle sale di registrazione, si ricorreva anche all’uso di chitarre “fuzz-toned” e alla stratificazione sonora con effetti di eco e di riverberi multipli. L’area californiana irradiò il verbo dello psychedelic rock in tutti gli Stati Uniti, tramite Doors, Jefferson Airplane, Grateful Dead, Big Brother and The Holding Company, Quicksilver Messenger