1 piazza, o meglio 1 quartiere, 4 discipline artistiche, 10 giorni, oltre 100 artisti, 30 performances e 40 locali coinvolti…

Sarà il Quadrilatero Romano di Torino, quartiere storico e centro pulsante della movida della città, il palcoscenico della prima edizione di Square Festival, l’evento culturale nato per promuovere l’arte nella sua forma più immediata, pura e pop, al di fuori dai soliti canali di fruizione (fiere, gallerie, teatri…), portandola letteralmente “in piazza”, rendendola inclusiva, gratuita, facilmente accessibile e godibile da tutti coloro che amano vivere la città nella sua fervente completezza.
Dieci giorni (dal 17 al 27 maggio) di spettacoli, mostre, performances e installazioni aperte e gratuite per torinesi e i turisti: una maratona culturale che dà l’opportunità ad oltre 50 artisti emergenti (provenienti da diverse parti d’Italia e dalla Francia) di esibirsi e farsi conoscere dal grande pubblico.
L’idea è nata circa un anno fa, quasi per scherzo, da una conversazione tra due amici: Danilo D’Amico, giovane storico dell’arte laureato all’Università di Torino, da sempre appassionato di letteratura, e Alessandro Grassi, proprietario del cocktail bar Quadrix. Quattro chiacchiere di “due amici al bar” diventate presto realtà: in poco tempo la squadra si è arricchita di altri sei giovani amici torinesi (tutti under 35) accomunati da grande intraprendenza e un forte amore per l’arte, che hanno messo a disposizione le loro personali competenze e dato vita all’Associazione Artiversum, organizzatrice di quello che in poco tempo è diventato un vero e proprio festival: Square.
Quattro le discipline artistiche coinvolte: arte contemporanea (pittura, scultura, fotografia, video arte, street art…), teatro (improvvisazione, teatro dell’assurdo, prosa, teatro dialettale piemontese…), letteratura (reading di poesie, “battle-poetry”, convegni, presentazione di libri…) e danza contemporanea.
Tanti i negozi, i ristoranti, i cocktail bar e gli spazi culturali (musei, atelier artistici, associazioni…) che hanno aderito all’iniziativa e che, per tutta la durata del festival, ospiteranno le esposizioni di un singolo artista, di più artisti o di una collettiva. Mostre temporanee alle quali ogni sera verranno affiancati, dalle 20.00 a mezzanotte, eventi dal vivo – performances d’arte, spettacoli di danza, rappresentazioni teatrali e happening letterari – che si svolgeranno sia all’interno che all’esterno dei locali coinvolti.
Già nel nome, “square”, è racchiusa la duplice anima della manifestazione: le quattro discipline artistiche, concepite come parte di un unico grande elemento così come i quattro lati identici che formano un “quadrato”, e l’idea di “piazza”, intesa come parte focale del circuito urbano, luogo di scambio ed aggregazione nella quale portare concretamente l’arte e la cultura, per renderle accessibile a tutti.
Un festival tutto torinese, “nato dal basso”, dove ogni artista è libero di mostrare la propria arte senza restrizioni, quote partecipative o vincoli tematici prestabiliti.
Un’iniziativa nuova, fresca, giovane, ambiziosa: Square Festival si propone di diventare un’offerta di intrattenimento fissa per la città di Torino, un’opportunità unica per artisti e fruitori, una manifestazione che sa valorizzare un’area urbana dalla grande valenza storico culturale.
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Link al programma completo dell’evento, partner e locali aderenti: http://bit.ly/2ql8dmN
Square Festival è organizzato dall’associazione culturale ARTIVERSUM, fondata nel gennaio 2017, e composta da un gruppo di giovani amici/collaboratori under 35: Danilo D’Amico (presidente – direttore artistico arti visive e letteratura), Luca Albonico (direttore artistico arti visive), Noel Colledani (direttore artistico danza), Giulio Occhipinti (direttore artistico teatro), Alessandro Grassi (vice presidente – tesoriere), Daniele Carparelli (segretario), Francesco Bianco (Brand Manager & Graphic Designer), Lucas Vigliocco (web designer).

