CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 868

L’Europa vista con gli occhi dei bambini

Iniziativa promossa dalla Consulta regionale europea, in collaborazione con l’Accademia dei Folli di Torino

 

europuzzle BOETISi è conclusa, con lo spettacolo “L’Europa vista con i nostri occhi”, la seconda edizione di “Europuzzle”, iniziativa promossa dalla Consulta regionale europea, in collaborazione con l’Accademia dei Folli di Torino. Il progetto didattico e culturale, dedicato alle classi quarta e quinta elementare di dieci scuole torinesi, ha raggiunto l’obiettivo di eliminare idealmente barriere e confini, coinvolgendo 250 bambini in uno spettacolo teatrale in cui è stata dipinta una galleria di ritratti dell’Europa. “È stato un buon lavoro – ha dichiarato Nino Boeti, vicepresidente del Consiglio regionale – quello svolto dagli attori e insegnanti dell’Accademia. È necessario cominciare a parlare di Europa ai nostri ragazzi fin da piccoli, per far maturare speranze e progetti condivisi di democrazia e solidarietà”. “Il sostegno della Consulta – ha sottolineato Carlo Michele Roncaglia, presidente dell’Accademia dei Folli – è stato indispensabile per la realizzazione di questo spettacolo. Mi auguro che Europuzzle, progetto gratuito per le famiglie e i ragazzi, possa continuare anche in futuro, accrescendo sempre di più la consapevolezza di un’Europa unita non solo geograficamente”. Sul palco si sono esibiti i bambini di dieci classi (IC Racconigi, IC Palmieri, IC Pacinotti, IC King, Convitto Umberto I, IC Alberti, CD Kennedy, IC Nigra) che hanno svolto laboratori teatrali su temi legati all’Europa della cultura. Uno spettacolo davvero unico, scritto dai piccoli attori al debutto e rielaborato drammaturgicamente da Emiliano Poddi, autore teatrale. Il risultato è un affresco ironico e poetico del nostro Paese in cui le lingue, la letteratura, l’arte, la cucina e la storia dell’Europa sono  filtrate dagli occhi attenti e fantasiosi di giovanissimi viaggiatori.

 

Daniela Roselli – www.cr.piemonte.it

Inchiesta sul canile di via Germagnano

canileLe indagini, portate avanti dai carabinieri, sono coordinate dal pm Sabrina Noce

 

La Procura di Torino ha aperto un’inchiesta sul raid avvenuto la settimana scorsa al canile dell’Enpa in via Germagnano, alla periferia della città. Il fascicolo, per furto e devastazione, è al momento contro ignoti. Le indagini, portate avanti dai carabinieri, sono coordinate dal pm Sabrina Noce. L’episodio ha innescato diverse polemiche anche perché i volontari hanno detto che i responsabili arriverebbero dal vicino campo nomadi. Per mercoledì 27 nella zona è stata annunciata una fiaccolata organizzata da Fratelli d’Italia. “L’Esercito? Sarebbe molto meglio che mandassero le ruspe”, ha rincarato la dose il leader della Lega Nord, Matteo Salvini, sulla decisione di rafforzare anche con pattuglie delle forze armate la vigilanza e i controlli nella zona della struttura colpita dai raid. Salvini, oggi a Valenza, in provincia di Alessandria, per un comizio in sostegno del candidato sindaco del Carroccio Maurizio Oddone, ha rivelato di essere passato da Torino: “Mi sono fermato per fare alcune foto. Non si sa chi sia stato, ma guarda caso il canile si trova accanto a un campo rom. E c’è qualcuno che dice che i nomadi si dovrebbero estendere anche su quel terreno. In prefettura a Torino pare abbiano prospettato l’intervento dell’esercito per proteggere i cani. Io penso che sarebbe molto meglio che mandassero le ruspe per cacciare i rom e lasciare che i cani si difendano da soli”

 

(www.nelcuore.org)

Passaggio di testimone al Forte di Exilles

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Il nuovo corso del Forte verrà ora tracciato dal bando lanciato dalla Regione Piemonte nei mesi scorsi, finalizzato a raccogliere idee progettuali di utilizzo e valorizzazione del sito, impostato con la formula della “manifestazione d’interesse”

 

