CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 760

Un viaggio nel classicismo viennese

Andando verso il Natale, chi non vorrebbe fare un viaggio in Austria? Ed è proprio lì che ci condurranno I Concerti del Lingotto, con un itinerario musicale d’eccezione attraverso il classicismo viennese con il famoso violinista Pinchas Zukerman, nella doppia veste di solista e direttore dell’altrettanto celebre Camerata Salzburg, che lunedì 11 dicembre 2017 alle 20.30 presso l’Auditorium Giovanni Agnelli (via Nizza 280, Torino) daranno vita alla terza tappa dei Concerti del Lingotto 2017-2018. Pinchas Zukerman, nato a Tel Aviv e scoperto da Isaac Stern, è considerato un fenomeno nel mondo della musica classica ormai da più di quattro decenni. Il suo genio musicale, la tecnica prodigiosa e l’incrollabile livello artistico sono una meraviglia continua per pubblico e critica; la sua passione e il suo entusiasmo per l’insegnamento hanno portato a programmazioni innovative a Londra, New York, Ottawa, in Cina e Israele. Il nome di Pinchas Zukerman viene ugualmente rispettato come violinista, violista, direttore d’orchestra, pedagogo e musicista da camera. Anche la Camerata Salzburg esercita un’attrattiva particolare, non solo perché il suo nome evoca il luogo natale del grande musicista ma in quanto depositaria di una tradizione non tanto antica – l’orchestra è nata nel 1952 – ma che ha nel suo patrimonio genetico il pensiero e l’insegnamento di alcuni dei più autorevoli “mozartiani” del Novecento, da Bernhard Paumgartner che l’ha fondata a Sándor Végh e tanti altri grandi direttori e solisti fino ai giorni nostri. La Camerata Salzburg ha sperimentato un nuovo stile di esibizioni fin dai primi anni Sessanta: durante una tournée in Germania, Géza Anda decise di dirigere l’orchestra dal pianoforte, una mossa alquanto coraggiosa a quei tempi. Il programma della serata è tutto squisitamente “viennese”, con i tre grandi protagonisti della stagione classicista. Si apre con la Romanza per violino e orchestra n. 1 in sol maggiore op. 40 di Ludwig van Beethoven, databile all’incirca ai primi anni dell’Ottocento, nella quale il virtuosismo cede il passo alla cantabilità e all’espressività. Con il Concerto per violino e orchestra n. 5 in la maggiore KV 219 di Wolfgang Amadeus Mozart torniamo al 1775, quando Mozart adempie ai suoi doveri come Konzertmeister nella Salisburgo dell’Arcivescovo Colloredo componendo musica da camera e da chiesa, compresi i cinque Concerti per violino e orchestra, dei quali il KV 219 è l’ultimo e forse il più conosciuto, grazie anche al suo Finale con il famoso episodio centrale in stile “alla turca”. Si chiude con la Sinfonia n. 83 in sol minore “La poule” di Franz Joseph Haydn, unica in minore tra le sei sinfonie cosiddette “parigine”, così chiamata per la  nota puntata e ribattuta degli oboi nel primo tempo che ricorda il verso della gallina. Il titolo non deve però trarre in inganno, “La poule” è uno dei lavori più impegnativi del “padre della sinfonia”.

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La biglietteria è aperta nei giorni 6, 7 e 11 dicembre 2017 in via Nizza 280 interno 41, dalle 14.30 alle 19, e un’ora prima del concerto, dalle 19.30. Poltrone numerata da 27 a 54 euro, ingresso non numerato 20 euro e ingressi numerati giovani 13 euro (ridotto per i giovani con meno di trent’anni) in vendita un quarto d’ora prima del concerto secondo disponibilità. Vendite on line su www.anyticket.it. Informazioni: 011.63.13.721.

