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Fiducia e futuro: scommetterci è ancora possibile?

LIBRI

A parlarne a Racconigi, attraverso i loro ultimi libri e nell’ambito della rassegna “CuneiForme”, Adriano Favole ed Antonio Sgobba

Venerdì 10 settembre, ore 21

Racconigi (Cuneo)

Sul tema “riCostruire”, filo conduttore dell’edizione 2021, proseguono gli appuntamenti della rassegna “CuneiForme”, voluta dall’Associazione Culturale “Progetto Cantoregi” in collaborazione con “Le Terre dei Savoia”. Il prossimo incontro si terrà venerdì 10 settembre, ore 21, presso la  “Soms” (ex Società Operaia di Mutuo Soccorso) di via Costa 23, a Racconigi. Sul palco, si confronteranno l’antropologo culturale Adriano Favole, saggista e docente di “Storia dell’Antropologia e dell’Etnologia dell’Oceania” all’Università di Torino ed Antonio Sgobba, giornalista Rai fra i conduttori del “TGR Petrarca – Le parole della cultura”. Al centro del dibattito – moderato da Livio Partiti, ideatore e conduttore della trasmissione web “Il posto delle parole” – la riflessione, di estrema attualità e di certo non semplice, sul come “riCostruire” la fiducia nella società e nel futuro. I due lo faranno partendo e muovendosi fra le righe e le asserzioni contenute nei loro rispettivi libri di recente pubblicazione: “Il mondo che avrete. Virus, Antropocene, Rivoluzione” (Utet) e “La società della fiducia” (Il Saggiatore).  Nel primo, Favole, attraverso l’ausilio  del “pensiero antropologico” si fa portatore di testimonianze, spesso lontane nel tempo e nello spazio, in grado  di mettere in luce le possibili “vie di fuga” dai molteplici lockdown (non solo quelli recenti imposti dalla pandemia) che per legge hanno visto sospendere attività produttive, incontri sociali non meno che manifestazioni culturali e altro. Parentesi che si vorrebbe chiudere per riprendere il cammino interrotto. E l’antropologia può indicare soluzioni percorribili in tal senso. Anche se, in ogni tempo e in ogni luogo, pare emergere sempre il “furto del futuro”, il pesante debito economico ed ecologico che riversiamo addosso alle nuove generazioni.  E  allora “come venirne fuori, se non ideando un altro modo di vivere, una rivoluzione che abbia come obiettivo quello di rifondare la convivenza tra noi e gli altri abitanti della Terra, tra noi e la natura?”. La ricostruzione della “storia della fiducia”, è invece l’obiettivo cui mira nel suo libro Antonio Sgobba “ribaltando luoghi comuni e offrendo punti di vista inediti”. Prendendola alla larga.  “Dalla peste nell’Atene di Socrate, con l’ardua scelta del saggio a cui affidarsi, alle epidemie del presente, in cui ‘bolle’ di riferimento e ‘camere dell’eco’ aiutano i virus a prosperare; dalle notizie inventate nella Francia ottocentesca alla postverità nell’era di Facebook e WhatsApp; dalle riflessioni di Platone sull’esperienza diretta a quelle di David Foster Wallace sul rapporto tra autorità e linguaggio”. “La società della fiducia – per Sgobba – è un viaggio alla scoperta della nostra diffidenza e dei modi che abbiamo trovato per continuare a credere gli uni negli altri. Perché se vogliamo restare uniti dubitare è bene, ma fidarsi è meglio”. Saggio invito.

g.m.

Nelle foto:

–         Adriano Favole

–         Antonio Sgobba

 

Io mi dico è stato meglio lasciarci Che non esserci mai incontrati…

MISIC TALES LA RUBRICA MUSICALE

Poi il resto viene sempre da sé

I tuoi “Aiuto!” saranno ancora salvati

Io mi dico è stato meglio lasciarci

Che non esserci mai incontrati”


Fabrizio Cristiano De André, noto come Fabrizio De André (Genova, 18 febbraio 1940 – Milano, 11 gennaio 1999), è stato un cantautore italiano.

