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Due allieve dell’Ubertini di Caluso al Campionato Italiano Barman

Dal 12 aprile fino al 30 aprile 2021, le studentesse dell’IIS Carlo Ubertini di Caluso Cristiana Lasalvia, Rosa Magazzù della classe 4F Enogastronomia Sala e Vendita, seguiti dai docenti. Carlo Bruno Aloi e Sergio Bertolotti, partecipano alla XXI edizione del CIB – Campionato Italiano Barman promosso dalla FIB – Federazione Italiana Barman.

A far da teatro alle sfide tra ragazzi provenienti da venti scuole di tutta Italia quest’anno è il web.
Visto il perdurare della situazione emergenziale COVID-19, che vieta lo spostamento delle, la FederazioneItaliana Barman anche quest’anno promuove il CIB CUP 2021 la FiB ha proposto agli Istituti alberghieri dicreare un video durate la presentazione di un cocktail ideato degli studenti.
DJANGO REINHARDT, è il nome del cocktail preparato dalle studentesse dell’IIS Ubertini, composto da Gin, Gil rural authentic, Doppio Carvi – (liquore al cumino), liquore estratto dalla resina del pino mugo, lime spremuto, decorato con Lime essiccato, foglie di menta fresca
Per giungere alle finali che si terranno in presenza nel mese di ottobre 2021 è necessario ottenere molti voti sul sito dell’associazione.
5 piccole mosse per aiutare le studentesse dell’;Istituto Ubertini di Caluso, a vincere il Campionato Italiano. Barman 2021 e portarlo così nella Città Metropolitana di Torino ed in Piemonte.
1 Clicca il seguente link https://www.campionatoitalianobarman.it/classic/
2 Cerca il video: Carlo Ubertini, Lasalvia Cristiana-Magazzú Rosa.
3 clicca su VOTA.
4 Inserisci il tuo indirizzo email.
5 Premi su vota

 

Massimo Iaretti

Rinasce l’“Orto” del Castello di Miradolo

Prezioso gioiello paesistico progettato dall’architetto Paolo Pejrone, sarà aperto al pubblico dalla “Fondazione Cosso”

San Secondo di Pinerolo (Torino) – Non appena l’emergenza sanitaria lo permetterà, sarà riaperto ai visitatori il grandioso (l’estensione è di oltre sei ettari) Parco storico del settecentesco Castello di Miradolo, sede dal 2008 della “Fondazione Cosso”, guidata da Maria Luisa Cosso e dalla figlia Paola Eynard.

E in quell’occasione il pubblico potrà anche scoprire per la prima volta l’“Orto” del Castello di San Secondo di Pinerolo, suggestiva meraviglia naturale ideata e resa possibile dalla geniale “capacità visionaria” del grande architetto di giardini e “orti felici” che risponde al nome internazionalmente blasonato di Paolo Pejrone. “Da anni – spiega Paola Eynard, vicepresidente della Fondazione – nutrivo il sogno di recuperare la parte rustica del Castello. Per farlo occorreva gran garbo e trovare collaboratori capaci e sensibili per interpretare l’idea di un recupero delicato e rispettoso dei segni del tempo. Questo progetto ha l’obiettivo di tramandare la storia del luogo e, con essa, una vocazione e un sapere antico: ogni spazio nasconde una storia, bisogna solo saperlo ascoltare. Per l’orto, mio desiderio da tempo, ho chiesto aiuto a Paolo Pejrone perchè lui conosce perfettamente quel sapore di casa, di cascina e di agricolo che caratterizza luoghi come questo”. “Genius loci”, dunque, il celebre architetto torinese, alla cui passione e saggia, ma anche estrosa, creatività si devono alcuni dei più importanti e significativi giardini del mondo e a cui la “Fondazione Cosso” dedicherà dal 15 maggio prossimo (e per un anno intero) la mostra “Oltre il giardino. L’abbecedario di Paolo Pejrone”. Evento artistico di notevole portata e occasione imperdibile proprio per il ripristino e la messa a nuovo dell’antico “Orto”, dalla forma circolare – armonioso, chiuso e protetto – del Castello di Miradolo.

