CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 798

Che meraviglia gli Zar alla Venaria

meraviglie_zar“Meraviglie degli Zar”, inaugurata venerdi’ 15 luglio alla Reggia di Venaria e che rimarrà aperta fino al 29 gennaio 2017, ripercorre lo splendore di uno dei complessi di palazzi e fontane più sontuosi d’Europa: grandi proiezioni, immagini e un centinaio di opere tra dipinti, abiti, porcellane, arazzi ed oggetti preziosi provenienti dalle sale auliche di Peterhof, rievocano una delle più importanti e prestigiose residenze dei Romanov, oggi meta principale del turismo culturale in Russia.

La mostra è stata curata da Elena Kalnitskaya in collaborazione con the Peterhof State Museum-Reserve di San Pietroburgo, la quale ha ringraziato tutti i collaboratori della Reggia di Venaria e, riferendosi all’atroce attentato di Nizza, ha ricordato che solo la cultura l’arte e la bellezza sono in grado di unire il mondo.

Il percorso di visita si apre con una presentazione di Peterhof e dei personaggi che lo abitarono, a cominciare dal grande arazzo di Pietro il Grande. Una selezione poi di opere ed oggetti, acquistati dai Romanov durante i loro viaggi in Europa negli spettacolari Gran Tour e di quelli invece commissionati dagli Zar agli artisti e artigiani russi, ricostruiscono in mostra lo sfarzo della corte russa ed i rapporti intercorsi nell’arco dei secoli tra i Romanov ed i Savoia. Sito in un grande parco sulle rive del Mar Baltico vicino a San Pietroburgo, il primo palazzo di Peterhof fu costruito da Pietro il Grande (da cui ha origine il nome), al quale si aggiunsero nel corso degli anni altri splendidi edifici e giardini voluti dai successivi sovrani russi, da Caterina la Grande fino a Nicola II. Peterhof è testimonianza del gusto dei sovrani che l’hanno abitata e riassume oggi i tratti più caratteristici della cultura russa: 430 ettari di parco, più di 150 fontane, 96 metri di canali, 135 costruzioni idriche, 33 musei ospitati ed oltre 4 milioni di visitatori l’anno. Sono questi alcuni numeri impressionanti di Peterhof, una delle più sfarzose residenze imperiali d’Europa e delle più note dimore estive dei Romanov, che racconterà fino al prossimo anno, il suo splendore alla Reggia di Venaria, grandioso complesso monumentale sabaudo alle porte di Torino, proclamato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e considerato uno dei simboli della magnificenza dell’architettura barocca europea molto ammirato in questi giorni da tutti i curatori della mostra giunti dalla Russia. L’ultimo incontro ufficiale tra i Romanov e i Savoia avvenne in Piemonte, nel Castello Reale di Racconigi nel luglio del 1909. La Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 chiuderanno definitivamente un’intera epoca storica.

 

Donatella Actis – www.regione.piemonte.it

Informazioni su www.lavenaria.it

“Per l’onore di Irlanda”

IRLANDASono passati cento anni dai tragici eventi di quella che è passata alla storia come la Rivolta di Pasqua. Nel 1916, gli irlandesi – piccola e antica nazione europea, cristianizzata da Palladio e San Patrizio – presero le armi per liberarsi dal giogo plurisecolare dell’Inghilterra, l’insurrezione venne soffocata nel sangue dell’esercito britannico. Sull’argomento, nell’anno della cosiddetta “Brexit”, ovvero l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, si è parlato e scritto poco. Eppure l’Isola di Smeraldo non è un teatro secondario nella storia della civiltà europea ed occidentale. A colmare questo vuoto c’è “Per l’onore dell’Irlanda – L’insurrezione irlandese del 1916”, un agevole testo di Paolo Gulisano edito per i tipi de “Il Cerchio”. Con uno stile conciso, essenziale, ma assolutamente chiaro anche per chi fosse un neofita di storia irlandese, l’autore – medico, saggista ed autore di moltissime pubblicazioni sull’Irlanda e su Tolkien, di cui è senza tema di smentita il massimo conoscitore italiano – descrive le complesse vicende che coinvolsero l’Irlanda nella guerra di indipendenza del 1916, spiegandone con particolare cura gli antefatti, sino a giungere alla firma del Trattato del 1921 che diede vita allo Stato Libero di Irlanda, che portò poi il Paese ad una guerra civile. Pur essendo “tifoso” della causa isolana, tuttavia, Gulisano riesce a creare una tensione ideale che porta il lettore a seguire le vicende della sfortunata isola, oggi destinato, dopo il voto inglese, ad essere l’unico rappresentante delle Isole Britanniche a Strarburgo e Bruxelles.

