CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 87

Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum

Breve storia di Torino


1 Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum
2 Torino tra i barbari
3 Verso nuovi orizzonti: Torino postcarolingia
4 Verso nuovi orizzonti: Torino e l’élite urbana del Duecento
5 Breve storia dei Savoia, signori torinesi
6 Torino Capitale
7 La Torino di Napoleone
8 Torino al tempo del Risorgimento
9 Le guerre, il Fascismo, la crisi di una ex capitale
10 Torino oggi? Riflessioni su una capitale industriale tra successo e crisi

1.Le origini di Torino: prima e dopo Augusta Taurinorum

Torino è una città che invita al rigore, alla linearità, allo stile. Invita alla logica, e attraverso la logica apre alla follia. Queste le parole del grande intellettuale Italo Calvino, forse un po di parte, certo, ma non per questo meno veritiere.
Così abituati a guardare lontano, intenti ad indagare il mondo oltre i confini visibili, perennemente alla ricerca di qualcosaltro in un laggiù” di labile definizione, spesso diamo per scontato ciò che ci circonda, e talvolta nemmeno ci impegniamo a conoscere i luoghi a noi più vicini.
Rifletto spesso su tale tematica con i miei studenti a scuola, approfittando delle potenzialità della materia che insegno; quando chiedo ai ragazzi di raccontarmi una loro esperienza riguardo a mostre darte, musei o luoghi culturalmente conosciuti, mi rendo conto di quanto poco conoscano il territorio in cui vivono, è più probabile infatti che essi si siano ritrovati per le strade di qualche capitale straniera e non di aver visitato Palazzo Madama, Palazzo Reale, un qualunque museo torinese di arte contemporanea o qualche luogo cittadino che proprio nulla ha da invidiare all esotico estero.
Non ne faccio loro una colpa, anche io tendo spesso a incappare nel medesimo errore, protesa verso il desiderio di prendere aerei e partire, corro per prima il rischio di tralasciare interessanti occasioni di visita di esposizioni darte di artisti che magari apprezzo particolarmente e che si svolgono proprio a Torino.

È secondo questottica che ho deciso di scrivere tale serie di articoli dedicati alla capitale sabauda, per riscoprire e tentare di approfondire la storia e le vicissitudini di quella che è la mia città natale, la stessa che mi pare così lontana anche se abito nei suoi vicinissimi confini, che talvolta mi ha stancato, che non sempre mi ha accolto o confortato, della quale spesso mi sono dimenticata, ma a cui rimango indissolubilmente affezionata.
Torino è così, una città antica che accetta le sfide della globalizzazione e della multiculturalità, attenta alla qualità ambientale, dove da sempre il saper fare si accompagna al saper pensare, è localitàforte delle proprie radici eppure pronta a fronteggiare le numerose riqualificazioni urbane che nei secoli si sono succedute, invasive e necessarie, le medesime che ora stabiliscono laspetto multiforme di quella che è stata la prima capitale dItalia.
Nel capoluogo popoli, culture, tradizioni e differenti consuetudini si sono stratificate nel tempo, a partire dagli usi e costumi degli antichi romani, fino ai cittadini odierni, autoctoni, migranti e tutte quelle etnie in equilibrio tra il mantenere le proprie usanze e limparare il dialetto locale.
La storia di Torino è qualcosa di tangibile, passeggiando per le vie della città infatti ci si imbatte continuamente in testimonianze del passato: le Porte Palatine, gli edifici di Italia 61, le palazzine barocche e le ville liberty, le chiese ed i monumenti, tutti tasselli di ununica grande vicenda che comincia più di duemila anni fa, ai tempi di un piccolo insediamento chiamato Taurasia, distrutto da Annibale nel 218 a.C.  

La nascita e lo sviluppo della città sono indissolubilmente legati alla posizione geografica che essa occupa: Torino sorge sulla sponda occidentale del Po, nella regione chiamata Pedemontium ossia la terra ai piedi delle montagne, uno strategico crocevia assai significativo  per i commerci, sia via terra che via acqua. Fin dai tempi antichi eserciti, mercanti e pellegrini erano costretti ad attraversare il fiume in quel preciso punto geografico, laddove sorgeva il piccolo villaggio Taurasia. Nei secoli sono molti coloro che ambiscono al controllo dello stabilimento, rilevante scalo tattico e commerciale, nonché snodo significativo posto sulla via che collega il Sud della Francia e il Nord dellItalia.
Tuttora Torino sorge lungo la principale articolazione stradale e ferroviaria dellarea alpina, su un percorso che da sempre è ritenuto di considerevole importanza, da qui infatti sono passati, secondo gli studiosi, dapprima Annibale, nella sua marcia verso Roma e successivamente, nel 773, lesercito di Carlo Magno, durante la calata in Italia.
Il tempo conferma la centralità della posizione strategica dellantica Augusta Taurinorum, abbracciata dai fiumi e protetta dal duplice ruolo delle montagne, da una parte le Alpi, dallaltra i Colli del Monferrato, che sia mettono in comunicazione la città con i comuni limitrofi, sia fungono da barriera protettiva naturale; gli stessi Savoia, i custodi dellItalia approfitteranno dellubicazione dellurbe per gestire i propri poteri.
La natura dunque favorisce la nascita di un insediamento destinato ad ingrandirsi nei secoli, ma se da subito le condizioni di vita paiono favorevoli per la cittadinanza, sarà necessario attendere diversi secoli prima che la Storia si accorga della bella Torino, relegata per tempo immemore alla condizione di cittadina di provincia, adombrata dalle limitrofe Asti e Vercelli, infatti solo verso la fine del Cinquecento, grazie ai Savoia che qui sposteranno la propria corte, al capoluogo viene riconosciuto peso politico e comincia a brillare di luce propria.
Ma andiamo per ordine, poiché assai remote sono le origini della nostra città; larea appare abitata fin  dallepoca tardo paleozoica, come testimoniano i numerosi ritrovamenti di utensili in pietra.
Allepoca la regione doveva essere ricoperta di foreste e acquitrini, tuttavia già i coltivatori delletà neolitica erano intervenuti a favore di una repentina trasformazione del paesaggio, processo che continueràattraverso diverse azioni di bonifica dalletà medievale fino alletàmoderna.
I primi abitanti del Piemonte sono i Celto-Liguri, gruppi migranti celtici che mentre si spostano verso il Nord della Penisola si fondono con alcune tribù liguri già presenti sul territorio.
Si tratta di popolazioni dedite allagricoltura, con un livello di organizzazione politica e culturale non molto sviluppata, vivono sparsi per le radure tra le foreste, coltivano segale e granaglie e allevano pecore e maiali. Nello specifico sono gli Insubri e i Taurini ad occupare le sponde del fiume Po.
Come è noto, il destino di Torino risulta legato almeno a livello di nomenclatura-  ai Taurini, da cui deriva lappellativo Augusta Taurinorum, dallanimale totemico attribuito alla tribù, ossia il taurus, -che tuttoggi rimane simbolo indiscusso della moderna cittàpiemontese-.
Ben poco sappiamo di tale popolazione, se non che compare negli annali nel 218 a.C., quando tenta invano di fermare la discesa di Annibale, per poi entrare a far parte delle tribù inglobate nella sfera culturale e politica di Roma che,  a partire dalla metà del II secolo a.C., colonizza la zona subalpina nordoccidentale per aprirsi una piùfacile via verso la Gallia.
Lo spirito decisamente concreto e pratico dei romani fa sì che le cittàfondate nel territorio piemontese rispondessero a precise funzioni: si tratta di avamposti militari  e centri di governo che favoriscono il controllo e la comunicazione lungo il tragitto verso le Alpi.