Ne abbiamo parlato la settimana scorsa e sono ancora ferma qui…siamo nel 1975, io ho tre anni, e si parla di un brano che si intitola “giugno ’73”, siamo temporalmente a due anni prima.

Spesso è difficile andare a fondo dei loro significati senza ricorrere a concetti banalizzanti oppure senza andare completamente fuori strada. Giugno ’73, in particolare, ha un testo abbastanza criptico che va compreso sulla base di vicende autobiografiche dell’autore. Infatti, qui De André racconta della fine di una sua relazione ed arriva a questa conclusione: meglio lasciarci che non esserci mai incontrati.

Innanzitutto va specificato, infatti, come Giugno ’73 sia autobiografica e per comprenderla occorre conoscere un minimo di contesto: De André si rivolge ad una donna, di nome Roberta, con cui ha avuto una relazione intensa e importante fra la prima e la seconda moglie.

Dalla prima il nostro autore è separato, pertanto dalla nuova “suocera” viene visto male, ma anche perché è un cantante e logicamente un artista per di più separato per la donna non può certo sembrare il partito ideale della figlia.

Ma De André si difende: sa fare quel che fa, ha avuto successo, non è un cantante mediocre o sconosciuto, infatti forse il suo talento è superiore alla capacità che ha la donna di vergognarsi di lui.

Come l’uccello del malaugurio (la gazza ladra) ci ha già fatto capire, la storia finirà per concludersi (ovvero l’accettazione mancata da parte della famiglia di lei), poi ce ne spiega un altro: i due sono diversi, troppo diversi, anche per le comitive che frequentano. E in effetti corrisponde a verità essendo questa Roberta una borghese. Le differenze sociali sono un ostacolo insormontabile. I due hanno troppo poco in comune.

Chiude con “meglio essersi lasciati che amati mai”

Alcune persone non meritano il nostro sorriso, figuriamoci le nostre lacrime.”

Buon ascolto del brano, che possa far parte del vostro bagaglio

https://www.youtube.com/watch?v=9j-8gbIbc6E&ab_channel=FabrizioDeAndr%C3%A9-Topic

Chiara De Carlo


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Ecco a voi gli eventi della settimana!

“Dialoghi con Leucò” Nuova proposta editoriale

LIBRI / Libro cartaceo + audiolibro, per i ventisette racconti scritti fra il 1945 ed il 1946 da Cesare Pavese

In uscita  giovedì 9 settembre

Santo Stefano Belbo (Cuneo)