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Lunedì 11 dicembre 2017 ore 20.30
Auditorium Giovanni Agnelli, Via Nizza 280, Torino

Camerata Salzburg
Pinchas Zukerman, direttore e violino

Ludwig van Beethoven
Romanza per violino e orchestra n. 1
in sol maggiore op. 40

Wolfgang Amadeus Mozart
Concerto per violino n. 5 in la maggiore KV 219

Franz Joseph Haydn
Sinfonia n. 83 in sol minore Hob. I:83 “La poule”

UN VIAGGIO NEL CLASSICISMO VIENNESE
lunedì 11 dicembre 2017 ore 20.30 • Auditorium Giovanni Agnelli, Via
Nizza 280, Torino

Weekend’Arte per le famiglie

Giovedì 14 dicembre ore 15 Reali Sensi 

Nell’ambito del Calendario di eventi per la Giornata Internazionale delle Persone con Disabilità, coordinata da CPD partner “storico” del Dipartimento Educazione, al Castello di Rivoli avrà luogo una speciale visita aperta a tutti, vedenti e non, a cura dei Dipartimenti Educazione e Valorizzazione della Residenza Sabauda, nell’ambito del progetto Reali Sensi coordinato da Turismo Torino. 

Un’occasione per scoprire l’architettura del Castello di Rivoli, le decorazioni e la storia dell’edificio attraverso il senso del tatto. Chi lo desidera, potrà svolgere il percorso a occhi bendati per amplificare ancora di più le sensazioni che emergono dal “vedere” in punta di dita. Ingresso gratuito, indispensabile la prenotazione. Info b.manzardo@castellodirivoli.org  

Sabato 16 dicembre ore 15.30, domenica 17 dicembre ore 15

cof

Weekend’Arte per le famiglie al Castello di Rivoli La forma delle stelle
In relazione alla mostra di Gilberto Zorio

Le famiglie sono ormai di casa al Castello di Rivoli, che è kids & family friendly grazie ai Weekend’Arte del Dipartimento Educazione, sempre molto amati da bambini e ragazzi, occasioni per incontrare l’arte contemporanea in modo divertente e coinvolgente. L’attività è pensata per bambini dai 3 anni in su, i genitori possono scegliere se accompagnare i figli nell’attività oppure proseguire la visita. Costo 4 Euro a persona.  
NOVITA’ 2017: Progetto 0-3 
Sabato 16 dicembre, ore 10-12  

Grande successo per la nuova proposta introdotta nell’anno 2017: il Dipartimento Educazione ha istituito speciali appuntamenti il sabato mattina, pensati per le famiglie con bimbi da 0 a 3 anni alle ore 10. Ingresso gratuito.

Ninja e Samurai al Mao

La mostra realizzata dall’Associazione Culturale Yoshin Ryu in collaborazione con il MAO Museo d’Arte Orientale di Torino si addentra nella storia dei guerrieri giapponesi più conosciuti, i samurai, e nel mistero che circonda la figura dei leggendari guerrieri ombra, i ninja.

NINJA E SAMURAI. Magia ed estetica presenterà circa 200 opere databili tra il XVI e XX secolo provenienti da collezioni private, manufatti mai esposti prima d’ora, e opere concesse straordinariamente dal Museo d’Arte Orientale di Venezia.

 

Magia ed Estetica, due sostantivi che costituiscono i più diffusi stereotipi riguardo le figure storiche di ninja e samurai, sono termini scelti con l’intenzione di suggerire una dimensione fantastica per poter giungere, attraverso il percorso espositivo, ad una più attendibile conoscenza di queste figure che, esaurito il loro compito nella storia passata, hanno esercitato sulle generazioni che si sono susseguite – e continuano tutt’ora a esercitare – un innegabile fascino. L’allestimento, che si svilupperà nella grande area mostre oltre i giardini giapponesi, si connoterà come emozionale e suggestivo. Il percorso si apre con un video-documentario realizzato per essere d’aiuto a esplorare con occhio preparato le tante scoperte e suggestioni che l’esposizione offre. La visione della vita dei samurai è ancorata agli strati più profondi dell’inconscio collettivo del Giappone. Questa visione del mondo, il Bushido – la via del guerriero come arte della guerra ma anche come percorso di conoscenza interiore – ha avuto una grande importanza nella produzione artistica, nella cultura e nella costruzione delle relazioni sociali. Si penetra quindi in un mondo perduto, attraverso le magnifiche rappresentazioni artistiche dell’equipaggiamento guerriero dei samurai. Tra i tanti pregevoli oggetti in mostra, spiccano per rarità e bellezza un’armatura del periodo Edo appena restaurata, un corredo guerresco da viaggio e una lama da combattimento forgiata nel 1540. Dal bagliore delle lame e degli armamenti, dalla delicatezza delle laccature e delle stoffe del mondo dei samurai, si entra nel mondo dei guerrieri dell’ombra, i ninja, con armi – come le famose lame a stella shaken – attrezzi, costumi, strumenti e oggetti esoterici, passando a un diverso concetto di uso del corpo e delle risorse attinte dalla natura e dalla sua osservazione. Per la prima volta in Europa si potrà apprezzare un’esposizione dedicata al repertorio di armi dei ninja così completa per quantità e varietà.