Tra questi insediamenti spicca per importanza Augusta Taurinorum.
Le leggende prendono il sopravvento sulle sporadiche fonti accreditate riguardanti le origini di Torino, se diverse sono le versioni fantasiose legate alla fondazione del capoluogo, dallaltra sono poche e controverse le notizie degli studiosi dedicate a tale argomentazione.
Lo stesso appellativo apre a diverse ipotesi interpretative: secondo alcuni Iulia Augusta Taurinorum viene fondata da Giulio Cesare durante le sue campagne militari in Gallia, secondo altri invece il nome della cittadina si rifà allimperatore Ottaviano, meglio noto con lappellativo di Augusto.
Vi è poi la versione di una duplice fondazione, suggerita da diversi studi del terreno, dai quali si denota una lavorazione dei campi limitrofi alla città che suggerisce una edificazione svoltasi in momenti differenti.
Quel che invece è noto riguarda la trasformazione del villaggio tribale prima in colonia militare poi in civitas, ossia una città con una propria struttura amministrativa ben definita; allincirca nello stesso periodo viene fondata Augusta Pretoria, lodierna Aosta, con lo scopo di assicurare il dominio romano sulla vallata circostante e sui valichi del Grande e del Piccolo San Bernardo.
Dalle fonti tuttavia si evince che ledificazione effettiva di Augusta Taurinorum avviene nel corso del I secolo a.C.; i lavori di costruzione seguono lo schema prefissato dalla tradizione romana e la colonia si struttura secondo una griglia rettangolare circondata da una cinta muraria di circa 2,5 km.
Lo spazio interno è diviso da due strade principali, il Cardo e il Decumano le attuali via Garibaldi e via San Tommaso -, rimane invece incerta lubicazione del foro, anche se probabilmente doveva occupare lattuale zona in cui oggi si trova il municipio. Allinterno delle mura, le strade secondarie suddividono lo spazio urbano in insulae, isolati residenziali dotati di fognature sotterranee e pavimentazioni regolari e ordinate.
La nuova colonia viene inoltre dotata di un acquedotto per la fornitura idrica, bagni pubblici, templi e un teatro, le cui fondamenta sono ancora visibili accanto a Palazzo Reale.
Lo schema rettilineo rimane alla base della Torino moderna e resta inevitabile punto di partenza per tutti i successivi sviluppi urbanistici eseguiti fino ai giorni nostri.
Altra questione aperta riguarda gli abitanti: molto probabilmente si tratta di immigrati provenienti direttamente da Roma o veterani dellesercito, solo in una minoranza potevano discendere direttamente dalla tribù dei Taurini.
Limportanza della colonia rimane relegata al transito stradale e alla riscossione dei pedaggi; essa  tuttavia è indicata  nei documenti dellepoca come snodo primario allinterno della grande rete di comunicazione costruita dai Romani  per agevolare il transito di merci, truppe e messaggeri imperiali in tutta lItalia settentrionale.
La situazione muta bruscamente nel III secolo a.C., quando la guerra civile, la recessione economica e le incursioni barbariche minano lesistenza stessa di Roma. La crisi colpisce tutto lImpero, ma sono proprio le colonie sorte lungo le rive del Po che devono fronteggiare in prima linea gli invasori germanici.
Augusta Taurinorum rimane per molto tempo, come le altre province, in una situazione instabile, preda del vuoto di potere dovuto al crollo delle istituzioni governative e politiche romane fino allemergere di una nuova autorità: il vescovo, simbolo della Chiesa Cristiana. Per i secoli a venire è questa la figura essenziale a cui tutta la comunità si rivolge e sulle cui spalle pesa il gravoso compito di organizzare la nuova vita cittadina allalba dellavvento del Cristianesimo.
Non si sa molto riguardo alla diffusione della nuova religione in Piemonte, la tradizione si sofferma sullavvento del culto dei tre martiri (Ottavio, Avventore, Solutore), particolarmente apprezzato proprio a Torino, cerimoniale religioso surclassato poi dalladorazione di Giovanni Battista.
Scarse sono le notizie a proposito del primo vescovo di Torino, probabilmente un certo Massimo, pupillo di Eusebio  e forse anche di Ambrogio, arcivescovo di Milano. Massimo era un buon imprenditore edile, a lui infatti si deve ledificazione del primo edificio ecclesiastico locale, una chiesa probabilmente dedicata al Salvatore, ubicata dove ora sorge il Duomo. Attraverso larchitettura egli ritiene di esorcizzare i demoni pagani che albergano tra le rovine dellantica città romana, costruendo chiese e santuari laddove sorgevano gli antichi templi dedicati agli dei. Inoltre egli riveste la figura del principe-vescovo, così come i suoi contemporanei Ambrogio di Milano, Agostino dIppona e Gregorio di Tours. La sua figura austera, severa e forte si fa punto di riferimento per i suoi successori, i quali come lui si adoperano per difendere la città dai barbari, dare asilo ai profughi e riscattare i prigionieri.
Decisamente interessanti sono i sermoni redatti da Massimo, grazie ai quali ci è possibile immaginare come doveva essere la lontana societàtorinese agli albori della diffusione del Cristianesimo.
Allinterno dei testi spiccano le critiche feroci mosse dal vescovo nei confronti dei cittadini, costantemente invitati al pentimento, ad allontanarsi dai beni materiali, sovente accusati di pigrizia e venalità: della prima comunità torinese ne esce un quadro tuttaltro che edificante.
Eppure tali sono le origini di Torino.
Affondiamo le nostre arcaiche radici in una turbolenta cittadinanza ancora legata ai vecchi culti, che tuttavia con fatica e forza si è poi evoluta fino ai giorni nostri, passando per le guerre contro i barbari, la dominazione sabauda fino a Napoleone e oltre.
Complessa e stimolante è la vicenda di Torino e questo è solo linizio.