Affacciato sulla corte rustica dell’antica dimora ne completa l’originaria vocazione agricola ( con stalla, fienile, forno, pollaio e lavatoio ) e si sviluppa intorno all’asse centrale che attraversa il portale d’accesso all’antica “cassina”, l’aia e il Palazzo, fino alla torre rotonda. “Visto dall’alto- prosegue Paola Eynard – appare perfettamente inserito nel disegno del luogo, ritracciato con pietre locali e antiche; lungo il perimetro sono stati inseriti pali di legno di castagno, montati su stele di pietra, come si usava un tempo nelle antiche campagne pinerolesi, con filari di uva bianca lungo la staccionata, e ai piedi fragoline di bosco, garofanini, mughetti, peonie, ellebori e altre delicate essenze”. All’interno, piante orticole e floreali, riproposte tra specie rare e antiche e camminamenti realizzati in “calatà”, la pavimentazione rustica nota come “acciottolato piemontese”. E al centro, una vasca quadrata di pietra, riproposta con vecchi lastroni ritrovati al Castello. “La riproposizione dell’orto – conclude Maria Luisa Cosso – si inserisce in un programma ampio che la Fondazione Cosso dedica per i prossimi mesi ad attività didattiche, incontri letterari e divulgativi per approfondire i temi del paesaggio, dell’ambiente e della biodiversità. Con l’occasione, per la prima volta, saranno visitabili gli edifici rustici, nucleo più antico della proprietà. Ricerche d’archivio rivelano che già nel Seicento esisteva una ‘cassina’, corredata da ampi terreni, vigne e frutteti, di proprietà della famiglia Macello, poi Massel di Caresana, intorno alla quale sarebbero poi sorti il ‘palazzo’ e il ‘giardino’ di Miradolo, tra il XVIII e il XIX secolo”. Nei prossimi mesi questi spazi torneranno a raccontarsi.

Per info: tel. 0121/502761 o www.fondazionecosso.it

g. m.

Nelle foto
– “Orto” del Castello con drone
– Paola Eynard e Maria Luisa Cosso
– Paolo Pejrone

L’allergia stagionale e l’incubo covid

Le  allergie stagionali stanno imperversando anche in Piemonte. Ma, di questi tempi, al minimo raffreddore  il pensiero va al coronavirus. Spesso, fortunatamente, così non è

Le rilevazioni delle centraline  registrano  la presenza di particelle allergizzanti 

In questo periodo vanno per la maggiore i pollini di betulle, carpini, come di  noccioli e frassini. E il picco di concentrazioni è arrivato alcune  settimane prima del previsto. Che fare per chi è sensibile? L’autoisolamento dovuto all’emergenza sanitaria è certamente utile  per gli allergici che così non vengono esposti direttamente ai pollini, ma ciò non toglie che  si respirino i pollini che entrano in casa aprendo le finestre. Può invece essere utile la mascherina, ormai diventata parte della nostra vita: poiché le  particelle dei pollini sono piuttosto  grandi, anche la più semplice delle mascherine le può bloccare.

Raccontare il vino attraverso un viaggio

L’associazione Go Wine ha lanciato  martedì 16 febbraio 2021 la ventesima edizione del Concorso letterario nazionale Bere il Territorio.

E’ un progetto culturale che ha sempre accompagnato la vita dell’associazione fin dalla sua costituzione e che giunge nel 2021 ad un traguardo importante.

Riportiamo a seguire il Bando di Concorso che illustra le modalità di partecipazione e le informazioni legate alla sezione generale ed alle sezioni speciali.

