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L’elegante originalità nelle opere di Silvana Allasia e Laura Pezziardi

La ceramica vegetale, definita anche ceramica fredda. Silvana Alasia ci spiega che “è un impasto dal gradevole profumo aromatico, la cui componente base è polvere di legno, miscelata ad olio di lino e ad altri componenti naturali ma con effetti e caratteristiche molto simili a quelli della ceramica refrattaria, ad esempio per raku, col vantaggio che non richiede alcuna cottura in forno”. Le opere create, messe ad essiccare a freddo, acquisiscono una leggerezza maggiore, divenendo compatte e durissime e rivelandosi salvaguardate da ogni tipo di scheggiatura o di piccola rottura in caso di urti o cadute.  Con questo tipo di lavorazione, Silvana Alasia e Laura Pezziardi hanno dato vita a una linea di prodotti artistici, pronti a entrare nel sobrio arredo di ogni casa, pezzi studiati ed eseguiti a mano, davvero singoli nell’esposizione di un’intera linea. Ciotole dalle diverse grandezze, vasi e piatti, vassoi in cui grazie a una particolare verniciatura è possibile contenere alimenti e anche liquidi, collane e lampade, oggetti eleganti nelle forme come nelle decorazioni, nei colori come nelle rifiniture, dove respira prepotente la fantasia delle artiste, il gusto, la ricerca dell’invenzione, l’innovazione. Sono sufficienti la grazia e l’originalità di alcuni piccoli oggetti per apprezzare appieno le opere delle due ceramiste, l’efficace inserimento di una lampada a stelo, con la suggestiva elaborazione dei colori e dei materiali, per valutarne lo studio, la sensibilità immessa in alcune forme, ad esempio le ciotole traforate o quelle altre nel cui fondo trovano posto come ricami i giochi di minuscole felci e di foglie brune, per avvertire il piacere di un acquisto, immediatamente. Opere eleganti, che sono in mostra (a cura di Giuliana Cusino e Luigi Castagna) in occasione di “Forme dalla natura. Esposizione di ceramiche vegetali”, alla terza edizione e ancora una volta presso i locali della galleria “Arte per voi” di Avigliana nelle giornate di sabato (dalle 15,30 alle 19) e domenica (dalle 10 alle 19 con orario continuato) fino al 20 agosto.

 

Elio Rabbione

 

“Lampada lunare”, cm. 19 x 19, ceramica vegetale e acrilico, 2017

“Lampada a stelo”, cm. 45 x 13, ceramica vegetale e acrilici, 2017

“Vaso”, cm. 18 x 22, ceramica vegetale e acrilici, 2017

 

“Dialoghi sulla Salute”: undici incontri in Piazza d’Armi

Ambiente, benessere, cibo, stili di vita, cura del corpo, amici a quattro zampe e tanto altro ancora. Sono gli argomenti di cui ci si occuperà negli appuntamenti con i “Dialoghi sulla Salute”: undici incontri della durata di mezz’orain programma al Parco Cavalieri di Vittorio Veneto dal 20 al 30 luglio e tre spettacoli nel mese di settembre, organizzati dall’ assessorato alle Politiche sociali della Città di Torino, in collaborazione con Asl e Farmacie Comunali, e inseriti nel calendario di iniziative organizzate nell’ambito della manifestazione “E-state in piazza d’Armi”.

Di seguito il calendario dei “Dialoghi sulla salute”. Tutti gli incontri di luglio iniziano alle ore 21 e precedono lo spettacolo serale.

