LE TRAME DEI FILM NELLE SALE DI TORINO

A cura di Elio Rabbione
Addio fottuti musi verdi – Commedia. Regia di Francesco Ebbasta, con Simone Ruzzo, Fabio Balsamo, Beatrice Arnera, Roberto Zibetti e Ciro Priello. Il gruppo di videomaker The Jackal arriva al cinema con il tema della disoccupazione: scomodando persino gli alieni. Napoletano in cerca di lavoro, Ciro, di professione grafico, quel lavoro proprio non lo trova. I culliculum li ha mandati in ogni parte ma niente. Perché, ultima spiaggia, non mandarne pure uno nello spazio? Là troverà una società aliena che ha i propri pilastri nella professionalità, nella estrema competenza e nella meritocrazia, cose che in terra manco sanno che sono. Durata 93 minuti. (Reposi, The Space, Uci)
Auguri per la tua morte – Horror. Regia di Christopher Landon, con Israel Broussard, Ruby Modine e Jessica Roth. Tree, giovane studentessa, si sveglia dopo una notte di bevute nella camera dell’altrettanto giovane Carter. La sera è vittima di un assassino: per risvegliarsi il giorno successivo nelle medesime modalità e per vedere continuamente ripetute vita e morte. Dovrà scoprire il proprio assassino se vorrà interrompere gli eventi. Durata 96 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)
Borg McEnroe – Drammatico/biografico. Regia di Janus Metz Pedersen, con Shia LaBeouf, Sverrir Gudnason e Stellan Skarsgård. Due campioni, due storie e due personalità diversissime, gli stili che catturano opposte folle di fan, i movimenti freddi e calibrati dell’uno contro quelli nervosi e impetuosi dell’altro, la calma contro il nervosismo, la loro rivalità che li vide a confronto per 14 volte tra il ’78 e il 1981, fino alla finale di Wimbledon, che qualcuno ancora oggi considera una delle più belle partite della storia del tennis. Fino alla loro amicizia, fuori dai campi. Durata 100 minuti. (Centrale V.O., Massaua, Due Giardini sala Ombrerosse, F.lli Marx sala Chico, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
La casa di famiglia – Commedia. Regia di Augusto Fornari, con Lino Guanciale, Stefano Fresi,
Libero De Renzo, Matilde Gioli e Luigi Diberti. Alex è rimasto al verde: non gli rimane che chiedere un prestito alla sorella e ai gemelli amici. Per aiutarlo, di comune accordo decidono di vendere la casa del padre Sergio, che da anni è in coma irreversibile. Ma un bel giorno il padre da quel coma esce: con quali risultati? Durata 95 minuti. (Reposi, The Space, Uci)
Dove non ho mai abitato – Commedia. Regia di Paolo Franchi, con Fabrizio Gifuni, Emmanuelle Devos e Giulio Brogi. Dall’autore di “Nessuna qualità agli eroi” con Elio Germano. Dove un anziano architetto riesce a riunire, in occasione della costruzione di una villa, la figlia che vive a Parigi dopo aver sposato un ricco finanziere e l’allievo in cui ha sempre maggiormente creduto, ambizioso. Un nuovo rapporto, nuovi sentimenti. Girato a Torino. Durata 93 minuti. (Massimo sala 2)
Gifted – Il dono del talento – Regia di Marc Webb, con Chris Evans, Mckenna Grace e Octavia Spencer. Al centro Mary, una ragazzina di sette anni, che come la madre ha una passione incondizionata per la matematica; accanto a lei lo zio Franck che vorrebbe offrire alla nipotina una vita normale e la nonna materna per cui quella passione va di giorno in giorno accresciuta. Durata 101 minuti. (Greenwich sala 1)
Good Time – Azione. Regia di Benny e Joshua Safdie, con Robert Pattinson, Jennifer Jason Leigh e
Benny Safdie. Connie e Nick, due fratelli, una rapina in banca per sottrarre alla cassa 65mila dollari. L’uno è l’asse portante della coppia, il motore che fa girare la vita dell’altro e le differenti storie tutte intorno, Nick è il ragazzo più debole, che si fida ciecamente del fratello, quello fuori di testa che va sorretto ad ogni istante. La rapina non è proprio un successo e Nick ci casca, carcere e ospedale, anche con il tentativo di Connie di rapirlo e strapparlo alla struttura, con il risultato di portarsi l’uomo sbagliato. Intorno la notte, la New York dei Queens, gli altri sbandati incontrati per strade: con la critica unanime a ripetere che Pattinson, nella gran voglia di scuotersi di dosso il personaggio di “Twilight”, sta sulla scena con la verità di un consumatissimo e maturo attore. Durata 100 minuti. (Classico anche in V.O.)