Massimo Iaretti

La formica rossa

MAZZI3“…poi s’aggiustó la barbonica sulle ginocchia, regoló, le cinghie e partí, sparato con La formica rossa, trascinando tutti nel canto all’infuori del Gianí che, per il casót, non ricordava piú, chi avesse fatto in prima mano cinque e uno sei e uno sette…”. Uno dei più fortunati romanzi di Benito Mazzi, giornalista e scrittore di talento, s’intitola proprio “La formica rossa”, dal titolo della canzone che rappresentava un vero e proprio cavallo di battaglia per chi suonava nelle osterie e nelle feste popolari di Vigezzo negli anni dell’immediato dopoguerra ( “E la furmìa rusa la rampia sù pal mùr, cun la camisa cùrta la mustra tùt ul cùl”). La valle Vigezzo, la “valle dei pittori”, con i suoi sette comuni che si distendono da Druogno a Re, è la “patria” di Benito Mazzi, il luogo dell’anima dove raccoglie gli spunti per le sue storie, dal “Piano delle streghe” a “La formica rossa“, da “La valle del miracolo” a “La ragazza che aveva paura del temporale“, solo per ricordare alcuni  titoli dei suoi innumerevoli lavori. Scrive bene, Mazzi. E inchioda il lettore, pagina dopo pagina, a queste storie di confine, su quest’altipiano  stretto tra le montagne sul crinale della frontiera con la Svizzera. Ma “La formica rossa” é molto più di un romanzo: è l’autobiografia dell’autore, la storia di una comunità, delle sue tradizioni e della cultura di una valle alpina, un atto d’amore per la sua gente e il suo dialetto espressivo e colorito. Quando nelle vallate alpine e nelle campagne imperava la miseria anche le volpi affamate si spingevano alle porteMAZZI4 dei paesi e “abbaiavano” come cani. Era il tempo, per dirla con Mazzi, in cui “ i più fortunati tra gli uomini avevano il posto in ferrovia, nella Vigezzina, o si seccavano i polmoni a oncia a oncia nei forni a Domodossola; agli altri non restava che dire sì ai mercanti di boschi e rompersi la schiena dietro le teleferiche e nei canaloni a inviar giù bore, con la socia della ranza sempre lì pronta a tirargli lo sgambetto”. L’incidente mortale, per i boscaioli, era sempre in agguato e bastava una piccola disattenzione per rimetterci la pelle. “Chi aveva ancora energie da spendere – scrive Mazzi – alla festa tagliava il fieno nei prati e di notte viaggiava di contrabbando coi canarini (la guardia di finanza, ndr) dietro a soffiargli sul collo. A vangare, seminare e regolare la magra campagna provvedevano le donne. E anche alle bestie. Le donne e i vecchi. Con la rela che girava c’era poco da sfogliar verze”.  Come dire che, con la fiacca che c’era, non era proprio il caso d’essere ottimisti e occorreva stringere oltre alla cinghia anche i denti. La penna di Mazzi anima una folla di personaggi che irrompono nelle vicende narrate, con il loro modo di parlare e di prendere la vita di tutti i giorni che affascina, coinvolge, fa pensare. In questo suo lessico famigliare s’incontrano la maestra Lina ,mamma dell’autore, l’Albért  – suo padre – e il fratello Lauro, insieme a quell’umanità varia del Cicia, l’Andre, il Luganiga, il Jepe, il Gianca, la Gianna, il Giampi, il Fede e tutti gli abitanti della vigezzina Re, il paese del Santuario della “Madonna del sangue”, dove la vicenda è ambientata. Benito Mazzi – giornalista, narratore e saggista –  ha pubblicato per le più importanti case editrici decine di libri ed è tradotto in diversi paesi europei e MAZZI2negli Usa. Il suo legame con la valle dove è nato e da sempre abita è stato il filo conduttore di gran parte delle sue storie, come nel caso di “Fam, Füm, Frecc. Il grande romanzo degli spazzacamini”, edito da Priuli & Verlucca. Tra l’altro è l’autore di alcuni libri sul ciclismo (“Palmer, borraccia e via”,” Morello, la fugascìna e la febbre del Giro”,” Coppi, Bartali & Malabrocca”, “Kubler,Koblet,croci torti e pianezzi”) molto belli e appassionanti. Il tempo dell’infanzia e dei ricordi, della “formica rossa” suonata nelle osterie e nelle balere, passa e lascia una punta d’amaro anche in Mazzi quando riflette che“..ne erano passati di anni, eppure sembrava ieri il tempo delle elementari. Com’era mutato il paese!. Da bocia mi vergognavo di chiamare mio padre in italiano, mi vergognavo del suo vestire in ordine, con cravatta e colletto inamidato; ora a vergognarsi era chi parlava in dialetto, chi indossava le braghe alla sbof di MAZZI 1fustagno… La Svizzera coi suoi franchi aveva profondamente modificato uomini e cose… La gente, invece di godere assennatamente del nuovo benessere, non ne aveva mai a basta,s’affannava dietro qualcosa di indefinito, di irraggiungibile, era inquieta, fredda come le case, non avvertiva più il piacere, la necessità di stare unita come quando abbaiava la volpe…”. E allora, non potendo rovesciare la clessidra e tornare indietro nel tempo, leggendo e rileggendo “La formica rossa” si può almeno immaginare quel mondo, apprezzandone i valori che saranno stati anche semplici ma certamente sani e genuini.