I guerrieri-ombra con la propria creatività hanno saputo realizzare strumenti da celarsi nelle vesti, armi che tutti hanno visto in Agente 007 – Si vive solo due volte, dove James Bond studia combattimento in una scuola ninja, e altre che ancora oggi potremmo vedere in film di spionaggio, come il sonaglio shakujo  con lama nascosta, che da strumento rituale del buddhismo esoterico diventa oggetto di difesa e attacco, o la lampada con giroscopio che illumina il cammino e che lascia che il ninja scompaia avvolto dalle tenebre una volta appoggiata al terreno. La mostra si chiude con l’esposizione di oggetti legati alla nascita dei primi corpi di polizia feudale del Giappone unificato, i torimono, espressione di una nuova visone del mondo dove il guerriero non è più addestrato a uccidere per non essere ucciso, ma addestrato a catturare – utilizzando armi e tecniche nuove che traggono origine proprio dagli antichi guerrieri – per portare ordine nella società. Armi, strumenti e armature non saranno i soli protagonisti della mostra, verranno esposte anche opere d’arte legate ai guerrieri giapponesi: documenti strategici e tecnici d’epoca, opere calligrafiche, una coppia di grandi paraventi, strumenti legati alla cerimonia del tè, maschere e ornamenti teatrali. A corredo e complemento anche xilografie dei maestri Utagawa Kuniyoshi, Utagawa Kunisada Toyokuni III e Katsushika Hokusai.

 

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NINJA E SAMURAI. Magia ed estetica

BUSHI parte seconda

 

TARIFFE

Mostra:

intero €8; ridotto €6 fino a 14 anni, studenti fino a 25 anni, disabili, gruppi; gratuito fino a 6 anni, accompagnatori disabili, Abbonamento Torino Piemonte Musei, Torino+Piemonte card, partecipanti attività didattiche.

Museo + Mostra:

intero €12; ridotto €10 fino a 14 anni, studenti fino a 25 anni, disabili, gruppi; gratuito fino a 6 anni, accompagnatori disabili, Abbonamento Torino Piemonte Musei, Torino+Piemonte card e partecipanti attività didattiche.

 

ORARI

da martedì a venerdì 10 – 18; sabato e domenica 11 – 19 (la biglietteria chiude un’ora prima)

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Associazione Yoshin Ryu Lungo Dora Colletta 51, Torino

L’Associazione Yoshin Ryu, presente sul territorio piemontese dal 1978, nasce e si sviluppa nell’ambito di proposte motorie, sportive, formative, ricreative e sociali. Il piano culturale gradualmente si arricchisce, organizzando conferenze, dimostrazioni, convegni, ricerche e stesura di testi. Dal 2002 la Yoshin Ryu ha ideato e curato, in collaborazione con importanti partner nazionali e internazionali, diversi cicli di mostre espositive: “Origami”, “Ningyo”, “Giappone, lo spirito nella forma” (Omote, Shodo, Ceramica e Bonsai) e “Kagemusha, l’ombra del guerriero”. La scommessa culturale che Yoshin Ryu ha voluto giocare sin dall’inizio è stata di puntare sulla capacità dell’uomo di colloquiare con sè stesso e, grazie alla condivisione di esperienze artistiche e corporee, con l’altro fuori di sé per scoprire autentici stimoli di conoscenza, comprensione e reciproco rispetto. Nel 2016 il Ministero degli Esteri giapponese ha insignito l’Associazione, unica in Italia per quell’anno, di una onorificenza “per l’impegno volto alla promozione della comprensione reciproca tra Italia e Giappone e per il notevole contributo atto a consolidare l’amicizia nei rapporti tra il Giappone e gli altri Paesi.”