Alessia Cagnotto 

In vendita biglietti e carnet “3 Manon” al Teatro Regio

 

 

Da lunedì 25 marzo 2024 è iniziata la vendita dei biglietti al Teatro Regio per “Manon Manon Manon”, un viaggio affascinate che, per la prima volta in Italia, darà vita a una lunga soggettiva dedicata a Manon Lescaut. La vendita dei biglietti e dei carnet “3 Manon” dà la possibilità di scegliere con flessibilità le date preferite e di ottenere uno sconto del 40% rispetto alla somma dei singoli biglietti. È ancora possibile sottoscrivere l’abbonamento con data e posto fisso, che permetterà di godere dello sconto del 40% rispetto alla somma dei singoli biglietti. In questo modo si potrà assistere alle date del turno prescelto dal proprio posto preferito. Sia per l’acquisto degli abbonamenti, sia per il carnet “3 Manon”, è possibile scegliere il pagamento rateizzato. Dal primo al 29 ottobre 2024 il Teatro Regio presenterà infatti “Manon Manon Manon”, un viaggio intorno alla giovane protagonista del romanzo dell’abate Prévost che, a partire dal successo riscosso a metà Settecento, ha ispirato ben tre compositori: Daniel Auber, che ha dato vita a Manon Lescaut nel 1856, Jules Massenet, che compose la sua Manon nel 1884 e Giacomo Puccini, che raggiunse il suo primo grande trionfo con Manon Lescaut nel 1893. Si tratta di tre opere autonome ma complementari. Tra i direttori d’orchestra, tre interpreti per una protagonista unica, tre diversi cast per un inedito trittico, con 21 recite in un mese. Una vera e propria sfida artistica e produttiva capace di mettere in luce le forze del Teatro Regio, nella lettura del regista Arnaud Bernard.

 

Teatro Regio, Piazza Castello 215, Torino

biglietteria@teatroregio.torino.it

011 8815241

 

Mara Martellotta

Cena in giallo con ospite letterario

Un personaggio di fantasia ha preso vita venerdì sera scorso, il 22 marzo, presso l’Unione Industriali, a Torino.

Saverio Grave, protagonista della serie di gialli firmati da Laura Graziano, era presente come relatore alla “Cena in giallo” durante la quale si è parlato del secondo libro della serie: “Saverio Grave – Delitto al buio”, edito da Lisianthus Editore.

L’evento si è svolto nell’elegante cornice delle sale Settecentesche di Palazzo Marone Cinzano, sede di Unione Industriali. Dopo l’aperitivo di benvenuto, durante la cena, proprio mentre Grave parlava al pubblico della sua vita da personaggio letterario, è avvenuto un omicidio. Il magnate dell’Immobiliare Augusto Tritaballe è morto avvelenato. Al suo tavolo, erano presenti la moglie Sonia Scapece, il fratello Giuseppe Tritaballe e il socio in affari Filippo Porcini Giunti.

Saverio Grave si è subito adoperato per scovare il colpevole, coadiuvato dai tutti i presenti che hanno contribuito a interrogare i sospettati e a formulare teorie. Gli indizi sono stati sapientemente distribuiti durante le varie fasi della serata, dall’aperitivo, al momento della portata principale, scanditi dalle note di pianoforte del musicista e compositore Cesare Teghillo che ha accompagnato la serata tra musiche originali, sinfonie classiche e colonne sonore di film e serie TV.

L’evento è stato organizzato dall’Associazione APS Artist’s Life, la cui presidente Rossella Barresi ha introdotto la serata spiegando le regole del gioco e introducendo il libro a cui è stato ispirato.

Cena in giallo con Saverio Grave è stato scritto da Laura Graziano e Fabrizio Odetto, con musiche di Cesare Teghillo. Nel pubblico si nascondevano gli attori:

Fabrizio Odetto – Saverio Grave

Giulia Cearini – Sonia Scapece

Elia De Nittis – Augusto Tritaballe

Massimo Rossebastiano – Giuseppe Tiraballe.

Durante la serata i partecipanti hanno ricevuto il primo libro della serie, Saverio Grave – Delitto sulla terra rossa e hanno potuto acquistare il secondo, Saverio Grave – Delitto al buio.

Un evento appassionante e divertente in una cornice storica che ha coinvolto aspiranti investigatori di tutte le età, con un protagonista carismatico uscito come per magia dalle pagine di un libro per affascinare gli amanti del mystery e del giallo.

La serie con protagonista Saverio Grave è ambientata nelle Langhe, patrimonio UNESCO e può essere acquistata in tutti gli store online. È ordinabile in tutte le librerie.

Foto di Toni Spagone.

Mara Martellotta

La grande stagione dell’informale è protagonista della mostra “Torino anni ’50”

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E’ ospitata al Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, curata da Francesco Poli

 

Il Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, dopo le esposizioni dedicate alla pittura dei primi trent’anni del ‘900, prosegue la propria indagine sull’arte del XX secolo prendendo in esame il periodo compreso tra il secondo dopoguerra e gli inizi degli anni ’60. All’indomani delle tragiche vicende belliche, nell’ambito di un clima di generale rinnovamento ideologico e culturale, anche nel campo delle arti figurative assistiamo in Italia a un processo accelerato di trasformazione e di apertura nei confronti delle più aggiornate tendenze internazionali, dal postcubismo all’astrattismo, fino alla stagione dell’informale risalente agli anni ’50.

