LIFESTYLE- Pagina 420

Al cinema "Mirafiori Lunapark"

Fanno parte del cast Alessandro Haber, Antonio Catania e Giorgio Colangeli. Regia di Stefano Di Polito

 

Alessandro-HaberUscirà nelle sale il  prossimo 27 agosto ‘Mirafiori Lunapark’, il film prodotto da Mimmo Calopresti in collaborazione con Rai Cinema. La regia è di Stefano Di Polito, autore torinese nato proprio a Mirafiori. Il film a Torino sarà proiettato al Cinema Romano. Fanno parte del cast Alessandro Haber, Antonio Catania e Giorgio Colangeli. Il lungometraggio è stato interamente girato a Mirafiori e narra della strenua battaglia di tre dipendenti di una vecchia fabbrica ora andati in pensione, contro l’abbattimento dell’edificio dove hanno passato metà della loro vita.

La nobile Giulia che aiutava i poveri

ALLA SCOPERTA DEI NOMI DI VIE E PIAZZE /

di Simona Pili Stella

 

L’impegno che Giulia di Barolo dimostrò nei confronti delle donne carcerate (si occupò dell’istruzione, dell’abbigliamento, dell’igiene) arrivò a tal punto che, il 30 ottobre 1821, il ministero la nominò soprintendente del carcere

 

Giulia_di_BaroloContinuando con il nostro piccolo spazio dedicato alle vie che costituiscono la nostra città, oggi parleremo della marchesa Giulia Falletti di Barolo.Traversa di corso San Maurizio e parallela a via Vanchiglia e a via Buniva, via Giulia di Barolo rientra a far parte della cosiddetta zona “Vanchiglia”, diventata ormai molto conosciuta ai giovani per la presenza di numerosi locali. Essendo molto vicina a Palazzo Nuovo, al liceo classico Gioberti e all’aula studio Verdi, questa via è abitata e frequentata principalmente dalla gioventù torinese.

 

Giulia Falletti di Barolo (nota da nubile con il nome di Juliette Colbert di Maulévrier), nacque a Vandea il 27 giugno del 1785. Discendente da una nobile famiglia che trovava le sue origine nel consigliere del famoso Re Sole, Giulia rimase orfana di madre all’età di sette anni e vide molti dei suoi parenti (tra cui l’amata nonna) salire al patibolo durante la Rivoluzione francese.Sfuggita con la sua famiglia alla ghigliottina, il 18 agosto 1806 si unì in matrimonio al marchese Carlo Tancredi Falletti di Barolo e qualche anno più tardi, nel 1814, si trasferì a Torino a Palazzo Barolo.

 

Nonostante il nobile rango a cui apparteneva e il mondo sfarzoso che la circondava, Giulia (insieme a suo marito) si dedicò principalmente alla beneficenza e alle opere caritatevoli. Aprì le porte del suo palazzo a mendicanti e disagiati: la loro dimora si trasformò di giorno in una mensa per i poveri (dove lei serviva personalmente il cibo), mentre la sera tornava ad essere il salotto più ambito della città dove famosi intellettuali e nobili, si riunivano per discutere e conversare di polita, arte e letteratura. Per parecchio tempo Giulia e suo marito ospitarono a Palazzo Barolo il patriota Silvio Pellico, reduce dalla lunga prigionia nella Fortezza dello Spielberg.Nel corso della loro vita i due coniugi intrapresero molte iniziative benefiche come ad esempio la creazione di scuole gratuite, l’assistenza ai poveri e anche ingenti donazioni per quello che sarebbe diventato il Cimitero monumentale di Torino. L’impegno che Giulia di Barolo dimostrò nei confronti delle donne carcerate (si occupò dell’istruzione, dell’abbigliamento, dell’igiene) arrivò a tal punto che, il 30 ottobre 1821, il ministero la nominò soprintendente del carcere.

 

Nello stesso anno fondò, nel quartiere popolare di Borgo Dora, una scuola per ragazze povere, mentre nel 1823 fondò al Valdocco l’Istituto del Rifugio, un luogo creato per aiutare ed ospitare le ragazze madri. Nel 1825 adibì una parte di Palazzo Barolo come asilo per i figli dei lavoratori: fu la prima opera di questo tipo che venne fatta in Italia.Suo marito morì nel 1838 a seguito dell’epidemia di colera che aveva colpito il Paese nel 1835 e a cui entrambi avevano prestato generosamente soccorso. Nel 1845 aprì l’Ospedaletto di santa Filomena per bambine disabili, mentre nel 1847 fondò una scuola professionale, presso il proprio palazzo, per le ragazze di famiglia operaia.