Dopo vent’anni di reciproca e proficua collaborazione fra Regione Piemonte e Museo Nazionale della Montagna – CAI-Torino, il Forte di Exilles cambia il proprio indirizzo gestionale e si rende oggi opportuno offrire un chiarimento della situazione in atto, anche a fronte delle informazioni frammentarie circolate. Dopo un lungo cammino che ha visto i due enti lavorare congiuntamente e in piena coesione decisionale al recupero e alla valorizzazione del Forte, coordinandosi e operando in sinergia col territorio, la struttura giunge a una svolta e l’attuale gestore passa il testimone. In termini generali, la riorganizzazione delle politiche regionali di questi ultimi anni, condizionata in particolare dal ridursi delle disponibilità economiche delle pubbliche amministrazioni, ha comportato un ridimensionamento di progettualità finanziate integralmente dalla Regione. Una situazione che, nel caso del Forte di Exilles, rende inevitabile la prospettiva di costruire un nuovo percorso finalizzato a una maggior sostenibilità dell’edificio e al suo rilancio in un’ottica di gestione partecipata fra pubblico e privato. Un futuro quindi caratterizzato in modo decisamente minore dalla dimensione museale ed espositiva che lo ha contraddistinto fino a oggi, ma più orientato ad ambiti turistico-culturali quali l’offerta di servizi, l’accoglienza, la ricettività, l’intrattenimento ecc.

 

Una missione evidentemente del tutto diversa rispetto al compito assegnato a suo tempo al Museomontagna e fin qui egregiamente assolto, che ha sempre garantito in modo ottimale il mantenimento degli standard qualitativi di fruizione del Forte, occupandosi delle aree di visita e dei percorsi museali aggiornandoli costantemente. Un’attività di cui la Regione Piemonte è particolarmente grata al Museomontagna e ai suoi vertici, capaci non soltanto di rilanciare con manifestazioni ed eventi il Forte dopo anni di oblio, ma di garantirne quella preziosa e indispensabile attività di manutenzione quotidiana che ha permesso di conservare l’opera in modo consono al suo valore storico e architettonico.

 

Inaugurato nel 2000, a conclusione del lavoro di progettazione iniziato nel 1995, la sede distaccata al Forte del Museomontagna si è caratterizzata per un lancio della struttura espositiva, col contributo della Regione, imperniato sull’organizzazione di eventi di richiamo internazionale, con momenti di spicco quali il Concerto di Ferragosto della Rai nel 2004 o l’esibizione di artisti quali Michael Nyman o Miriam Makeba. Sforzi che hanno condotto al risultato di avere 50.000 visitatori annui, concentrati nel periodo estivo, oltre agli appassionati presenti nel più difficile inverno del Forte. Alla successiva contrazione delle disponibilità economiche regionali degli ultimi anni il Museomontagna ha risposto, facendo di necessità virtù, con la proposta di mostre low cost, provenienti da propri precedenti allestimenti nella sede del Monte dei Cappuccini o da quelli offerti dal Museo Regionale di Scienze Naturali, così come con l’organizzazione di concerti e manifestazioni di minor impatto, giungendo fino alla scelta della chiusura invernale.

 

Il nuovo corso del Forte verrà ora tracciato dal bando lanciato dalla Regione Piemonte nei mesi scorsi, finalizzato a raccogliere idee progettuali di utilizzo e valorizzazione del sito, impostato con la formula della “manifestazione d’interesse”. La selezione delle 5 proposte pervenute non determinerà la realizzazione di un intervento specifico, ma individuerà le ipotesi di possibili destinazioni dell’edificio e delle sue aree, in base a cui si andrà successivamente a mettere a gara la sua concessione in uso e le attività connesse. Un affidamento che dovrà essere caratterizzato da un modello economicamente sostenibile, volto a creare un luogo attrattivo dal punto di vista turistico, capace di rappresentare un punto di riferimento non solo simbolico per la Valle. Allo stato attuale, le installazioni scenografiche e le collezioni esposte, progettate dal Museomontagna,  saranno mantenute visitabili, in attesa della futura destinazione del sito, come convenuto fra la direzione del Museo stesso e l’Assessore alla cultura della Regione Piemonte. Al contempo è in corso la complessa procedura di dismissione, propedeutica all’avvio del nuovo percorso gestionale, in continuità con la storia degli ultimi vent’anni del Forte.

 

Ufficio comunicazione dell’Assessore alla cultura e turismo Regione Piemonte/Ufficio stampa e pubbliche relazioni Museo Nazionale della Montagna

“Donne che scrivono di uomini” al castello di Miradolo

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Relatore è Guido Davico Bonino, capo ufficio stampa della casa editrice Einaudi, docente universiatrio, critico teatrale

 

A partire dal 28 maggiola Fondazione Cosso ospita al Castello di Miradolo a San Secondo di Pinerolo la rassegna letteraria “Donne che scrivono di uomini” , che si articolerà per 3 giovedì consecutivi alle ore 18. “Donne che scrivono di uomini” relatore è Guido Davico Bonino, capo ufficio stampa della casa editrice Einaudi, docente universiatrio, critico teatrale direttore, all’inizio degli anni Duemila, dell’Istituto di cultura italiana a Parigi. Davico Bonino percorrerà, con l’ausilio di qualche lettura dal vivo, l’itinerario civile, culturale e letterario di tre grandi scrittrici italiane legate al Piemonte. Si inizia il 28 maggio con Lalla Romano, per proseguire il 4 giugno con Elsa Morante e chiudere l’11 giugno con Natalia Ginzburg.