 

Marco Travaglini

Cultura e fede, si rinsalda il legame tra territori

curtatoneIl collegamento tra la Valcerrina ed il Santuario di Crea, da un lato, e il Comune di Curtatone e il Santuario delle Grazie, a pochi chilometri da Mantova, dall’altro, ha compiuto il primo passo ufficiale. Dopo l’incontro, nella sede di Progetto Gonzaga, l’associazione per il gemelleggio tra le città Gonzaghesche presieduta dallo studioso Paolo Bertelli, tra il vice sindaco ed assessore alla cultura e turismo di Curtatone, Federico Longhi, e Massimo Iaretti, consigliere delegato al turismo dell’Unione Valcerrina, avvenuto alcuni giorni prima di ferragosto, è stato effettuato il primo passo ufficiale. Da Cerrina, sede dell’Unione, è partita una lettara, a firma del presidente Maria Rosa Dughera e del consigliere delegato, nella quale si esprime la manifestazione di interesse per istaurare tra le due realtà amministrative (Unione e Comune di Curtatone) un legame di collaborazione e corrispondenza, finalizzato ad avvicinare le due realtà territoriali dato legame storico e culturale costituito dal denominatore comune del Ducato di Mantova e Monferrato all’epoca dei Gonzaga. “Ciò che rende ancora più forte questo legame – è stato scritto – è nella presenza nel territorio unionale del Santuario di Crea, Patrimonio dell’Umanità, che ebbe, all’epoca dei Gonzaga in Monferrato, un notevole impulso artistico, architettonico e devozionale, coe “Cittadella della Fede”, affiancata alla “Cittadella” militare, qual era Casale Monferrato. L’Unione si dichiara disponibile, sin dal mese di settembre, ad un incontro per approfondire i legami di collaborazione, in attesa della risposta dell’amministrazione comunale di Curtatone. Il consigliere Iaretti ha anche incontrato il rettore del Santuario di Crea, monsignor Francesco Mancinelli, cui ha illustrato il progetto e che si è detto disposto a recarsi a Curtatone per prendere contatto anche con la realtà del Santuario delle Grazie.