 

La sua ultima opera di beneficenza fu la costruzione della chiesa di santa Giulia, nel popolare quartiere di Vanchiglia; morì a Torino il 19 gennaio del 1864. Nel corso della sua vita la marchesa Giulia di Barolo si distinse per la sua bellezza ed intelligenza e soprattutto per la sua generosità nei confronti dei meno fortunati; pare che dedicò alle opere di beneficenza complessivamente 12 milioni di lire, una somma pari al bilancio di uno stato del tempo. Il 21 gennaio del 1991 è stata avviata la pratica di beatificazione. Una nota curiosa per gli amanti del vino, è che fu grazie agli investimenti terrieri e alla passione dei due coniugi per le vigne delle Langhe, che oggi possiamo gustare il prezioso e pregiato Barolo piemontese.

 

 

 

Il mare in piazza per la Madonna a Mazzè

Processione per le vie del paese. Alla sera le danze sono al suono dell’orchestra spettacolo Daniel Mas

 

castello mazzeTerminano in questo fine settimana i festeggiamenti per la Madonna d’Aust a Mazzè, organizzati con la regia della pro loco. Venerdì alle ore 19 “Il mare approda in piazza” cena con specialità marinare nel cuore del Canavese. Alle ore 21.30, poi, tutti in pista con i Braida. Sabato, giorno di ferragosto c’è la Santa Messa solenne nella in onore dell’Assunta, alle 11, nella chiesa intitolata ai Santi Gevasio e Protasio, animata dal coro parrocchiale di Mazzè. Poi, accompagnata dalla banda La Fiorita ci sarà la processione per le vie del paese. Alla sera le danze sono al suono dell’orchestra spettacolo Daniel Mas. Infine domenica 16, ancora Santa Messa solenne alle 11 nella chiesa di San Rocco, animata dal coro La Genzianella e processione per le vie del rione. I festeggiamenti si chiudono in serata con la cena campagnola, dalle 19 e, dalle 21,30, un grandioso spettacolo con l’orchestra I Roeri.

 

Massimo Iaretti

Posto fisso, assunzioni in crescita del 52% ma in Piemonte la crisi lascia ancora il segno

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Ma non bisogna cedere alla tentazione di dire che la crisi è passata: è questo l’appello rivolto alle istituzioni da parte di Corrado Alberto, presidente di Api Torino

 

Nella prima metà dell’anno in Piemonte si è registrata un’impennata dei contratti a tempo indeterminato, addirittura il 52% in più rispetto allo scorso anno (+36 % a livello nazionale). Tradotto in dati concreti significa oltre 50 mila posti in più mentre nel 2014 erano stati 18 mila in meno. Una notizia positiva, probabile frutto del Jobs Act, anche se si registra una crescita pure nei contratti a tempo determinato, seppur di poco superiore all’1%. Ma non bisogna cedere alla tentazione di dire che la crisi è passata: è questo l’appello rivolto alle istituzioni da parte di Corrado Alberto, presidente di Api Torino. Dice: “l’attenzione all’impresa manifatturiera deve essere più forte”. Infatti le previsioni per il secondo semestre 2015 dell’Ufficio Studi dell’associazione delle piccole imprese, indica una diminuzione di produzione e fatturato. In calo anche gli investimenti. Eppure si registra un saldo positivo in Piemonte per quanto riguarda le imprese: ad oggi sono 6.724 – spiega Unioncamere – le aziende attivate nel periodo aprile-giugno 2015 invece le cessazioni sono state 4.395, con un riscontro positivo di 2.329 unità. La crescita è dello 0,53%, cifra di poco inferiore al dato nazionale, +0,63%. Ferruccio Dardanello, presidente Unioncamere Piemonte, commenta: “I dati del secondo trimestre ci mostrano un Piemonte che a piccoli passi sembra riuscire a risalire la china”.