Massimo Iaretti

I cani di via Germagnano infiammano la politica sotto la Mole

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Pochi ma agguerriti manifestanti padani hanno esposto striscioni con la scritta: “Siamo con gli animali e contro le bestie”. Il sindaco Piero Fassino ha stigmatizzato la devastazione del canile

 

La vicenda indegna dell’ennesimo attacco al canile di via Germagnano, che ha provocato la devastazione dei locali e la fuga di alcuni animali (poi recuperati) ha agitato le acque della politica torinese. La manifestazione leghista nei pressi del campo rom, da cui è partito l’attacco al canile dell’Enpa, non ha visto la presenza di una ruspa in stile salviniano, come era stato annunciato in precedenza. Pochi ma agguerriti manifestanti padani hanno esposto striscioni con la scritta: “Siamo con gli animali e contro le bestie”. “Volevamo presentarci con una ruspa, ma la questura ci ha fermati per motivi di ordine pubblico. In maniera responsabile ed intelligente, abbiamo, quindi, fatto un passo indietro. E’ stato chiaramente uno stop politico, dato che la ruspa è il simbolo della chiusura definitiva dei campi rom. La nostra battaglia, però, non si fermerà. Il prossimo anno, quando governeremo Torino, manderemo non una, ma cinquanta ruspe in ogni insediamento. I campi nomadi vanno chiusi e gli zingari vanno mandati via dalla nostra Città”: Così Fabrizio Ricca, capogruppo della Lega Nord in Sala Rossa, e Stefano Allasia, deputato torinese del Carroccio, a margine della manifestazione leghista di questa mattina davanti al canile dell’Enpa in Via Germagnano, distrutto dai rom del vicino campo.

 

Il sindaco Piero Fassino ha stigmatizzato la devastazione del canile, assicurando che il Comune aiuterà l’ente animalista a proseguire le pproprie attività.Altre reazioni politiche: <<Come temevamo la ruspa leghista è rimasta nel box … non importa, mercoledì sera in piazza scenderà l’indignazione della cittadinanza contro l’arroganza degli zingari che vogliono trasformare via Germagnano in terra di nessuno: con la mobilitazione popolare che ci aspettiamo dovranno capire che i torinesi e gli amanti degli animali non si fanno intimidire. Devono essere i campi rom a chiudere non i canili!>> afferma Maurizio Marrone, Capogruppo di Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale in Comune di Torino e Regione Piemonte a proposito del saccheggio rom contro il canile Enpa a Torino nord, annunciando <<La fiaccolata di mercoledì sera in via Germagnano davanti ai campi è confermata e regolarmente comunicata alla Questura che non ha emesso alcun divieto. Un servizio d’ordine garantirà il civile svolgimento insieme alle FdO, escludendo qualsiasi paragone calunnioso con l’incendio della Continassa, che peraltro vedeva presente il Pd e non FdI. Ma un messaggio arriverà chiaro agli zingari: Torino non li vuole, la pazienza è finita!>>. 

 

“Di fronte all’inaccettabile devastazione dell’ambulatorio dell’Enpa di via Germagnano,  nell’esprimere la nostra solidarietà ai volontari, con l’impegno a non lasciarli soli nella ricostruzione, – scrive in un comunicato la segreteria provinciale di Sel – non possiamo che tornare a prendere atto che è in costante aumento il disagio sociale, che si esprime violentemente non soltanto nelle periferie più degradate, ma anche nei luoghi che le istituzioni hanno in qualche modo abbandonato. Appare ormai non più rinviabile un intervento strutturato da parte di Comune e Stato, che tenga insieme il contrasto alla criminalità e all’illegalità e la prospettiva di ridare dignità, decoro e speranza di normalità alle comunità rom.E’ indispensabile infatti tenere ben separati i piani tra legalità e illegalità, – prosegue Sel -evitando in tutti i modi che prenda il sopravvento il sentimento razzista, ormai strutturato e sempre pronto a scatenarsi preventivamente, prima ancora dell’identificazione del colpevole. A pagare le conseguenze di un gesto criminale sia chi effettivamente lo ha compiuto, non una intera etnìa.Per questo, se da un lato possiamo comprendere le durissime parole dell’ENPA, dall’altro non possiamo che respingere con altrettanta durezza le accuse generiche a una intera comunità, nonché i violenti commenti di stampo nazista e incitanti all’odio razziale che in queste ore si sono moltiplicati sui social media.Chiediamo invece che queste problematiche siano affrontate subito e con chiarezza dalle istituzioni, nel rispetto della dignità e dei diritti di ognuno”.