 

MTV Digital Days alla Venaria il 9 e 10 settembre

VENARIA NOTTEMTV Digital Days alla Reggia di Venaria il 9 e 10 settembre. La prestigiosa rassegna musicale, dopo l’edizione dello scorso anno a Monza, torna nella location torinese dove venne già ospitata nel 2013 e 2014. Al centro della kermesse l’innovazione digitale applicata alla musica e allo spettacolo. Tra i nomi di spicco Annalisa, Fabio Rovazzi, il DJ e Steve Aoki che, con Luca De Gennaro, proporrà il documentario “I’ll Sleep When I’m Dead”. Presenti anche gli youtubers Sofia Viscardi, Michele Bravi e Luca Chikovani, Beatrice Venezi, il più giovane direttore d’orchestra (dirige la Nuova Orchestra Scarlatti di Napoli) e il rapper Rocco Hunt.Inoltre un approfondimento sul tema del Sound Design e Mixing nella musica elettronica.

Comincia bene il ponte di Ferragosto al Museo del Risorgimento

450 visitatori oggi al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano: comincia bene il ponte di Ferragosto. Massiccia la presenza di turisti stranieri.

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Sono stati circa 450 i visitatori che oggi si sono recati al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino, inaugurando in modo molto positivo il ponte di Ferragosto. La maggioranza è costituita da turisti stranieri. Dall’inizio del mese di agosto si contano in totale 3.100 ingressi. Domani, domenica 14 agosto, il Museo sarà aperto dalle ore 10.00 alle ore 18.00 (ultimo ingresso ore 17). Alle ore 15.30 sarà possibile seguire una visita guidata all’esposizione museale e alla mostra “Torino e la Grandeguerra 1915-1918”. Il costo sarà di 4 euro a persona da aggiungersi al prezzo del biglietto di ingresso.

Ferragosto: apertura straordinaria e prolungata fino alle ore 20, vista guidata e laboratorio animato per i bambini. A Ferragosto il Museo resterà straordinariamente aperto con orario prolungato dalle ore 10 alle ore 20 (ultimo ingresso ore 19). Alle ore 15.30 ci sarà la consueta visita guidata, mentre alle ore 16.30 verrà organizzato per tutti i bambini fino ai dodici anni il laboratorio itinerante animato dalle nostre giovani guide “L’enigma del Risorgimento”.

Sempre valida infine la promozione riservata alle famiglie che consente l’ingresso con un biglietto dal costo di 18 euro fino ad un massimo di cinque persone (due adulti e tre bambini).

Tutte le informazioni sul sito www.museorisorgimentotorino.it.

Agosto tra storia e cultura al Museo del Risorgimento

Visite guidate per tutti, laboratori per bambini e ragazzi, apertura straordinaria e prolungata il giorno di Ferragosto: anche d’estate il Museo offre iniziative per ogni tipologia di pubblico

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Durante il mese di agosto 2016 il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano sarà regolarmente aperto tutti i giorni  dal martedì alla domenica dalle ore 10.00 alle ore 18.00 (ultimo ingresso ore 17). Per tutti i sabati e le domeniche del mese alle ore 15.30 sarà possibile seguire una visita guidata all’esposizione museale e alla mostra “Torino e la Grande guerra 1915-1918”. Il costo sarà di 4 euro a persona da aggiungersi al prezzo del biglietto di ingresso.