Justice Time – Fantasy. Regia di Joss Whedon e Zack Snyder, con Ben Affleck, Amy Adams, Henry Cavill e Jeremy Irons. A Gotham City, Batman nutre la speranza di riunire un valoroso gruppo di eroi per fronteggiare l’ultima terribile pericolo. Chiaro che per la salute del film tutti aderiscano, da Wonder Woman a Flash più veloce della luce, da Aquaman ipertecnologici signore degli oceani a Cyborg. Manca soltanto Superman ma prima o poi anche lui sarà della partita. Durata 121 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci anche in V.O. e in 3D)
IT – Horror. Regia di Andrés Muschietti, con Bill Skarsgård, Sophia Lillis, Jeremy Ray Taylor e Jaeden Lieberher. Tratto dal romanzo del “maestro” Stephen King, perla rara nel genere ai recenti botteghini Usa. Durante un temporale, il giovanissimo George guarda la sua barchetta di carta scendere giù per i rivoli d’acqua e scomparire nella fogna di Derry, piccola città del Maine che sembra il ricettacolo di ogni male. Là è nascosto IT, che si nasconde sotto gli abiti e il viso colorati di Pennywise, vero orco per le giovani vittima che scoverà in città. Sette ragazzini pieni di paure, molestati, dalla debole salute, grassi e spaventati, con grosse lenti poggiate sul naso, neri ed ebrei. Tutti pronti a unirsi pur di distruggere il Male. Salvo rimandare la conclusione delle gesta ad un prossimo capitolo, buttato al di là di una trentina d’anni, in un’età più che matura. Durata 135 minuti. (Uci)
Mistero a Crooked House – Drammatico. Regia di Gilles Paquet-Brenner, con Glenn Close, Christina Hendricks, Max Irons, Julian Sands e Gillian Anderson. Basato sul romanzo di Agata Christie pubblicato in Italia con il titolo “È un problema”, il film è un giallo corale, quelli che tanto piacevano all’autrice: un confronto incrociato tra i componenti di una ricca famiglia inglese. Per ottenere finalmente la mano della ricca Sophia, il giovane investigatore privato Charles Hayword deve risolvere il mistero che avvolge la morte del nonno della ragazza. Mentre tutti puntano il dito contro la giovane seconda morte dello scomparso, spetterà a Charles scoprire nuovi moventi e indizi e la verità. Per chi già non conosce il romanzo di partenza, una inaspettata risoluzione finale, magari anche troppo fuori da quella umanità corrotta su cui la Christie ha per anni indagato. Un buon prodotto, con le carte in regola, di sceneggiatura e interpretative soprattutto, con il piacere da parte dello spettatore di inseguire sviluppi e finali. Durata 105 minuti. (Eliseo Blu, Nazionale sala 1)
Mr. Ove – Commedia. Regia di Hannes Holm, con Rolf Lassgård, Ida Engvoll e Bahar Pars. Il signor Ove è un pensionato isolato e sempre di malumore, che trascorre le proprie giornate a far rispettare le regole dell’associazione dei condomini – che un giorno presiedeva – e andando a far visita alla tomba della moglie, un uomo che pare aver rinunciato del tutto alla vita. Finché un giorno ecco comparire i nuovi vicini di casa: con essi il signor Ove pare stringere una nuova amicizia. Durata 116 minuti. (Massimo sala 2)
Ogni tuo respiro – Drammatico. Regia di Andy Serkis, con Andrew Garfield e Claire Foy. È la storia vera dei genitori del film, Jonathan Cavendish. L’avventuroso e carismatico Robin Cavendish ha tutta una vita di successi quando si ritrova paralizzato a causa della poliomielite che contrae nel continente africano. Contro il parere di tutti, sua moglie lo fa dimettere dall’ospedale e lo porta a casa, dedicandosi completamente a lui e usando intelligentemente tutta la determinazione di cui è capace. Non vogliono diventare prigionieri della malattia di lui, appassionano e incantano gli altri con il loro umorismo, il coraggio, l’intera sete di vita. Durata 117 minuti. (Eliseo Grande, F.lli Marx sala Groucho, Romano sala 2, The Space, Uci)
