Nel 72° anniversario della Giunta popolare della Repubblica partigiana dell’Alto Monferrato, Cortiglione domenica 23 ottobre ospiterà l’incontro “Storie di Fiamma” (salone Val Rosetta di piazza Padre Pio). L’appuntamento, fissato per le 15 con ingresso libero, vuole essere un omaggio alla staffetta partigiana Elsa Massimelli Scaliti che con il nome di battaglia Fiamma diede il proprio contributo alla lotta di Liberazione nella dell’VIII^ Divisione Garibaldi, 100a Brigata, distinguendosi per l’umanità e il coraggio.L’incontro è promosso da Comune, Unione Collinare Vigne e Vini, Israt, Provincia, Associazione Davide Lajolo, Anpi, Casa della Memoria di Vinchio sotto il patrocinio di Regione e Comitato Resistenza e Costituzione. Per l’occasione verrà presentata la ristampa del libro
autobiografico, ormai introvabile, che Elsa Massimelli pubblicò nel 1999 con il titolo “La Storia di Fiamma messaggera partigiana” (edizioni Trauben). Alla stesura del volume contribuì il fratello Dionigi Massimelli (Nestore), commissario politico dell’VIII^ Divisione Garibaldi dal 1° marzo all’8 giugno 1945. La ristampa è a cura degli organizzatori dell’incontro. Durante la giornata saranno tracciati i profili dei due fratelli nati a Cortiglione (classe 1924 lei e 1916 lui) e ripercorsa la storia della Repubblica popolare dell’Alto Monferrato. Porteranno i saluti istituzionali il sindaco
Gilio Brondolo e Nino Boeti, vicepresidente del Consiglio Regionale. Seguirà la proiezione di interviste a partigiani della Valtiglione (Dionigi Massimelli, Davide Lajolo, Battista Reggio, Stefano Icardi). Poi spazio alle letture, da parte di alcuni ragazzi del paese, di brani tratti dal libro “La Storia di Fiamma”. L’attrice Patrizia Camatel proporrà il racconto drammatizzato di una donna di Vinchio sulla morte del partigiano cortiglionese Gino Marino (26 giugno 1944). A Mario Renosio, direttore dell’Israt, sarà affidato il ricordo sulla Repubblica partigiana dell’Alto Monferrato. A seguire l’omaggio a tutti i partigiani di Cortiglione. Conclusioni di Laurana Lajolo, che introdurrà e presiederà la giornata.
La “repubblica partigiana” dell’Alto Monferrato
Nel corso dell’estate 1944, la progressiva liberazione da parte delle formazioni partigiane di ampie aree di territorio collinare del Basso Piemonte pose al movimento di resistenza l’esigenza di dotarsi di una struttura amministrativa per la gestione delle emergenze quotidiane. Nacquero i Cln comunali, molte giunte comunali furono liberamente elette, in una riscoperta e reinvenzione della democrazia dopo oltre vent’anni di regime fascista. I rinati partiti politici antifascisti trovarono un accordo per la creazione di una Giunta popolare unitaria, che si insediò a Nizza Monferrato il 30 ottobre 1944, con il compito di coordinare l’attività dei diversi Cln e giunte comunali. La zona sottoposta al controllo della giunta comprendeva una quarantina di comuni dell’area compresa tra il Tanaro e le Langhe, in cui operavano brigate appartenenti a cinque divisioni diverse (8a e 9a Garibaldi, 2a e 5a autonome, 8a Gl). Per ragioni di sicurezza, la sede della giunta venne spostata a metà novembre ad Agliano. La giunta, nel corso della sua attività, coordinò la gestione degli approvvigionamenti alimentari alla popolazione e dei finanziamenti alle formazioni partigiane, controllò l’amministrazione dell’ordine pubblico e della giustizia, rilanciò l’attività sindacale nelle fabbriche della zona, rinnovò i contratti agricoli di affitto e mezzadria che tradizionalmente scadono l’11 novembre, San Martino. L’esperienza della giunta di Nizza-Agliano si concluse il 2 dicembre 1944, quando un grande rastrellamento coinvolse l’intera zona inducendo le formazioni partigiane a sganciarsi verso le Langhe o ad occultare gli uomini in zona; mentre ritornarono i presidi fascisti nei paesi, partigiani, sbandati, renitenti e civili vennero arrestati e deportati in Germania. A Nizza Monferrato e a Canelli si insediarono in modo stabile reparti della divisione fascista San Marco, che tennero sotto pressione le formazioni partigiane locali fino alla liberazione.