Era l’opera che Cesare Pavese – scrittore, poeta, traduttore, critico letterario, fra i maggiori intellettuali del secolo scorso –considerava come la più importante del suo percorso di scrittura e della sua attività letteraria. Il suo “capriccio”, il suo “quarto di luna” ebbe a definire lui stesso i“Dialoghi con Leucò” (27 racconti brevissimi, a sfondo mitologico e simbolico in cui divinità ed eroi della Grecia classica discutono i grandi temi universali dell’esistenza) in occasione della prima pubblicazione nel 1947. Libro per lui così importante (“l’unico che valga qualcosa”, scriveva manu propria in una lettera indirizzata a Parigi, il 25 agosto del ’50, al critico cinematografico Nino Frank) da diventare spazio su cui lasciare impresse le sue ultime parole rivolte al mondo. Era il 27 agosto del 1950, quando il corpo senza vita di Cesare Pavese, nato il 9 settembre del 1908 a Santo Stefano Belbo nell’Alta Langa, fu trovato disteso sul letto –  dopo avere ingerito oltre dieci bustine di sonnifero- in una camera dell’albergo “Roma” in piazza Carlo Felice a Torino, dove soggiornava dal giorno precedente. Accanto, sul tavolino, a fargli compagnia nel suo estremo viaggio, proprio il libro da lui più amato, i “Dialoghi con Leucò”, recanti sulla prima pagina le sue ultime parole: “Perdono tutti e a tutti chiedo perdono. Va bene? Non fate troppi pettegolezzi”. Qualche mese prima, nel giugno del ’50, aveva vinto il “Premio Strega” con “La bella estate” e, dieci giorni prima, aveva scritto sul diario (pubblicato postumo nel 1952 con il titolo “Il mestiere di vivere. Diario 1935 – 1950”): “Questo il consuntivo dell’anno non finito, che non finirò…Tutto questo fa schifo. Non parole. Un gesto. Non scriverò più”. Parole che scavano l’anima, in cui si legge a chiare lettere il profondo disagio esistenziale di un uomo,  di uno scrittore per cui tutto è ormai buio totale. Silenzio, dolore, massacro dell’anima. La sua fama superò di gran lunga, però, la sua breve vita. E le sue parole, le  sue opere, continuano e continueranno ad accompagnarci come fossero appena partorite dalla sua penna e dal suo pensiero. Nasce di qui l’dea di omaggiare il grande scrittore di Santo Stefano Belbo con una nuova proposta editoriale, nata dalla collaborazione fra la “Fondazione Cesare Pavese” ed “Emons” dedicata proprio ai suoi tanto amati “Dialoghi”: una proposta da  leggere e da ascoltare, un audiolibro con le voci recitanti di sei attori (fra i più apprezzati del panorama teatrale italiano, da Michela Cescon a Paolo Cresta, da Alessandro Curti a Marcello Fois a Iaia Forte e a Neri Marcoré), accompagnato dal libro cartaceo, con la curatela dello scrittore Marcello Fois, che andrà a far parte della nuova collana “Double face” di “Emons”, editrice leader nella realizzazione di audiolibri. Così, nell’anno in cui sono scaduti i diritti per la pubblicazione delle opere pavesiane, i “Dialoghi con Leucò” saranno presentati, nella nuova veste editoriale, il prossimo giovedì 9 settembre, giorno del compleanno di Pavese,  a Santo Stefano Belbo (Cn) nel corso del “Pavese Festival”, organizzato ogni anno dalla “Fondazione” a lui dedicata e diretta da Pierluigi Vaccaneo. Alle ore 18.30, sul palco di Piazza Umberto I, Marcello Fois, la “Fondazione” ed “Emons” racconteranno il progetto e leggeranno, con sottofondo musicale di Gavino Murgia, diverse pagine dei racconti. Alle ore 21.30 l’attore Alessandro Preziosi proporrà in prima nazionale un ampio viaggio, tra letture e musica, nell’opera di Pavese.  “Nei ‘Dialoghi con Leucò’ il lettore trova uno specchio – spiega Pierluigi Vaccaneo – in cui trovare e ritrovare il proprio percorso umano, attraverso il Mito e la traduzione che del Mito fa Pavese stesso. I ‘Dialoghi’ sono dunque una conversazione a più voci, dove lettore, autore, personaggi e Mito sono sullo stesso piano, svelati. Dare voce a questo dialogo, attraverso l’audiolibro che assieme a ‘Emons’ abbiamo realizzato, è offrire a un pubblico sempre più vasto, attraverso grandi artisti italiani, una nuova opportunità di conoscenza e consapevolezza. Una sfida che la casa editrice Emons ha accolto con entusiasmo e passione, condividendo una visione inclusiva e partecipata della cultura che la nostra ‘Fondazione’ sta portando avanti con le sue diverse attività”.

g.m.

Barbero, adesso basta!

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

Lo storico medievalista di Vercelli Alessandro Barbero, non contento delle continue scorribande in territori storici non di sua competenza, adesso diventa anche  un profeta,  parlando di COVID e di Green Pass con il solito logoro manifesto di intellettuali in cui i medesimi si sottraggono, come professori e quindi pubblici dipendenti, all’obbligo del Green Pass.