 

Il diritto dei nonni a vedere i nipoti

vecchi anziani

rossi avvUna questione culturale prima ancora che normativa

 

La sentenza della Corte di Strasburgo, che ha condannato l’Italia per aver tutelato in ritardo il diritto di due nonni di Torino e dei loro nipoti a mantenere rapporti significativi, è particolarmente importante. In Italia dal 7 febbraio 2014 è entrato in vigore il decreto legislativo 154/2013 (in attuazione della delega contenuta all’articolo 2 della legge 10 dicembre 2012, n. 219), con cui si è portata a compimento la più radicale modifica del diritto di famiglia successiva alla legge 19 maggio 1975, n. 151. Questa riforma ha riconosciuto, tra l’altro, il diritto autonomo dei nonni di promuovere azioni legali per salvaguardare il rapporto con i nipoti.

 

Questa legge in Italia purtroppo non sempre viene applicata e i nonni restano l’anello debole della famiglia. Troppe volte questi ultimi sono esclusi ingiustamente dal cotesto familiare dopo la separazione o il divorzio dei loro figli, quando spesso diventano oggetto di vere e proprie vendette e ritorsioni a tutto danno dei bambini. La sentenza emessa dalla Corte di Strasburgo deve essere di monito per l’Italia e per gli addetti ai lavori. Nel nostro Paese i nonni sono il welfare dell’infanzia e dell’adolescenza. Ci sono 4 milioni di nonni-sitter che gestiscono i nipoti da 0 a 14 anni quotidianamente, con un notevole risparmio familiare per la spesa di baby-sitter e asili nido.Appare inconcepibile che molti di questi nonni vengano defenestrati da una famiglia quando non servono più o bisogna farla pagare all’altro coniuge e ai suoi parenti. 

 

I nonni hanno diritto di mantenere rapporti con i nipoti sempre e comunque, salvo che non siano oggettivamente dannosi. Non si tratta di un affidamento genitoriale ma della salvaguardia di un legame fondamentale nella crescita di ogni individuo.

 

Edoardo Rossi

Avvocato Matrimonialista

Presidente AMI Piemonte e Valle d’Aosta

La migliore gioventù, sportivi italiani in trincea nella Grande Guerra

Libro sport 

I luoghi e le battaglie della prima guerra mondiale  con gli occhi dei grandi sportivi dell’epoca

 

Le Dolomiti che svettano nel cielo terso di montagna, tanto blu da far male agli occhi. Difficile pensare che tanta bellezza sia stata funestata della Grande Guerra e che il sentiero che ora si percorre con l’adrenalina della salita sia stato teatro di morte. Le trincee feriscono ancora oggi le rocce, cosparse di schegge di bombe, proiettili di piombo e resti di gavette o di lanterne dei nostri soldati al fronte. Chi erano questi giovani? La guerra non guarda il nome sulla carta d’identità, né i traguardi raggiunti. Le fatiche e le gioie per conquistare un traguardo sul ring, in pedana, sul campo da calcio, in un circuito o sulla pista di atletica non hanno risparmiato a questi giovani gli orrori della guerra, dove la sfida principale, la vera vittoria, era la sopravvivenza.  Daniele Nardi e Dario Ricci, dopo In vetta al mondo si armano di piccozza e penna per raccontarci le storie de La migliore gioventù. Vita, trincee e morte degli sportivi italiani nella Grande Guerra.Da Enzo Ferrari al mantovano Tazio Nuvolari, dal grande schermitore livornese Nedo Nadi a Virgilio Fossati, trascinatore dell’Inter e capitano della Nazionale azzurra di calcio, fino a protagonisti inattesi e sorprendenti arrivati al fronte da tutta Italia, sullo sfondo di quelle montagne che furono tra gli scenari più suggestivi e tragici della prima guerra mondiale.