 

(Foto: il Torinese)

Musica in alta quota, ultimi appuntamenti

Fino al 23 agosto 17  tra Comuni e Frazioni di montagna presentano un ventaglio di iniziative con artisti e gruppi musicali di grande esperienza capace di soddisfare i gusti musicali del variegato turismo estivo

finardiPer tutto  agosto nelle principali vie dei centri abitati, in teatri, chiese o sui prati in altura, sarà possibile apprezzare un’accurata offerta musicale che spazia dalla musica classica alla leggera, dai cori gospel alla musica jazz e busking, dalla musica tradizionale a quella interpretata dalle bande musicali. Il contesto è ideale per scoprire luoghi e tradizioni locali, godere di splendidi paesaggi e della natura, frequentare workshop tematici e degustare i prodotti locali. Organizzata da Unione Montana Alta Valle Susa e Unione Montana Comuni Olimpici Via Lattea con la partecipazione dei Comuni di: Bardonecchia, Cesana Torinese, Claviere, Meana di Susa e Gravere in località Colletto, Giaglione con la frazione di Santa Chiara, Oulx con le sue frazioni di Beaulard, Chateau Beaulard, Savoulx, Pragelato e la sua frazione di Rivet, Salbertrand, Sauze di Cesana, Sauze d’Oulx e Sestriere, la fitta rete di iniziative “Sentieri sonori” unisce percorsi consolidati e nuove proposte.

 

PROGRAMMA 

venerdì 14 agosto ore 21.00
SARRABANDA
Piazza Martiri della Libertà, Salbertrand
Con la Banda Musicale A.V.S.
Concerto di musica varia, eseguito dalla Banda Musicale Alta Valle Susa, per accontentare i diversi gusti del
numeroso pubblico in vacanza nelle sulle nostre montagne.

sabato 15 agosto ore 11.30
GRANDE CONCERTO DI FERRAGOSTO IN ALTA QUOTA
EUGENIO FINARDI IN CONCERTO
Località Sportinia, Sauze d’Oulx
Uno dei più noti e amati esponenti della scena musicale italiana. Un pezzo della storia della musica italiana:
un artista che ha attraversato 4 decenni di carriera regalandoci brani storici ed indimenticabili.
Per il sesto anno consecutivo il Comune di Sauze d’Oulx organizza, nell’incantevole cornice delle sue
montagne, l’ormai classico Concerto di Ferragosto in un luogo inconsueto, eppure affascinante: la conca di
Sportinia, un autentico balcone sulle Alpi. Per raggiungere il luogo del concerto si consiglia l’utilizzo della
seggiovia Jouvenceaux – Sportinia. La strada per Sportinia

La Regione vuole più donne nei cda

Molte donne non riescono a intercettare opportunità professionali importanti per la loro carriera solo perché non ne vengono a conoscenza, pur avendo le competenze adeguate

 

donne donnaLa Regione aderisce al protocollo d’intesa “Più donne nei consigli di amministrazione e nelle posizioni apicali”, promosso dalla Consigliera regionale di parità di concerto con la Commissione per le Pari opportunità uomo-donna e altri soggetti pubblici e privati attivi nelle politiche di pari opportunità di genere. Viene così stabilito che le società quotate in mercati regolati, partecipate e controllate dalla Regione Piemonte in caso di rinnovo degli organi di amministrazione e di controllo invieranno comunicazione dell’emissione dei relativi avvisi all’ufficio della Consigliera di Parità del Piemonte, che provvederà a inoltrarli alle donne iscritte nella banca dati del progetto. “Molte donne non riescono a intercettare opportunità professionali importanti per la loro carriera solo perché non ne vengono a conoscenza, pur avendo le competenze adeguate – sostiene l’assessora Monica Cerutti – Aderendo a questo protocollo la Regione dà loro in mano uno strumento di crescita”.

 

www.regione.piemonte.it

 

Addio alla "lady" del Bicerin

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Maritè Costa da trent’anni gestiva il Bicerin, il più antico caffè d’Europa, aperto nel 1763

 

Ultimo saluto, nella chiesa di via Sant’Agostino, a Maritè Costa che da trent’anni gestiva il Bicerin, il più antico caffè d’Europa, aperto nel 1763. Tanti gli amici e i clienti del locale presenti alla cerimonia funebre. Ma la famiglia della “regina” del Bicerin promette: “porteremo avanti l’attività”. Tra gli illustri frequentatori del caffè di piazza della Consolata vi furono Alexandre Dumas, Nietzsche e Cavour.

Trapianto di rene n. 3000: record alle Molinette

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E tre pazienti trapiantati nel lontano 1982 sono ancora in vita con l’originario trapianto

 

E’ stato raggiunto il trapianto di rene numero tremila alle Molinette, un ritrapianto su un paziente, 12 anni dopo il primo intervento. L’organo è giunto da una donatrice morta a Novara. Uno storico traguardo che permette all’ospedale torinese di porsi come primo centro in Italia per trapianti di reni effettuati e anche per la sopravvivenza: dopo 5 anni è dell’86%. E tre pazienti trapiantati nel lontano 1982 sono ancora in vita con l’originario trapianto.