La mostra, curata da Francesco Poli, concentra la sua attenzione su una fase fondamentale per il rinnovamento della scena artistica di Torino, che si apre alle tendenze internazionali, diventando uno dei centri della grande stagione dell’informale. Negli anni ’50, come in tutta Europa, anche in Italia si afferma un nuovo linguaggio di libera espressività soggettiva, che si oppone al novecentismo del ventennio precedente, e travalica l’acceso dibattito fra realismo e astrattismo geometrico dell’immediato dopoguerra.

Il ruolo di Torino in campo artistico si consolida con l’inaugurazione della nuova sede della Galleria Civica di Arte Moderna, e crescerà nei decenni successivi con l’apertura di molte importanti gallerie, tra cui Martano, Sperone, Stein, Persino e Tucceusso, del restauro del castello di Rivoli della nascita di Artissima e delle Fondazioni Sandretto Re Rebaudengo e Merz. Nel 1952 il critico francese Michel Tapié definisce questa nuova tendenza pittorica “informale”, proprio per sottolineare la frattura con l’arte precedente. L’energia del gesto, simile a quella dell’Action Painting americana e la diretta vitalità della materia pittorica, rappresentano gli aspetti principali dell’informale europeo. Torino, insieme con Milano, Roma e Venezia era destinata a diventare uno dei centri propulsivi dell’arte contemporanea, capace di trovare le proprie radici nella dinamicità delle ricerche artistiche e nell’attività espositiva di questo periodo.

Il rinnovamento culturale e l’apertura internazionale di Torino negli anni ’40 e ’50 sono stati segnati da importanti eventi espositivi: “Arte francese d’oggi” (1947); “Arte italiana d’oggi. Premio Torino” (1947), organizzato da Mastroianni, Moreni e Spazzapan a Palazzo Madama; la mostra dell’Art Club all’Unione Culturale nel 1949, con 280 autori italiani e stranieri; la serie di sette rassegne “Italia-Francia” curate da Carluccio e altri critici alla Promotrice di Belle Arti nel decennio 1951-1961. Nel 1959 Michel Tapié curava la mostra “Arte Nuova. Esposizione internazionale di pittura e scultura” insieme a Luciano Pistoi e Angelo Dragone al Circolo degli Artisti, momento culminante della stagione informale. Sempre Tapié curò nel 1962, alla Promotrice, l’esposizione “Incontro a Torino. Pittori d’America, d’Europa e del Giappone”.

Nell’esposizione del 1959 al Circolo degli Artisti, accanto ai più famosi artisti dell’Action Painting e dell’informale, tra cui Pollock, De Kooning, Kline, Tapié, Fautrier, Wols, il gruppo Gutai, Fontana, Burri, Vedova, accompagnano anche esponenti torinesi quali Spazzapan, Rambaudi, Cherchi, Assetto, Garelli e Carena. Di straordinaria vivacità è l’avventura d’avanguardia del Laboratorio Sperimentale di Alba, per una Bauhaus immaginata (1955-1957) e dell’Internazionale Situazionista (1957-1960), fondato da Pinot Gallizio, Piero Simondo e Asger Jorn. Sempre ad Alba si sarebbe tenuto nel 1956 il primo Congresso degli artisti liberi, a cui partecipò anche il filosofia, scrittore, cineasta francese Guy Debord. Lavori di Jorn, Constant, Gallizio, Simondo, Rada, Kotic, Wolman e Garelli furono esposti in una mostra al Politeama Corino.

Diverse sono state le gallerie torinesi che hanno svolto un ruolo cruciale nel sostenere gli artisti emergenti o affermati in quel periodo. Alla galleria Bussola, diretta dal critico Luigi Carluccio, oltre a maestri delle avanguardie storiche come Klee, Kandinskj e Braque, espongono Umberto Mastroianni, Mattia Moreni, Luigi Spazzapan, Franco Garelli e giovani artisti quali Francesco Casorati, Mauro Chessa, Francesco Tabusso, Nino Aimone e in particolare Piero Ruggeri, Sergio Saroni e Giacomo Soffiantino, che costituiscono il gruppo di punta dell’informale torinese, collegato agli “ultimi naturalisti”, secondo la teorizzazione del critico Francesco Arcangeli.

Nel percorso espositivo si trovano oltre settanta opere di una cinquantina di artisti italiani e stranieri. Tra i pittori e gli scultori attivi nell’ambito torinese ci sono gli astrattisti del MAC (tra cui Albino Galvano, Filippo Scroppo, Carol Rama, Paola Levi Montalcini), e i protagonisti dell’informale come Luigi Spazzapan, Umberto Mastroianni, Mattia Moreni, Piero Ruggeri, Sergio Saroni, Giacomo Soffiantino, Mario Merz, Pinot Gallizio e Piero Simondo.

L’ampia selezione di artisti a livello internazionale e che espongono in quegli anni a Torino, e che sono presenti in mostra, comprende grandi nomi come Lucio Fontana, Afro, Giuseppe Capogrossi, Alberto Burri, Emilio Vedova, Gillo Dorfles, Jean Fautrier, Pierre Soulages, Georges Mathieu, Hans Hartung, Anthony Tapié, Jean Paul Riopelle, Asger Jorn, Pierre Alechinsy, Karel Appel, Imaï e Onishi.

La mostra, che si inaugura martedì 26 marzo dalle 18 alle 21, sarà aperta dal 27 marzo fino al primo settembre 2024.

Museo di Arti Decorative Accorsi-Ometto, Via Po 55, Torino

 

Mara Martellotta

“L’Incidente” di Garau al cinema Massimo

Dopo successi internazionali, ‘L’Incidente’ di Garau approda trionfante nella città da cui è partito. Grande affluenza al cinema Massimo per la chiusura del Glocal Film Festival

Una folla entusiasta ha riempito la sala del Cinema Massimo ieri sera per la chiusura del Glocal Film Festival, dove è stato proiettato il film “L’Incidente” di Giuseppe Garau. Sebbene il nome del regista sia ancora poco conosciuto per molti, il suo lavoro ha attirato l’attenzione sia della critica che del pubblico internazionale.

