Rubrica settimanale a cura di Laura Goria
Fabio Genovesi “Il calamaro gigante” -Feltrinelli- euro 14,00
E’ dai tempi delle elementari che Fabio Genovesi covava l’idea di scrivere questo libro: da quando la maestra chiese di disegnare l’animale preferito e lui tratteggiò un calamaro gigante, suscitando l’ilarità dei compagni che lanciarono oggetti vari di cancelleria contro di lui e il suo disegno.
Aneddoto divertente che prelude a 141 pagine dedicate all’animale che contiene inchiostro nero e lucido, molto più che un fantastico parto della fantasia dello scrittore toscano.
Genovesi imbastisce la sua vera storia e quella delle persone che nei secoli hanno creduto nella sua esistenza, l’hanno cercato o incontrato di persona.
Il romanzo è anche un inno al mare, che è al centro del mondo, occupa i tre quarti del pianeta che chiamiamo terra, ma che sarebbe più onesto chiamare mare.
Di lui «..non sappiamo nulla» è l’incipit del libro che smaschera subito la nostra ignoranza; perché anche se pensiamo di conoscerlo, in realtà ne vediamo solo la superficie. La verità è che più della metà del mare ha fondali profondi oltre 3000 metri… e forse conosciamo meglio la superficie di Venere che non le immense meraviglie subacquee.
Genovesi ci incanta con le storie di antiche navi; come l ‘Alecton che un secolo e mezzo fa avvistò una cosa immensa come l’orizzonte, anzi «… è proprio l’orizzonte intero. Smisurata e scura, affiora e sparisce, affiora e sparisce».
Il capitano Bouyer e i 66 uomini dell’equipaggio, che erano anche militari, si avvicinarono alla misteriosa “cosa” e la presero a cannonate. Ma lei sparì, per poi spuntare di nuovo e infine avvolgere la nave.
«E’ molle, immensa, e forse ingoierà la nave come ha ingoiato le palle di cannone, le fucilate e ora gli arpioni, che le passano attraverso, ci spariscono dentro e chissà dove finiscono».
Il resto sono pagine che testimoniano avvistamenti di polpi giganti, ritrovamenti affascinanti di reperti preistorici. Storie di pescatori ed esploratori, pericoli scampati dai marinai di tutte le epoche, avvistamenti di simil-calamari lunghi anche 17 metri, da una parte all’altra del mondo, da Terranova alla Nuova Zelanda.
Un libro destinato ad affascinare non solo chi ama il mare, perché passando per un autobiografismo leggero, veleggia verso piccole dosi di leggenda, diventa metafora dell’avventura, dell’invenzione, dell’attrazione per il nuovo e l’inspiegabile.
Melissa Da Costa “I quaderni botanici di Madame Lucie” – Rizzoli- euro 18,00
Questo è il secondo romanzo della scrittrice francese, che nella vita è anche addetta alla comunicazione in ambito energetico e climatico.
Protagonista è la 30enne Amande Luzin, distrutta dalla morte improvvisa dell’amato marito Benjamin -col quale aveva vissuto 4 anni di profondo amore- e dalla traumatica perdita -all’inizio dell’ottavo mese di gravidanza- della bambina che aspettavano e che avrebbe dovuto chiamarsi Manon.
Due lutti devastanti che spingono Amande a rifugiarsi lontana da tutto e da tutti in una casa sperduta nella campagna dell’Auvergne.
Si chiude al buio e rifugge luce e qualsiasi contatto umano; perché solo così, in questa sorta di rifugio, a poco a poco inizia ad elaborare il lutto che ha schiantato la sua anima e la sua vita.
Poi qualcosa accade ed ha del prodigioso.
Nella casa che era di Lucie -anziana signora morta qualche anno prima, ereditata e affittata dalla figlia- Amande trova i calendari in cui la padrona di casa aveva accuratamene annotato tempi e metodi per rendere rigoglioso il giardino ….e molto altro.
Madame Hugues, con calligrafia arrotondata ed elegante, aveva riempito 10 anni di calendari e della sua vita. Appunti e indicazioni semplici, come l’arare il terreno, quando e cosa seminare, e anche alcune ricette per preparare torte e marmellate.
Madame Lucie conosceva tutto dei ritmi della natura, della terra e della luna che la governa silenziosamente e il suo lascito finirà per avere una sorta di potere terapeutico su Amande e il suo strazio.
Immersa in un dolore senza fondo, nel più assoluto silenzio e isolamento, Amande aspetta, impara, legge le indicazioni della precedente inquilina e inizia a seguirle.