Il Bando viene divulgato più avanti rispetto ai tempi abituali delle scorse edizioni, la scadenza è fissata al prossimo 30 aprile. La cerimonia di premiazione si svolgerà in estate e sarà fissata compatibilmente con la situazione pandemica purtroppo ancora in corso.

Il Concorso conferma gli obiettivi di sempre che si rinnovano ogni anno e si misurano sempre con nuovi protagonisti: far crescere la cultura del consumo dei vini di qualità e contribuire, mediante il tema della narrazione, a valorizzare storia, tradizioni, paesaggio, vicende socio-culturali dei territori del vino.

 

BANDO DI CONCORSO

  1. La ventesima edizione del concorso letterario “Bere il Territorio” è promossa dalla Associazione Go Wine.

I partecipanti dovranno redigere un testo-racconto in forma libera che abbia per tema un viaggio in un territorio del vino italiano, raccontando esperienze, evidenziando il rapporto con i valori cari all’enoturista: paesaggio, ambiente, cultura, tradizioni e vicende locali.

 

Sono previste due categorie, in base a distinte fasce di età:

giovani dai 16 ai 24 anni;

per tutti i soggetti di età superiore ai 24 anni.

 

  1. Ogni concorrente o gruppo potrà partecipare con un solo elaborato inedito, in lingua italiana, della lunghezza minima di due cartelle (3600 battute) e massima di 5 cartelle (9000 battute), redatto anche su supporto magnetico.

 

  1. E’ inoltre istituita, a latere del concorso generale, una sezione speciale riservata agli studenti degli Istituti agrari italiani (di età compresa fra i 14 ed i 20 anni).

Verranno selezionati elaborati che trattino il tema dei vitigni autoctoni. Con l’invito agli studenti a svolgere un approfondito e originale lavoro di ricerca su vitigni autoctoni della propria zona di provenienza o di altre aree. Nell’elaborato essi potranno tenere conto delle conoscenze acquisite durante il corso di studio e trattare l’argomento attraverso uno specifico elaborato.

La partecipazione al Concorso è consentita a singoli studenti oppure a piccoli gruppi non inferiori a 5 persone. Gli elaborati dovranno avere la medesima lunghezza di cui all’art. 2, salvo eccezioni dettate dal lavoro di ricerca a cui sono chiamati.

 

  1. Ogni testo dovrà contenere, in calce, le generalità del concorrente: nome, cognome, data di nascita, indirizzo, numero di telefono ed eventualmente il riferimento dell’Istituto agrario di appartenenza (per la sezione speciale dell’art. 3).

 

  1. Gli elaborati dovranno pervenire, in tre copie dattiloscritte e su supporto magnetico, entro il 30 aprile 2021, tramite posta, al seguente indirizzo:

 

Concorso “Bere il territorio” – Go Wine

Via Vida, 6 – 12051 Alba (Cn).

 

  1. Gli elaborati saranno sottoposti al vaglio della giuria composta da Gianluigi Beccaria e Valter Boggione (Università di Torino), Margherita Oggero (scrittrice), Bruno Quaranta (La Stampa), Massimo Corrado (Associazione Go Wine).

 

  1. Saranno selezionati dalla sezione generale I DUE MIGLIORI TESTI, uno per ciascuna categoria: i vincitori riceveranno ciascuno un premio di euro 500,00.

 

7a). Sarà selezionato dalla sezione speciale riservata agli Istituti agrari IL MIGLIORE LAVORO DI RICERCA: il vincitore (o il gruppo) della sezione speciale riceverà un premio di euro 500,00.

 

  1. È inoltre istituito un premio speciale a favore di un libro edito durante l’anno 2020 che abbia come tema il vino o che, comunque, riservi al vino una speciale attenzione.

L’autore riceverà un premio in denaro di euro 500,00.

 

  1. I testi rimarranno a disposizione dell’organizzazione del concorso e non verranno restituiti. I concorrenti, accettando senza condizione il presente regolamento, concedono, sin d’ora e senza nulla pretendere, i diritti di pubblicazione a Go Wine.