Giuseppe Garau, un regista e produttore sassarese trapiantato a Torino da oltre vent’anni, ha catturato l’attenzione con la sua opera prima, “L’Incidente”. Questo film, un mix di arte e realismo, offre una storia drammatica narrata con una sottile ironia e una cura impressionante per l’immagine e i dettagli. Girato in pellicola 16 mm, il film omaggia il passato e le origini di Garau, mentre offre al pubblico un’esperienza cinematografica avvincente ambientata interamente nella nostra Torino.

Dopo aver ottenuto successo in festival come il Lucca Film Festival e Kiev, “L’Incidente” è stato selezionato per lo Slamdance, un festival cinematografico statunitense dedicato ai registi esordienti. Questa selezione ha confermato il talento di Garau, portandolo alla ribalta internazionale, inserendo il suo film tra i vincitori, accanto a nomi illustri come Christopher Nolan. Il film ha poi conquistato il pubblico anche al di là delle frontiere americane, ottenendo riconoscimenti anche in Canada, al Pendance 2024.

Per Garau, questo successo non è soltanto personale ma rappresenta anche un trionfo per l’intera troupe e il cast del film. Molte delle persone coinvolte nel progetto erano presenti in sala durante la proiezione al Cinema Massimo, dimostrando una forte coesione e un legame duraturo nato durante le riprese. Anche a distanza di oltre 18 mesi, il regista e il suo team rimangono uniti attraverso un gruppo WhatsApp, condividendo costantemente le gioie e i successi di questo viaggio artistico.

Con “L’Incidente”, Giuseppe Garau ha dimostrato di essere un talento emergente nel panorama cinematografico internazionale, e la sua storia di successo è solo all’inizio. Dopo il sold out al Cinema Massimo, il film è destinato a brillare anche nelle sale italiane prima di fare il suo debutto in un concorso a Parigi.

Rock Jazz e dintorni a Torino: i Led Zeppelin, Stefano Bollani e Pino Scotto

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Gli appuntamenti musicali della settimana

Lunedì. Per tre giorni, a partire da oggi, arriva nei cinema la versione restaurata del celeberrimo film concerto dei Led Zeppelin “The Song Remains the Same”.

Martedì. Al Blah Blah i metallari, da Chicago, Enuff Z’Nuff.

Mercoledì. Al Mao microfoni per la musica degli artisti palestinesi Maya Al Khaldi e Sarouna. All’Osteria Rabezzana il quintetto del sassofonista jazz Claudio Bonadè; all’Audiodrome di Moncalieri il metal dal nord Europa con i norvegesi Taake, seguiti on stage dagli svedesi Nordjevel e poi dai viennesi Theoxotin.

Giovedì. Al Blah Blah il rock psichedelico dei tedeschi Vibravoid; il cantautore Daniele Celona sul palco dei Magazzini sul Po; al Cafè Neruda la performance, al suo fedele organo Hammond, di Alberto Marsico.

Venerdì. Stefano Bollani, alla testa del suo Danish Trio, è la stella della serata, per la “Saison Culturelle”, al Courmayeur Cinema; al Diavolo Rosso di Asti, invece, la sonorizzazione del capolavoro “Nosferatu” di Murnau da parte dei bolognesi Earthset. All’Osteria Rabezzana di Torino la cantante e pianista statunitense Irene Robbins accompagnata, al basso, dal connazionale Vonn Washington; al Magazzino sul Po la musica “avant-garde” con l’Ensemble Bruitisme che ospita il noto percussionista californiano Gino Robair.

Sabato. Lo Ziggy accende le sue luci su Pino Scotto, leggenda vivente dell’hard rock nazionale. Gli Statuto si esibiscono al Diavolo Rosso di Asti.

Domenica. Il tradizionale silenzio della giornata di Pasqua è interrotto dall’apertura del party itinerante “Luovo”, che inizia al Magazzino sul Po, con vari deejay nostrani tra cui Andrea Passenger, Angie BacktoMono, Gambo, Lollino e Yashin, l’olandese San Proper.

Pier Luigi Fuggetta

Micaelica©, Valentina Gigante rivisita i santuari dell’arcangelo Michele

Valentina Gigante, artista veneziana d’origine, dai molti interessi e dalle molte sfaccettature – curioso il suo sito, che contempla esclusivamente, se abbiamo visto bene, la lingua inglese e che allinea ai quattro venti gli sberleffi della Marilyn warholiana o quelli della ragazza di Vermeer, le sette spade che trafiggono il cuore di Maria, le modernizzazioni di Biancaneve e Cenerentola ragazze sfacciate, la donna musulmana con la testa agghindata dalla corona della Statua della Libertà americana, gli eccessi dei selfie: tutto rigorosamente in chiave pop, moderna e coloratissima -, ormai un ampio profilo, ha tenuto nel 2006 la sua prima personale in Australia, partecipando in seguito a collettive e progetti internazionali, tra i quali, nel 2019, “Artem Organizational Creativity and Sustainability” in Germania. È ospite in questi giorni (lo rimarrà sino al 31 marzo, ma non è detto che la piccola mostra non continui: visite dal martedì al giovedì dalle 10 alle 18 e sabato, sempre previa prenotazione – esperienze@fioredentro.com) del LOFT5 di via Pralungo a Torino, dando vita ad un’idea di Mariachiara Martina, imprenditrice impegnata nella valorizzazione del Made in Italy e nel patrimonio culturale e artistico italiano attraverso il marchio torinese Fioredentro™.

“Micaelica©. Sulla via di San Michele Arcangelo e i suoi santuari” s’intitola la mostra che “vuole essere, al contempo, esposizione artistica e momento speciale per approfondire la figura dell’Arcangelo Michele, il suo ruolo nella storia, di ieri e di oggi, e la linea sacra che vede perfettamente allineati tutti i santuari a lui dedicati, dall’Irlanda sino al Medio Oriente”, sette santuari dall’irlandese Skelling Michael alla Cornovaglia, da Mont Saint Michel alla nostra Val di Susa, dal Gargano alla greca isola di Symi per scendere al Monte Carmelo in Israele.