A poco a poco – tra immersione nella natura, ricordi di Ben e della loro magnifica storia, timidi contatti con i suoceri e accettazione della gravidanza della cognata- Amande impara a convivere con la perdita e, a piccoli passi e piccole semine, riesce ad assorbire il devastante dolore, e si riapre alla vita.
Un bellissimo racconto dell’anima che tocca corde profonde in ognuno di noi…e ci svela come coltivare la terra offra col tempo l’appiglio per riparare le ferite inferte dalla vita e dal destino.
Aldo Cazzullo “Le italiane” – Solferino- euro 18,00
Lo scrittore, inviato ed editorialista del “Corriere della sera”, in questo libro ci racconta l’italico paese salvato dalle donne e compone una carrellata di nomi eccellenti che hanno segnato pagine importanti della storia del nostro paese. Stato che è ancora maschilista sullo sfondo di un’Europa che invece alle donne ha offerto incarichi al vertice: la Merkel a capo del governo tedesco, Ursula von der Leyen presidente della Commissione europea e Christine Lagarde della Banca Centrale
In Italia siamo lontani da queste mete, ma ciò non toglie che anche noi abbiamo avuto e abbiamo tutt’ora le nostre eccellenze.
Convinto che siano le donne a custodire l’identità italiana, Cazzullo ripercorre le vite di donne di spicco. A partire dalle centenarie Rita Levi Montalcini e Franca Valeri, Franca Ciampi e Marida Recchi; donne di cui riassume esistenze e gesta. Ma è affascinato anche dalla sorprendente longevità di nonnine straniere che hanno spento 122 candeline come la francese Jeanne Calment, o119 come l’americana Sarah Knauss….primati ai quali nessun uomo si è ancora mai avvicinato.
Poi scorrono le imprese di giovani coraggiose e dalla tempra d’acciaio, come Bebe Vio mai arresasi all’infermità; le olimpioniche tra cui Valentina Vezzali e Federica Pellegrini; e ancora il fenomeno Chiara Ferragni che -piaccia o meno- si è inventata un lavoro che non c’era diventando una sorta di idolo dalla vita fiabesca a cui si ispirano frotte di followers.
Non dimentica le attrici: da Monica Bellucci a Laura Morante e Vittoria Puccini, passando per Stefania Sandrelli ed altre icone che ha conosciuto e intervistato. Racconta anche le cantanti, le donne di potere e sante ed eroine in ordine sparso.
Tra le pagine più interessanti, quelle dedicate a donne che si sono mosse brillantemente nel mondo della cultura, con intelligenza e lungimiranza.
Da Inge Feltrinelli, la cui vita incredibile ha attraversato la tragedia della morte violenta del marito, ma le ha anche messo lungo la strada incontri unici. Con geni come Gabriel García Márquez, con leader come Fidel Castro e l’affascinante presidente americano John F.Kennedy che fotografò dopo essersi imbucata a una festa.
La scommessa editoriale vinta da un’altra donna fenomenale, la siciliana Elvira Sellerio. E gli aneddoti fanno luce anche sulle vite di scrittrici, tra le quali, Dacia Maraini e Fernanda Pivano che tradusse e fece conoscere in Italia i massimi scrittori della Beat Generation e fu amica di Ernest Hemingway.
Camilla Läckberg “Il gioco della notte” -Einaudi- euro 14,00
Al centro dell’ultimo libro della giallista svedese, sempre in cima alle classifiche, questa volta ci sono 4 adolescenti parecchio problematici e …pericolosi.
La storia è ambientata durante una festa di Capodanno a Stoccolma, nel quartiere più lussuoso della città che vanta ville magnifiche.
Un ambiente dorato nel quale sono cresciuti Liv, Max, Martina e Anton, che stanno festeggiando a casa di Max; mentre nella villa accanto i loro genitori si lasciano andare ad alcol ed eccessi vari.
Quello che immortala qui la scrittrice è un mondo di ricchi privilegi, ma anche noia, sballo, desiderio di emozioni forti e brivido. E dietro i lustrini e i discorsi vuoti si apre il baratro della decadenza morale di una classe sociale che brilla quanto ad apparenza, ma dietro le quinte nasconde l’incapacità di relazione autentiche.
E’ con un fine scandaglio psicologico che la Läckberg imbastisce una trama in continuo crescendo di suspence.
Max è il leader del gruppo, figlio di un ricco banchiere, è fidanzato con la popolare e desiderata Martina, bella, bionda, e popolare sui social.