  • Giovedì 20 Luglio, “Counseling, salute e benessere”, a cura dell’Associazione Società Italiana Counseling S.I.C.o
  • Venerdì 21 Luglio, “La protezione civile nell’educazione e nella tutela dell’ambiente”, a cura dell’Associazione PRO.CIVI.CO.S Onlus
  • Sabato 22 Luglio, “Piccoli amici a 4 zampe”, a cura dell’ Associazione UAM, Centro Puzzle, Associazione Zerotre
  • Domenica 23 Luglio, “Donare quello che serve quando serve”, a cura di Fidas-Adsp- Gruppo Torino
  • Lunedì 24 Luglio, “ Parliamo di disabilità. Appunti e disappunti”, a cura di Claudio Foggetti, responsabile Servizio Passepartout- Sportello InformadisAbile della Città di Torino
  • Martedì 25 Luglio, “ Progetto Ve.lA e ETD: disabilità e vita indipendente”, a cura del Progetto Verso l’Autonomia- Direzione Servizi Sociali- Area Politiche Sociali della Città di Torino
  • Mercoledì 26 Luglio, “ Affidamento diurno per persone con disabilità”, a cura  della Direzione Servizi Sociali – Area Politiche Sociali Servizio Disabili della Città di Torino
  • Giovedì 27 Luglio, “ Hey ti voglio raccontare.. Il laboratorio di storytelling per ragazzi sordi”, a cura dell’Associazione Portatori Impianto Cocleare APIC e della Fondazione Akusia
  • Venerdì 28 luglio, “ Cibo e salute”, a cura della Cooperativa Sociale Terra Mia Onlus
  • Sabato 29 luglio, “ Teniamoci cara la pelle”, a cura dell’ Associazione Gruppo Assistenza Ustionati, Associazione Contatto
  • Domenica 30 luglio, “ComuniCARE”, a cura dell’ Associazione Volonwrite onlus

 

  • Domenica 3 Settembre – ore 16 – Contest Aria Atomica, a cura di Aria – Centro d’ascolto per adolescenti e giovani della Città di Torino, Aics Torino e Cooperativa Sociale Terzo Tempo
  • Domenica 10 Settembre – ore 21 –  Spettacolo teatrale Shakespeare in Kossuth, a cura della Cooperativa Sociale PRO.GE.S.T.
  • Domenica 17 Settembre  – ore 16 – Contest Aria Atomica, a cura di Aria – Centro d’ascolto per adolescenti e giovani della Città di Torino, Aics Torino e Cooperativa Sociale Terzo Tempo

Tutti i “Dialoghi sulla salute” saranno videoregistrati e disponibili online, dal giorno successivo, su Facebook: https://www.facebook.com/dialoghisullasalute o  https://www.fb.com/dialoghisullasalute e su YouTube: https://www.youtube.com/volonwrite

SILVIA MEZZANOTTE IN PREGHIERA ALL’ABBAZIA DI CASANOVA

Due giorni di preghiera e ritiro spirituale per Silvia Mezzanotte. Lo scorso weekend la voce storica dei Matia Bazar, vincitrice di ‘Tale e Quale Show 2016’ su Raiuno con Carlo Conti, è stata ospite del Monastero Abbaziale di Casanova a Carmagnola, antica dimora cistercense retta dall’Associazione Onlus ‘Cenacolo Eucaristico della Trasfigurazione’, comunità fondata e animata dal sacerdote cottolenghino torinese Don Adriano Gennari, noto per le potenti preghiere di intercessione a favore di malati e sofferenti, da sempre in prima linea nella lotta all’indigenza con la ‘Mensa dei Poveri’, aperta nel 2008 nel centro storico di Torino di San Salvario, quartiere storico di Torino.

Silvia Mezzanotte, al termine della celebrazione eucaristica svoltasi domenica 23 luglio, ha intonato a sorpresa, accompagnata al pianoforte, una sorprendente versione dell’Ave Maria di Gounod, con un toccante testo scritto di suo pugno, scatenando la commozione dei fedeli presenti, e commuovendosi lei stessa.

“Considero Don Adriano Gennari – ha dichiarato la cantante – un uomo di Dio pieno di energia e vitalità. Ha saputo leggermi dentro, dandomi indicazioni precise su quello che è il mio percorso spirituale attraverso la mia voce”, prima di far registrare la sera stessa a Torino uno strepitoso sold-out sul palco del Festival ‘Parco Dora Live’, muovendosi tra i grandi classici delle migliori interpreti femminili di sempre sia italiane che straniere, e rileggendo con intensità alcune delle pagine più belle dei Matia Bazar, tra gli applausi del pubblico in piedi e i numerosi bis.