 

  1. I vincitori, che saranno avvertiti tramite raccomandata, saranno premiati durante la cerimonia che si terrà ad Alba nel corso della estate 2021.

 

  1. I giudizi della giuria, che selezionerà le opere, sono insindacabili.

 

  1. Per quanto non previsto dal presente regolamento, le decisioni spettano autonomamente alla segreteria del concorso.

 

Scarica qui il bando della XX edizione del Concorso Letterario Bere il territorio in formato Pdf

Bisulant, una dolcezza antica

Ozzano Monferrato, comune del Monferrato Casalese, tutti gli anni il giovedì Santo propone un dolce tipico la cui origine risale al quindicesimo secolo.

Si tratta del ‘Bisulant’ un biscotto a forma di torcetto, di dimensioni varie che viene benedetto ogni anno nella chiesa parrocchiale del paese a conclusione delle funzioni del Giovedì Santo, con l’unica eccezione del 2020 a causa dell’emergenza sanitaria. Bisulant è un termine del vernacolo piemontese parlato ad Ozzano, diventato nel tempo patrimonio dell’identità culturale del paese. La parola potrebbe evocare ‘bicciolano’ vocabolo tipico del territorio vercellese, dunque ‘bisulant’ era un nome attribuito ad un pane che si presume sia stato introdotto in Ozzano dai presuli vercellesi nel secolo Quindicesimo. Anticamente nel Marchesato del Monferrato era diffuso, da parte dei nobili e delle congregazioni religiosi, l’atto di donare ai poveri durante alcuni ricorrenze religiose. L’origine di questo gesto si ricollega ad un intervento miracoloso operato da Sant’Antonio nei riguardi di un bambino che era affogato in un torrente. La mamma si rivolse al Santo perché glielo resuscitasse e il Santo, toccato dal dolore di quella donna, compì il miracolo a condizione che lei, tutti gli anni, regalasse ai poveri una quantità di grano equivalente al peso di suo figlio quando era stato riportato in vita- Nel secolo quindicesimo operava in Ozzano la Confraternita dei Disciplinanti, istituita dal Vescovado di Vercelli che aveva giurisdizione sul territorio dei feudo di Ozzano. La Confraternita durante il Giovedì Santo, distribuiva ai confratelli e ai poveri del borgo, pagnotte di pane benedetto. Un atto caritatevole che venne mantenuto anche nei secoli successivi. Nel Novecento, però, la Confraternita si sciolse e la sua attività terminò, non così la tradizione di benedire il pane in occasione del Giovedì Santo. Inizialmente si trattava di un pane fatto in famiglia, modellato ad anello ed alzato in chiesa durante la benedizione. Negli anni Sessanta la storica panetteria Tracino di Ozzano, presso cui le donne del paese portavano i pani da cuocere, propose una nuova ricetta del bisulant, non più come tipo di pane ma come morbido biscotto con la forma di torcetto. Grazie alla tecnica di lavorazione e ad ottime materie prime, che conferiscono loro caratteristiche uniche, il successo dei bisulant varcò i confini comunali. Nel maggio 2013 la giunta comunale, guidata da Davide Fabbri ha approvato i disciplinari (scheda tecnica e scheda storica) ed attribuendo la De.Co. al Biciolant d’Ausan.

Massimo Iaretti

Ritrovarsi dopo 45 anni

Ritrovarsi dopo 45 anni. Proprio così, l’ amico ritrovato. Cavolacci, Bruno Moscatelli era proprio mio amico, compagno di liceo e compagno di Fgci.  Coscritto in tutti i sensi. Lui più vecchio di me di sole 24 ore.

Persino avversari nel basket e nel quintetto base della squadra del liceo. Non dico fratelli,  mi ci siamo quasi. Molto più riflessivo di me , ma già allora si capiva che era uno che valeva. Incontro a tutto tondo.