Inoltre, per offrire maggiori opportunità di visita a quanti saranno a Torino durante il week end di Ferragosto il Museo resterà straordinariamente aperto con orario prolungato lunedì 15 agosto 2016, dalle ore 10 alle ore 20 (ultimo ingresso ore 19). Alle ore 15.30 ci sarà la consueta visita guidata, mentre alle ore 16.30 verrà organizzato per tutti i bambini fino ai dodici anni il laboratorio itinerante animato dalle nostre giovani guide “L’enigma del Risorgimento”: attraverso il gioco i ragazzi parteciperanno attivamente allo svolgimento della visita, scoprendo gli oggetti e i simboli di sala  che spiegano le vicende e i protagonisti principali di questo periodo storico. Il costo è di 4,5 euro per bambino e 5 euro per  genitori che li accompagneranno. Sempre valida infine la promozione riservata alle famiglie che consente l’ingresso con un biglietto dal costo di 18 euro fino ad un massimo di cinque persone (due adulti e tre bambini).

Più museo,  più gelato

Sarà un dolce Ferragosto per tutti i bambini che visiteranno  il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano. Grazie alla collaborazione con la gelateria + di un Gelato si propone l’iniziativa “Più museo, più gelato”:  lunedì 15 agosto 2016, tutti i bambini fino ai 12 anni che verranno al Museo riceveranno in biglietteria un voucher che permetterà loro di ritirare gratuitamente presso la sede della gelateria in Galleria Subalpina un cono gelato baby  a fronte del pagamento di un gelato medio da parte di un accompagnatore adulto.

Tutte le informazioni sul sito www.museorisorgimentotorino.it.

Fede, cultura (e turismo) nelle terre gonzaghesche

iari gonzagaUn percorso devozionale che colleghi due luoghi di culto che ebbero il loro sviluppo sotto il governo dei Gonzaga nei differenti territorio del Ducato di Mantova e Monferrato. E’ la proposta che Massimo Iaretti, consigliere delegato dell’Unione dei Comuni della Valcerrina ha esposto martedì 9 agosto nella sede di Progetto Gonzaga (l’associazione che opera per il gemellaggio tra le città gonzaghesche) nella frazione Grazie di Curtatone, comune alle porte di Mantova, famoso per la battaglia della Prima Guerra di Indipendenza. Ma Curtatone ospita anche il Santuario intitolato alla Beata Vergine Maria delle Grazie, chiesa in stile gotico lombardo, che sore proprio a Curtatone insistendo sull’ampio piazzale dove ogni Ferragosto, da 44 anni, si radunano i Madonnari di tutta Italia. E qui verso la fine del XIV secolo, per grazia ricevuta, Francesco Gonzaga, fece erigere un tempio alla Madonna che aveva fatto cessare l’epidemia della peste che aveva colpito i mantovani. Iaretti, su incarico del Presidente dell’Unione dei Comuni della Valcerrina, Maria Rosa Dughera e della giunta unionale, ha esposto la proposta di un collegamento tra “Le Grazie” come viene chiamata dai mantovani e il Santuario di Crea, inserito dall’Unesco nella Lista dei beni Patrimonio dell’Umanità, insieme agli altri Sacro Monti e percorsi devozionali piemontesi e lombardi. Crea, “Cittadella della Fede” ebbe il suo grande sviluppo artistico dotto la dominazione dei Gonzaga nel Monferrato. Alla presenza del presidente dell’associazione Paolo Bertelli, giornalista, studioso profondo conoscitore dei Gonzaga e consulente di Palazzo Ducale a Mantova su nomina del ministro dei Beni culturali Franceschini, Iaretti e Federico Longhi, vice sindaco di Curtatone, con delega a cultura e turismo, hanno discusso per oltre un’ora dei possibili collegamenti tra le due realtà, quella di Curtatone e dell’intera Valcerrina, al cui territorio appartiene geograficamente il Santuario di Crea e si è convenuto che il primo passo sarà una lettera di manifestazione di interesse da parte dell’Unione della Valcerrina che verrà recepita positivamente dal Comune di Curtatone, dove – tra l’altro – dal 12 al 16 agosto si terrà la “Antichissima Fiera delle Grazie” (al cui interno di svolge il 44esimo Incontro nazionale dei Madonnari) evento che ogni anno richiama oltre 350 mila persone non solo dal Mantovano. Dal canto suo Bertelli ha sottolineato che “il collegamento tra Casale e Mantova (città che da qualche anno hanno siglato un protocollo d’intesa) sta a quello tra il Santuario delle Grazie ed il Santuario di Crea”. Successivamente Iaretti e Bertelli hanno incontrato nel Santuario delle Grazie il rettore, don Giovanni Lucchi, al quale hanno esposto, informalmente, l’idea. Idea che in Monferrato era già stata avanzata a livello embrionale al rettore del Santuario di Crea e per la quale nelle prossime settimane verrà richiesto un incontro con il Vescovo di Casale, monsignor Alceste Catella.