Uno spettacolo a metà tra pop e jazz, che ha visto Silvia Mezzanotte protagonista sul palco in quartetto con voce, pianoforte, contrabbasso e batteria.

 

Bruno Albertino e Anna Alberghina portano a Spoleto 50 opere della loro collezione

Si è aperta nel mese scorso a Spoleto la “Casa Modigliani” per ricordare al pubblico anche internazionale che ogni anno si riversa nel piccolo centro umbro, menottiano per eccellenza (come non ricordare qui l’anima del grande compositore e artefice d’eventi?), una delle figure più grandi e importanti del panorama artistico d’inizio Novecento nonché un luogo in cui dare vita alle iniziative e alle attività che nasceranno per organizzare e avviare la celebrazione del centenario (nel 1920) della morte dell’artista. A dare il via ad un discorso che vuole coinvolgere nel futuro imprese e artisti, professionisti e ambiti museali si inaugura nel pomeriggio di giovedì 22 prossimo la mostra Modigliani e l’Art Nègre, curata da Cesare Pippi e posta all’interno delle manifestazioni che circondano la 60ma edizione del Festival dei Due Mondi.

Il fine di questo primo evento formulato da “Casa Modigliani” è quello di rintracciare le assonanze e le influenze e i legami che possono essere intercorsi tra l’opera di Modigliani e l’arte africana nella vivacità culturale della Parigi di inizio secolo, un’arte che ebbe il suo prepotente ingresso nella capitale francese grazie all’interessamento e alla curiosità appassionata di artisti, di collezionisti e di galleristi, da Braque a Matisse a Picasso, da Brancusi a Gertrude Stein a Maurice de Vlaminck, dallo scultore americano Jacob Epstein a Parigi per la realizzazione della tomba di Oscar Wilde al Père Lachaise a Paul Guillaume sempre pronto a coniugare la scultura e la pittura del suo tempo con l’arte africana; e alla quale l’artista livornese si avvicinò in parte, conferendo alle sue opere alcuni dei tratti stilistici ad essa propri ma allo stesso tempo soltanto in parte interessato e coinvolto, essendo piuttosto rivolto alla volontà di sviluppare un proprio mondo scultoreo estremamente personale dove delle differenti sorgenti Modigliani si avvaleva esclusivamente per esprimere al meglio la bellezza femminile.

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A concretizzare maggiormente e visivamente, all’interno del percorso della mostra, queste voci parallele intervengono le circa cinquanta sculture che, tra le 400 totali, fanno parte della collezione privata di Bruno Albertino e Anna Alberghina, due medici torinesi – già in altre recenti occasioni segnalati dal nostro quotidiano – che hanno fatto dell’arte africana la loro più immediata passione, al di là del fascino iniziale costruita attraverso gli studi e le ricerche e i viaggi che li hanno portati in una trentina d’anni pressoché in ogni parte del continente africano, nella scoperta dei luoghi e dei riti, della cultura e delle tradizioni che lo abitano. Un percorso lungo e approfondito, scandito da un lato dalle immagini fotografiche di lei a testimonianza di quelle diverse società, nella ricerca continua di un equilibrio tra l’aspetto etnografico e quello estetico, nella scoperta variopinta di abiti e di decorazioni del corpo, di angoli di villaggi e di acconciature; dall’altro le maschere e i gruppi lignei, gli oggetti d’uso e gli amuleti, che datano dalla metà dell’Ottocento alla prima metà del Novecento e che sono il frutto tangibile di quelle conoscenze e di quei viaggi intrapresi negli anni come dell’apporto di aste e di gallerie italiane, francesi, belghe e statunitensi. Sottolinea Albertino: “Possiamo considerare l’arte africana come l’insieme delle manifestazioni materiali e immateriali che definiscono l’estetica africana, un modo di essere e vivere che si esprime nella scultura sacra e profana, negli ornamenti e nelle decorazioni corporee il cui fine ultimo è rendere il mondo spirituale tangibile attraverso la traduzione visiva dei suoi misteri. Frutto di innumerevoli culture, etnie e tradizioni religiose, l’arte africana, proprio nell’accordo profondo tra percezione universale e realizzazione particolare, ha trovato la sua sublimazione in una visione non solo etnografica ma soprattutto estetico-formale.