 

“Nardi e Ricci si sono calati nella parte, sono tornati nei luoghi martoriati dalla guerra per omaggiare la memoria di chi non è più tra noi, hanno ricordato quel momento così buio da una prospettiva nuova, originale, che ci dà l’esatta concezione di cosa significhi davvero lo sport”. (Giovanni Malagò)

 

“La vicenda umana, militare e sportiva nell’emozionante testo di Nardi e Ricci s’intreccia con quella di (…) marciatori, calciatori, ginnasti, pugili, ciclisti, schermidori, canottieri, piloti automobilisti, ognuno con una storia di piccoli e grandi eroismi. Molti caduti sul campo. Tutti tornati a rivivere in questo libro senza retorica, onesto e obiettivo nel suo descrivere la Grande Guerra con un respiro ricco di veri, indimenticabili, momenti di gloria”. (Sergio Giuntini)

 

Gli autori


Daniele Nardi (1976) è originario di Sezze Romano (LT). Nella prima parte della sua carriera alpinistica si dedica a montagne di 8.000 metri salendo l’Everest, la cima middle dello Shisha Pangma in 19 ore dal campo base, il Nanga Parbat e il Broad Peak nella stessa estate. La vetta de K2 nel 2007 in due soli giorni e mezzo e la perdita di una amico sulla stessa montagna gli cambiano la vita. Rai2 trasmette il documentario “K2, il sogno, l’incubo”. Nel 2011 apre una nuova via di 1.200 metri sulla parete del Bhagirathi III in stile alpino, in India. Dedicata a Walter Bonatti e dopo 66 ore consecutive di scalata non raggiunge la vetta, ma la salita che vince il premio Paolo Consiglio per lo stile pulito con la quale è stata affrontata. Negli ultimi anni Daniele si dedica all’esplorazioni di pareti nuove tra Nepal, Pakistan e India. Testimonial sportivo per aziende internazionali, trasforma la montagna in metafora formativa e motivazionale. È ambasciatore dei diritti umani nel mondo e porta avanti progetti di solidarietà in Nepal e Pakistan. Per informazioni:www.danielenardi.org

Con la nostra casa editrice ha pubblicato In vetta al mondo (2013) e La migliore gioventù (2015).

 

Dario Ricci (Roma, 1973) è una delle voci dello sport più note di Radio24-IlSole24Ore. Come inviato di Radio24 ha seguito gli europei di calcio 2004, le Olimpiadi invernali di Torino 2006, quelle di Pechino 2008, i Mondiali di nuoto di Roma 2009, i Mondiali di calcio del 2010 e del 2014, le Olimpiadi di Londra 2012. Ideatore e autore di diversi programmi, attualmente, sempre su Radio24, conduce Olympia-miti e verità dello sport.
Con la nostra casa editrice ha pubblicato In vetta al mondo (2013, con Daniele Nardi) e La migliore gioventù (2015).

 

Per informazioni: Infinito edizioni: 059/573079 – Maria Cecilia Castagna: 331/2182322

La migliore gioventù.
Vita, trincee e morte degli sportivi italiani nella Grande Guerra
€ 14 – pag. 204)

Di Daniele Nardi e Dario Ricci

Prefazione di Giovanni Malagò
Introduzione di Sergio Giuntini
Postfazione di David Baldini

 

 

 

 

Petrowskaya, Lackberg e Larsson: le nostre domande lampo a tre big di Librolandia

SALONE 215A colloquio con alcuni grandi protagonisti  del Salone del Libro

 

La 28° edizione della kermesse  che per 5 giorni ha trasformato il Lingotto di Torino nella libreria  italiana  più grande  del mondo,  si  chiude con  un successo che era annunciato e prevedibile. Folla oceanica, infinite  proposte editoriali, un palinsesto  di appuntamenti  con gli  scrittori che avrebbe richiesto il grande dono dell’ubiquità. Anche correndo come leprotti assetati  di cultura, ogni anno aumentano gli incontri ed è umanamente impossibile fare tutto. Noi abbiamo  scelto tre autori che ci hanno incantati  e ci hanno raccontato della loro vita, pensieri e opere.

 

Katia Petrowskaya:  giornalista ucraina con radici ebraiche, ha fatto  subito centro con il  libro di esordio “Forse Esther” (Adelphi) in cui  ricostruisce le vite spezzate di  alcuni membri della sua ramificata famiglia, dispersa tra Polonia, Russia e Germania e travolta dalla seconda guerra  mondiale. L’abbiamo incontrata nel padiglione del paese ospite,  la Germania,  splendidamente orchestrato  dall’efficientissimo Goethe Institut .E’ dolcissima,  quasi timida, viso acqua  e sapone, grande semplicità e uno sguardo intenso  che accompagna le parole con cui  ci spiega:

«Alcune delle storie  che narro fanno  parte della mia vita, quasi leggende che mi sono  state  raccontate fin da quando  ero piccola. Ho sentito il bisogno di rintracciare e ripercorrere quelle vite; così ho fatto  alcune ricerche ed  attraversato l’Europa per ricostruire destini di cui  si era persa memoria. Non  ho inventato nulla, semplicemente ho lasciato  che le mie  percezioni  mi  guidassero. Forse è per questo che non mi vedo come  una scrittrice».