Paddington 2 – Commedia. Regia di Paul King, con Brendan Gleeson, Hugh Grant, Sally Hawkins e Ben Whishaw. L’orsetto inventato dalla fantasia dello scrittore inglese Michael Bond è in cerca di un regalo per la centenaria zia Lucy. Scova nel negozio di antiquariato del signor Gruber un antico libro, prezioso, che verrà rubato e del cui furto verrà sospettato un fascinoso attore. Durata 95 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)
La ragazza nella nebbia – Thriller. Regia di Donato Carrisi, con Toni Servillo, Alessio Boni, Galatea Renzi, Michela Cescon e Jean Reno. Lo scrittore Carrisi passa dietro la macchina da presa,
adattando per lo schermo un suo romanzo di successo. Narrando del detective Vogel inviato in un piccolo paese di montagna, vittima sotto choc di un incidente, incolume ma con gli abiti sporchi di sangue, un mite e paziente psichiatra che tenta di fargli raccontare quanto è accaduto. Vogel è lì per occuparsi della sparizione di una ragazzina di soli sedici anni, avvenuta alcuni mesi prima: un groviglio di segreti che arriva dal passato, un piccolo paese dove nulla è ciò che sembra e nessuno dice tutta la verità. Impianto ferreo ma pure con qualche scricchiolio nella parter finale; soprattutto un gioco di scatole cinesi che suona come uno snocciolarsi di colpi di scena ma che è anche un aggrovigliarsi che sbanda e fuoriesce dal campo della chiarezza. Servillo è ormai Servillo, quasi monumento a se stesso, Boni produce qualche bella emozione in più, la Cescon piuttosto inverosimile, gli altri a far parte di un piccolo presepe di montagna ormai cristallizzato. Comunque se dovessimo buttar giù una classifica con “L’uomo di neve” l’Italia batterebbe la fredda Norvegia per molti punti a zero: da noi c’è parecchia più vita, pur tra rapimenti e morti. Durata 127 minuti. (Ambrosio sala 3, Eliseo Rosso, Reposi, Uci)
Saw: Legacy – Horror. Regia di Michael e Peter Spierig, con Tobin Bell e Laura Vandervoort. Se il seriakiller di un tempo è morto, eccone un altro fresco fresco con la stessa volontà, a voler far fuori quanti si sono prodotti in crimini e colpe per i quali dovranno pagare. E se fosse Kramer tornato a continuare la proprie personali vendette? E se al contrario qualcuno ne volesse emulare le gesta (e gli effettacci)? Durata 91 minuti. (The Space, Uci)
La signora dello zoo di Varsavia – Drammatico. Regia di Niki Caro, con Jessica Chastain e Daniel Bruhl. Storia vera, ispirata a Antonina Zabinski che con il marito dirige la struttura dello zoo della capitale polacca, bombardata e occupata dalle forze naziste. Con l’inizio delle deportazioni verso i campi di concentramento, nel 1942, la coppia inizia a nascondere intere famiglie all’interno del luogo. Sarà l’inizio della salvezza. Durata 127 minuti. (Lux sala 2, The Space. Uci)
Terapia di coppia per amanti – Commedia. Regia di Alessio Maria Federici, con Ambra Angiolini, Pietro Sermonti e Sergio Rubini. Tratto da un romanzo di Diego De Silva, narra di Viviana e Modesto, un tempo vivaci amanti ormai in definitivo tempo di crisi. Un aiutino per salvare la loro situazione, se possibile, e con essa quella delle rispettive famiglie: ed ecco allora che non si può far altro che rivolgersi ad un terapeuta che ha la faccia di Rubini. Pure lui non privo di qualche piccolo problema da risolvere in campo sentimentale. Durata 97 minuti. (Reposi)