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Essa è caratterizzata da visione plastica e da percezione immediata dello spazio”. Forme di scultura alla continua ricerca di un equilibrio in cui convivano trascendente e realtà concreta, innestando nell’opera il supporto della forza vitale: “Una simile arte – afferma ancora il collezionista – sopravvive solo sino a quando esiste la fede in questa visione del mondo, altrimenti nascono forme artistiche distorte, finalizzate al mercato turistico, prive di forza e vita”. E spiega: “L’influenza dell’Art Nègre nell’opera di Modigliani si esprime nella forte stilizzazione delle testa, nei volti allungati con tratti simmetrici e geometrizzati, nel profilo stretto del naso triangolare e appiattito prolungato dal rilievo delle sopracciglia, negli occhi a mandorla, appena accennati, nella bocca rotonda con labbra sporgenti e nei lunghi colli. I volti-maschera di Modigliani paiono celare la vera personalità del soggetto. Nella loro morfologia primitivista i lineamenti sono fissati con poche linee stilizzate, gli occhi sono vuoti o appena accennati. I volti assumono dunque una forma universale. Abbandonato il modello, Modigliani non rappresenta più nessuno ma punta ad un ritratto unico che attraversi le epoche”. Completano la mostra spoletina numerose opere maggiori dell’artista riprodotte con una elevata tecnologia ad altissima definizione su pannelli retroilluminati a Led, fotografie e documenti d’epoca, sistemi tecnologici di video compositing grazie ai quali le fotografie e i video, combinati con le opere di Modigliani e correlate con le maschere e le sculture africane, ci mostreranno le sue fonti d’ispirazione. Si potrà viaggiare all’interno delle opere e confrontarne direttamente le provenienze.

 

Elio Rabbione

 

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nelle immagini:

Bruno Albertino e Anna Alberghina fotografati da Plinio Martelli

Casa Modigliani a Spoleto

Amedeo Modigliani, “Jeanne Hebuterne au chapeau de paille”

Figura di maternità reale Baoulé (Costa d’Avorio), part.

 

 

 

 

Musica d’autore a Baldissero

Al centro comunale Paluc, il week end musicale del 17 e 18 giugno si svolge un’ interessante manifestazione, con un programma musicale per tutti i gusti: jazz, blues, rock, pop, folk, musica d’autore. Si tratta di “Le Baldisere”, organizzato dal Comune di Baldissero Torinese in collaborazione con l’associazione Radar Live, già famosa per la rassegna musicale internazionale “Colnia Sonora”. Spiega l’assessore alla cultura Paola Chiesa: La sfida è quella di rendere “Le Baldisere” un appuntamento fisso, che si rinnova negli anni. Una sana ambizione per la nostra bella collina. Nel 1995 il Comune di Baldissero Torinese presentò già una prima edizione de Le Baldisere, con un programma musicale orientato al folk italiano, scozzese ed irlandese”. Così, a distanza di 22 anni Le Baldisere ritorna, dando cittadinanza a diversi generi musicali e valorizzando al massimo la qualità dei musicisti torinesi, appositamente selezionati: dai Gran Pastis a Dario Lombardo & Andrea Scagliarini, a The Minis, a Billi Spuma e i suoi Gassati, a TrioLina, a Luca Rigazio Trio, ai Two Fellas Robbo & Gariazzo, al Maestro Ugo Viola, fisarmonicista prediletto di Luciano Pavarotti e fondatore del Moncalieri Jazz Festival, pregiata rassegna musicale che quest’anno festeggia la ventesima edizione. Non manca anche una rappresentanza musicale di Baldissero, presente con il musicista Claudio Bondioli & Comitiva Carillon. Conclude l’assessore”. Questa è una conferma della politica dell’Amministrazione Comunale nel valorizzare il proprio territorio a cominciare dalle persone che, nei settori più disparati, lo arricchiscono con le proprie competenze e professionalità”.