 

-Cosa pensa di Google che ha usato moltissimo?

«E’ stato importantissimo perché mi  ha permesso di  ritrovare e ricostruire vite e personaggi  di  cui  sapevo poco. Ma  è anche  un  mezzo inquietante: basta digitare una  parola come Auschwitz e ci  si può avventurare in una passeggiata virtuale  nel  lager».

 

-Quanto è stato  doloroso?

«Non ho una gerarchia del dolore ma, certo, è stato  difficile. Ed allo stesso tempo, molto importante:    ricostruire gli orrori  del XX secolo  che hanno travolto la mia famiglia, mi ha permesso  di rielaborare  e, in parte,  alleggerire la sofferenza. Il libro  è un tentativo  di comprendere quanto,  restando  sani, si riesca a sopportare del passato. Il discorso vale anche  per gli orrori di cui ci parla la cronaca, come le guerre e  le tragedie dei profughi ».

 

Perché a 30 anni ha deciso  di  trasferirsi proprio a Berlino, imparando anche la nuova lingua con cui scrive?

“Prima la mia vita era passata da Kiev, Mosca, S.Pietroburgo, New  York  e Amsterdam. A Berlino  non  ho  solo  incontrato l’amore,  ma anche scoperto una città  che è tra le  più pacifiche e  pacifiste d’Europa e  in cui la  tolleranza è all’ordine del  giorno. Direi  che li si è realizzato il  sogno e l’utopia: è possibile superare  il passato»

 

Per lei quali sono le meraviglie d’Italia?

«La Russia è uno dei paesi  in cui il mito  del vostro paese è più forte, anche grazie alla letteratura: da Puškin a Gogol’, ma anche Brodskij e i poeti di inizio 900. Noi  abbiamo una nostra Italia ed ecco  che  il  confronto di  questi  giorni diventa ancora più importante ed  interessante».

Consiglio  di lettura– tra  i personaggi memorabili, oltre alla bisnonna del titolo, c’è la consanguinea Mira.  L’autrice è riuscita a rintracciarla ed ha  ricostruito la via crucis alla quale è sopravvissuta, e le cui  tappe sono state: il ghetto, 5 lager, 10 giorni  di marcia della morte, a  30° sotto zero e senza cibo.

 

 

Camilla Läckberg: è la regina  incontrastata del  giallo  svedese (tradotta in 55 paesi, 15 milioni  di  copie  vendute) con  le sue  trame ambientate sempre nel natio 

LACKBERG

 

borgo  di pescatori  Fjällabacka (apparentemente  idilliaco, ma  poi ne  capitano  di  tutti   i colori) e la coppia super vincente di Erica  Falk  con il  marito ispettore Patrick Hedström. Diciamo  subito  che la Läckberg  è  ancora  più  bella di  quanto suggeriscono  le  sue foto in  circolazione. Fisico perfetto (pensare che  ha 3  figli di  13, 11 e 6 anni),  incredibili, immensi occhi  blu che ti  spalanca davanti, accompagnandoli  con un sorriso splendente come  il sole di mezzanotte delle sue parti. L’ultimo successo è “Il segreto degli angeli” (Marsilio) storia che  inizia con un cold case. A inizio  anni  70, sull’isola di Valö (al  largo di Fjällabacka) il giorno di Pasqua, una famiglia scompare nel  nulla; restano solo la tavola  imbandita e  la piccola Ebba di un  anno. Delitto o  scomparsa volontaria? Anni  dopo quella bambina ritorna,  col marito, il  dolore  per  la morte del figlio da superare  ed il progetto  di  riprendere i fili  della sua esistenza proprio in  quella casa. E non sa che  l’orrore  è in  agguato. I libri  della Läckberg sono garanzia di  successo  anche sugli  schermi,  con un  film ispirato  al  suo  5° giallo “Il bambino segreto” e due serie tv,  di cui una su Laeffe. «Ci sono state due stagio

ni di fiction per la tv: alla prima non ho collaborato, ma solo venduto  i diritti  e, dal momento  che sono piuttosto ossessionata dal  controllo, il fatto di  non poter intervenire mi ha creato una certa ansia. Con  la seconda è andata decisamente meglio perché l’ho  co-prodotta e revisionavo ed approvavo le  bozze della sceneggiatura. Le fiction si discostano un po’ dai libri e ricreano un clima alla Agatha Christie, del genere piccoli fatti ma che fanno molto scalpore; e devo dire che la cosa non mi dispiace».