La bellezza del testo è, lo si sa da sempre, innegabile. Fedele ai precetti dell’autore (“immancabilmente”), Valter Malosti in questa edizione che apre la stagione dello Stabile torinese – Teatro Nazionale (sino al 30 ottobre al Carignano) trova il giusto equilibrio tra il tragico e il comico, alterna nei toni il susseguirsi degli eventi che sconvolgono o che rallegrano anche solo per un attimo; senza temere di spingere troppo su quel pedale che altri hanno tenuto, nelle tante edizioni viste, in sordina crea delle piacevoli isole con le parole, con i movimenti talora assurdi, con le giravolte interpretative di quel possidente e di quel contabile che s’aggirano per la grande casa, non rinunciando neppure a qualche inflessione dialettale di casa nostra che pure il fratello della protagonista si lascia sfuggire. Perché sono “comici”, speditamente votati alla tragicità, quei personaggi, tutti svagati o persi nel loro chiacchierare a vanvera o stupidamente capaci di atti senza senso o velleitari o intenzionati a buttarsi con frasi smozzicate nel passato o avanti nel futuro. Altri, aggirandosi per la stanza “ancora” dei giochi dei ragazzi, o guardando verso quel giardino su cui di lì a poco si sarebbero accaniti i colpi
delle scuri, indulgevano su quanto di malinconico attraversava le parole dei vari personaggi: Malosti ce ne offre una diversa – e moderna – lettura, approfondita, concreta, suggestiva, lasciando che la diversa umanità di ognuno prenda corpo poco a poco, si scontri o si unisca a quella del vicino. La conseguenza, mai obbligatoria, è che i differenti sentimenti si abbracciano l’uno all’altro, si lasciano e si prendono, il groppo lascia il posto al riso, un attimo di sereno segue al terremoto.
CONTEMPORANEA / di Maria Cristina Strati
in qualche modo sottolineato e sancito il ruolo decisivo nel contesto artistico contemporaneo in Italia e all’estero.
quando negli anni cinquanta aderisce al Movimento Arte Concreta, abbandonando poi questa via per coltivare invece un nascente interesse per l’astrazione, l’informale e il bricolage. È tutta un’altalena di immagini, figure, materiali e colori, che la conduce più tardi all’approdo verso l’arte povera e per finire al ritorno alla figurazione e alle suggestioni della “mucca pazza” degli anni novanta. Ognuno di questi passi, svolte e nuove incarnazioni artistiche si pone però sulla scia di una ricerca coerente, singolare e ben identificabile, dove ogni suggestione esterna era sempre riletta e filtrata in maniera del tutto originale, attraverso lo sguardo appuntito di una indomabile e unica personalità artistica.
limitano ad adeguarsi e a seguire ritmi non personali.

tenore) Emilio Costantini (sax baritono) Sergio Chiricosta (trombone) Alessandro Chiappetta (chitarra) Saverio Miele (c.basso) Marco Puxeddu (batteria);
Saranno proprio i Musei Reali di Torino e le sue inestimabili collezioni i protagonisti della prossima puntata di Ulisse – Il piacere della scoperta dal titolo I metalli del Re, che andrà in onda alle 21,15 su Rai Tre sabato 15 ottobre
Massimo Taparelli marchese d’Azeglio,figlio di Cesare, noto esponente della restaurazione sabauda, e di Cristina Morozzo, nacque a Torino il 24 ottobre 1798.
successivo alla Prima guerra d’Indipendenza. Rassegnato il proprio mandato nelle mani del Re, propose Cavour come proprio successore e Vittorio Emanuele II lo nominò senatore. Il suo pensiero era tenuto in gran conto e nel luglio del 1859, dopo la cacciata delle truppe pontificie, ebbe l’incarico di costituire un governo provvisorio a Bologna. Sei mesi dopo, a fine gennaio, venne nominato governatore della Provincia di Milano, carica che mantenne fino al 17 marzo 1861. D’Azeglio morì a Torino il 15 gennaio 1866, lasciando anche delle opere importanti come scrittore, tra le quali l’ “Ettore Fieramosca o la disfida di Barletta”, pubblicata nel 1833, una sorta di emblema della virtù cavalieresca di un eroe dell’identità nazionale ante litteram.
