Sabato 15 luglio, chiusi i battenti della mostra L’approdo inaspettato. I manoscritti torinesi di Antonio Vivaldi, inaugurata lo scorso 6 aprile presso la Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino.
Oltre 6 mila visitatori hanno sperimentato il viaggio tra più di 450 composizioni originali del compositore veneziano, che nel loro insieme non venivano esposte da ben 39 anni e hanno partecipato ai tanti concerti, conferenze e spettacoli teatrali realizzati ad hoc nell’adiacente Auditorium Vivaldi: un pubblico variegato, fatto di appassionati, esperti e turisti provenienti da tutto il mondo.

La mostra, curata da Franca Porticelli e Annarita Colturato e realizzata da ABNUT (Amici della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino) con il sostegno di Compagnia di San Paolo e Reale Mutua, ha messo in luce alcuni tra i fondi musicali più preziosi della Biblioteca Nazionale: la Raccolta Mauro Foà (costituita da 87 manoscritti e 66 opere a stampa) e la Raccolta Renzo Giordano (comprendente 167 manoscritti e 145 opere a stampa), note a livello internazionale specie per la presenza di opere in gran parte autografe di Antonio Vivaldi.
Molto apprezzati dal pubblico sono stati anche i tanti eventi collaterali alla mostra, organizzati da ABNUT in collaborazione con vari enti, associazioni ed orchestre. Un po’ di numeri: 3 convegni e 7 concerti durante il Festival Vivaldi, 12 giovedì vivaldiani successivi, con 4 opere di Vivaldi filmate e 8 concerti. Tanti gli ospiti d’onore protagonisti di questo fitto calendario: l’enfant prodige del violino Indro Borreani, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della RAI, eccellenze del pianoforte italiano come Gianluca Luisi e Sabrina Lanzi e l’autore teatrale Corrado Rollin che ha portato in trasferta all’Auditorium il format di BOH (Baretti Opera House).
“Tre mesi con Vivaldi e per Vivaldi, dice Franco Cravarezza presidente ABNUT, sono stati per me e i Volontari dell’Associazione, che ringrazio insieme alle curatrici, un’esperienza che riempie il cuore. La sorpresa nei volti e nei ringraziamenti delle migliaia di spettatori e visitatori che abbiamo accompagnato a scoprire lo straordinario patrimonio vivaldiano torinese è stata la soddisfazione più grande che ci portiamo dietro. Ora i manoscritti tornano nel Deposito Manoscritti e Rari della Biblioteca Nazionale, ma mi auguro di essere riusciti a farli entrare di più nel cuore dei torinesi e dei turisti.”
Le poesie di Alessia Savoini
La stagione è quella estiva ma gli eventi sono in programma da novembre 2017 sino al maggio del prossimo anno. Si tratta di Scena Ovest, cartellone di 12 appuntamenti ta prosa, musica, danza e circo contemporaneo per arrivare ad un Teatro multidisciplinare diffuso
Il 21 grande cabaret con Max Cavallari, la voce storica dei Matia Bazar
cui la virtuosa artista celebra in sette lingue le più grandi voci della musica italiana e internazionale degli ultimi cent’anni, riservando un posto speciale al periodo di successi condivisi con i Matia Bazar. Presentano Gino Latino di Radio GRP (media partner dell’evento) e Carlotta Iossetti.Il 21 luglio, invece, alle ore 20.30, presentato dal noto attore comico torinese Gianpiero Perone, per il cabaret è atteso invece Max Cavallari dei Fichi D’India, uno tra i migliori fuoriclasse italiani in assoluto nel campo della risata d’autore, che intratterrà il pubblico con la sua impareggiabile verve e un repertorio collaudato e amatissimo. Gran finale per la musica, il 30 luglio, con la grinta e la strepitosa voce di Alexia, e per il cabaret con l’ottimo Marco ‘Baz’ Bazzoni.