Poi c’è Anton che vive all’ombra di Max, ed è innamorato di Liv, che a sua volta è l’appendice della più brillante Martina.
Hanno tutta la vita davanti, ma ognuno di loro cova qualche segreto dietro le apparenze; uno è il più terribile di tutti, quello che ha profondamente danneggiato Liv.
La serata festaiola inizia con giochi banali per ammazzare il tempo, alcol, scommesse e qualche cattiveria. Poi dopo numerosi shottini il gioco “Obbligo o verità” fa virare l’atmosfera. Tutto cambia quando Liv lascia andare gli argini e racconta agli amici il buco nero della sua vita.
E’ l’inizio di una sorta di resa di conti in cui questi giovani, cresciuti nel lusso materiale, ma nel deserto affettivo, svelano i tristi retroscena delle loro vite.
Emerge, potente e corrosivo, tutto il loro odio per quei genitori vuoti e disattenti che si beano delle loro aziende, delle macchine, dei viaggi e spettegolano su quelli che ritengono dei falliti.
In realtà tra questi adulti ci sono familiari violenti o complici della violenza, altri alcolizzati, altri ancora
dediti a tradimenti coniugali, e poi bancarotte e debiti abissali. E da queste rivelazioni scatta l’idea di un finale che lascio a voi scoprire.


“C’è un pezzo di mondo che, da tempo, bussa alle nostre porte. Guerre, oppressione politica, cambiamento climatico, voglia di riscatto sociale, spingono milioni di esseri umani a lasciare la propria terra in cerca di opportunità negate. E, quasi sempre, trovano un muro a respingerli”. Il muro dell’indifferenza. E un pezzo di mondo (neppure troppo piccolo, anzi) che si chiama Africa. E che ben conosce, in tutti i suoi aspetti e risvolti – ambientali e sociali, umani e politici, culturali e simbolici, negativi e positivi – Angelo Ferrari, giornalista dell’AGI (Agenzia Giornalistica Italia), per la quale da anni si occupa proprio di problematiche relative, in generale, al Sud del mondo e all’Africa in particolare, dove ha seguito le più grandi tragedie del Continente: dalla guerra del Rwanda a quella della Somalia, fino ai conflitti nella Repubblica democratica del Congo e in Sierra Leone. Realtà drammatiche, spesso ignorate o rimosse in tutta la loro pesante e terribile complessità. Dove gli aiuti invocati ed urlati al mondo non arrivano mai o in misura assolutamente inefficiente. E, ancor peggio, politicamente ed economicamente sfruttate dalle “parti” più ricche della Terra e da tempi che si ripetono uguali nei secoli. Di questo e del suo ultimo libro “Mal d’Africa”( pubblicato nel 2020 da Rosenberg & Sellier) parlerà Ferrari, domenica 25 luglio (ore 17), in un incontro che si terrà nel giardino di “Casa Lajolo” a Piossasco, in via San Vito, 23. Moderato da Sante Altizio, l’incontro rientra nel programma di “Bellezza tra le righe”, la rassegna firmata da “Fondazione Casa Lajolo” e “Fondazione Cosso” con il contributo della Regione Piemonte, nata “per guardare al domani con uno spirito nuovo”. La volontà è quella di condurre il pubblico in luoghi di rara bellezza, ovvero i giardini di due dimore storiche della provincia di Torino, “Casa Lajolo” a Piossasco, e il “Castello di Miradolo” a San Secondo di Pinerolo: qui, nella pace che si respira poco prima della sera, andranno in scena, fino al 17 ottobre, conversazioni con alcuni personaggi pubblici protagonisti del presente. E tale è, certamente, anche Angelo Ferrari, esperto e trascinante cantore del “pianeta Africa”, tornato a essere terra di conquista. “Dopo i conflitti – si legge nel libro – scatenati nel secolo scorso per accaparrarsi le risorse naturali del continente, ora è ‘guerra’ commerciale, ma soprattutto militare, di tutti contro tutti. L’Occidente ha deciso che è giunto il momento di arginare l’influenza cinese che ormai ha le mani su tutto il continente, nessun paese escluso. Le forze militari straniere si stanno posizionando nel Corno D’Africa, in particolare in un fazzoletto di terra: Gibuti. Le guerre economiche in Africa non si combattono solamente attraverso accordi commerciali, è diventato indispensabile, per vincere la battaglia, ‘mettere gli scarponi sul terreno’”. Quello compiuto da Angelo Ferrari e raccontato in “Mal d’Africa” è un percorso lucido e analitico sulla situazione politica ed economica odierna del Continente, che lo scrittore ripercorre, anche narrativamente, attraverso i passi dei grandi viaggiatori del passato, lungo i suoi corsi d’acqua più imponenti, attorno ai laghi prosciugati dallo sfruttamento umano e dai cambiamenti climatici e nei gironi infernali delle miniere più preziose al mondo. Un viaggio già in precedenza sperimentato da Ferrari in altri libri sull’argomento, fra cui “Hakuna Matata, la globalizzazione galoppa mentre l’Africa muore” (2002), “Africa Gialla, l’invasione economica cinese del continente africano” (2008), “Le nebbie del Congo” (2011) e “Il mondo di Jordy”, il viaggio di un reporter e un ragazzo di strada nel cuore dell’Africa (2014).