 

(Foto: il Torinese)

Gli "ultimi" di Torino: in giro per i quartieri tra bisognosi veri e non

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STORIE DI CITTA’ /

di Patrizio Tosetto

 

Un classico: “hai un euro per un panino?” Alcune volte entro in panetteria e l’affamato sparisce. Dalle 13 alle 17, tregua. Poi l’ aperitivo. Qui l’offerta è più raffinata. Giovani distinti raccontano storie di sfortune. Di voglia di  mettere insieme soldi per un  biglietto di treno e tornare a casa. Dai pantaloni spunta il cellulare ultimo modello

 

Torino è come una vecchia signora. Attempata, ogni tanto si rifà il trucco.  Perde sempre qualcosa,  cerca di rinascere dal ricordo di un radioso e forse irripetibile passato. Sospesa tra una forte identità e la ricerca di qualcosa di nuovo. Torino non si fa mai perdere qualcosa. Anni fa non si prendeva il treno, o perlomeno solo prima classe. Le prostitute nere si “riversavano” per le campagne vicine, spingendosi fino a Milano. Si trovava da affittare, costava meno ed i controlli erano minori. Insomma, per loro si stava bene. E il degrado avanzava. Oggi? Basta uscire di casa, passeggiando. A 50  metri il primo incrocio. L’inevitabile lavavetri. Reggono i gentili. Si avvicinano furtivi e riservati. Sorridenti chiedono il permesso. Direi su venti richieste una viene soddisfatta. 

 

Mattino presto, a piedi in piazza Vittorio. Appena inizia via Po due mendicanti claudicanti vogliono impietosirti.Probabilmente Rom (se non rischiamo di offenderli). I negozianti: “non si preoccupi fingono”. Fino a piazza Castello. Secondo le stagioni, dai tre ai cinque barboni. Qui la richiesta di soldi è discreta. Abbinata a cartelli d’aiuto. Invece, uno dei misteri di Porta Palazzo sono le ronde fatte da alpini, vigili e poliziotti. Passano incuranti di tossici bisticcianti. Capisci che non ci sono quando per più di cinque minuti, stazionano ragazzi che parlano incomprensibili idiomi.

 

Un mercato rionale che si rispetti ha mendicanti accovacciati. Il numero è proporzionale alla grandezza del mercato.Ora va di moda il rifugiato politico. Una sola domanda: se è appena arrivato come fa a conoscere bene la nostra lingua? Un classico: “hai un euro per un panino?” Alcune volte entro in panetteria e l’affamato sparisce. Dalle 13 alle 17, tregua. Poi l’ aperitivo. Qui l’offerta è più raffinata. Giovani distinti raccontano storie di sfortune. Di voglia di  mettere insieme soldi per un  biglietto di treno e tornare a casa. Dai pantaloni spunta il cellulare ultimo modello.

 

E per cena? Un classico: il venditore di fiori. secondo i ristoranti si possono contare dai tre passaggi in su. Erano quasi scomparsi, ma stanno ritornando. Venditori sordomuti ( dicono loro ) di accendini e gadget. Generalmente agiscono in due, lei e lui, sempre ben vestiti. Non hanno inventato il turno di notte. Anche se immagino, nella movida qualcosa si annida. Come fai mia vecchia e dolce Torino a rifarti il trucco? Altro che corte dei miracoli! Tieni duro. Ci hai insegnato, comunque, ad avere pazienza. La tolleranza ci aiuterà contro questo degrado. Altro non possiamo fare.

 

(Foto: il Torinese)

Guido Gozzano e la malinconia

GOZZANO VILLA

GOZZANO GUIDOGOZZANO AUTOGRAFO“Io penso talvolta che vita, che vita sarebbe la mia, se già la Signora vestita di nulla non fosse per via”

 

Torino, 9 agosto 1916, nell’ “ora triste del congedo”, il torinese Guido Gozzano si spegneva a soli 32 anni, consumato dalla tisi, e si univa, definitivamente, alla “Signora vestita di nulla”, presenza costante nella sua opera poetica, fin dal momento in cui gli venne diagnosticata la malattia, simbolo di quella morte che l’avrebbe colto nel fiore degli anni.