The Place – Drammatico. Regia di Paolo Genovese, con Valerio Mastandrea, Marco Giallini, Sabrina Ferilli, Giulia Lazzarini, Silvio Muccini, Vittoria Puccini, Vinicio Marchioni, Alessandro Borghi. Un film corale, un’ambientazione unica, una bella carrellata di attori italiani per altrettanti personaggi che Paolo Genovese – l’autore di quel piccolo capolavoro che è “Perfetti sconosciuti” – ha basato su una serie americana, ripensata e adattata, “The Booth at the Edge”, creta dall’autore e produttore Christopher Kubasik nel 2010. Un uomo misterioso, giorno e notte ospite abituale di un bar, con il suo tavolo sul fondo del locale, e personaggi e storie che a lui convogliano, di uomini e donne, lui pronto a esaudire desideri e a risolvere problemi in cambio di alcuni “compiti” da svolgere. Tutti saranno pronti ad accettare quelle richieste? Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 2, Massaua, F.lli Marx sala Harpo, Greenwich sala 2, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
The Big Sick – Commedia drammatica. Regia di Michael Showalter, con Zoe Kazan, Kumail Nanjiani
e Holly Hunter. È l’autobiografia del protagonista maschile del film, un giovane comico che di giorno a Chicago guida il suo taxi per conto di Uber e che la sera si fa conoscere nei piccoli club della città. La famiglia crede molto in lui, ritenendolo uno studente di successo e un ragazzo destinato al miglior partito pakistano che si possa immaginare. Sino al precipitare delle cose, l’amore che unisce Kumail e Emily, bianca e ancor più sposata, la malattia di lei, le due diverse famiglie che si ritrovano allo stesso capezzale. Durata 120 minuti. (Ambrosio sala 1, Due Giardini sala Nirvana, The Space, Uci)
The broken Key – Fantascienza. Regia di Louis Nero, con Andrea Cocco, Geraldine Chaplin, Rutger
Hauer, Franco Nero, Christopher Lambert e Michael Madsen. Nel futuro descritto dal film la carta è diventata un bene prezioso, quindi è proibito stampare e le biblioteche sono luoghi cui pochi studiosi possono accedere. L’arrivo in Italia di un celebre accademico è l’occasione per indagare su una serie di delitti, con strane testimonianze e indizi che scomodano Dante e Hieronymus Bosch. Girato in parte a Torino e in località facilmente riconoscibili dal pubblico piemontese. Solita compagnia di celeberrimi attori che da sempre (ri)vivono nel cinema di Nero. Durata 120 minuti. (Greenwich sala 1, Ideal, The Space, Uci)
The Square – Drammatico. Regia di Ruben Östlund, con Elisabeth Moss, Dominic West, Claes Bang, Terry Notary e Linda Anborg. Palma d’oro all’ultimo Cannes. Protagonista del film è Christian, curatore di un importante museo di Stoccolma, divorziato e amorevole padre di due bambine, sempre all’inseguimento delle buone cause. Nel museo c’è grande fermento per il debutto di un’installazione, “The Square”, che invita all’altruismo e alla condivisione: ma quando gli viene rubato il cellulare per strada, Christian reagisce in modo scomposto. Nel frattempo, l’agenzia che cura le pubbliche relazioni del museo crea un’inaspettata campagna pubblicitaria a promuovere l’installazione, ottenendo una risposta da parte del pubblico che manda in crisi sia Christian che il museo stesso. Durata 142 minuti. (Massimo sala 1 anche in V.O., Nazionale sala 2)