Massimo Iaretti

Latte! Latte appena munto!

castagne lattecastagne

castagne magnan“Me lo ricordo, il Meo. Veniva da Carpugnino in bicicletta e portava a tracolla una sacca di tela in cui teneva gli attrezzi da lavoro e il materiale: aghi e filo per il rammendo, manici e stecche di ricambio, puntali di legno. Urlava a squarciagola “Umbrelàt, umbrelàt!”, annunciando il suo arrivo nei paesi attorno al Mottarone”

Ricordi quando girava per le strade l’umbrelàt? Eh, altri tempi! Ora gli ombrellai sono spariti. Non servono più; sono diventati inutili. A parte il Bortola, quello di Domo dove talvolta si serve il Faustino, non ne conosco altri. Chi vuoi che faccia riparare l’ombrello,oggi? Basta un sfriis, un piccolo segno nel telo o una bacchetta storta e l’ombrello va dritto nella spazzatura, sostituito con uno nuovo”. Dino Denti, mi parla e scuote la testa. “ Un tempo, che ti piacesse o no, eri  costretto a risparmiare. Si stava attenti alla roba e, quando l’ombrello si rompeva, si aspettava il passaggio dell’ombrellaio. Me lo ricordo, il Meo. Veniva da Carpugnino in bicicletta e portava a tracolla una sacca di tela in cui teneva gli attrezzi da lavoro e il materiale: aghi e filo per il rammendo, manici e stecche di ricambio, puntali di legno. Urlava a squarciagola “Umbrelàt, umbrelàt!”, annunciando il suo arrivo nei paesi attorno al Mottarone”. Mi sembra di capire che stasera, qui all’osteria, c’è aria di ricordi. Infatti, zittitosi Dino ecco partire in quarta l’Evaristo. “Io rammento quando girava per le vie e i cortili il magnan, lo stagnino. Ero piccolo e quando tornavo a casa sporco dopo un pomeriggio di giochi alla Madonna del Popolo mia madre mi gridava “Vunciòn d’un vunciòn, ti s’è cunscià ‘mé ‘l Belgio, négar cumpàgn d’un magnan”. In effetti ero nero come poteva esserlo solo uno stagnino che aveva a che fare tutto il giorno con paioli di rame, pentole di ferro, tegami d’alluminio”.

L’arrivo del magnano non passava inosservato. Gridava forte, annunciandosi, il Mario Colombo tradendo, con la sua inconfondibile pronuncia, le origini lombarde: “Tosann, gh’è chi el magnan ch’el gh’ha voeuja de laurà” (“Ragazze, c’è qui lo stagnino che ha voglia di lavorare”). “E del cadrigàt, del riparatore di sedie, non diciamo niente?”, interviene Bartolo, accompagnando le parole con una gran manata sul tavolo. “ Quando una cadréga si rovinava non c’era che lui in grado di risistemarla, soprattutto quelle impagliate.Era uno delle Quarne, testardo e risoluto come tutti i montanari. Viaggiava anche lui in bici, con un sacco  che conteneva martello, seghetto, trapano e pialla. Si sedeva sui gradini e, con la paglia della segale, intrecciava sedili quando non doveva piallare gambe e rinforzare schienali”. Mansueto conferma che ormai c’è una gara in corso a chi ricorda i mestieri di un tempo. “L’Ubaldo di Coiromonte, chi di voi l’ha più visto? Dev’essere morto e sepolto perché quand’ero ragazzo era già in là con gli anni. Vendeva ai mercati o davanti al sagrato delle chiese i filoni di castagne cotte al forno, copiando la moda della bassa. Girava tutto gobbo, piegato in due, con tutte quelle collane di castagne che portava a tracolla od appese in spalla”. “Mio nonno vendeva al giaz, il ghiaccio”.

