La Mole Antonelliana, simbolo per eccellenza di Torino, ospita il Museo Nazionale del Cinema, una delle istituzioni culturali più conosciute e apprezzate della città, come dimostra il fatto che si è appena classificato al settimo posto nella lista, stilata dal popolare sito di recensioni Tripadvisor, dei musei più amati dagli italiani nel 2017. Anche i numeri confermano la bontà del lavoro compiuto dal Museo per avvicinare il grande pubblico al magico e articolato mondo del cinema: dalla sua apertura nel 2000 i visitatori sono stati quasi sette milioni e solo nel 2016 sono stati staccati oltre seicento mila biglietti di ingresso. Le ragioni di tale successo sono da ricercare non solo nel vasto e prezioso patrimonio posseduto – circa un milione e ottocentomila opere tra fotografie, manifesti, materiali pubblicitari e artistici, apparecchi cinematografici, film, fascicoli, riviste, partiture musicali e registrazioni video e sonore – ma anche nelle attente scelte di ordinamento e allestimento della collezione che portano il visitatore ad assumere un ruolo attivo nel processo di conoscenza.
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Il percorso di visita, che si sviluppa in verticale, è diviso in quattro macro sezioni, ognuna delle quali dedicata a un particolare aspetto della settima arte. La scoperta del museo ha inizio al primo piano dove assoluta protagonista è l’archeologia del cinema: infatti, attraversando le sale di questa prima sezione è possibile conoscere i principi di ottica e i sistemi di funzionamento alla base dei primi apparecchi che, capaci di dare vita a spettacoli ottici, anticipano il cinema moderno, nato nel 1894. Il secondo piano è invece interamente dedicato a raccontare le diverse componenti e fasi dell’industria del cinema a partire dalla stesura del soggetto e della sceneggiatura, passando attraverso la scelta del cast, delle scenografie e dei costumi, per arrivare alla registrazione, al montaggio e infine alla proiezione in sala delle pellicole. La «Galleria dei Manifesti» costituisce la terza sezione del museo che, raccogliendo le locandine destinate a promuovere le pellicole cinematografiche, consente di ripercorrere la storia del cinema e in parallelo di osservare come sono cambiate la grafica e la cartellonistica pubblicitaria nel corso del tempo.
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Ultima tappa dell’itinerario di visita è la spettacolare «Aula del Tempio» in cui, oltre a poter
assistere a proiezioni sempre diverse stando comodamente sdraiati sulle rosse chaises longues, si ha la possibilità di esplorare una serie di aree espositive che, concepite in modo tale da evocare i differenti set cinematografici, sono dedicate specificatamente a un tema o a un genere della storia del cinema. L’«Aula del Tempio», che costituisce il cuore pulsante del Museo, è costantemente attraversata dal grande e silenzioso ascensore verticale che ha le pareti e il pavimento trasparenti e che in meno di un minuto permette ai visitatori di raggiungere la terrazza panoramica. Posta a 85 metri d’altezza, costituisce un punto di vista privilegiato da cui ammirare i tetti della città e le Alpi all’orizzonte.
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A completare il percorso di visita, arricchito dalla costante presenza di QR code attraverso cui è possibile accedere a interessanti approfondimenti, è la lunga rampa che, correndo lungo le pareti del perimetro interno della grande «Aula del Tempio», disegna
una sorta di spirale a salire verso la cupola. Tale rampa è lo spazio designato ad ospitare le esposizioni temporanee come BESTIALE! Animal Film Stars, visitabile sino al prossimo 8 gennaio. La mostra celebra gli animali protagonisti del grande schermo (dal cane di Torna a casa, Lassie! sino al maialino Babe, protagonista del film uscito nelle sale nel 1995), spiegando chi è, come viene addestrato e che cosa fa un animale attore, senza dimenticare di raccontare l’importanza assunta nel corso del tempo da effetti speciali e sofisticati robot, tecnologie che, non solo in riferimento alle pellicole che hanno per protagonista il mondo animale, giocano sempre più un ruolo fondamentale nel colorato mondo della settima arte.