cittadina. L’edificio su due piani, semplice e lineare nello stile architettonico, sorge tutt’ora direttamente sulla riva del lago ed è nascosto alla vista dalla folta vegetazione del giardino circostante. Il marchese D’Azeglio lo definì una “Cartagine sorgente”, un luogo, come scrisse al nipote Emanuele, “dove al caso possa da un giorno all’altro trovar ricetto, se un motivo qualunque m’obbligasse a dar un calcio alle grandezze umane”. Dal carteggio conservato nel Fondo Rossi dell’Archivio di Stato di Verbania risulta che contribuirono alla progettazione della villa l’architetto Defendente Vannini e l’ingegnere Antonio Rossi; mentre l’ingegnere Vittore Caramora si occupò essenzialmente della direzione dei lavori. La casa, “non una villa sontuosa ma ridente, piacevole, di buon gusto, che tende alla semplicità”, venne edificata tra il
1856 e il 1857, cioè nello stesso periodo in cui si metteva mano al secondo lotto della strada litoranea che portava al Canton Ticino. Una lapide posta sulla parete rocciosa di fronte al cancello d’ingresso ricorda al “passeggero” che il marchese in quella villa “vi dimorò spesso e a lungo, dolce rifugio dai clamori del mondo, dalle fallacie della politica. I famosi “Ricordi” furono meditati e scritti nella pace di questi luoghi”. Un’opera importante, nella quale si può leggere anche la sua celebre frase “S’è fatta l’Italia, ma non si fanno gl’Italiani” . Pare, tra l’altro, che in quel periodo D’Azeglio si dedicasse a sedute spiritiche, invocando spesso il defunto amico Camillo Benso conte di Cavour. Con quali esiti, però, non è dato a sapere.
Le trame dei film nei cinema di Torino
Al posto tuo – Commedia. Regia di Max Croci, con Luca Argentero, Stefano Fresi e Ambra Angiolini. Luca e Rocco, direttorei creativi di due aziende produttrici di sanitari, il primo bello, single e sciupafemmine, l’altro sempre sovrappeso e sempre a dieta, sposato e con tre figli: quando diverrà effettiva la fusione delle aziende ci sarà posto per uno soltanto di loro. Nell’imminenza, la dirigenza impone che si scambino la vita e i ruoli, famiglie e case, comportamenti e abitudini, per una sola settimana. E il risultato? Durata 90 minuti. (Reposi, Uci)
Patrick Dempsey. Nuova avventura, tra i soliti problemi di peso e il sonno perso per qualche ritocchino di troppo, per l’imbranatissima single ultraquarantenne, portabandiera di una buona parte dell’universo femminile. Scomparso il bel tenebroso Hugh Grant, Bridget si ritrova ancora una volta a fare i conti con l’aristocratico Colin e, nuovo acquisto e rimpiazzo, con il facoltoso Patrick (tirato fuori da “Grey’s Anatomy”), nella speranza di affibbiare un padre al pargolo che è in arrivo. Sembra che si torni al divertimento della prima puntata della serie, quella “del diario” e che si siano abbandonati “i pasticci” davvero enormi del seguito. A tutti i fan, provare per credere. Durata 122 minuti. (Ideal, Massaua, Reposi, The Space, Uci)
afé Society – Commedia. Regia di Woody Allen, con Jesse Eisenberg, Kristen Stewart, Steve Carrell e Blake Lively. Bobby, trentenne neyworkese e rampollo di una squinternata famiglia ebraica, dove circolano pure componenti malavitosi, corre a Hollywood per entrare a servizio dello zio, apprezzato agente di divi e divette. Si innamorerà della giovane segretaria di studio. Ma c’è già un altro nel suo cuore e le cose inevitabilmente si ingarbuglieranno. Uno sguardo al vecchio cinema, gli amori, le battute che piovono come se piovesse, tutto secondo i canoni di Woody, giunto bulimicamente al suo 47° film. Durata 97 minuti. (Ambrosio sala 2, Centrale V.O., Due Giardini sala Nirvana, Eliseo Grande, F.lli Marx sala Chico, Reposi, Romano sala 2, Uci)