La voce è quella del Martino Piana ma non riesco a vederlo. Ah, eccolo: è talmente mingherlino che la botte vuota dove Maria affigge i suoi menù lo nascondeva alla vista. “ Sì, perché negli anni trenta non c’erano in giro i frigoriferi elettrici e per tenere al fresco gli alimenti si usavano i giazaròl, le ghiacciaie, dei mobiletti di legno le cui pareti interne erano rivestite da un’intercapedine di sughero e zinco. Si aprivano dall’alto con uno sportello e vi si infilava il blocco di ghiaccio per creare il fresco. Mio nonno, Gustavo Piana, viaggiava con un carrettino su cui c’erano dei pani di ghiaccio lunghi quasi un metro e di circa venti centimetri di lato. Ognuno ne acquistava la quantità che gli serviva e le signore ricche lo usavamo anche per fare le granite. A volte, proprio loro, facevano storie per pagare ma mio nonno, deciso a farsi valere, diceva che “gnànca ‘l can al fa nà la cùa par nuta” neanche il cane dimena la coda per niente) e non mollava l’osso finché non riceveva il giusto compenso. E che sudate nel su e giù per i paesi di montagna!”.

Questi mestieri sono del tutto scomparsi e , poco o tanto, la stessa traccia che hanno lasciato nella memoria di chi li ha potuti conoscere si affievolisce. Tempo qualche anno e chi si rammenterà più che, nei mercati, c’erano i venditori d’acciughe salate, aringhe affumicate (le saracche che davano profumo alla polenta dei più poveri) e il tonno sott’olio. Chi si ricorderà quei barili aperti con questi pesci accomodati a raggiera, in bella vista?  E i lattai ambulanti che arrivavano fin dalle prime ore del mattino dalla valle Strona o dai paesi del Mottarone e della valle dell’Agogna, con la brenta del latte fresco in spalla? Per attirare l’attenzione urlavano “Lac’! Lac’! Lac’ pèna mungiù!” (Latte! Latte! Latte appena munto!). C’era chi vendeva il castagnaccio e chi le mele, chi i frutti di bosco e chi i funghi. Uno dei pochissimi che resistono ancora sono i venditori di caldarroste. Pochi ma  ne sono ancora in giro. Anche loro hanno dovuto stare al passo con i tempi.  Le caldarroste erano vendute in fogli di giornale a forma di imbuto. Ora se non usano il sacchettino con la scritta “per alimenti” finiscono per prendersi multa e denuncia. Forse è il momento, dico io, di farci su una bella bevuta prima che la nostalgia ci faccia venire un groppo alla gola. Intanto, guardando fuori dalla finestra a fianco del bancone della mescita, la luce di una bella luna – tonda e gialla come una polenta – attenua il buio e fa dolce la sera.

Marco Travaglini

Torino dice basta all’accattonaggio con gli animali

Qualche settimana fa abbiamo raccontato di quanto Torino sia vicina agli animali, di quanta disponibilità ci sia nei loro confronti in termini di spazio e strutture.

E’ vero, Torino è decisamente una città petfriendly e proprio per questo i cittadini di questo magnifico luogo ora si ribellano, dicono basta a quel fenomeno vergognoso e degradante che è l’accattonaggio con gli animali. E’ nata infatti su Facebook la petizione “Siamo contro l’accattonaggio con gli animali a Torino” a cui stanno aderendo molte persone decise a lottare, proteggere e salvare una incredibile quantità di animali sfruttati e maltrattati.

Sempre di più ad ogni angolo di strada, soprattutto in centro dove è garantito un minimo di via vai, ci sono mendicanti che accattonano con animali, più delle volte cani, costretti a stare immobili per ore, senza potersi muovere, respirare, evidentemente tenuti fermi a catena e terrorizzati dalle possibili reazioni dei loro padroni. Personalmente ho palesato più volte a queste persone che l’animale non sembrava stare bene ma la reazione è stata, per usare un eufemismo, piuttosto intensa: insulti, insolenza, scherno.

La morale è che, dopo aver segnalato il problema alle Associazioni preposte, alle Forze dell’Ordine, ai Vigili Urbani, al momento non c’è molto da fare perché, nonostante la questione sia chiaramente grave e indegna e malgrado ci sia un evidente il fenomeno di sfruttamento organizzato, la legge non tutela i nostri amici animali.