“L’intero progetto – dice l’artista – a partire dallo sviluppo dell’idea, a cui ho aderito senza incertezza, alla fase esecutiva, è stato per me come una lunga e profonda meditazione: ripercorrere la storia di quei luoghi mi ha dato forza e rettitudine, come se ogni opera rappresentasse un punto energetico, una tappa del valore che stavo sviluppando attraverso la mia interpretazione delle immagini e dei colori.”

Michele visto come angelo esorcista, guaritore e taumaturgo in Oriente, guerriero e difensore in Occidente allineato a Odino per far breccia nella evangelizzazione dei Longobardi, la lunga spada sguainata o riposta nel fodero: un tema che Gigante ripropone attraverso cinque belle immagini dell’Arcangelo, di piccolo formato e di diverso fondale, dall’oro all’argento al bronzeo, viste sotto differenti angolazioni, nette, quasi scolpite, riportando felicemente la memoria alla sommità di Castel Sant’Angelo o, più vicino a noi, a vicende cinquecentesche che più hanno a che fare con la nostra città, alla statua di Emanuele Filiberto del Marocchetti. Una figura di devozione che nei secoli ha trovato spazio in vari luoghi oggi visto con gusto e personalità dall’artista, attraverso la nettezza delle linee, l’importanza delle superfici e la componente smagliante e piacevolmente narrativa dei colori, un sacro “divertissement” che accompagna l’occhio di chi guarda. Un percorso pittorico, nato “sorseggiando un buon calice di vino bianco in una fredda sera invernale” sottolineano ideatrice ed esecutrice, che attraversa Storia e nazioni con questi sguardi dall’alto pronti a incorniciare tappe inserite quasi con allegria nella nostra quotidianità.

e. rb.

Nelle immagini, opere di Valentina Gigante: “San Michele”, “Mont Saint Michel” e “Sacra di San Michele”.

L’isola del libro

Rubrica settimanale a cura di Laura Goria


Michael
Cunninghan Day”  –La nave di Teseo-   euro 22,00

 

Cunningham, vincitore del Premio Pulitzer nel 1999 con “Le ore”, torna alla metafora temporale con questa storia scandita in tre date precise in cui troviamo un nucleo familiare che attraversa la pandemia del Covid.

Al centro sempre il 5 aprile, ma di tre anni che si succedono, 2019, 2020, 2021. E tre diversi momenti della giornata; mattina, pomeriggio e sera. In questo arco di tempo si muovono tre personaggi principali.

La coppia formata da Isabel e Dangenitori di Nathan e Violetche conosciamo all’inizio del libro, il 5 aprile  2019, nella loro casa a  Brooklyn. Una famiglia come tante altre, che si barcamena nel quotidiano e non è propriamente felice.

Al piano superiore vive il fratello di lei, Robbie, migliore amico di Nathan e omosessuale dichiarato, che ha appena visto naufragare la sua relazione con il fidanzato Oliver. Inoltre è in fase di trasloco per lasciare la mansarda che la sorella intende destinare a futura camera per il figlio.

Un distacco che non sarà indolore per nessuno dei protagonisti. Quando li ritroviamo l’anno dopo, Robbie è partito alla volta dell’Islanda dove resta bloccato dal lock down, lontano da tutti.

La forzata convivenza dettata dal virus incide anche sulla famiglia di Isabel, il cui fragile equilibrio è stato incrinato dalla partenza di Robbie che era il collante della famiglia. Ora in casa i rapporti affettivi si sfilacciano. La coppia si sfascia mentre i figli assistono al disastro, reagendo ognuno a modo suo per far fronte al malessere che serpeggia tra quelle mura.

Il terzo sipario si apre sempre il 5 aprile, la pandemia è superata e per molti la vita dovrebbe lentamente tornare alla normalità. Ma non sarà così per tutti…

 

 

Julius Taranto “Come ho vinto il Nobel”   -Blu Atlantide-   euro 19,00

E’ il libro di esordio di Taranto, giovane ex avvocato di Brooklyn che orchestra un romanzo intorno al dilemma morale e al “politicamente scorrettissimo” in cui ci si chiede se contino di più i risultati o come li si raggiunge.

La storia è decisamente provocatoria ed ha al centro il RIP, l’Istituto che accoglie tutti i cancellati vittime del  #Metoo in testa ai quali offre rifugio un eccentrico miliardario che ricorda tanto Elon Musk. EBw Rubin, ed ospita personaggi messi all’indice dalla società in una torre di 40 piani a forma fallica, dal cui attico si vede il tempio accademico di Yale.

Protagonista è Helen, brillante scienziata che conduce studi sperimentali di fisica sui superconduttori, a un passo da una scoperta rivoluzionaria e risolutiva per scongiurare la catastrofe climatica.

Suo mentore è il Premio Nobel Perry Smoot finito al centro di uno scandalo sessuale che lo ha spedito nella lista dei “cancellati”. A questo reietto della società l’ancora di salvezza viene offerta da Rubin che lo accoglie al RIP.

Helen decide di seguirlo e si trascina dietro pure il marito Hew.

Il seguito della trama irriverente è quello che accadrà nell’istituto dove ogni divieto è abolito, ci sono libertà di ricerca e di condotta individuale. Al RIP quasi nulla è vietato o considerato inappropriato; gli ospiti se la spassano alla grande, i professori possono imbastire relazioni con gli studenti e fare quello che vogliono.

Grazie alla sua immensa ricchezza il miliardario finanzia le ricerche dei reietti e scopriremo se è mosso da alti ideali e filantropia, oppure è solo un astuto affarista che dell’umanità se ne infischia altamente.

 

 

Liza Ginzburg    “Una piuma nascosta”   -Rizzoli-  euro 18,00

Ha più piani di lettura questo romanzo: storia di due solitudini che si intendono, la difficoltà di crescere, gli spigoli dell’adozione, le incomprensioni all’interno della famiglia, il ritrovarsi dopo anni e scoprire l’indissolubilità di legami antichi e sopravvissuti al tempo. Tutto narrato con la sensibilità e la scrittura profonda della nipote di Natalia Ginzburg.

Due i personaggi principali che per un periodo camminano un po’ insieme, poi si perdono e finiranno per ritrovarsi.