Introduce:
risorgimentale e contemporanea, è pubblicista dal 1968. È direttore del
Le poesie di Alessia Savoini
“Un giorno sono andato in una fabbrica di calze per vedere se mi potevano fare una lampada – Noi non facciamo lampade, signore – Vedrete che le farete. E così fu”. A profetizzarlo (e a raccontare l’accaduto) con buona cognizione di causa, sia pure in un contesto quanto meno bizzarro, fu il grande Bruno Munari (Milano 1907 – 1998),
secolo, cui il Museo “Ettore Fico” di Torino dedica, fino al prossimo 11 giugno, un’importante rassegna espositiva curata da Claudio Cerritelli. Già il titolo – Bruno Munari. Artista totale – la dice lunga. In esposizione sono infatti oltre 300 opere che raccontano la multiforme ricerca e la mai doma voglia di sperimentazione di questo “leonardesco” artista. Al MEF, Munari viene infatti ricordato attraverso un ampio excursus delle sue operazioni creative: disegni, progetti, collage, dipinti, sculture, i suoi divertenti “libri illeggibili” (dove le parole spariscono fra carte dai colori diversi, con strappi, fori e fili che attraversano le pagine), oggetti di industrial design
nonché esperienze di grafica editoriale e fantasiose proposte didattico- pedagogiche. Sono le tappe salienti di un lungo iter creativo, che corre dagli anni Trenta ai Novanta, solcate da un artista impossibile da etichettare in modo categorico e definitivo, pur raccontandone gli iniziali afflati astratti (nel ’48 fu fra i fondatori del MAC) e le premesse futuriste delle “tavole tattili” o della tempera “Futurista” del ‘31, sviluppate via via con fanciullesca lievità in “mirabilia” dal sapore quasi barocco: ecco allora le “sculture aeree” sospese nel vuoto, le “macchine inutili”, così come i “concavi-convessi” (nuvole in fil di ferro svolazzanti lungo i soffitti del corridoio museale), fino alle “sculture da viaggio” sfidanti la retorica della scultura monumentale. Opere in cui si fondono ironia, divertissement e quell’eterno spirito infantile che permette “di conservare– scriveva Munari – la curiosità di conoscere, il piacere di capire, la voglia di comunicare”. Ben documentata anche la famosa serie “matematica” delle “Curve di Peano” del ’74 e il ciclo dei
“Negativi-positivi” che lo impegna per quarant’anni, facendone una sorta di istrionico “operatore visivo”, creatore di effetti ottici mai univoci. Un autentico vulcano di idee. Ben attento, tuttavia, alla necessaria coesistenza di “regola” e “caso”, pur se capace di inventarsi qualcosa di sorprendente come le ludiche “Forchette parlanti”, o le “Scritture illeggibili di popoli sconosciuti” insieme a giochi grafici e ad altre “stramberie” quali la serie delle “cartoline modificate”. Un ricco campionario di oggetti che raccontano “meraviglie” mai più viste, inducendo a un sorriso che ci accompagna un po’ ovunque lungo gli spazi del Museo di via Cigna. In mostra c’è perfino un’improbabile “Sedia per visite brevissime”: nove esemplari progettati nel ’45 per la Zanotta, in noce lucidato a cera con intarsi e sedile in alluminio anodizzato. Particolarità più evidente: la seduta inclinata a 45° che probabilmente vuole proprio suggerire all’ospite poco gradito di non fermarsi troppo. Design? Gioco? O forse oggetto su cui impostare chissà quale diavoleria di disquisizione filosofica? Macché: la sedia di Munari “è intelligenza, è divertimento, è arte”. Poiché, come lui stesso ci insegna, “l’arte perde di significato proprio quando si cerca di capirla”.



La libreria antiquaria iniziò la sua attività al numero 30 di via San Nicolò, nel cuore di Trieste, nel 1904 con il nome del libraio-editore Giuseppe Mayländer e venne acquistata quindici anni dopo – nel 1919 – dal poeta Umberto Saba, diventando uno dei più importanti luoghi d’incontro gli intellettuali triestini.