Incontri romani. Trasferitosi nella Capitale da 10 anni per lavoro e per amore. Due figli, con la voglia , sempre, di mettersi in gioco. La seconda figlia ha solo 5 anni. Quando parla di loro e della sua compagna gli si illuminano gli occhi. Sul lavoro ha avuto il coraggio di cambiare ed il coraggio di cambiare città. Non è da tutti. Dal 31 marzo in pensione ma non molla. Impossibile stare con le mani in mano. Un’ altra Roma come la Garbatella. Un’ altra dimensione di Roma. Nel lavoro ha avuto tre fasi diverse. Appena diplomato il fai da te. Tra coop ed agenzie di viaggi e animatore in Arci ragazzi. Seconda fase funzionario Fiat. Figlio d’ arte,  suo padre partì da Torino per impiantare e far funzionare le catene di montaggio a Termini Imerese. Bruno in Fiat ha girato tra Mirafiori e Chivasso. Anche quel mondo gli stava stretto. Inizia una terza fase della sua vita lavorativa.
Se ho capito bene responsabile delle relazioni sindacali per due multinazionali statunitensi che operano in Italia acquisendo società in difficoltà economiche. Si trasferisce prima da Torino a Milano e poi da Milano a Roma. Gira l’ Italia con sede anche a Napoli. Di casa al Ministero per ” ammorbidire ” gli esuberi.  Da buon compagno mi dice orgoglioso: non abbiamo mai lasciato nessuno, dall’ operaio al dirigente, a casa senza alternative. Diventa decisamente e naturalmente un calendiano. Merce comunque rara  nel nostro paese,  dove – mi sa – vige un certo levantinismo che fa a cazzotti con l’efficienza tanto voluta e desiderata da Carlo Calenda. Dal 31 Marzo, dicevamo,  in pensione. In pensione e ancora in attività. Essere sempre in pista è un ottimo elisir di lunga giovinezza. Così la meglio gioventù si è incontrata confermando il vecchio adagio: il tempo è galantuomo con i galantuomini.  E caro Bruno non perdiamoci  più di vista. Sarebbe un peccato.

Patrizio Tosetto

Le uova di Pasqua? Un’ “invenzione” torinese

Le uova sono da sempre una portata del pranzo di Pasqua. Ma quelle di cioccolato?

Pare che alcuni prototipi fossero già presenti alla corte francese  di Luigi XIV, anche se l’uovo di Pasqua così come lo conosciamo fu un’idea di alcuni maestri cioccolatai torinesi ai primi del ‘900.

Del resto fu la duchessa Caterina, moglie del duca Emanuele Filiberto di Savoia, a portare il cacao a Torino dalla Spagna.  Mario Marsero, storico delle industrie dolciarie piemontesi, scrive nel libro Dolci delizie subalpine che nel 1700  la vedova Giambone, che gestiva una una bottega in quella che oggi è via Roma, riempì i gusci vuoti delle uova di gallina con dolce  cioccolata. Poi, negli  anni ’20 del Novecento la Casa Sartorio di Torino brevettò un metodo per modellare con il cioccolato le forme vuote, degli  stampi a cerniera messi nella macchina dove  un movimento di rotazione permette alla pasta contenuta di distendersi uniformemente su tutta la superficie interna. Nel 1925,  animaletti in zucchero o confetti vengono messi all’interno come piccole sorprese. Successivamente sono stati impiegati regali sempre più  preziosi. E il boom fu immediato.