Sono quasi quarant’anni che Pippo Leocata intaglia e lavora il legno. Con risultati sorprendenti, divertendosi un mondo e sfoderando doti manuali che gli derivano dal grande mestiere così come dai lontani studi d’architettura
importante “novità”: finalmente il buon Pippo s’è deciso a far uscire di casa, dal laboratorio-studio di via Arona a Torino (un po’ “tana” d’artista, un po’ luogo da favola dove la quotidianità, umana e creativa, non è mai realtà scontata) le sue più che maggiorenni ed amatissime “creature lignee”. Ben venticinque, la maggior parte di grandi dimensioni, datate fra gli Anni ’90 a oggi ed esposte per la prima volta nella suggestiva cornice del “Golf & Relais Feudo di Asti”, nell’ambito
dell’iniziativa culturale “Feudarte”, ideata a partire dal giugno scorso come valore aggiunto alle svariate attività proposte dal noto Feudo astigiano. Per Leocata, prima mostra in assoluto di “legni”, colorati e non; compensati di diverse essenze (dal teak al pino, dal pitch pine al pioppo alla betulla) e di agevole lavorazione. Legni amati al tatto, respirati in profondità, ricchi di doti cromatiche naturali e irraggiungibili attraverso l’uso pur sapiente della pennellata; legni
recuperati in ogni minima porzione e fra di loro assemblati con certosino puntiglio per arrivare a magici essenziali effetti narrativi in un procedere ai limiti del “maniacale”, nell’intagliare, nel sovrapporre “legno a legno” (quasi a creare situazioni tridimensionali ) nell’aggiungere, più che nel sottrarre, ritagli e profili e scarti riutilizzati “come se fossero –sottolinea l’artista– pennellate su tela o segni di matita su carta”. Rispetto alla pittura cambia dunque la tecnica e gli “attrezzi” di lavoro. Ma i soggetti restano inconfondibilmente e assolutamente i “suoi”, fra memorie del passato più remoto profondamente legato ai miti e alla storia della sua terra e segni di emozionale e quotidiana attualità. Fra sacro e profano, l’itinerario espositivo presenta tre imponenti “Crocifissioni” (da strapparti l’anima il “Crocefisso blu” su pannello specchiante”), ma anche gli “Amanti”, legni colorati e acrilico in omaggio all’“Olympia” di Manet o il “Reperto archeologico” realizzato pensando alla frammentaria “Testa di cavallo” di Fidia conservata al British Museum e proveniente dai Frontoni del Partenone; per proseguire con il “Tondo Etneo” (chiaro esempio di
come la cromia complessiva dell’opera sia data non tanto dal colore ma dalle diverse essenze del legno) e il lungo fil rouge che lega l’immagine ricorrente del “suo” Vulcano – di “natura divina” e dalle più improbabili e suggestive eruzioni – ai suoi cavalli alati alle rocche ai castelli al grande Sole infuocato della sua Sicilia e ai suoi guerrieri in armi, mitici eroi protagonisti della storica battaglia di Adrano (Adranon) che nel 344 a. C. servì a liberare la città dalla dominazione siracusana. Memorie di un passato che affonda le radici nella notte dei tempi, accanto ad altre più recenti e più impattanti nella vita dell’artista: si vedano, fra i lavori più suggestivi, “Angeli Sì” e
“Angeli No”, così come il “Ricordo delle Vigne” dedicato da Pippo alla memoria dell’amato padre. O, ancora, in prosecuzione del filone artistico-letterario (ultimo “pallino” dell’artista), la “Fine del ‘68” omaggio alla figura di Eugenio Montale, con quella grande luna bianca che sembra uscire d’impeto dalla pancia del Vulcano per abbracciare i toccanti versi del poeta: “Ho contemplato dalla luna, o quasi, il modesto pianeta…Dentro c’è anche l’uomo, ed io tra questi…Se uno muore non importa a nessuno purché sia sconosciuto e lontano”. Parole scritte nel ’71. Ma quanto attuali! Storie e ancora storie. Che arrivano da lontano e si ripetono nel tempo. Dentro ci vive l’uomo. Dentro c’è Pippo Leocata, che queste “storie” ci regala per immagini impresse nel legno: “Anche con il più piccolo pezzo di legno. Che, se messo al posto giusto, ha sempre una vita da raccontare”.