Anche quest’anno il Museo Nazionale del Cinema di Torino è partner della rassegna organizzata da Distretto Cinema e partecipa direttamente alla presentazioni di due serate evento:
TUTTE LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO
Aspettando il re – Commedia drammatica. Regia di Tom Tykwer, con Tom Hanks e Tom Skerritt. Periodo non felice per Alan Clay (ha appena divorziato dalla moglie, è senza casa e non ha il becco di un quattrino per pagare la retta della scuola della figlia, rischia persino il lavoro se non porterà a casa in grosso contratto) è inviato dalla sua società di informatica in Arabia Saudita per ottenere l’appalto dei servizi telematici nella città che si sta costruendo nel deserto. La burocrazia temporaggia e il sovrano imprenditore si fa attendere. Alan avrà così tutto il tempo per fare un bilancio della propria esistenza. Durata 98 minuti. (Greenwich sala 2)
Paul è uno scrittore in profonda crisi per l’abbandono della moglie, per l’abuso di alcol che lo perseguita, per un’ispirazione che non arriva. Si è ritirato in solitudine in una piccola casa alla periferia di Denver, dove sopraggiunge un misterioso quanto strano vagabondo per imporgli un personalissimo programma di recupero. Il protagonista dovrà ben presto accorgersi che non si tratta di un autentico aiuto. Durata 93 minuti. (Ideal, The Space, Uci)
Cane mangia cane – Azione. Regia di Paul Schrader, con Nicolas Cage, Willem Dafoe e Christopher Cook. Diesel, Troy e Mad Dog sono tre ex galeotti, cercano di reinserirsi nella vita civile in maniera piuttosto convinta senza trovare mai l’occasione adatta. La quale si presenta con l’offerta di un potente boss a compiere un nuovo, ultimo crimine… grazie al quale trovare finalmente la tanto sospirata sistemazione. Che cosa li potrebbe spingere a non accettare? Durata 93 minuti. (F.lli Marx sala Groucho)
come “I padroni della notte” e “Two lovers” si affida oggi ad un diverso genere cinematografico, quello dell’avventura, ma anche qui quell’”avventura” che mina allo stesso tempo il corpo e la mente. La storia di Percival Fawcett, ufficiale di carriera britannico, che all’inizio del Novecento ha l’incarico dalla Società Geografica Reale di recarsi al confine tra Brasile e Bolivia per effettuale importanti rilievi cartografici. La società, la famiglia, le difficoltà, la malattia, l’ossessione della ricerca di una città perduta, tutto contribuisce a rendere un ritratto e un film forse d’altri tempi ma comunque autentico, avvincente, degno della storia di un regista che amiamo. Durata 141 minuti. (Ambrosio sala 2, Eliseo Blu, Uci)
Lady Macbeth – Drammatico. Regia di William Oldroyd, con Florence Pugh, Christopher Fairbank e Cosmo Jarvis. Una delle opere più belle e convincenti viste all’ultimo Torino Film Festival, che fortunatamente la distribuzione di Teodora ha portato nelle sale. Ricavandone la vicenda dal romanzo “Lady Macbeth nel distretto di Mtsensk” scritto dal russo Nikolaj Leskov e portato poi nel mondo lirico da Shostakovich, qui trasportata da quei panorami alle brughiere dell’Inghilterra del 1865, la diciassettenne Katherine è costretta dalla volontà del padre a un matrimonio senza amore con un uomo più anziano di lei, che non la desidera e apertamente la trascura. Soffocata dalle rigide norme sociali dell’epoca, all’allontanamento del marito per questioni di lavoro, inizierà una relazione clandestina con un giovane stalliere alle dipendenze del marito, ma l’ossessione amorosa la spingerà in una spirale di violenza dalle conseguenze sconvolgenti, nell’eliminazione di chiunque voglia cancellare quella passione. L’autore è un giovane, trentasettenne, drammaturgo che ambienta la sua storia nel chiuso opprimente nelle stanze del grande palazzo, con pochissime concessioni all’esterno, scavando appieno ed egregiamente nei tanti caratteri, in specialmente in quello della sua protagonista, anti-eroina perfettamente lucida e sanguinaria. Durata 89 minuti. (Nazionale sala 1)