Un manifesto che si potrebbe definire corporativo. Non ho più risposto  di recente sul tema delle foibe  a Barbero che ho la colpa di aver contribuito a far conoscere quando era un modesto professorino di Pinerolo e non esibiva davanti a me la gloriosa  tessera del  PCI firmata da Berlinguer oggi ostentata come una reliquia . Ho chiuso il discorso con lui in  un  capitoletto  a lui dedicato nel mio ultimo libro e non intendo riaprire il discorso oggi che, seguendo il suo degno compare Montanari, contesta il giorno del ricordo del 10 febbraio vedendolo come una risposta di stampo fascista alla giornata della memoria. Barbero dimentica perfino  che quel giorno venne votato dal pds  e sostenuto da Violante e Fassino. Ma  forse ha l’attenuante che nel 2004  ,quando venne istituito il giorno del ricordo, forse egli si occupava solo  di Medio Evo e non seguiva più la politica, essendo  ormai un orfano inconsolabile  del  suo amato PCI. Non posso tuttavia non ricordargli che il 10 febbraio è la data del Trattato di pace che privò l’Italia  dei suoi territori dell’Adriatico Orientale è una data infausta  della nostra storia imposta dalla sinistra per votare il giorno del ricordo: un compromesso all’italiana anche sulle vittime delle foibe. Non è il caso di attenzionare ulteriormente Barbero , ma non si può non condannare  con tutta la durezza necessaria l’ennesima comparsata mediatica sul Green Pass che è stata condannata persino da Gramellini il quale ha definito ipocrita la posizione del Vercellese. Barbero e i suoi colleghi che condannano il green pass si credono dei cittadini speciali in diritto di ribellarsi alle norme sancite da un governo democratico  che gode della fiducia del Parlamento. Forse essi  vedono il Green pass come il giuramento imposto ai professori dal Fascismo, mentre si rivelano  soltanto dei cittadini poco responsabili. I professori dovrebbero dare per primi l’esempio. Innanzi tutto si loro studenti. Certi manifesti ci portano a pensare, seppur in tempi e contesti differenti,  ai documenti degli anni 70 che armarono la mano agli assassini del commissario Calabresi. Chissà cosa penserebbe di Barbero il suo maestro Giovanni Tabacco che era un uomo pacato e uno scienziato che non cercò mai visibilità. Una volta che venne a parlare al Centro Pannunzio, si stupì molto di un mio invito a Barbero. Aveva ragione. Mille volte ragione. Una volta o l’altra scriverò cosa mi disse.

Censin Pich era il simbolo di un vecchio Piemonte parte della nostra storia migliore

IL COMMENTO  di Pier Franco Quaglieni

All’età di 91 anni è mancato Censin Pich, figura-simbolo  della cultura piemontese doc. Il suo piemontesismo divenne così radicato e radicale che piemontizzo’ anche il nome Vincenzo. Eravamo amici da decine d’anni, anche se il divario di età tra noi ebbe sempre un certo peso, malgrado ci dessimo del tu.