Da Les Petites Madeleines una deliziosa ricetta pasquale

Giuseppe Lisciotto, chef de Les Petites Madeleines, per la festività suggerisce un piatto in cui la tradizione degli ingredienti viene attualizzata dall’utilizzo, garbato e mai invasivo, delle spezie

 

“Raviolo di pasta fresca al prezzemolo ripieno di spalla d’agnello al Barbecue su crema di pomodori grigliati”: la Pasqua 2021 celebra la pasta fresca e si insaporisce dei gusti decisi di curry e paprika affumicata. La ricetta, da replicare facilmente anche nella cucina di casa, è frutto della sperimentazione di Giuseppe Lisciotto, chef de Les Petites Madeleines, e della sua brigata che, con questo piatto, vogliono simbolicamente rimanere al fianco dei loro ospiti anche a distanza.

Il piatto reinterpreta la tradizione gastronomica pasquale italiana, che vede l’agnello a suo interprete, grazie all’utilizzo di spezie che gli conferiscono una nota inattesa. “Abbiamo pensato che la celebrazione di questa Pasqua inusuale, richiedesse una ricetta altrettanto insolita, capace di rassicurare il palato ma, contemporaneamente, di stupirlo grazie a sapori non attesi. La preparazione, anche se all’apparenza composita, è invece molto semplice e non richiede particolare maestria ma un po’ di pazienza”, spiega Lisciotto.

La ricetta, inoltre, nella sua realizzazione offre anche qualche suggerimento da poter riprendere per altre preparazioni come, ad esempio, l’utilizzo del prezzemolo per la pasta fresca o il ricorso alla salamoia per rendere la carne più succosa, morbida e sapida nel suo interno.

“Per esaltare il piatto – conclude Luca Gigliotti, sommelier de Les Petites Madeleines – suggeriamo un Barbera d’Asti Superiore DOCG “Mysterium” – Tenuta Montemagno dai sentori intensi, ampi, con spiccate note di ciliegia, terra e boisè. Un vino dal colore rosso intenso con riflessi tra il porpora e il nero che, al palato, si presenta concentrato, caldo, giustamente tannico. Il compagno ideale per accompagnare il nostro “Raviolo di pasta fresca al prezzemolo ripieno di spalla d’agnello al Barbecue su crema di pomodori grigliati”, ma anche piatti a base di selvaggina, brasati e formaggi stagionati”.

Raffaella Borea

Sua maestà il Vermouth

“Il Vermouth è un vino della tradizione piemontese e quando ero piccolo era l’aperitivo per eccellenza. Ricordo che con il nonno Giuseppe, dopo la messa, andavamo all’osteria del paese e lui si prendeva l’aperitivo con gli amici. Come tutti i bambini la curiosità era molta e l’idea di assaggiare il Vermouth mi stimolava. Ero piccolo e quindi il nonno, con atteggiamento protettivo, mi impediva di bere l’alcolico, ma me ne faceva sentire il profumo del vino e delle spezie, profumo per me indelebile”.

E questo è bastato a Luigi Vico, per mettere su una azienda vinicola sui generis, nel Cuneese, a Serralunga d’Alba (Cn). “Questa esperienza mi ha fatto crescere con il mito del Vermouth, anche se non ho mai più incontrato il profumo che avevo annusato da piccolo – continua sempre Vico – quando nel 2017 ho piantato la vigna di Moscato ho subito pensato di produrre il Vermouth (il Vermouth nasce con la base di Moscato d’Asti). Ma fin tanto che non ho ritrovato i profumi e le sensazioni che avevo assaporato con mio nonno non ho licenziato la ricetta. Sicuramente il mix tra le classiche erbe del Vermouth e quelle di campo che crescono in vigna hanno permesso di ritrovare i profumi artigianali di quei Vermouth degli anni ‘70 che erano soliti bere a Serralunga”.

A proposito di Vermouth, quest’anno si festeggerà il trentennale della creazione dell’Indicazione Geografica. Fu infatti il 14 giugno 1991 la data storica di pubblicazione del Regolamento che designò il riconoscimento ufficiale del “Vermouth di Torino” come denominazione geografica protetta dell’Unione Europea.