Thor: Ragnarok – Fantasy. Regia di Taika Waititi, com Chris Hemsworth, Mark Ruffalo, Cate Blanchett e Tom Hiddleston. Il verde Hulk a dare una mano al dio del tuono, questa volta privato del suo fantastico martello e in lotta con Hela, la dea della morte, che vorrebbe prendersi il trono di Asgard, e ancora prigioniero in una terra lontana dove è costretto a combattere per il piacere di un tiranno amante del rischio e pronto a manipolare le deboli vite altrui. Durata 130 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci)
Una questione privata – Drammatico. Regia di Paolo e Vittorio Taviani, con Luca Marinelli, Lorenzo Richelmy e Valentina Bellè. Dal romanzo di Beppe Fenoglio. “Over the rainbow” è il disco più amato da tre ragazzi nell’estate del ’43. Si incontrano nella villa estiva di Fulvia, che gioca con i sentimenti di entrambi: con quelli di Milton, pensoso e riservato, con quelli di Giorgio, bello ed estroverso. Un anno dopo Milton, partigiano, si ritrova davanti alla villa di Fulvia ormai chiusa, il custode lo riconosce e insinua un dubbio, che Fulvia, forse, abbia avuto una storia con Giorgio. Ogni cosa pare fermarsi per il ragazzo, la vita, le amicizie, la lotta partigiana, è ossessionato dalla gelosia e vuole scoprire la verità. Deve ritrovare Giorgio ma l’amico di un tempo è stato fatto prigioniero dai fascisti. Atmosfere tavianiane, le colline delle Langhe scambiate con montagne della val Maira, tutto pare molto teatrale ma come privo di anima, sognano l’età dell’oro della “Notte di San Lorenzo” che non arriva, la Bellè e Richelmy sono due belle quanto insignificanti statuine, Marinelli unico cerca di costruire veri sentimenti. Meglio tornare alla scrittura di Fenoglio. Durata 84 minuti. (Romano sala 1)
Vittoria e Abdul – Drammatico (ma piuttosto commedia). Regia di Stephen Frears, con Judy Dench, Ali Fazal, Michael Gambon e Olivia Williams. Nel 1887 Abdul lascia l’India per Londra, per poter donare alla regina settantenne, sul trono da oltre cinquant’anni, una medaglia, proprio in occasione del suo Giubileo d’Oro. La sovrana è attratta dalla cultura che l’uomo porta con sé, dalla sua giovinezza e dalla prestanza, contro lo scandalo che il suo nuovo amico semina in tutta la corte, che non esita a bollarla come pazza. Più “storiucola” che Storia, a tratti imbarazzante per quell’aria di operetta senza pensieri che circola all’interno: naturalmente per il regista di “Philomena” (da ricordare) e di “Florence” (da dimenticare) il ventiquattrenne Abdul è senza macchia, la vecchia e inamidata corte inglese da mettere alla berlina e allo sberleffo, il piccolo entourage regale che grida “sommossa” se ne ritorna tranquillo a servire la vecchia sovrana. Ma ci voleva ben altro polso e visuale, e qui Frears ha tutta l’aria di voler andare in pensione. Durata 112 minuti. (Ambrosio sala 3)
Sono 32 i musei che ad oggi hanno aderito a “Nati con la Cultura”, il progetto concepito all’Ospedale Sant’Anna di Torino dalla Onlus Fondazione Medicina a Misura di Donna e cresciuto in una logica di sistema con Abbonamento Musei e Osservatorio Culturale del Piemonte per individuare i requisiti e le caratteristiche che deve avere un museo per potersi definire davvero a misura di famiglie e bambini.
Museo Valdese (Torre Pellice), Palazzo Mazzetti (Asti), WIMU Museo del Vino (Barolo). 