cui il padre ebbe generato il figlio maschio: grande ecatombe e vendetta della suddetta ma anche vendetta dei dignitari di corte che la seppelliscono viva e la trasportano in una sontuosa tomba al centro del lontano territorio persiano. Nei tempi nostri, la sempre suddetta principessa Ahmanet si risveglia tra gli sconquassi delle guerre orientali e porta distruzione sino a Londra, tra pugnali e pietre preziose e riti che coinvolgono l’appassito e rintontito ex eroe Tom Cruise che per stare a galla dello star system è costretto ancora una volta a ingarbugliarsi nelle sue solite mission impossible, in una lotta tra bene e male che cerca di nobilitarne il personaggio di soldato fanfarone e truffaldino. Il bello (si fa per dire) della storia affidata per il 99% alle dinamiche dei computer e per il restante all’espressività degli attori è di prendere la decisione sul finale di tener aperta la porta di un sequel che se ancora interesserà il pubblico potrà riempire un’altra volta le tasche di divo e divette. Durata 107 minuti. (Massaua, The Space, Uci)
Parliamo delle mie donne – Commedia drammatica. Regia di Claude Lelouch, con Johnny Hallyday e Sandrine Bonnaire. Il regista francese (com’è lontano il ’66 quando apparve sulla ribalta internazionale del successo con “Un uomo, una donna”) viaggia da decenni con le sue stelle comete della vita e dell’amore, dell’amicizia, dei piccoli e grandi tradimenti, con gli amori che si ritrovano, della famiglia, tra immagini sontuose e sceneggiature che gironzolano qua e là disseminando sentenze. Prendere o lasciare: ma “Les una et les autres” – “Bolero” da noi” – non si dimentica. Lelouch continua la sua filosofia di vita in questo secolo ormai più che avviato, questa volta radunando, grazie all’amico medico Frédéric, attorno alla tavola del fotoreporter Jacques Kaminsky – un rispolverato Hallyday -, eclissatosi tra i bellissimi panorami delle Alpi, le quattro figlie avuto parecchio distrattamente da altrettante diverse unioni. Il film è del 2014, arriva oggi qui da noi, un’occasione anche per chi ha (persino) dimenticato il nome di Lelouch o chi non lo ha mai scoperto. Durata 124 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Harpo)
Marisa Tomei e Robert Downwy jr. Ancora un’avventura per il giovane Peter Parker, che questa volta ha il volto del ventunenne Tom Holland – anche sugli schermo come spirito intraprendente e avventuriero e figlio del viaggiatore Fawcett in “Civiltà perduta” -, dopo quelli di Tobey Maguire e Andrew Garfield. Ancora la ricerca di un perfetto equilibrio nella vita quotidiana, con l’aiuto del miliardario Iron Man, sempre a mezza strada tra lo studente liceale in mezzo alle strade di New York e la maschera rossoblù del supereroe, una ricerca continua fino a che si profila all’orizzonte la figura del nuovo nemico da sconfiggere: l’avvoltoio. Durata 130 minuti. (Massaua, Centrale V.O., Grenwich sala 1, Ideal, Lux sala 1, The Space, Uci anche in 3D)
Greer, Amiah Miller e Andy Serkis. Dallo stesso regista del precedente “Apes Revolution”, un nuovo capitolo della lotta tra l’Uomo e la Scimmia, una guerra voluta da quelle frange estremiste che stanno dall’una e dall’altra parte. Da un lato le truppe del feroce colonnello Woody Harrelson, armate fino ai denti, dall’altro, con tutti i suoi compagni, Cesare, la scimmia evoluta, che nella ricerca di vendetta del nemico, incontra una giovanissima orfana, dal significativo nome di Nova, cui insegna le parole della semplicità e della fratellanza. Durata 142 minuti. (Ambrosio sala 1, Massara, Ideal, Lux sala 2, The Space anche in 3D, Uci anche in 3D e in V.O.)