 

La sua eroina Erica,  come  lei  ha tre figli e scrive,  non  mi dica che non vi  assomigliate…

«Quando  ho  avuto l’idea pensavo  ad un personaggio  autonomo e con  una sua personalità; poi  mi sono resa conto che quando raccontavo qualcosa che avevo vissuto,  scrivevo meglio. La verità  è  che sono io che la copio; per esempio lei  ha sposato il  poliziotto prima che  lo facessi  anch’io».

 

Che mamma è?

«Più affettuosa di Erica, ho bisogno del contatto fisico, di  abbracciarli e coccolarli;  questo mio comportamento mette in imbarazzo i più grandi e la cosa mi diverte. Sono molto  rigida per quanto  riguarda l’educazione e il  rispetto  di semplici, ma importanti, regole,  anche  perché sono  convinta che  aiutino i bambini a diventare più sicuri».

 

Lei vive a Stoccolma, e Fjällabacka?

«Mia mamma vive lì e mi tiene aggiornata su  tutto quello  che accade,  anche  perché sa sempre  tutto  di  tutti. Ci sentiamo  spesso  telefonicamente e quando posso  vado a trovarla. I miei figli adorano  quel paese, così a volte  li imbarco sull’aereo, anche da  soli, e li  spedisco dalla nonna. Ma se  vivessi a Fjällabacka non riuscirei  a scriverne, ho  bisogno  di  guardarla dall’alto  e in modo distaccato.

 

Il suo prossimo libro?

«In  Svezia lo stanno  già traducendo;  invece per Natale aspettatevi un racconto breve ispirato ad Agatha Christie»

 

 

Sempre dai fiordi è arrivato Björn Larsson, l’affascinante scrittore svedese che ha conquistato il cuore delle lettrici italiane fin dal suo  grande successo “La vera storia del pirata Long John  Silver” in cui raccontava la storia veritiera del personaggio di Robert Louis Stevenson. Dobbiamo alla lungimiranza e bravura della casa editrice Iperborea la scoperta di Larsson: scrittore che spazia dalle avventure legate al mare a traversate della letteratura di  tutti  i tempi e  latitudini, con la prua puntata soprattutto  verso quella francese, che  insegna all’u

LACK LIBRO

niversità. Al  Salone arriva per “Raccontare il mare”, sua ultima navigazione attraverso i grandi classici della letteratura marinaresca, svelandoci  anche autori minori e  smantellando qualche  luogo comune, come  quello su Ulisse. «Non  era  un marinaio,  ma un  soldato che voleva solo  tornare a casa, costretto suo malgrado  a peregrinare da un approdo all’altro. Il libro è un capolavoro assoluto  della letteratura mondiale, l’ho riletto più  volte e se  penso  a Penelope  trovo  che sia una bellissima storia d’amore»

 

Lei invece è un uomo di mare, ha solcato più volte il Mare del Nord e  il Nord Atlantico. Quanto  della sua vita vive in barca?

 

«Almeno metà  del mio tempo, soprattutto nella bella stagione; invece  d’inverno  vivo in un monolocale che è una piccola biblioteca»

 

Ci racconta la sua vita a bordo della sua magnifica barca a vela?

«Sono un navigatore che non sfida mai il mare, mi preparo e bado agli  aspetti pratici che sono molti. Alcuni semplici, come  fare una scorta di sugo in pentola a pressione che duri almeno i primi  due giorni  di navigazione; quelli in cui ci si deve abituare all’idea che poi si sarà sempre in movimento».

 

Ispirazione  e scrittura avvengono in mare?

«Non sarebbe possibile, occorre controllare costantemente la navigazione  e  non c’è tempo  per altro.  Però  scrivo sulla barca quando  sono fermo in porto»

 

Perché ha scritto che la navigazione in sé  è  piuttosto noiosa?

«Perché è vero. Quando  stai  al timone  per  ore  e ore tutto  quello che vedi è  acqua, cielo,  sole: magnifico ma anche monotono.  Invece quando  arrivi in un porto incontri persone, le  inviti sulla tua barca, leggi, scrivi e puoi fare tante altre cose».

 

Il suo stato d’animo quando  parte e quando arriva?