Info t. 011.2485659 – e-mail info@yoshinryu.org – sito www.yoshinryu.org Facebook Centro Giappone Yoshin Ryu

 

E’ Natale, famiglia Sala in concerto

Protagoniste del Concerto di Natale che si terrà lunedì 11 dicembre alle 21 presso l’Accademia di Musica di Pinerolo (viale Giolitti, 7), sono quest’anno canzoni tradizionali tratte da repertori geografici diversi e lontani tra di loro, da Silent night al Laudate Dominus di Mozart. A dare loro voce è un complesso vocale che costituisce un caso unico nel panorama della polifonia vocale italiana, la Famiglia Sala. A comporlo sono infatti padre, madre e cinque figli, di età che varia dai 28 ai 17 anni. Apprezzato per la vastità del repertorio e per l’impasto vocale di eccezionale equilibrio e omogeneità, il Gruppo Vocale Famiglia Sala si è distinto in importanti concorsi vocali e ha vinto la medaglia d’oro per la sezione Musica Sacra al Concorso Internazionale Città di Rimini. La Stagione concertistica è stata realizzata con il contributo di Compagnia di San Paolo (maggior sostenitore), Regione Piemonte, Ministero per i Beni e le Attività Culturali, con il contributo e il patrocinio di Città di Pinerolo. Il nostro grazie va anche alla sempre preziosa sponsorizzazione di Galup e a quella tecnica di Piatino Pianoforti, Yamaha Musica Italia e Albergian.

SCHEDA DEL CONCERTO
lunedì 11 dicembre 2017 – h 21 – Accademia di musica
Sala Singers
Z. Kodaly – Veni Emmanuel | Trad. Monti Appalachi – I wonder as I wonder | J. Lennon – Imagine | B. De Marzi – La neve | G. F. Ghedini – Maria lavava | Trad. Catalano Arr. K Jenkins – El noi de la mare | Trad. Arr. K. Jenkins – In dulci jubilo | Trad. Arr. K. Jenkins – Lully | B. Britten – Wolcum Yole! | B. Britten – There is no rose | J. P. Rameau – Hymne à la nuit | Trad. Tedesco – Silent Night | G. Faure – Cantique de Jean Racine | W. A. Mozart – Laudate Dominum | Trad. Americano – Amazing grace
I canti popolari rappresentano un patrimonio culturale importante e da salvaguardare. L’interesse critico rispetto a questo repertorio è fatto abbastanza recente: solo all’inizio del secolo scorso, infatti, etnomusicologi e compositori, Bartòk e Kodàly su tutti, hanno raccolto scientificamente melodie tradizionali popolari e le hanno trattate come materiale sonoro da plasmare e da riconsegnare alla contemporaneità. Questi canti servivano originariamente alle vicende quotidiane, erano occasioni per stare insieme e venivano intonati durante i periodi di festa. Stasera ascolteremo diverse canzoni tradizionali, restituite alla loro ragion d’essere, tratte da repertori geografici diversi e lontani tra di loro, ma accumunate dal comune tema del Natale, eseguite da un complesso vocale tutto italiano. Il Gruppo Vocale Famiglia Sala costituisce un caso unico nel panorama della polifonia vocale italiana. La particolarità di questo gruppo, infatti, è di essere costituito dai sette membri di una sola famiglia: padre, madre e cinque figli (di età che varia dai 28 ai 17 anni). Apprezzato per la vastità del repertorio e per l’impasto vocale di eccezionale equilibrio e omogeneità, il Gruppo Vocale Famiglia Sala si è distinto in importanti concorsi vocali e ha vinto la medaglia d’oro per la sezione Musica Sacra al Concorso Internazionale Città di Rimini. Il gruppo, che svolge un’intensa e apprezzata attività concertistica in Italia e all’estero, ha un repertorio molto vasto e vario che va dalla musica medievale e rinascimentale allo Spiritual, dall’Evergreen alla Musica Sacra e popolare.
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SALA SINGER
Il gruppo vocale Famiglia Sala costituisce un caso unico nel panorama della polifonia vocale italiana.
La particolarità di tale gruppo, infatti, è di essere costituito dai sette membri di una sola famiglia: padre, madre e cinque figli(di età che varia dai 28 ai 17 anni). Apprezzato per la vastità del repertorio e per l’impasto vocale di eccezionale equilibrio e omogeneità il Gruppo Vocale Famiglia Sala ha avuto come riconoscimento la vincita di importanti concorsi vocali e la medaglia d’oro per la sezione Musica Sacra al Concorso Internazionale Città di Rimini. Il gruppo, che svolge un’intensa e apprezzata attività concertistica in Italia e all’estero, ha inciso quattro CD con brani di generi ed epoche diverse che vanno dalla musica medievale e rinascimentale allo Spiritual, dall’Evergreen alla Musica Sacra e popolare.
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Accademia di Musica di Pinerolo
STAGIONE CONCERTISTICA 2017/18
12 ottobre 2017 – 26 maggio 2018
Accademia di Musica di Pinerolo