La delibera comunale dell’aprile 2006, modificata nel 2011 infatti dice: “ E’ vietato, su tutto il territorio del Comune di Torino, nella pratica dell’accattonaggio, utilizzare animali in stato di incuria, denutrizione, precarie condizioni di salute, in evidente stato di maltrattamento, impossibilitati alla deambulazione o comunque sofferenti per le condizioni ambientali in cui vengono esposti. E’ altresì vietato l’accattonaggio con cuccioli di qualsiasi specie animale di età inferiore ai 180 giorni. Gli animali non possono comunque essere soggetti attivi dell’accattonaggio…” (fonte: sito Comune di Torino). Tale delibera dovrebbe essere auspicabilmente cambiata in “E’ vietato praticare accattonaggio con qualsiasi animale, di qualsiasi razza, età e tipologia”. E’ così difficile modificarla? In molti ora se lo chiedono e sempre in molti si stanno impegnando a cambiare lo stato delle cose che, per dirla tutta, lede l’immagine di una città come Torino che si distingue per la sua eleganza e che non vuole essere più complice di tale reato.

A onor del vero, ritengo necessario evidenziare la differenza sostanziale che passa tra coloro che mendicano con gli animali sfruttandoli e maltrattandoli da coloro che, in condizione di indigenza e povertà, decidono di continuare ad occuparsene e che pur senza una abitazione li tengono rinunciando spesso alla possibilità di dormire in un ricovero per non abbandonarli. Questa è un’altra questione su cui il Comune di Torino dovrebbe riflettere ovvero la possibilità di dare ai senzatetto il diritto di accedere alle strutture di accoglienza notturna con i loro animali.

L’invito è dunque di partecipare e sostenere questa mobilitazione, una iniziativa importante che oltre a salvare gli animali da una vita di sofferenze, riscatterà Torino dal decadimento che questi misfatti procurano e la riqualificherà ridandogli lustro.

Maria La Barbera

L’armonia e la bellezza di un letto una stanza antica

Qualcuno avrà abitato quel numero civico 14 oggi incorniciato dentro un muro scrostato. Qualcuno avrà attraversato quei viottoli lunghi e stretti, colpiti dalla luce dei lampioni, quegli acciottolati dove oggi non ci sono più orme. Qualcuno si sarà addormentato in quel letto o seduto su quella sedia che oggi, in un armonico intersecarsi delle loro bacchette di ferro, sono semplici e spoglie geometrie. Qualcuno un tempo si sarà aggirato felice tra quei terreni, oggi spaccati dall’aridità, dove occhieggiano qua e là fasci di girasoli secchi, di fiori bruciati e pendenti, senza vita. Qualcuno avrà guardato quegli alberi poderosi, nodosi, intrecciati di tante vite, diverse tra loro, o quegli altri dai rami secchi e filiformi o quelli che oggi sfuggono in un gioco di nebbie che tutto nasconde e tutto lascia trasparire. Qualcuno avrà per un attimo riposato su quella panchina, ormai rovinata dal tempo, immersa in un paesaggio ovattato, antico, ormai a tratti impercettibile.

È il mondo della bellezza e della memoria quello di Antonio Sarcina e delle sue fotografie, ospitate – il risultato di tre anni di lavoro – con il titolo Sguardo essenziale sino a sabato 20 prossimo nello spazio della galleria “martinArte” di corso Siracusa 24, a cura di Fernando Montà e Cosimo Savina, maestro quest’ultimo un tempo della sua tecnica e di quel gusto per la composizione che oggi ce lo fa ammirare. Sarcina, nato a Napoli 48 anni fa, vive da decenni a Torino e lavora come ingegnere di una multinazionale di consulenza, creando tra lavoro e passione una continua osmosi di ordine e di originalità, di rigore estremamente dimostrato e di un lirismo che denuncia tutta intera la sua sensibilità. In questa c’è tutta la padronanza nel saper cogliere il profumo del tempo passato, il gusto per i particolari, la ricerca degli oggetti, la loro denunciata normalità, la loro umanità e la loro essenza, in un panorama di non-luogo e di non-tempo (soltanto certi squarci di Matera sembrano tradire questa volontà), quasi si trattasse di una operazione archeologica, di scavo, di ritorno appassionato alle radici. Sarcina lavora di tagli di luce straordinari, di colori appiattiti, il bruno e il seppia, vira al blu totale quando meno te l’aspetti, consegnandoti il prima e il poi di certi fiori preziosi, anche i ritratti di una donna e di una ragazza, la moglie e la figlia, paiono arrivare da un’epoca a noi lontana. Con gli anni ha affinato la tecnica, anche il profano o chi non è abituato a frequentare camere oscure s’appassiona al suo lavoro, vi scorge la ricerca, il tempo speso per la resa migliore, l’effetto studiato, il risultato davvero eccellente.