E’ stato definito il logo ufficiale del Consorzio caratterizzato dall’elemento distintivo della “V” di Vermouth e dalla foglia di artemisia. Vengono riportate le due denominazioni usate nella storia e previste dalla legge: sia il più francese “Vermouth” che “Vermut” più piemontesizzato e usato anche dagli spagnoli la cui storia deriva dalla Piemontese.

Dal 1786 il Vermouth da Torino è apprezzato in tutto il mondo, ora La “V” di Vermouth di Torino con il simbolo dell’Artemisia sarà destinata a contraddistinguere la conformità dei prodotti ad un disciplinare regolato dalla legge europea per i produttori iscritti al Consorzio, tra cui l’azienda agricola di Luigi Vico da noi interpellato ( https://www.serralungacasamia.it/ ).

Le giornate si sono allungate, l’inverno ormai volge verso la sua conclusione ed è dunque tempo ormai di pensare alla primavera e il vermouth bianco sarà la bevanda di questa stagione, liscio o utilizzato nei cocktail.

Gli aperitivi nella prima serata sono infatti un must non solo dei torinesi. Ci si inizia a svegliarsi dal letargo e a ritrovare le energie e la voglia di mettere la testa fuori casa, non appena e laddove sarà possibile, per consumare un drink che diversamente si può apprezzare anche tra le mura domestiche.

Tra tutti i cocktail più amati negli ultimi tempi ci sono quelli a base vermouth, che il retrogusto amaricante rende beverini e adatti sia per l’aperitivo sia per il dopocena.

Quindi, visto l’arrivo della bella stagione perché non proporre un twist a base di vermouth bianco? Il vermouth bianco è una delle varianti dei vini aromatizzati con erbe e spezie. Generalmente il vino di base, almeno per il vermouth piemontese, è vino Moscato cui sono poi aggiunte le spezie in infusione.

Tra i vini aromatizzati quello con sentori più freschi, agrumati e di fiori bianchi è di sicuro il vermouth bianco, le cui caratteristiche lo rendono perfetto per la stagione più calda.

Inoltre, non è necessario che ci sia una festa per mettere in tavola un bicchiere di autentico vermouth bianco, conosciuto e apprezzato in tutto il mondo come vero simbolo della convivialità, sublime da solo e ineguagliabile se accompagnato con un vassoio di fragranti biscottini.

Ed ecco quindi “Serralunga Casa Mia” che nasce da un’idea di Luigi Vico, per rievocare antichi sapori, ormai introvabili altrove. Le origini serralunghesi della famiglia di Luigi si devono al ramo materno delle famiglie Pira e Gagliasso, mentre il ramo paterno dalle famiglie Vico e Giacosa hanno origini Roerine. Entrambi i rami si sono sempre dedicati alla coltivazione di vigneti e frutteti. Le prime informazioni sulle proprietà terriere della famiglia Pira a Serralunga risalgono al 1694. Il progetto, ambizioso e semplice allo stesso tempo, si colloca perfettamente nel contesto creato dalle linee guida dei luoghi Patrimonio Unesco in cui viene stimolata una propensione alla “cultura della biodiversità”.

Nel suo vermouth appena versato, la fanno da padrone genuini sentori primari di Moscato. Profumi netti di rosa bianca, litches e salvia lasciano il posto, alla scorza di arancio candita ed alle note fresche di cardamomo e spezie, con delicati sentori di cannella e chiodo di garofano. E il finale amaricante di corteccia di china e genziana ben bilanciato dalla dotazione zuccherina, invita ad un secondo sorso.

Pertanto dopo la battuta d’arresto dovuta alla pandemia, ci si aspetta, che la crescita delle vendite che ha visto negli ultimi anni il Vermouth di Torino, possa riprendere al più presto e continuare.

Buon compleanno allora al Vermouth di Torino per i trent’anni della denominazione, i 10 anni dalla rinascita ed i 300 anni di storia moderna. È sempre l’ora del Vermouth di Torino.

