PUNTI DI (S)VISTA /
di Tersilla Garella
Tutti pronti a decidere da che parte stare, ad individuare la vittima e il carnefice, a stabilire chi sia il buono e chi il cattivo. Senza pronunciare in tutto ciò una parola contro la giustizia italiana. Sì, la giustizia italiana. Così lenta e talvolta così inefficiente che, mentre si aspetta che faccia il suo corso ed emetta una sentenza, qualcuno fa in tempo a togliersi la vita
Un vero e proprio clamore mediatico si è sollevato la scorsa settimana a favore di Andrea Natali, il 26enne che si è tolto la vita in un piccolo centro in provincia di Vercelli. Da quanto si è potuto apprendere, Andrea era un ragazzo chiuso e riservato che lavorava in una carrozzeria del posto. Succede poi che abbia iniziato a subire pesanti scherzi da parte dei suoi colleghi e sia iniziato per lui un vero e proprio calvario culminante in una profonda depressione. Succede che Andrea abbia deciso di affidarsi alla tutela di assistenti sociali, che l’hanno spinto a denunciare quelle derisioni umilianti e lesive della persona, documentate su Internet con foto e video. Succede che il ragazzo si sia recato alla polizia postale di Biella, ma che nulla di eclatante e decisivo sia stato fatto. Succede da ultimo che Andrea la scorsa settimana si sia tolto la vita impiccandosi nella propria abitazione, dopo aver trascorso un anno barricato in casa. Il web allora impazza. Si scaglia contro i colleghi del ragazzo, additati come i soli responsabili di questa tragedia.
Li chiama bulli e si erge a difesa di Andrea, definito una vittima del bullismo più accanito. Un’altra fetta consistente di utenti al contrario sostiene che sia necessario imparare a difendersi e a stare al mondo. Alcuni, infine, che si augurano che i responsabili scontino la pena non tanto risarcendo i genitori del ragazzo, quanto rimanendo impigliati in una fitta trama di insulti da parte della comunità online. Tutti pronti insomma a decidere da che parte stare, ad individuare la vittima e il carnefice, a stabilire chi sia il buono e chi il cattivo. Senza pronunciare in tutto ciò una parola contro la giustizia italiana. Sì, la giustizia italiana. Così lenta e talvolta così inefficiente che, mentre si aspetta che faccia il suo corso ed emetta una sentenza, qualcuno fa in tempo a togliersi la vita. E il bullismo, questa parola di cui tutti ci siamo riempiti la bocca, esiste da sempre ed è una realtà con cui ogni generazione si è trovata a fare i conti. Quattro teppistelli che scelgono il soggetto debole del gruppo. Chi non si ricorda di esserne stato vittima ai propri tempi? Con la differenza che all’epoca il tutto restava confinato tra le quattro mura della scuola e al massimo nel cortile. Ora invece questi atti vengono ripresi e circolano liberamente sul web, dove si assiste ad una gara per apparire i più spacconi del giro.
E così finisce che quelle che sarebbero dovute essere burle sfocino in tragedie. Perché Internet è uno strumento potentissimo, di cui ognuno di noi si serve nella vita quotidiana. Ma allo stesso tempo così influente da permettere che questi atti di vandalismo facciano il giro della rete, degradando l’individuo e privandolo della dignità. Distruggendolo psicologicamente. Senza, peraltro, che egli possa contare su istituzioni pronte a salvaguardare e a garantire i suoi diritti. Che questa tragedia ci serva da monito e ci insegni qualcosa. Sentitevi responsabili, quando ve la prendete con una persona più debole e fragile solo perché sapete che non reagirà. Sentitevi responsabili anche voi, genitori, quando non avete voglia di badare ai vostri figli, perché magari siete stanchi dopo una lunga giornata, e li parcheggiate sul divano con pc o Ipad. E si senta responsabile la giustizia, per non essere stata in grado di tutelare una giovane vita che si è spenta a soli ventisei anni.