Ci eravamo conosciuti al Gruppo d‘Unione “Camillo di Cavour” con Vittorio Prunas Tola e Metello Rossi di Montelera. Fondammo insieme il centro studi “Gimmy Curreno“, il quindicenne patriota medaglia d’Oro al Valor Militare agli ordini di Mauri,  eroicamente caduto per mano dei tedeschi. Eravamo ambedue impegnati per ricordare una Resistenza tricolore, volta a superare le vulgate ideologizzate. Un comune amico fu Domenico Giglio  Presidente del circolo “Rex” di Roma, mancato in luglio. Pich aveva una cultura liberal-democratica e vide con simpatia la nascita del Centro Pannunzio , prendendo parte a qualche iniziativa. Fu lui a farmi conoscere ij Brande’, la poesia di Pinin Pacot e di Nino Costa. Un altro comune amico fu Tavo Burat che arrivò a dialettizzare anche il cognome. Fu uno dei fiori all’occhiello del centro studi piemontesi. Il suo identificarsi con la  cultura e con la  lingua piemontese contribuì ad allentare il nostro rapporto. Qualche volta tramite mio Mario Soldati gli chiedeva la corretta scrittura di parole piemontesi  e la sua risposta era sempre pronta e dotta. Molto lontana, ad esempio, da Camillo Brero un maestro elementare sopravvalutato che Soldati non considerava affatto. Negli ultimi decenni ci eravamo persi perché da quando la Lega voleva salvaguardare a modo suo il patrimonio linguistico piemontese, inserendolo nell’insegnamento scolastico , io mi schierai nettamente  contro e per una scuola nazionale uguale dalle Alpi alla Sicilia . Le idee di Farassino erano per me non degne della benché minima considerazione. Lui invece si rinchiuse  sempre di più in difesa della piccola patria e della sua lingua. Un discorso che in verità non mi ha mai convinto e da cui anzi sono lontano. Detto con un esempio, io amo il Burzio scienziato della politica, molto meno il  piemontese d’antan. Ritengo che funzione della scuola sia quella di insegnare un buon uso dell’Italiano , cosa che non fa come invece  dovrebbe. Ma Censin era di un’altra idea e le nostre strade si allontanarono progressivamente. Pich ha messo una vera passione nel culto del vecchio Piemonte che per noi era anche il Piemonte sabaudo. Con lui scompare una razza piemontese , per dirla con Costa, in via di estinzione. Oggi abbiamo troppa gente che cita  parole inglesi  per moda e non sa l’italiano. Pich, pur sapendo benissimo l’Italiano, preferiva il piemontese, un piemontese letterario che non coincide con quello parlato ad Asti, a Cuneo o Vercelli. Di questo ed altro parlammo molte volte e mi addolora che una figura come lui non ci sia più. Era il simbolo di un vecchio Piemonte che resta parte della nostra storia migliore.

Don Dante Caprioglio un monferrino sulle orme di Don Bosco

LIBRI / Don Dante Caprioglio, ma tutti lo ricordano come Don Dante è una di quelle persone che nel loro passaggio terreno hanno lasciato un segno, anzi più di un segno, come religioso, come insegnante, come sportivo. Nato nel 1920 a San Martino, frazione di Rosignano Monferrato (in provincia di Alessandria) a soli 10 anni intuì la vocazione frequentando il Seminario di Casale Monferrato e concludendo il corso ginnasiale presso i salesiani del Valentino, sempre a Casale.