Dall’arrivo a Trieste da Pola del croato Mayländer nel 1904 – che intraprese l’attività di libraio, acquistando la sezione antiquaria della libreria Quidde – al trasferimento al pianoterra al “30” di via San Nicolò e alla cessione a Umberto Saba ( pseudonimo di Umberto Poli), le vicende di quello che il poeta descrisse come “l’antro oscuro” si affiancano alla storia di questa città di confine da sempre contesa. Tra le pareti della libreria, l’andirivieni degli “strani clienti” – come Saba usava chiamare i frequentatori dell’Antiquaria –, le chiacchiere e le ricerche di volumi e documenti prese forma una parte molto importante della vita intellettuale triestina. Da Mayländer al signor Stock ( imparentato con il fondatore della nota ditta di liquori, che Saba accettò come socio al cinquanta per cento all’inizio degli anni Trenta), fino al “commesso” Carlo Cerne, che riuscì a gestire con talento e oculatezza la libreria, ereditandola nel 1958,questa miscela di
persone e storie ne ha fatto – in più di un secolo – un luogo di cultura unico e originale. Nella libreria, tra le varie pubblicazioni, non si può non acquistare la poesia “Trieste” , la prova del legame inscindibile del poeta con la città dal grande fascino, sospesa tra il mare e l’asprezza delle colline carsiche. Scritta tra il 1910 e il 1912, “Trieste” è stata tradotta in una moltitudine di lingue e rappresenta la quintessenza di questa città in terra giuliana, al tempo stesso italiana, slovena e mitteleuropea. E’ un modo giusto per approssimarsi o concludere una visita alla libreria di Saba, “nutrendosi” con i versi che raccontano le piazze e le vie, le rive e il mare, dove soffia la bora e “
TUTTE LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO
Waterston e Naomi Rapace. Il film è ambientato dieci anni dopo le azioni raccontate in “Prometheus” e racconta della missione di colonizzazione del pianeta Origae-6 da parte dell’astronave Convenant: raggiungerà a seguito di un’esplosione un luogo mai esplorato. Troveranno la carcassa di una nave aliena che nasconde al proprio interno il pericolo di mostruose creature. Durata 122 minuti. (Centrale V.O., Massara, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
Malkovic e Naomi Rapace. L’agente della CIA Alice Racine è stata relegata ad un lavoro di routine dopo che non è riuscita a sventare un attacco terroristico compiuto un paio di anni prima a Parigi. È durante l’interrogatorio di un terrorista che viene per caso a conoscenza di un nuovo attacco biologico che vedrà questa volta coinvolta la capitale inglese. Ha perso fiducia in se stessa, deve guardarsi da qualcuno che è pronto a eliminarla e soprattutto deve guardarsi dai colleghi che le stanno intorno per comprendere chi stia facendo il doppio gioco. Durata 98 minuti. (Ideal, Lux sala 2, Uci)
McConaughey, Edgar Ramirez e Bryce Dallas Howard. Ispirato a una storia vera, il film è la storia di un uomo, Kenny Wells, che nella giungla del Borneo in Indonesia stringe un patto con geologo, convinto costui di aver individuato una preziosa vena d’oro. Malaria e problemi con gli operai non lo distoglieranno dal suo sogno: ma dovrà ben presto accorgersi che non è certo tutto quell’oro a creare la sua nuova felicità. Durata 120 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)
Bana e Jude Law. Il regista che ha riletto il mito di Sherlock Holmes, nel suo personale e scanzonato modo di fare cinema, va diritto adesso al medioevo di Artù e dei cavalieri della Tavola Rotonda, dall’assassinio del padre, il buon re Uther, ad opera del cattivo fratello Vortirgern, alla crescita del ragazzo e del suo desiderio di vendetta, dagli insegnamenti dei maghi ai poteri della famosa spada Excalibur. Durata 126 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci anche in 3D e V.O.)
regista descrive la sua terra, dove tutto sembra essere violenza, dove si combatte e si tenta di sopravvivere: al centro lui, un poeta, che l’attraversa in una sorta di magica poesia a cavallo di un asino, e con lui la bellezza della Bellucci. Durata. 125 minuti. (Massimo sala 2 anche in V.O.)
Rooney Mara, Natalie Portman e Cate Blanchett. Nella cornice di Austin, la storia del discografico Fassbender, del compositore Gosling e della giovane Mara che scrive canzoni, un triangolo amoroso, il coinvolgimento della giovane cameriera Portman, il mondo musicale a far da cornice, Patti Smith e Iggy Pop compresi, i sentimenti, la religiosità, ancora uno studio sull’amore. Il tutto nello sguardo rarefatto del regista di “Tree of Life” e si “Knight of Cups”. Durata 145 minuti. ( F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 1, ReposiThe Space, Uci)
Finocchiaro e Andrea Carpenzano. Tratto liberamente dal romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini, è la storia del giovane Alessandro, romano di Trastevere, che vive le proprie giornate tra il bar, lo spaccio e l’amante che è la madre di un suo amico. Sarà l’incontro con un “non più giovane” poeta dimenticato a fargli riassaporare socialmente e culturalmente il gusto per la vita, in un bel rapporto che si va a poco a poco costruendo, senza lasciarsi alle spalle tutta la rabbia e quella speranza che i due si portano inevitabilmente appresso. Durata 106 minuti. (Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, Reposi, Uci)