Tecnicamente, lui vi spiegherebbe il percorso verso un viraggio cromatico o i processi della stampa “Lith” o alcune antiche tecniche di stampa a contatto, come la cianotica o la stampa al platino/palladio, come l’uso di certi supporti artigianali costituiti da carte di fibre naturali, diverse per grammatura, superficie, colore e trama: noi, come bambini portati per mano, con una buona dose di entusiasmo, abbiamo netta la sensazione della bellezza e dell’armonia che trovano spazio in queste opere e ci appassioniamo ad un albero immerso nella nebbia o a quel letto, alle sue geometrie che s’incrociano con quelle di una sedia, la ruggine del loro ferro, il muro intonacato e antico che gli fa da sfondo.

 

Elio Rabbione

“Un missionario in canoa”

Si svolgerà a Torino, lunedì 8 maggio alle ore 18.00 la presentazione del libro “Un missionario in canoa” di Veronica Iannotti, edito da Real Press. L’evento si terrà presso la prestigiosa location del Circolo dei Lettori in Via Bogino  9  e vedrà una illustrazione da parte di Giampiero Leo, vice Presidente del comitato diritti umani della regione Piemonte, e portavoce del coordinamneto interconfessionale “Noi siamo con voi”, quindi persona particolarmente sensibile alle tematiche trattate.

Il libro, cui anche il TG3 Piemonte ha dedicato un servizio e che, nell’ottobre dello scorso anno, è stato donato a Papa Francesco; racconta la vera vita del missionario salesiano don Gervasio Fornara, già Parroco della Basilica del Sacro Cuore di Gesù a Casale Monferrato, il quale partito non ancora sacerdote per la Colombia, ha passato quarantun anni nelle foreste dell’America latina. Fra guerre civili, narcotrafficanti, rapimenti, calamità naturali ed epidemie, il coraggioso missionario è riuscito a fondare due Centri Missionari tutt’oggi esistenti, la prima emittente televisiva locale del Paese e diverse stazioni radiofoniche.

Alla presentazione, oltre all’autrice Iannotti e a Giampiero Leo, sarà presente anche don Gervasio, il quale è stato definito da Padre Vidal Niebles Ordóñez, capo dell’Ispettoria Salsiana di Medellin in Colombia, come uno dei più grandi missionari italiani mai stati in America Latina. Per info 320.9681186 oppure info@realpress.it

A Roma la presentazione del libro di Quaglieni

Due appuntamenti per la presentazione del libro “FIGURE DELL’ITALIA CIVILE” di Pier Franco QUAGLIENI

 

TORINO

Venerdì 5 maggio alle ore 18 al Circolo dei Lettori di Torino in via Bogino 9 – Sala del Gioco – lo storico Gianni OLIVA presenterà il libro edito da Golem.

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ROMA

Martedì 9 maggio alle ore 18 l’opera di Quaglieni verrà presentata a Roma presso l’Associazione Piemontesi a Roma, già Famija piemonteisa della capitale, in via Aldovrandi 16.Presentano: Mirella Serri, Marina Valensise e Franca Prest. Presiede Enrico Morbelli. Alla fine della presentazione seguirà un rinfresco con brindisi con Spumante Soldati La Scolca.