Bertozzi | Nexus sono pensate come momenti di incontro in cui si trovano a dialogare e interagire gruppi di performer/danzatori, musicisti e studiosi. Le tappe legate al bando ResiDanceXL 2017 (realizzate tra settembre e novembre 2017 a Bassano del Grappa, Teramo, Santarcangelo di Romagna e infine a Torino) hanno coinvolto differenti presenze e prodotto peculiari materiali di ricerca pratica e teorica. La sezione torinese del progetto, denominata I and this mystery, here we stand, avrà per protagoniste Simona Bertozzi, Elena Giannotti e Roberta Mosca. Già interpreti, rispettivamente, per William Forsythe e Rosemary Butcher, Mosca e Giannotti sono da tempo dedite a un proprio percorso autoriale con collaborazioni e attività in ambito internazionale. Le tre coreografe hanno incrociato le loro prospettive di ricerca e pratica, orientando l’esercizio e il gesto intorno a meraviglia e stupore, orizzonti tematici di Wonder(L)and.Il progetto proseguirà nel 2018 con il consolidamento di alcuni percorsi avviati, verso la creazione di nuovi spettacoli di Compagnia.


FINO AL 18 FEBBRAIO 2018
studio di Pietro Canonica e poi all’Accademia di Brera a Milano come allievo di Adolfo Wildt e fianco a fianco con Lucio Fontana con cui strinse un lungo importante sodalizio, aderendo anche al “Kn”, il Manifesto di Carlo Belli, che Kandinsky definì come il “Vangelo dell’arte astratta”, così come al movimento parigino “Abstraction-Création”. Per non dimenticare la convinta partecipazione, insieme al gruppo degli astrattisti milanesi, alla prima mostra collettiva di arte astratta tenutasi nello studio di Casorati e Paulucci a Torino. Ingegnere per formazione (si laureò al Politecnico di Milano nel 1924, diplomandosi nello stesso anno anche come pianista professionista) ed artista per vocazione, a Melotti – che alla giusta notorietà arriverà alla fine degli anni Sessanta con due grandi personali meneghine alla “Toninelli” e a “Palazzo Reale” seguite da un’altra dedicatagli dal “Forte Belvedere”
di Firenze, affermandosi come uno dei massimi esponenti dell’arte del Novecento – la “Fondazione Cosso” dedica, nelle sale del Castello di Miradolo, una bella retrospettiva dal titolo esemplare, “Quando la musica diventa scultura”, tesa anche a festeggiare (anniversario nel 2018) i primi dieci anni di attività della Fondazione. Artista poliedrico, Melotti fu insieme scultore, pittore,
ceramista, scrittore e grande appassionato di musica. Della sua ricerca creativa, la mostra, curata da Francesco Poli e da Paolo Repetto, vuole sottolineare i due principali aspetti: da un lato i temi connessi alla sua profonda ispirazione musicale (con sculture che ricordano partiture musicali, perfino nei titoli che vanno da “Preludio” a “Contrappunto piano” così come a “Tema e Variazione” o a “Scala Musicale”), dall’altro quelli con valenze “più narrative, mitiche e favolistiche”. Il tutto attraverso un percorso espositivo contraddistinto da oltre ottanta opere – dalle note sculture in ottone e acciaio, alle raffinatissime ceramiche e ai dipinti, in prevalenza tecniche miste su carta o su pannelli in gesso – esposte in quattordici sale del Castello, dov’ è possibile apprezzare anche la bellezza e la singolarità dei suoi “pensieri” e “aforismi”. Di grande interesse anche la sezione centrale della rassegna “Assonanze”, dove le opere di Melotti sono poste a “dialogare” con quelle di grandi artisti che ne influenzarono la produzione o con i quali si legò di profonda amicizia. A cominciare da Fortunato Depero, anche lui roveretano e frequentato nella
città capoluogo della Vallagarina, insieme all’architetto Gino Pollini – fra i fondatori del razionalismo italiano – al compositore Riccardo Zandonai e soprattutto al nipote prediletto, il celebre pianista Maurizio Pollini, del quale incoraggiò la carriera; per proseguire con Arturo Martini, Giorgio De Chirico, via via fino a Giorgio Morandi, Paul Klee, Vassili Kandinsky, Joan Mirò, Alexander Calder, Lucio Fontana per finire con Osvaldo Licini, Atanasio Soldati ed Ezio Gribaudo. A fare da suggestivo corollario all’esposizione, anche un’inedita installazione sonora di Roberto Galimberti (progetto artistico “Avant-dernière pensèe”), sulle note della rara partitura “44 Harmonies from Apartment House 1776”, composta da John Cage nel 1976 e presentata nella versione per quartetto d’archi di Irvine Arditti. E, in conclusione una particolare novità: la rassegna prevede infatti uno speciale allestimento per i più piccoli, per le scuole e le famiglie, dal titolo “Da un metro in giù”, con spazi espositivi che si compongono di pareti tattili e sensoriali, di quadri luminosi e pavimenti trasformati in scacchiere, mondi di narrazioni e personaggi immaginari.