 

Poeta della “malinconia”, poeta delle “buone cose di pessimo gusto”, dei solai, del “ciarpame reietto”, del “dolce paese che non dico”, Agliè, dove amava trascorrere le estati, nella campagna canavesana, e dove venne sepolto, prima nella tomba di famiglia e, successivamente, nella chiesa di San Guadenzio, Guido Gozzano è stato l’artefice di una poesia che si è, fin dall’inizio, contrapposta a quella del “vate” Gabriele D’Annunzio, per la descrizione dell’universo semplice della quotidianità, una quotidianità un po’ sonnolenta dove tutto sembra cristallizzato, stanco, coperto da un velo di polvere, e dove una Torino borghese “un po’ vecchiotta, provinciale, fresca tuttavia d’un tal garbo parigino” viene rievocata, con ironia, per il suo ambiente chiuso e profondamente provinciale, ma anche con un affetto che testimonia il legame del poeta alla propria città natale, quella Torino che racchiude in sè “tutto il mio passato” e dove “i miei ricordi più teneri e mesti dormono in te, sepolti come vesti in un armadio canforato”.

 

I salotti di Gozzano sono quelli delle ville di campagna, quelli della nonna Speranza, dove il buon gusto è stato bandito e, accanto agli acquerelli di Massimo D’Azeglio, puoi trovare gli scrigni fatti di valve e gli oggetti con il monito “salve” “ricordo”, in cui Loreto impagliato ed il busto di Alfieri, di Napoleone convivono in un bizzarro, ma confortante accostamento.

 

In questo mondo nel quale il tempo è indefinito, o declinato al passato, al futuro, ma mai al presente, perché, scriveva Gozzano “Adoro le date. Le date: incanto che non so dire, ma pur che di molto passate o molto di là da venire”,  si muovono figure familiari, come l’adorata madre o la poetessa Amalia Guglielminetti, con la quale intrecciò una tormentata relazione, come la prozia canuta e lo zio demente, compagni di una solitudine interiore senza rimedio, ma soprattutto un catalogo di uomini e donne cartacei che si trasformano in fantasmi, imprigionati nelle stanze della poesia, e salvati dalla morte attraverso l’arte che li colloca in un universo parallelo dove continueranno a compiere gli stessi semplici gesti, come in una spirale del tempo, vittime di una maledizione che porta con sé il dono e la condanna dell’immortalità.

 

Opera dopo opera, pagina dopo pagina, Guido Gozzano regala al lettore storie e schizzi, volti come quello di Carlotta, l’amica della nonna Speranza, “nome non fine ma dolce che come le essenze resusciti le diligenze, lo scialle e le crinoline”, la Carlotta di chiara ispirazione goethiana, innamorata in un patriota mazziniano, come quello della signorina Felicita o la Felicità, “quasi brutta, priva di lusinga”, ma con la “faccia buona e casalinga” e “gli occhi fermi, l’iridi sincere azzurre d’un azzurro di stoviglia”, che vive a Villa Amarena, con il padre in “fama d’usuraio”, “quasi bifolco”, che “non fa versi, taglia le camicie per suo padre e non medita Nietzsche”, come quello della Cocotte che “lo baciò quattrenne”, e che giura di “rifare bella come tutte le donne del suo sogno, un sogno nutrito d’abbandono in cui il poeta dichiara: “non amo che le rose che non colsi. Non amo che le cose che potevano essere e non sono state”, in un afflato malinconico che sfiora il pessimismo e che riprende i versi di Keats di “Ode su un’urna greca”: “Sì le melodie ascoltate son dolci; ma più dolci le non ascoltate”, un inno ai momenti perduti, in netto e consapevole contrasto con il “carpe diem” oraziano.

 

Nella sua partita a scacchi con la Morte, compagna di strada, Guido Gozzano, cercando il modo di ingannare la Signora vestita di nulla, diventa egli stesso protagonista di quasi tutti i suoi componimenti, interpretandoli in prima persona, intervenendo con le proprie riflessioni sempre velate di una sottile ironia, creando personaggi che sono il suo doppio come Totò Merumeni, il punitore di se stesso di Terenzio, quelle figure che, quando dovrà interrompere il cammino, continueranno a vivere l’esistenza che gli è stata negata e che,  in un supremo e geniale atto di sfida al destino, immagina nell’ “Ipotesi”: “Quest’oggi il mio sogno mi canta figure, parvenze tranquille d’un giorno d’estate, nel mille e… novecento… quaranta”, poesia nella quale descrive una vecchiaia tranquilla accanto alla “consorte ignorante”, agli amici, lontano dalla città, dalla quale giungono le notizie dei figli, un sogno destinato a naufragare come Ulisse quando sfidò il fato cercando di varcare le colonne d’Ercole, ma, al tempo stesso, a realizzarsi attraverso il potere della letteratura perchè, in quei versi, Guido continua a vivere “in un’antichissima villa del Canavese”, in quel tempo che adesso è coniugato all’infinito.

 

Barbara Castellaro