Gli appuntamenti del weekend
SABATO 23 SETTEMBRE ALLE ORE 17.00
DOMENICA 24 SETTEMBRE ALLE ORE 17.00
“Piccolo me. Restare o diventare bambini”. Nella sua tredicesima edizione, quest’anno, Torino Spiritualità, in programma a Torino dal 21 al 25 settembre prossimi, rivolge lo sguardo al mondo dell’infanzia, cercando, però, di intravedere nell’universo degli adulti ciò che è rimasto del loro essere piccoli,
gente del quartiere di Belleville. In “Le strade” un uomo e un bambino, padre e figlio, percorrono strade di cenere attraverso un paesaggio esausto. Sono l’uno il mondo intero dell’altro, impegnati in un viaggio tenace verso la costa. A guidarli è la convinzione di essere i “buoni”, coloro che portano il fuoco, in un universo da cui è stata bandita qualsiasi luce. Luigi Lo Cascio dà voce alla profezia che è valsa al suo autore, Cormac McCarthy, il premio Pulitzer, per un romanzo indimenticabile sugli aspetti migliori e peggiori dell’essere umano.Martedì 19 settembre si terrà nella Sala Grande del Circolo dei Lettori un evento introduttivo, un Open chor gratuito, cui potranno partecipare tutti, senza limiti di età e senza vincoli di esperienze nell’ambito delle arti del spettacolo. I partecipanti sono invitati a unirsi al canto e alla danza con la loro importante presenza. Un altro evento d’interesse sarà, mercoledì 20 settembre, alle 21, sempre al Circolo dei Lettori, nella sala Grande, la lettura dal titolo “Lo strano caso di Peter Pan”, in cui Davide Ferraris ripercorrerà in modo originale le pagine del romanzo di James Barrie, andando alla ricerca dell’unico vero bambino che non cresce mai.
l Museo Nazionale del Risorgimento Italiano aderisce alle Giornate Europee del Patrimonio 2017, promosse dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e propone sabato 23 settembre alle ore 15.30 una visita guidata gratuita.
Risorgimento della scienza”.Un percorso che racconta la nascita e lo sviluppo del pensiero scientifico attraverso i suoi protagonisti, dalla fine del Settecento al passaggio tra XIX e XX secolo, descritto nellecollezioni esposte al Museo.
E’ visitabile fino al 22 ottobre la mostra di Enrico Baj “Gioco e Potere”, inaugurata sabato 16 settembre presso la Sala Esposizioni “Panizza” di Ghiffa (Vb).
sovvertendo le regole prestabilite. Anarchico, lotta contro l’abuso del potere. Il suo linguaggio è ludico e dissacrante. Da qui il titolo dell’esposizione: “gioco” una componente fondamentale del suo fare artistico (“Il mio lavoro confina col gioco, a tal punto che spesso uso, quale materiale pittorico, veri e propri giocattoli. (..) Il problema dell’uomo ludico, o giocante, è il problema di tutti noi e i governi, anziché imporre colle leggi il servizio militare obbligatorio, meglio farebbero a imporre il gioco militare obbligatorio) e “potere”, l’oggetto a cui è indirizzata la sua polemica, sempre ironica. In particolare è il potere militare che viene messo in causa, con oltre venti incisioni dei “Generali” e del loro contraltare femminile, le “Dame”, esposte in mostra. Le opere
provengono dalle cartelle Larmes de généraux (1965) con sette litografie a colori, Bajchez Baj (1973) e Le dame di casa Baj (1975) con tecniche miste a colori su carta, Plastik-Plastik (1969) con una serigrafia a colori su plastica e sono presentate nelle cornici originali con interventi pittorici raffiguranti medaglie, stelle e decorazioni. Compaiono inoltre acqueforti a colori su carta stampate da Giorgio Upiglio. In esposizione anche due preziosi libri d’artista: La cravate ne vaut pas une medaille (1972) e Limbo (1966). La mostra è visitabile fino al 22 ottobre presso la Sala esposizioni di corso Belvedere, 114 a Ghiffa (VB). Orario: da giovedì a domenica 16-19.