«Alla partenza dipende molto da quanto starò  via. La volta che siamo  partiti in due, per un viaggio di due anni, è stata una libertà  gioiosa, ero felice per tutto il  tempo  che avrei  avuto davanti, senza impegni. Se  invece  è un periodo  breve, solo di 1 mese o  1 mese e mezzo, allora il pensiero corre già a quando  dovrò tornare e mi dispiace  il  poco tempo a disposizione.  Quando  arrivo il primo pensiero è “Perché non continua!” Ed  ho bisogno di  qualche  giorno  per riadattarmi».

 

La libertà  che ama?

«Un mix di più cose: l’idea di  viaggiare con la mia casa, in barca si  vive con pochi  soldi ed è un’esperienza molto interessante, poi si possono portare penna e  libri,  fermarsi  quando, quanto e dove si  vuole. Non sono mai stato attratto dai viaggi con lo zaino, la barca è tutta un’altra cosa e puoi portarci chi vuoi.

 

Il mare in cui potremmo incrociarla questa estate?

«Sarà un viaggio breve intorno a Svezia, Danimarca, forse fino in Germania e Polonia, che è raggiungibile via mare».

 

Il prossimo libro?

«Sto lavorando  a due contemporaneamente: uno molto impegnativo, l’altro più leggero e col quale mi riposo…ma non svelo  di più».

 

Laura Goria

 

 

 

Cisl: Pensioni, il Governo apra il confronto con le Parti sociali

petriccioli“Riteniamo fondamentale che il Governo non proceda su questo tema con scelte unilaterali  ma apra un reale confronto con le parti sociali”
 

“La Cisl ritiene che sia necessario cambiare l’attuale normativa previdenziale introducendo nel sistema una flessibilità che si rende necessaria per fare entrare più giovani al lavoro, per far fronte alla difficile situazione dei lavoratori anziani prossimi al pensionamento, che perdono il lavoro e non riescono a ritrovarlo, per rispondere alla diversa condizione di pesantezza ed usura che i diversi lavori comportano”. Lo ha dichiarato il Segretario confederale della Cisl, Maurizio Petriccioli, intervenendo sulle ipotesi di reintroduzione di una flessibilità nell’accesso al pensionamento. “Riteniamo fondamentale che il Governo non proceda su questo tema con scelte unilaterali – ha concluso Maurizio Petriccioli – ma apra un reale confronto con le parti sociali, perché è necessario realizzare un sistema flessibile, attraverso una pensione anticipata, che non risponda solo alle ragioni della sostenibilità finanziaria ma anche alle esigenze di adeguatezza dei futuri trattamenti pensionistici”.

Io non gioco. Vinco! A Palazzo Lascaris la giornata conclusiva

usura lascarisProgetto contro il gioco d’azzardo e a favore dell’uso responsabile del denaro

 

Un impegno concreto contro il gioco d’azzardo e a favore dell’uso responsabile del denaro. Questo lo scopo del progetto per le scuole superiori “Io non gioco. Vinco!”, realizzato dall’Osservatorio regionale sul fenomeno dell’usura in collaborazione con l’Associazione Acmos, la cui giornata conclusiva si è svolta mercoledì 20 maggio nell’Aula consiliare di Palazzo Lascaris. Con il consigliere regionale Gabriele Molinari, delegato all’Osservatorio, sono intervenuti Elena Lumetta dell’Associazione Acmos, Andrea Zummo, responsabile educativo di Libera Piemonte e Maria José Fava, referente di Libera Piemonte. “Da anni l’Osservatorio è impegnato in prima linea contro il gioco d’azzardo – ha dichiarato Molinari, aprendo i lavori – responsabile dell’indebitamento e del senso di fallimento che, soprattutto in tempo di crisi, illude le categorie più disagiate che un colpo di fortuna possa imprimere una svolta all’esistenza”.

 

Lumetta ha ricostruito, attraverso un video, i momenti salienti delle attività e dei laboratori svolti in oltre una trentina di classi delle scuole medie piemontesi.Zummo e Fava hanno invece ricordato che il gioco d’azzardo è uno dei “settori” in cui la mafia prospera e fa affari. E, a pochi giorni dal 23 marzo, ventitreesimo anniversario della strage di Capaci, hanno sottolineato la frase del magistrato Giovanni Falcone secondo cui più dell’esercito, contro la mafia, può la scuola, perché l’istruzione e la capacità di discernere e ragionare possono tenere lontane le giovani generazioni dalla criminalità.Al termine dell’incontro, cui hanno partecipato anche il vicepresidente della Giunta regionale Aldo Reschigna e il Garante regionale dei detenuti Bruno Mellano, i ragazzi hanno presentato i propri elaborati.

 

(www.cr.piemonte.it)