Poi frequentò il corso di filosofia presso i Pontificio Ateneo Salesiano a Torino, conseguendo il Baccellierato, cui seguirono 3 anni di tirocinio pratico all’Istituto San Lorenzo di Novara, Nel 1940 sostenne la maturità classica al liceo classico Carlo Alberto di Novara, frequentò per 4 anni il corso di teologia all’Istituto internazionale teologico di Torino e venne ordinato sacerdote il 30 giugno 1946. Nello stesso anno fece il suo primo incontro con il collegio San Carlo di Borgo San Martino, poi fu ad Asti, Vercelli, Novara, Faenza, e nel 1951 si laureò in lettere e filosofia all’Università di Torino. Dopo aver insegnato dal 1949 al 1955 nel liceo salesiano a Novara ritornò a Borgo San Martino nel 1956 e qui iniziò il suo lungo rapporto con il collegio salesiano fondato nel 1870 da Don Bosco, un rapporto durato 60 anni nei ruoli di consigliere, direttore, preside e docente.  La storia di Borgo San Martino, del collegio San Carlo e delle centinaia e centinaia di ragazzi che sono transitati nelle sue aule, in tutto questo periodo è legata alla sua figura, carismatica, oltre che al suo ruolo nella promozione dello sport, nella profondissima convinzione (secondo lo stile e l’insegnamento salesiano) che questo sia una pare integrante dello sviluppo della personalità dei giovani. Così Borgo San Martino divenne un polo di eccellenza tra le scuole salesiane e non solo, con tanti docenti che sono passati di lì, ed un polo sportivo con una squadra, l’Us San Carlo che militò per 27 anni in Promozione ed impianti sportivi di primissimo livello, invidiati da tutti (ed oggi rilevati dal Comune di Borgo San Martino). Don Dante Caprioglio ha terminato il suo cammino terreno il 27 novembre 2016 ma nella sua vita ha lasciato delle profonde orme che rimarranno nel tempo. Per ricordarlo l’Associazione Don Dante Caprioglio Aps ha pubblicato un bel libro, scritto a più mani, “Orme di un passaggio – Don Dante, il San Carlo e altri Racconti’, edito con il patrocinio dei Comuni di Casale Monferrato, Borgo San Martino, Rosignano Monferrato, dell’associazione Amis d’la Curma e del Fai Delegazione di Casale Monferrato. In poco più di 220 pagine viene offerto un vero e proprio ‘affresco’, sprizzante di energia tutta salesiana, dei vari contributi che Don Dante ha dato durante la sua vita, come salesiano, come docente, come sportivo (tra l’altro era appassionatissimo di calcio, in particolare della Juventus), con una serie di simpatici ricordi in libertà che solo chi ha vissuto quegli anni nel Collegio di Borgo San Martino, a contatto con una personalità non comune, può riportare. Il lavoro è chiuso da un ampio cenno storico sul Collegio San Carlo, ad opera di Dionigi Roggero. La presentazione del libro è avvenuta sabato 5 settembre al Castello Paleologo di Casale Monferrato. A fare da moderatore c’era il presidente dell’Associazione, Gabriele Ferraris, che ha ringraziato tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione dell’evento, dai relatori a Julien Coggiola ed Ester Patanella per il supporto organizzativo. Poi si sono susseguiti gli interventi di monsignor Alceste Catella, vescovo emerito di Casale Monferrato, don Marco Durando, responsabile dei Salesiani del Valentino di Casale Monferrato, del dirigente scolastico Maurizio Primo Carandini che ha sottolineato come gli incontri con persone come Don Dante ‘siano incontri che ti cambiano la vita’, del sindaco di Borgo San Martino Giovanni Serazzi. L’incontro è stato impreziosito dalle letture di Gigi Rossi, attore della Compagnia della Nebbia, che ha proposto alcuni brani tra i più significativi del libro. Infine Gabriele Ferraris ha evidenziato che le offerte raccolte dalla distribuzione del libro andranno ad implementare i fondi per le Borse di studio che l’associazione elargisce ogni anno a giovani meritevoli del territorio monferrino nel ricordo di Don Dante.

 

Massimo Iaretti

 

Rock Jazz e dintorni Samuel e i Calibro 35

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Gli appuntamenti musicali della settimana 

Martedì. Allo Spazio 211 si esibiscono i Heathen Apostles preceduti dal gruppo The Blues Against Youth. Al PalaExpo di Moncalieri parte “Ritmika” con gli Psicologi affiancati dai Bnkr44.

Mercoledì. All’Hiroshima Mon Amour è di scena Giancane. Per “Ritmika” si esibiscono i Coma Cose.

Giovedì.  Al Sociale di Pinerolo suonano i Joan Thiele e Generic Animal. Per “”Ritmika” sono di scena i Calibro 35. allo Spazio 211 finale di “Pagella non solo Rock” con ospite Inoki.

Venerdì. Parte “Jazz is Dead!” al Bunker con Fèlicia Atkinson e The Fruitful Darkness. Per “Ritmika” si esibisce Aka7even e Boro Boro. Al Controsenso parte “Torino Beatles Days” con il supergruppo Oldies But Goldies ( con Marco Bonino, Dino, Slep e Bobby Posner). Allo Spazio 211 canta Omar Pedrini.

Sabato. Per “Torino Beatles Days” al Controsenso suona la Plastic Onion Band con Naska degli Statuto. Finale di “Ritmika”  con Samuel. “Jazz is Dead!” presenta Jolly Mare  e la Rhabdomantic Orchestra. Allo Spazio 211 si esibiscono i Nanowar of Steel.