È più semplice di quel che sembra passeggiare per Torino senza accorgersi della preziosità dei suoi palazzi o della geometria perfetta delle vie del centro: Torino è “sempre lì”, sempre la stessa e ormai rischiamo –noi torinesi- di essere assuefatti al suo fascino malinconico, tanto da notare piuttosto una nuova vetrina o scoprire la chiusura di un negozio a cui eravamo affezionati e non osservare invece i decori aggettanti che inquadrano una precisa attività commerciale. Torino è una città esteticamente complessa, abbracciata dalle Alpi in lontananza, colorata dalle tinte degli alberi dei parchi e della collina, segnata da grandi architetture del passato e del presente. Nel capoluogo convivono in sorprendente armonia capolavori barocchi, edifici liberty e più recenti strutture, nate per la maggior parte negli anni Novanta, grazie soprattutto all’importante avvenimento dei XX Giochi Olimpici svoltisi proprio nella “nostra” città, per quest’ultima categoria ritengo opportuno ricordare la zona dell’ex Villaggio Olimpico, che sorge sull’area occupata fino al 2001 dai Mercati Generali.
strutture stessero sorprendentemente in equilibrio. “È l’istante in cui il calcolo matematico coincide con il percorso della fantasia che tende a Dio, l’istante in cui la logica coincide con la fede, l’istante in cui Dio si manifesta nel pensiero e nell’opera dell’uomo” (Argan, “Storia dell’Arte Italiana”, Rizzoli, 1981).


Giuliani avrebbe potuto uccidere un carabiniere il quale per legittima difesa, sparò e uccise questo ragazzo. E il padre di Giuliani che è responsabile della sua educazione forse non proprio esemplare, non può oggi salutare su un palco e indignarsi perché non ci fu un processo. In più processi, anche alla Corte europea, il carabiniere venne assolto. Resta il dolore per la morte di un giovane ma la vera vittima appare oggi il carabiniere che non seppe difendersi al processo (e fu assolto!) e che ebbe la sua vita rovinata per sempre. Non si riprese più da quel trauma e da quel clima di odio creato attorno a lui. Anche la sua vita privata fu difficile e l’accusa di pedofilia da cui venne assolto è un segno di una realtà molto problematica che ha origine remota nell’episodio di piazza Alimonda a Genova. Su Facebook ho scritto che era vergognoso celebrare Giuliani e lo ribadisco. Lo striscione di esaltazione delle foibe (ispirato al libretto uscito qualche mese fa) ci rivela chi sono molti tra gli estimatori di Giuliani. Vetero-comunisti, giovani, meno giovani e vecchi malvissuti che fanno della violenza politica il loro metodo di lotta. Esaltare le foibe è un atto infame paragonabile al gesto di chi avrebbe potuto uccidere un carabiniere, lanciandogli un estintore. Questi estremisti sono nemici dell’Italia. Un assembramento, vietato a causa del Covid ma tollerato dalla Polizia, che rivela la stoltezza, l’ignoranza, la malafede di certa gente che io non esito a definire traditori e disertori nei confronti dell’Italia democratica e civile, in primis di quella nata dalla Resistenza. Gente che, se non fossimo dei liberali e dei democratici, andrebbe idealmente “messa alla gogna”. Loro ci metterebbero alla gogna senza la minima esitazione, ricorrendo alla violenza contro chi ha la colpa di non pensare in rosso.
Il Pontefice ha revocato con il Motu proprio “ Traditionis costodes “le concessioni dei suoi due predecessori relative ad una certa “liberalizzazione“ nella celebrazione della Messa in Latino secondo il Messale del 1962 ,precedente al Concilio Vaticano II. Tra le principali novità – scrive” Avvenire”, voce della CEI- viene affermato il ruolo esclusivo del vescovo nell’autorizzare l’uso del Messale precedente alla riforma liturgica voluta da Paolo VI.