Nella foto da sinistra:Bbertelli, Longhi, Iaretti

Il museo Accorsi – Ometto non va in vacanza

accorsi3Anche quest’anno il museo Accorsi – Ometto non va in vacanza: per tutto il mese di agosto il museo vi aspetta con il suo programma di iniziative per permettere a tutti di trascorrere l’estate all’insegna dell’arte e della cultura. Tra le novità di quest’anno, l’apertura dello storico studiolo di Pietro Accorsi, dove il celebre antiquario amava ritirarsi per leggere, studiare un’opera d’arte, o ricevere gli ospiti. La stanza si aggiunge alle 27 sale arredate della collezione permanente, e sarà pertanto visibile a tutti i visitatori, sia delle mostre in corso che del museo. Non meno importante è il magnifico e raro candelabro in bronzo della seconda metà del Settecento, da un modello del celebre bronzista Juste-Aurèle Meissonnier, il primo e unico finora conservato a Torino.

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L’opera fa parte delle recenti acquisizioni che il Museo ogni anno si impegna a svolgere, aumentando il prestigio delle proprie collezioni e “riportando a casa” opere legate alla nostra città e alla nostra cultura. La mostra in corso, che si protrarrà fino al 4 settembre, permette di riscoprire l’arte e la poetica di Andrea Gastaldi, uno dei più importanti maestri dell’Accademia Albertina. Per l’occasione, ogni giovedì sarà possibile disegnare in mostra, prendendo spunto proprio dagli insegnamenti di Andrea Gastaldi: l’ingresso è gratuito per chi ha il biglietto della mostra.

Le Veneri di Sandro Botticelli a confronto

“Venere incontra Venere”, ponendo l’una a fianco all’altra la Venere di Torino, uscita a metà dell’Ottocento dal fiorentino palazzo Ferroni, pervenuta a Londra e all’inizio degli anni Venti nella collezione di Riccardo Gualino, poi sino al 1940 presso l’ambasciata italiana della capitale inglese, e quella proveniente dalla Gamaldegalerie di Berlino