Lui è Tan, lo conosciamo quando ha 11anni, arriva da unorfanotrofio della Moldavia e viene adottato dai ricchi Manera che vivono nella splendida tenuta la Quercetana. Tan ha un passatodifficile, tanta rabbia in corpo, è ribelle, dolorosamente estraneo alla nuova agiata realtà che lo circonda e alla vita che lo attende.  Il suo rifugio è un’ostinata solitudine.

Chi riesce a capirlo meglio di tutti è Rosa, la figlia dei custodi della villa, che poco a poco fa breccia nei suoi silenzi. Con lui condivide spazi verdi ed entrambi conoscono i turbamenti dell’anima che comporta la fatica di crescere. Il loro è un legame affettivo profondo, fatto di giochi, amore per un linguaggio e un gergo che è solo loro. Poi c’è la buca profonda che Tan ha scavato in giardino ed elegge a luogo privatissimo, nel quale l’unica a poter entrare è Rosa per dividere tempo e pensieri con lui.

Tra le righe ci sono anche i rapporti dei due ragazzi con le loro famiglie, di estrazione diversa, ma molto legate. Rosa adora la colta e sensibile madre di lui, Tan invece apprezza la semplicità dei custodi. Poi la vita traccerà le distanze.

Tan e Rosa si ritroveranno molti anni dopo, ormai 30enni;  lui ha solcato il mondo alla ricerca di sé, lei è una dottoressa concentrata sul suo lavoro. E sarà un nuovo incontro carico di significato……-

 

Sally Bayley   “The Green lady”   -Edizioni Clichy–   euro 19,50

E’ l’ultimo capitolo della trilogia che l’autrice inglese dedica ai «libri che salvano la vita». Imbastisce una sorta di memoir che ripercorre il percorso da infanzia a età adulta, nel quale è importante il rimando alle sue antenate. Come la sua lontana parente Edna May Turner, spirito che insegna ad amare la natura ed ha uno sguardo poetico sul creato. Poi altre figure femminili che appartengono alla storia. Tutte le hanno insegnato l’amore per le parole e la natura.

La Bayley, con uno stile che travalica i generi letterari, racconta di sé tornando anche sulle orme dei suoi avi, insegnanti e spiriti guida, in una carrellata di personaggi. E ci svela come ha imparato ad amare natura, pioggia, sole, mare e spiaggia.

Compaiono, una dopo l’altra, donne che hanno attraversato la storia; come la suffragetta Mary Neal, l’attrice Margaret Rutherford e la poetessa Stevie Smith. E ci sono pagine bellissime anche sul pittore della luce Joseph  Mallord William Turner. Storia di un’educazione  artistica che non lascia indifferenti.

 

Le torinesi ribelli. Diciannove storie per ricordarle

A cura di Loredana CELLA

Prefazione di Silvia GARBARINO

Diciannove racconti che danno voce ad una galleria di torinesi “ribelli”: protagoniste più o meno conosciute che hanno superato convenzioni, luoghi comuni e discriminazioni per affermare la loro autonomia di pensiero e di azione.

Un libro che è al tempo stesso antologia e romanzo, reale e immaginifico. Ritratti di donne capaci e caparbie, che apparentemente nulla hanno da condividere se non il fatto di essere libere nel bene e nel male, nel giusto e nell’errore.

Troviamo le storie delle Tabacchine della Manifattura Tabacchi, che con le loro battaglie hanno segnato una nuova cultura del lavoro, e delle Caterinette, le giovani sartine o modiste, molto numerose quando Torino era la capitale della moda italiana e chiamate così perché in Francia le apprendiste sarte avevano scelto come patrona santa Caterina di Alessandria (il racconto trae spunto dalla triste vicenda di Mariuccia Ferrero, morta a 16 anni dopo essere rimasta ustionata nell’incendio dell’atelier in cui lavorava: possedeva un canarino di nome Ciribiribin, che divenne una canzone che fece il giro del mondo)

Nobildonne come la regina senza corona Adelaide di Susa, che ebbe un ruolo fondamentale in una delle vicende della Lotta per le Investiture, accompagnando Enrico IV dal Moncenisio a Canossa(era il gennaio del 1077), e la madama reale Maria Giovanna Battista di Savoia Nemours, denigrata come donna ambiziosa e amante del potere, madre senza amore, spendacciona e scialacquatrice amante lasciva, ma che in realtà seppe preservare il regno da guerre sanguinose.

Donne che sono state pioniere nei loro campi, come Maria Velleda Farnè, la prima donna a laurearsi in medicina all’Università di Torino e la seconda in Italia (era il 1878), unica donna presente con un suo ritratto marmoreo nel palazzo del rettorato dell’Università di Torino; Alessandra Re Boarelli, detta Nina, nobildonna borghese che nella seconda metà dell’Ottocento sfidò convenzioni e pregiudizi e scalò il Monviso nell’agosto del 1864, prima alpinista italiana; la la “signora al volante” Ernestina Prola Macchia, prima donna a prendere la “licenza per guidare” nel 1907; Ada “Sayonara” Pace, unica donna a correre in macchina negli anni Cinquanta, vincendo e infischiandosene delle invidie (vinse, tra le altre corse, la Torino-Sanremo nel 1951, il Rally di Sestriere nel ’59, la Targa Florio nel ’60. Nello stesso anno vinse la Coppa d’Oro Aci Modena e il secondo e terzo classificato disertarono la premiazione per non salire sul podio dietro a una donna); Lidia Poët, che si laureò nel 1881 in Giurisprudenza a pieni voti e che nel 1883 divenne la prima donna italiana “ammessa all’avvocatura; Camilla Ravera, prima donna a diventare segretaria di un partito politico (il PCdI nel 1927) edonna nominata senatrice a vita nel 1982.

Artiste come la pittrice Evangelina Gemma Alciati, prima donna ammessa all’Accademia Albertina, una vita passata a rompere catene; la scandalosa Carol Rama, Leone d’oro alla carriera a Venezia nel 2003; la traduttrice e talent scout Fernanda Pivano, che ebbe un ruolo fondamentale nel far conoscere la letteratura d’oltreoceano (nel libro si raccontano i suoi difficili esordi durante il fascismo a causa delle traduzioni di autori considerati scomodi); il Trio Lescano (le tre sorelle Alexandrina, Judith e Katharina Leschan), i cui scanzonati motivetti segnarono un’epoca della canzone italiana rimanendo nell’immaginario collettivononostante una carriera molto breve; la soubrette Isa Bluette, al secolo Teresa Ferrero, star dell’operetta e della rivista negli anni Venti e Trenta.