Riscoprire Grazia Deledda insieme a Marcello Fois e al suo “romanzo in forma di teatro” Quasi Grazia con un incontro e un reading organizzati dal Premio Italo Calvino e dal Festival I luoghi delle parole. Sabato 18 novembre alle ore 21, negli spazi della biblioteca MoviMente di Chivasso, verrà reso omaggio all’unico premio Nobel femminile italiano a partire dalle pagine di un testo teatrale concepito per fornire un ritratto “in carne e ossa” della Deledda donna e scrittrice. Ad affiancare Marcello Fois nella riscoperta del valore letterario e della carica profondamente attuale di un’autrice troppo a lungo sottovalutata, saranno presenti Mario Marchetti, presidente del Premio Calvino, e le attrici Federica Bonani ed Eleni Molos, che proporranno alcune letture dal testo dello scrittore nuorese. «La mia idea, direi la mia ossessione, era che di questa donna, tanto importante per la cultura letteraria del nostro Paese, bisognasse rappresentare la carne. Come se fosse assolutamente necessario non fermarsi a una rievocazione “semplicemente” letteraria, quanto di una rappresentazione vivente». È con queste parole che Marcello Fois descrive il senso di Quasi Grazia (Einaudi, 2016), il testo teatrale con cui ha voluto celebrare una scrittrice che, ad oltre ottant’anni dalla morte, non ha ancora ricevuto il giusto riconoscimento, e di cui è necessario non solo rileggere l’opera, ma anche ricordare e ripercorrere l’esistenza: quella di una donna anticonformista, volitiva, troppo moderna per il suo tempo, e insieme, influenzata in modo profondo dai legami con una famiglia che osteggiò la sua vocazione letteraria, e con una terra, quella sarda, che non smise mai di chiamarla a sé. In Quasi Grazia, Fois fa emergere una Deledda intima, raccontandola attraverso tre momenti decisivi della sua vita. La immagina a Nuoro, la mattina in cui, a 29 anni, decide di lasciare la Sardegna e tutto quello che l’isola rappresenta; a Stoccolma, nel 1926, prima del conferimento del Nobel; a Roma, nel 1935, nell’ambulatorio medico in cui le viene diagnosticato il tumore che, un anno
dopo, la porterà alla morte. Insieme a Grazia, Fois presenta le figure che più condizionarono la sua vita: la madre Francesca, che non condivise il suo entusiasmo per la letteratura e, anzi, osteggiò sempre il suo sogno di diventare scrittrice, e il marito Palmiro Madesani, che al contrario, si dedicò con tutto se stesso ad aiutare la moglie a realizzare la propria vocazione. Tre momenti, quelli immaginati da Fois, che permettono di seguire le tracce della vita di Grazia Deledda – della sua vocazione letteraria, della sua dedizione alla scrittura e della sua perseverenza all’interno di un contesto che non le riconosce il suo valore, del sodalizio con il marito Palmiro – ma che conducono anche a riflettere e interrogarsi sulla scrittura, l’amore coniugale, il ruolo della donna e il senso del fare artistico. Quasi Grazia, per la regia di Veronica Cruciani e prodotta da Sardegna Teatro, ha debuttato a Nuoro il 27 settembre 2017. A interpretare il ruolo di Grazia Deledda Michela Murgia, al suo esordio sulla scena: «sarda, scrittrice e attivista per i diritti delle donne, era ideale per generare un effetto doppelgänger».