Caffè – Drammatico. Regia di Cristiano Bortone, con Ennio Fantastichino, Dario Aita e Miriam Dalmazio. Un iracheno, emigrato in Belgio, cui dei teppisti rubano una antica caffettiera d’argento; un giovane barista romano che, licenziato, trova lavoro a Trieste presso un’industria importatrice di caffè; in Cina un manager di successo è incaricato di far ripartire una fabbrica abbandonata, ma l’azione potrebbe essere un pericolo per la popolazione e per le piantagioni di caffè della regione: tre storie, diverse e lontane tra loro, un minimo comune denominatore. Durata 110 minuti. (Greenwich sala 3)
riprende il tema sottolineando le pagine del pacifismo. In un piccolo villaggio della Germania appena uscita dalla Grande Guerra, il giovane Adrien si reca in visita alla famiglia del ragazzo del titolo per chiedere a tutti il perdono per la morte che lui stesso ha causato in guerra. Non ne ha il coraggio, ma la presenza della fidanzata del defunto (la Beer è stata premiata a Venezia con il “Mastroianni” per questa interpretazione) lo spingerà verso una confessione: spetterà ad Anna accettare o no un nuovo futuro. Anche un omaggio all’antico bianco e nero. Durata 113 minuti. (Nazionale sala 2)
Inferno – Azione. Regia di Ron Howard, con Tom Hanks, Felicity Jones e Omar Sy. Arrivati alla terza puntata, ormai gli intrighi di Dan Brown, la spettacolarizzazione di Howard e il faccione di Hanks/Robert Langdon, prezioso professore di simbologia ad Harvard che invecchia con saggezza sono una vera garanzia. A tutto questo s’aggiungano le cornici di Firenze Venezia Istanbul, gli enigmi che hanno inizio con la Sala dei Cinquecento e con l’affresco del Vasari, il capolavoro del Poeta, gli amici e i nemici che indossano differenti maschere, un virus letale di cui vorrebbe servirsi un pazzo per dare un taglio netto alla sovrappopolazione: molto, moltissimo materiale perché il pubblico, già prodigo verso il “Codice da Vinci” e “Angeli e demoni”, corra al cinema. Durata 121 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 1 V.O., Ideal, Lux sala 2, Massaua, Reposi, The Space, Uci)
I magnifici 7 – Western. Regia di Antoine Fuqua, con Denzel Washington, Ethan Hawke e Chris Pratt. Una volta Akira Kurosawa e John Sturges, oggi Fuqua a (ri)raccontarci il mito d’anta, con il magnate senza scrupoli che vuole impossessarsi di un intero villaggio e dell’appetitoso bacino minerario che gli sta intorno, promettendo ai poveri contadini un risarcimento ridicolo o una strage se non accetteranno. Ma qualcuno riuscirà a raccogliere un gruppo di criminali a difesa di uomini e cose. Durata 133 minuti. (Uci)
Neruda – Drammatico. Regia di Pablo Larraìn, con Luis Gnocco, Alfredo Castro e Gael Garcìa Bernal. Il governo di Videla, nel Cile del 1948, incarica un poliziotto di inseguire e catturare lo scrittore Pablo Neruda, in fuga con la moglie. Tra realtà e poesia, un’opera che pone ancora una volta l’attenzione sul talento dell’autore di “Tony Manero”, del “Club” e del prossimo “Jackie”, presentato e premiato a Venezia. Durata 107 minuti. (Nazionale sala 1)
Qualcosa di nuovo – Commedia. Regia di Cristina Comencini, con Paola Cortellesi, Micaela Ramazzati e Edoardo Valdarnini. Lucia e Maria, due amiche da sempre reduci da relazioni con il sesso forte un po’ squinternate e infelici: poi una notte Maria, la più disinvolta, si porta a letto il liceale Luca, appena lasciato dalla fidanzatina, con l’aggiunta che il ragazzo ha alzato troppo il gomito e il mattino successivo scambia Lucia per Maria, costruendo con quest’ultima un rapporto dove davvero l’eros non trova posto. Malintesi, equivoci amatori senza fine. Comencini ha tratto il film dalla sua commedia “La scena”, le interpreti teatrali erano Angela Finocchiaro e Maria Amelia Monti. Durata 93 minuti. (Massaua, Massimo sala 1, The Space, Uci)
Ora che Dario Fo ,il “grande giullare”, ci ha lasciati forse tornerà, almeno in spirito, sul lago Maggiore, in quel