E poi il Premio Nobel Rita Levi Montalcini; Ada Prospero, staffetta partigiana, medaglia d’argento al Valor Militare, vicesindaco di Torino, cofondatrice dell’Anpi e moglie di Piero Gobetti; Helen Konig Scavini, soprannominata Lencina, fondatrice nel 1919 della prestigiosa fabbrica Lenci.

Il volume si chiude con una ribelle dei nostri giorni, la “ragazza del fiume” Elisabetta Brugo, campionessa di canottaggio, insegnante e allenatrice.

 

Sono molte le donne che hanno contribuito a costruire la Storia di Torino. Alcune si sono trovate eccezionalmente in posizioni di potere e hanno saputo determinando il futuro della loro città. Ma tante battaglie sono state condotte in famiglia o in società, per difendere le proprie scelte personali contro il pregiudizio o un ordine costituito, per uscire dai ruoli attribuiti dalla tradizione, per essere libere di seguire la propria vocazione, per affermare se stesse, aprendo la strada che altre donne hanno percorso dopo di loro. È così che hanno dato una svolta non solo alla loro vita, ma alla storia. Gli autori e le autrici di queste pagine ne restituiscono, ciascuno con il proprio stile, la vitalità, il coraggio, la determinazione che ha permesso loro di affermare diritti e desideri oltre ogni difficoltà, e di diventare oggi un esempio da non dimenticare

A cura di Loredana Cella

Racconti di:

Athena Barbera, Bruna Bertolo, Graziella Bonansea, Loredana Cella, Monica Cerutti, Graziella Costanzo, Silvia De Francia, Aurora Frola, Dario Lessa, Antonella Manduca, Ezio Marinoni, Eva Monti, Patrizia Monzeglio, Eros Pessina, Laura Pompeo, Franca Rizzi Martini, Elena Rossi, Caterina Schiavon, Alessandra Zanettini.

Schede biografiche delle protagoniste a cura di Cinzia Ballesio.

Prefazioni di Silvia Garbarino, giornalista e Segretaria dell’Associazione Stampa Subalpina, e di Ornella Toselli,Presidente della Consulta Femminile della Regione Piemonte.

Copertina di Giovanna Binello

I diritti d’autore saranno devoluti a International Help onlus a sostegno delle sue attività.

160 pagine – € 16,00

www.neosedizioni.it

“Riparare bambole” … per farne immagine positiva di un mondo nuovo

E’ “LastanzadiGreta”, impegnata band torinese, a vincere il Concorso Arci Torino “Risuona la Resistenza”

Domenica 24 marzo la premiazione

Carmagnola (Torino)

“Riparare, ricucire, ricomporre – per salvare e ricordare. Il giorno dopo della guerra, in una Torino liberata dai partigiani che da piazza Statuto percorrono via Garibaldi verso il centro della città proprio questo si tratta di fare, non appena finita la festa. Di rimettere insieme, con cura e dedizione, i pezzi: delle bambole e dei giocattoli rotti come delle vite, dei ricordi come della verità storica. ‘Riparare bambole’ è un breve viaggio visionario in 4 minuti, con l’auspicio che dai frammenti della violenza passata si salvi la memoria del bene che è stato fatto”.

Questo il messaggio forte che ci lasciano, con parole ricche di speranza e sincerità, i componenti, tutti baffuti e barbuti, della band torinese (nata nel 2009) “LastanzadiGreta” (tutto attaccato) vincitrice della prima edizione del Concorso “Risuona la Resistenza” finanziato dalla “Regione Piemonte” e promosso da “Arci Torino” in collaborazione con le associazioni “Arci Gamma Music Institute”, “Circolo Margot e Dewrec” e la “Fondazione Istituto Piemontese Gramsci”. Il contest musicale, rivolto a musicisti under 40, era nato per celebrare con nuove canzoni e musiche il Sessantennale del “Concerto per la Resistenza” che si svolse al “Teatro Gobetti” di Torino il 14 novembre del 1964: “Risuona la Resistenza” chiedeva proprio ai musicisti di “comporre una canzone che riflettesse i valori della Resistenza e dell’antifascismo”, utilizzando almeno uno o più campioni musicali originali di quel celebre  concerto disponibili sulla piattaforma risuonalaresistenza.it.

Titolo emblematico (e il perché ce l’hanno spiegato, più sopra, gli stessi musicisti) del brano vincitore “Riparare bambole”, realizzato ed eseguito da “LastanzadiGreta”, (già vincitrice nel 2017, con “Creature selvagge”, della “Targa Tenco” per la “Miglior Opera Prima”), a cui andrà il Premio di 500 Euro. Secondo – per pochi centesimi di voto – Galante con “Ho sognato, ho creduto, ho tanto amato”, terzo DaGo con “Ora e sempre”.

La giuria – composta da Elisa Salvalaggio, presidente, Giorgio Mirto, Andrea Maggiora, Edoardo Dadone, Francesco Salinas e Max Borella, nel valutare i brani, ha preso in considerazione la qualità dell’elaborazione dei campioni utilizzati, l’aderenza ai temi dell’antifascismo e della Resistenza e la qualità generale degli elaborati. Graduatoria o meno, tutti e 15 i brani in concorso sono stati di grandissima qualità – spiegano i giurati – e molto vari nelle interpretazioni di quelle che erano le richieste del concorso; si va infatti dalla musica elettronica al folk, passando dal post rock al ‘rp’, fino al cantato pop.

Molti i concorrenti piemontesi e di Torino, con altri arrivati da Roma, Pesaro-Urbino e Como.

Domenica 24 marzo, alle 19,30, al “Circolo Margot” di Carmagnola, in via Donizetti 23, ci sarà la premiazione: in programma, un talk di Elisa Salvalaggio, etnomusicologa e presidente di giuria, e Max Borella (Arci Torino), con aperitivo. Durante la serata verranno proposti i brani e si parlerà di “musica e Resistenza”.

g.m.

Nelle foto:

–       La Band vincitrice “LastanzadiGreta”

–       “Riparare bambole”