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Racconti, curiosità ed eventi…la musica al servizio della gente
Amici dovete sapere che poco piu’ di 50 anni fa usciva il primo disco di un certo Lucio Battisti: lo comprarono appena 500 persone. In compenso le canzoni che Lucio e Mogol composero in quel 1966 (io ancora non ero nata) cominciarono a farsi strada. Erano i primi semi di un successo che di li a poco sarebbe diventato inarrestabile. E’ bene dare qualche indicazione, perchè non si dimentichi la storia della musica vera, su quel ragazzo capellone con lo sguardo perso. Siamo alla Ricordi, gran nome ma che, per le registrazioni di brani intramontabili, utilizzava, in quel periodo, non uno studio vero e proprio ma un cinema che durante la settimana veniva utilizzato per questi lavori di registrazione e missaggio. Quindi, siamo agli inizi di Aprile 1966 e ai Dik Dik viene assegnata, per la registrazione del 45 giri, Sognando la California e sul lato B inserisce Dolce di giorno, primo brano scritto da Mogol Battisti. Il buon Mogol attribuisce a Battisti, invece, per la registrazione del singolo Per una lira. Questa canzone, Dolce di giorno, mi è capitata tra le corde dell’anima proprio ieri sera mentre rientravo….per questo oggi ho voluto parlarvi di Lucio, perchè Il cantautore di Poggio Bustone rappresenta per la canzone italiana quello che i Beatles hanno espresso nel mondo per il pop ed il rock’n’roll. La musica contemporanea nel nostro Paese si è sviluppata sicuramente anche grazie a questo eccezionale cantante, autore e produttore discografico: il suo impegno infatti ha avuto il senso di una cambiamento, visto che è stato in grado di modificare le inclinazioni musicali degli italiani. Sebbene i suoi limiti vocali fossero abbastanza evidenti (tono di voce quasi rauco e limitata estensione), Battisti ha dimostrato una grande forza d’animo ed una personalità robusta, che andavano oltre le apparenze di fragilità, riuscendo ad imporsi nel panorama musicale italiano. Lucio nasce il 5 marzo del 1943, a Poggio Bustone (Rieti). Non andrà mai via dai nostri cuori, ne sono certa, cosi come del fatto che non sia mai morto perchè lo cantiamo ancora oggi. Le sue canzoni sono parte del DNA di ogni connazionale. Non si può non sapere proprio nulla di lui…vi prego, andate ad ascoltarlo.Chiara De Carlo
Chiara vi segnala i tre eventi da lei scelti per la settimana…mancare sarebbe un sacrilegio!











negli anni di “Madonna di Scossacavalli”), che sorgeva nei pressi della Basilica Vaticana e che fu demolita nel 1937, insieme a tutte le case della cosiddetta “Spina di Borgo”, allorché il regime decise di realizzare la monumentale Via della Conciliazione che collega Castel Sant’Angelo a Piazza San Pietro. Posto sopra l’altare di una cappella interna alla Chiesa di San Giacomo, il dipinto fu certamente visto da Raffaello (autore, come si sa, di numerosissime “Madonne”) che abitava in un palazzetto antistante la Chiesa e dal suo allievo e collaboratore Perin del Vaga, anche lui residente nel Borgo; nel 1521 fu anche realizzato da un anonimo artista parmigiano un tabernacolo funzionante da “macchina processionale” allorquando la veneranda immagine dagli “occhi umidi e lucenti” veniva solennemente portata in processione , come accadde nel 1522 per scongiurare la peste abbattutasi su Roma. Fu nel 1598, nel giorno dell’antivigilia di Natale, che l’opera venne seriamente compromessa da una terribile esondazione del Tevere che straripando allagò tutta la Chiesa di San Giacomo; le cronache raccontano che l’acqua del fiume si arrestò all’improvviso proprio sotto le labbra della Vergine, lasciandovi il segno della piena e una scura linea orizzontale visibile ancor oggi. I danni subiti dal dipinto – e non solo, ovviamente – furono enormi. Ad essi si cercò di rimediare con i primi tentativi di restauro datati XVII e XVIII secolo, finché con la demolizione nel ’37 della Chiesa, l’opera fu trasferita nei depositi della Fabbrica di San Pietro e lì, inavvedutamente, “dimenticata” fino al 2016. Solo due anni fa, venne seriamente avviato il non facile restauro, sotto la guida di due abili professionisti come Lorenza D’Alessandro per la parte pittorica e Giorgio Capriotti per il supporto ligneo. “Impresa lunga e particolarmente impegnativa sotto diversi aspetti”, precisano i restauratori, che aggiungono: “Per quanto riguarda la Madonna, soprattutto, si è dovuto lavorare su due fronti. Sulla parte inferiore andata quasi per intero perduta sotto la furia dell’alluvione, quando il fango arrivò fino alla gola e al mento della Vergine, e sulla parte superiore in gran parte rovinata a causa degli ex voto fissati con chiodi dai fedeli”. Nell’allestimento ideato per Palazzo Madama dall’architetto del Vaticano Roberto Pulitani, la “Madonna di Scossacavalli” è esposta in una teca a microclima controllato, insieme a riproduzioni di fotografie e documenti che descrivono non solo i vari passaggi del restauro, ma anche la storia della Chiesa andata distrutta e del contesto urbanistico in cui essa sorgeva. “L’esposizione – spiega soddisfatto Maurizio Cibrario, presidente della Fondazione Torino Musei – è solo il primo passo di una collaborazione più ampia con il Vaticano attraverso cui ci prefiggiamo di portare ogni anno, nel mese di maggio dedicato alla Madonna, un’opera mariana a Palazzo Madama e a Torino, città che per la Vergine Maria nutre da sempre una particolare e profonda devozione”.