Vito Piepoli

Boston, una signora americana

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IN ATTESA DI POTER DI NUOVO VIAGGIARE IN TRANQUILLITA’/ Circa otto ore di volo e ci sei, arrivi in America, nella città statunitense più vicina all’Europa, in quel luogo del nuovo continente dove la sensazione di essere ancora nel vecchio, dovuta alla rilevante presenza dello stile   britannico in molti dei suoi quartieri, è viva, ma soprattutto dove la storia degli Stati Uniti e lo Spirit of America, legato alla nascita dei movimenti indipendentisti desiderosi di rendersi liberi dai coloni inglesi che la fondarono nel 1630, sono tangibili e radicati.

Stiamo parlando della bella e sofisticata Boston dove un vero e proprio cammino della libertà, la Freedom Trail, testimonia, in 4 km di percorso segnato in rosso sui marciapiedi, i momenti più importanti della Rivoluzione, da Boston Common fino al Bunker Hill Monument troviamo infatti i luoghi più emblematici legati alla combattuta indipendenza a stelle e strisce.

La città, capitale del Massachusetts, è romantica ed elegante per i suoi vicoli di europea memoria, i suoi mattoni rossi, locali e ristoranti ricercati, ma anche colta e raffinata grazie alle sue gallerie d’arte ma soprattutto alla presenza, nella sua area metropolitana, di Università storiche come il MIT e Harvard.

Dall’atmosfera posata e dallo stile di vita sobrio e conciliante, diversa da città come New York dove i ritmi sono frenetici e le abitudini convulse, Boston è una città pacata, particolarmente amata dagli italiani per la sua accoglienza familiare e affine al vecchio mondo.

Tra i luoghi da visitare troviamo Beacon Hill, uno dei quartieri più eleganti della città, villini e case deliziose, lampioni a gas, giardini in miniatura svelati una volta l’anno dal Beacon Hill Garden Club, shopping chic, ristoranti piccoli e dallo stile garbato ma principalmente molto silenzio e calma.

Non lontano si scopre un curatissimo parco, il Boston Common & Pubblic Garden, un’area relax organizzata con varie attività e delle belle e pulite aree per i cani, numerosi e amatissimi.

Questa signora, tranquilla e misurata, possiede anche diversi spazi dedicati allo svago e al divertimento come il Quincy e il South Market, coloratissimi e vivaci luoghi di incontro per tutti, ma soprattutto per i molti giovani iscritti nelle vicine università. Ristoranti, pasticcerie, caffè, negozi, banchi caratteristici rendono questi mercati pieni di vita e sono l’area social della città insieme all’attiguo centro, Downtotwn, anch’esso pieno di locali e centri commerciali.

Il waterfront è una delle zone più incantevoli della città, vecchi approdi e magazzini ci riportano indietro nel tempo quando questo porto era un importante centro di scambi commerciali.

Long Warf , inaugurata nel lontano 1710, è un delle una banchine più grandi e vecchie della città ed oggi quasi tutte le sue vecchie strutture sono state riconvertite in appartamenti con   una meravigliosa vista sulla baia.

Non mancano poi importanti musei come il John F. Kennedy Library & Museum, l’Istitute of Conterporary Art e il Museum of Fine Arts, uno dei musei più grandi degli USA, che ospita opere moderne, manufatti egizi e naturalmente the Art of America.

Boston è una città affabile, è semplice muoversi, è rilassante visitarla, girare a piedi è possibile, anzi consigliabile, per non perdere i particolari più distintivi, i dettagli più belli e interessanti. Gli europei possono considerarla come prima tappa ideale,   introduzione perfetta, primo approdo naturale in America, è un luogo infatti che ci racconta con passione la storia americana ma che concede il tempo necessario di abituarsi ai ritmi e alle armonie di questo meraviglioso e variegatissimo continente.

 

Maria La Barbera