FINO AL 24 SETTEMBRE
soprattutto, con tante vigne, tante colline e borghi da sogno, anche poco conosciuti ma sostanzialmente rispettati dall’“ingegnosità”, non di rado macabra e stupida, dell’essere umano. Opere che variano alla grande sul piano della cifra stilistica, dell’ispirazione e delle motivazioni nonché della tecnica e dei materiali usati: dalla pittura, alla grafica, alla scultura alla ceramica e alla fotografia. Ideatrice e curatrice della rassegna ancora una volta, é Anna Virando (che meriterebbe un monumento per tutto l’impegno profuso in questi anni in qualità di conservatrice del Museo mombercellese), una vita dedicata all’arte, prima a Torino – nell’indimenticato “Studio Laboratorio” di corso Lanza – e poi nel buen retiro di Mombercelli. “Tutte le opere esposte – sottolinea – sono un omaggio al nostro territorio e alle nostre colline; territorio unico, le cui bellezze paesaggistiche sono
state riconosciute, insieme al lavoro intelligente dell’uomo che le abita e le vive, a livello mondiale”. Un attestato che la rassegna pone in chiaro risalto nella lunga sequenza dei pezzi esposti che vanno, solo per citarne alcuni, dall’essenziale e geometrico acrilico su tela “La casa sulle colline blu” del canellese Giancarlo Ferraris ai quattro grappoli d’ “Uva” –quale soggetto più attinente al tema della rassegna? – ricavati dal legno con certosina maestria dallo scultore di casa Renato Milano. Suggestiva anche la ceramica “raku” volutamente incorniciata alla bell’e meglio con frammenti di legno antico, in cui Sonja Perlinger (origini austriache, ma residente a Bruno d’Asti) ci racconta di quando, milioni di anni fa, su quelle colline “C’era il mare…” o quando le stesse erano popolate dal “Mastodonte”, l’elefante preistorico di cui la mostra espone il calco della mascella ritrovato nel ‘54 da un giovane mombercellese sulle colline di Roeto. Scorci di paesaggio che colpiscono occhi e cuore sono ancora l’“Inverno verso Neive”, olio su tavola di Michele Acquani che con grande e raffinato mestiere dà prova di un figurativo che occhieggia con forte empatia all’astratto, così come i più compositi e minuti “La pianura di Mombercelli vista dalle colline” di Gioconda Cornelli,“Vinchio verso le cascine” di Jutta Schaefer e le tecniche miste “I giorni sulle colline” di Monica Raiteri. Per la sezione “fotografia”, molto interessanti e singolari sono le “sovrapposizioni” di più paesaggi di Omar Pistamiglio e il “Collage” di oltre trenta piccole foto a colori del casalese Renato Luparia. Di grande impatto emozionale, in campo grafico, “La prima neve”, serigrafia a sei colori di Enza Prunotto e le
quattro xilografie “Studi per un Monferrato silente” di Albina Dealessi, accanto ai deliziosi acquerelli di Francesca Giacobbo e di Nadia Presotto e al singolarissimo e ingegnoso disegno in scala di grigi, “Dalla Vasca di Roeto”, realizzato da Igor Carino con un mix di tecnica
manuale e digitale. Da non dimenticare infine tutti gli altri artisti presenti in mostra: Piera Adorno, Maria Bertolino, Pamela Borello, Giacomo Ballario, Marina Bottero, Ferruccio Cavallero, Renata Coisson, Barbara Fantaguzzi, Stefano Ferrero, Giuseppe Gandolfi, Giovanna Gaveglio, Giancarlo Gianotti, Fulvia Gonella, Rino Gonella, Bruna Laiolo, Piero Marchisio, Sonia Moiso, Filippo Pinsoglio, Luciana Rondoletti, Orianna Salina, Bianca Sconfienza, Silvia Secco, Alessandro Stabile, Francesca Staglianò, Piergiorgio Viglietti, Silvio Volpato, Piero Zunino.
Nelle immagini
Le poesie di Alessia Savoini