Domenica. Conclusione di “Torino Beatles Days” con i Powerillusi. Conclusione anche per “Jazz is Dead!” con il trio Frequency Disasters del britannico Steve Beresford e i Hiedelem.

Pier Luigi Fuggetta

Rassegna Mensile dei Libri: agosto

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Con l’estate ormai agli sgoccioli e il ritorno alla quotidianità, cosa c’è di meglio della lettura di un buon libro? E se non sapete cosa scegliere, ecco qualche suggerimento preso tra i titoli più commentati nel gruppo FB Un Libro tira l’altro ovvero il passaparola dei libri, il gruppo che sta dalla parte dei lettori.

Tra i titoli più commentati del mese ci sono due libri tornati alla ribalta a causa dell’emozione suscitata prima dalla morte di Gino Strada –  è il caso di Pappagalli Verdi (Feltrinelli) nel quale il fondatore di Emergency racconta i suoi anni di attività – poi dai drammatici sviluppi della situazione in Afganisthan argomento trattato nel romanzo Mille Splendidi Soli (Pickwick) di Kahled Hosseini; segue Breve storia del mio silenzio (Marsilio) nel quale lo scrittore Giuseppe Lupo racconta gli anni della sua giovinezza ma che non pare aver convinto i nostri lettori.

Andar per libri (e non solo)

 

Sarà assegnato l’11 settembre, nella tradizionale e suggestiva cornice dell’antica Certaldo Alto, l’annuale Premio Letterario Giovanni Boccaccio, che taglia il prestigioso traguardo della quarantesima edizione: in questa occasione, la giuria del premio presieduta per la prima volta da Walter Veltroni ha stabilito di non assegnare il riconoscimento nell’ambito della narrativa internazionale (vinto l’anno scorso da Fernando Aramburu) ma di istituire uno speciale premio intitolato all’Etica della Comunicazione che andrà quest’anno a Francesca Mannocchi, giornalista e scrittrice, autrice dell’intenso Bianco è il colore del danno

Il premio riservato alla narrativa italiana verrà assegnato allo scrittore e sceneggiatore Claudio Piersanti per l’insieme della sua opera, Quel maledetto Vronskj (Rizzoli) è il suo ultimo romanzo, mentre il premio per il giornalismo andrà a Alessandra Sardoni per il forte impegno civile che caratterizza il suo lavoro.

Le novità, per il premio, non finiscono qui: pur rimanendo ancorata alla tradizione, la presidenza del premio ha già uno sguardo rivolto al futuro e ai nuovi panorami della comunicazione: infatti da quest’anno prende il via la collaborazione con iLPassaparoladeiLibri.it, il punto di riferimento per i lettori internauti, che sarà media partner della manifestazione e condividerà sui propri canali tutto il materiale dell’evento, oltre ad alcuni contenuti esclusivi.

Incontri con gli autori

NOVITAINLIBRERIA.IT ha intervistato per voi  lo scrittore torinese Gualtiero Ferrari che, dopo il successo di Zetafobia (Delosbook) –  romanzo fantascientifico col quale fu finalista al Premio Odissea nel 2018 –  torna in libreria con il seguito della storia che lo ha fatto conoscere al pubblico: Zetafobia 2 viene infatti pubblicato sempre da Delosbook proprio nell’estate del 2021.

La nostra redazione ha avuto l’occasione di intervistare anche Giancarlo Millevolte, autore de Il Buon Tiranno nel quale l’autore racconta, sotto forma di romanzo, la sua avventura di imprenditore e uomo.

 

Per questo mese è tutto: vi ricordiamo che, se volete partecipare alle nostre discussioni, potete venire a trovarci su Facebook e se volete rimanere aggiornati sulle novità in libreria e gli eventi legati al mondo dei libri e della lettura, visitate il nostro sito ufficiale all’indirizzo www.unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it

Buone letture!

La foto di Vincenzo Solano

Magnifica Torino / il Ponte Vittorio Emanuele I, spesso, viene semplicemente chiamato dai torinesi ponte della Gran Madre, ponte di Piazza Vittorio o ponte dei Murazzi