Finocchiaro e Andrea Carpenzano. Tratto liberamente dal romanzo “Poco più di niente” di Cosimo Calamini, è la storia del giovane Alessandro, romano di Trastevere, che vive le proprie giornate tra il bar, lo spaccio e l’amante che è la madre di un suo amico. Sarà l’incontro con un “non più giovane” poeta dimenticato a fargli riassaporare socialmente e culturalmente il gusto per la vita, in un bel rapporto che si va a poco a poco costruendo, senza lasciarsi alle spalle tutta la rabbia e quella speranza che i due si portano inevitabilmente appresso. Durata 106 minuti. (Eliseo Rosso, Greenwich sala 2)
FINO AL 7 GENNAIO 2018
“grandezza” dei pezzi esposti, capace di emozionare fin da subito, al via di un percorso che si apre con una replica frammentaria del “Putto reggifestone” (1511-1512) attribuito a Raffaello Sanzio e parte dell’affresco “Il Profeta Isaia”, il più michelangiolesco di Raffaello, commissionato all’Urbinate dal
protonotaro apostolico Giovanni Goritz e conservato nella Basilica di Sant’Agostino a Roma. Capolavoro assoluto, insieme ad altri che documentano, fra Toscana e Veneto, i due centri rinascimentali d’eccellenza per quanto riguarda l’arte italiana, con opere del manierista fiorentino – nonché ritrattista ufficiale alla corte di Cosimo I de’ Medici – Agnolo Bronzino e del fiammingo (attivo soprattutto a Firenze) Giambologna, insieme ad altre firmate da Jacopo da Bassano e da Palma il Giovane. Dal Cinquecento al Seicento, il secolo del Barocco è rappresentato in tutto il suo esuberante splendore da opere del Guercino, dall’”Allegoria della Fortuna” con corona in mano, dipinto della maturità (1637) del
bolognese Guido Reni e dal possente modello in terracotta per il “Leone” della Fontana dei Quattro Fiumi ( posta al centro di piazza Navona a Roma) realizzata da Gian Lorenzo Bernini nel 1651 su commissione di Papa Innocenzo X. Del Seicento, a Bard si possono ammirare anche capolavori di pittori fiamminghi e olandesi, fra i quali Peter Paul Rubens (“L’Abbondanza coronata dalle Ninfe”) e Anton Van Dyck con la sua simbolica “Vergine con angeli musicanti”, eseguita dal pittore durante uno dei suoi soggiorni romani fra il 1622 e il 1623. Il veneziano Giovan Battista Piazzetta e le splendide vedute archeologiche del piacentino Giovanni Paolo Pannini ben rappresentano la sezione dedicata al Settecento, che si chiude con il bellissimo olio di Angelica Kauffmann (nata in Svizzera, cresciuta
in Austria e romana per scelta di vita), “L’Allegoria della speranza” che nel 1763 le spalancò le porte, a soli 23anni, dell’Accademia di San Luca. Sotto il segno del “ritratto” si snoda invece la sezione dell’Ottocento, con dipinti e sculture su cui primeggiano i gessi neoclassici del “nuovo Fidia” Antonio Canova e l’imponente “Atleta Trionfante” di Francesco Hayez, che nel 1859 realizzerà il famoso “Bacio”, conservato a Brera e considerato il manifesto dell’arte romantica italiana. A chiudere la rassegna, opere degli Scapigliati milanesi, da Tranquillo Cremona a Federico Faruffini, insieme a due oli, assai lontani dall’avventura futurista e così “magici” che non smetteresti mai di guardarli del torinese Giacomo Balla: il grande “Contadino” (di stampo divisionista) del 1902 e un intenso “Autoritratto” del 1950, perfino dolente con quella giovane figura femminile riflessa alle spalle che inesorabilmente accentua la distanza con l’immagine gravata dal tempo del vecchio artista.
“I capolavori dell’Accademia Nazionale di San Luca. Da Raffaello a Balla”