VENERE BOTTICELLI

Quando si dice “Venere del Botticelli” s’intende quasi sempre quella che, sospinta dal soffio di Zefiro e Clori e affiancata dall’Ora colta nell’atto di porgere un rosso quanto floreale mantello, pronta ad approdare a Citera o a Cipro (o forse, in territorio italiano, nei pressi di Fezzano di Portovenere, dove il suo modello, la bellissima Simonetta Cattaneo, figlia di Gaspare Cattaneo della Volta e di Cattocchia Spinola, aveva casa, prima di andare sposa sedicenne in Firenze a Marco Vespucci, lontano cugino dell’esploratore del Nuovo Mondo, amata da Giuliano de’ Medici, cantata dai poeti e regina di tornei, ritratta anche da altri artisti, Piero di Cosimo la rappresenta come Cleopatra, fissata nel suo seno nudo contro un panorama di nubi e alberi ed un aspide avvolto attorno al collo, morta a soli ventitré anni probabilmente di tisi), si ammira dall’ormai lontano 1815 nella sala degli Uffizi, già appartenuta a Lorenzo di Pierfrancesco de’ Medici e collocata nella villa di Castello. “Veneri” altrettanto belle e intriganti sono quelle che si potranno ammirare sino al 18 settembre negli spazi della Galleria Sabauda, due esempi di dea “anadiomene” (ovvero “che sorge dall’acqua”) di quella Bellezza ispirata alle “Metamorfosi” di SABAUDA4Ovidio e allineata a quell’Ideale Armonico che trovò posto nell’Umanesimo fiorentino, intriso di cultura classica, coltivato, come in una rinnovata epoca aurea, dalla famiglia che con Cosimo aveva preso il potere, dai pittori amici e protetti pronti a esaltarne la munifica grandezza, dai poeti di corte come Poliziano, dal neoplatonismo di Marsilio Ficino e Pico della Mirandola.

“Venere incontra Venere”, ponendo l’una a fianco all’altra la Venere di Torino, uscita a metà dell’Ottocento dal fiorentino palazzo Ferroni, pervenuta a Londra e all’inizio degli anni Venti nella collezione di Riccardo Gualino, poi sino al 1940 presso l’ambasciata italiana della capitale inglese, e quella proveniente dalla Gamaldegalerie di Berlino. Ne esiste una terza, che sino a metà dell’Ottocento seguì la stessa strada delle consorelle, per prendere poi quella che la portò alla galleria Bohler di Monaco, da cui venne ceduta ad un collezionista di Lucerna: tutte ascritte alla maestria di Botticelli con apporti di quella bottega che, morto il suo maestro Filippo Lippi, era riuscito a creare attorno a sé. Non trascurando i ricordi tramandatici dal mercante fiorentino Antonio Billi secondo cui il pittore andava eseguendo bellissime donne nude e le parole con cui nelle “Vite” Giorgio Vasari confermava quella notizia: “Per la città, in diverse case fece tondi di sua mano, e femmine ignude assai”. Dice la direttrice Enrica Pagella, che ha fortemente voluto questi confronti e che promette altri appuntamenti per i mesi a venire: “La precisione e la grazia del disegno, la delicatezza dei colori e il soave pallore perlaceo del corpo nudo di Venere, posto al centro della composizione, alludono alla purezza dell’amore come forza motrice della natura”. Inutile negare che ad un occhio distratto le due tele possono apparire eguali. Ma all’occhio attento e mai frettoloso, studioso e appassionato, piacerà vedere le piccole o maggiori differenze delle due realizzazioni, di questa sabauda1Bellezza (la Venere pudica) che nasconde con le mani il seno e il pube, dal leggerissimo, impalpabile velo che copre scendendo fino ai piedi la nudità o l’ombra più scura o i capelli ramati che segnano la Venere torinese, tratti impercettibilmente più adulti, lunghi capelli biondi che scendono lungo la spalla destra, le dita della mano sinistra più ravvicinate per quanto riguarda il quadro berlinese. E ancora il diverso volume del corpo, l’oscuro spazio di fondo di differente ampiezza sia alla base che in alto, la scentratura dell’ingombro del corpo verso destra che ancora differenziano la doppia Venere. Al loro fianco, a concludere la compattezza della piccola mostra, esempio marmoreo, ancora un’Afrodite anadiomene risalente al II secolo d.C., e sormontata da una testa di epoca rinascimentale. L’opera, oggi patrimonio della Soprintendenza Archeologica del Piemonte e conservata a Palazzo Chiablese, venne acquistata da Carlo Emanuele I, già nella collezione romana di Gerolamo Galimberti che a sua volta l’aveva acquistata nel 1565 da Francesco Lisca.

Elio Rabbione