Quando l’arte incontra natura e musica

SABATO 9 DICEMBRE San Secondo di Pinerolo (Torino)

Nell’ambito del progetto “Pinerolo si racconta”, la Fondazione Cosso, in collaborazione con la pinerolese Galleria “Losano – Associazione Arte e Cultura”, propone, il prossimo sabato 9 dicembre, l’itinerario di visita “Quando l’arte incontra natura e musica”

Il programma prevede, alle ore 11, la visita del Parco storico del Castello di Miradolo, con la guida dell’audio racconto stagionale e della mappa del giardino, in una coinvolgente passeggiata fra alberi monumentali, boschetti e angoli naturali particolarmente suggestivi per colori, profumi e integrità dei luoghi. A seguire, visita al Mercatino di Natale, allestito nella Serra Neogotica del Castello che si colorerà, per l’occasione, di piante, addobbi natalizi, dolci e prodotti artigianali, dando spazio in primis ad artigiani e a organizzazioni operanti sul territorio senza scopo di lucro, con finalità assistenziali a vocazione sociale. Per chi lo desidera sarà possibile pranzare all’interno degli eleganti spazi della storica dimora. Alle ore 14,30, visita guidata alla mostra “Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura”, attualmente ospitata nelle sale del Castello. Artista poliedrico, insieme scultore, pittore, ceramista, scrittore nonché grande appassionato ed esperto di musica, Melotti è da considerarsi fra i principali protagonisti dell’arte del Novecento. Alle ore 16, l’itinerario prevede lo spostamento a Pinerolo per la visita della mostra “Il giardino fragile” di Tino Aime, ospitata presso la Galleria “Losano”: una retrospettiva che vuole ricordare il celebre artista (cuneese di origini, ma valsusino d’adozione), recentemente scomparso, con una selezione delle sue suggestive rappresentazioni floreali ispirate a rose canine, alchechengi, lunarie e ortensie.

Per info e prenotazioni: tel. 0121/502761prenotazione@fondazionecosso.it

 

g. m.

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Foto
– Castello di Miradolo
– Fausto Melotti:”Le sculture”
– Tino Aime: “Fiori stremati”, acquaforte, 2015

 

“A mia madre”

“A mia madre”  lirica di Chicca Morone

 

“Eri bellissima”

mi hai sussurrato

con gli occhi dolci

persi nei ricordi.

“Colore di una pesca,

le guance rosa”

e non contava più

dolore e pianto

di donna a donna

marchio tramandato.

Sei sola nel tuo mondo

fatto di nuvole

domande e sogni:

chi ti raggiunge

ride con te del nulla

che popola il tuo vuoto.

“Dove mi trovo?”

è un canto senza fine

ripetersi di ombre

sonnambule la notte

che è l’alba del nuovo giorno.

“Ho freddo”

lamenti dal tuo letto

avvolta nel piumone.

Riscaldo le tue mani,

incendi la mia vita

fatta di inutili bisogni.

Vorrei girarmi indietro

e correre sull’erba

trovarti ancora

al limitare del bosco

e tenderti le braccia

ridarti vita

portarti via

dal buio di quell’antro

da cui saluti inerme

la madre di tua figlia

guardandomi negli occhi.

Soprattutto i problemi chiudono il festival: qualcuno non ci crede più?

DAL NOSTRO INVIATO AL TFF

Elio Rabbione

È il regista israeliano Ram Nehari a stravincere con il suo Al Tishkechi Oti / Don’t forget me il premio per il miglior film del TFF 35 che si è chiuso ieri. La giuria, capitanata da Pablo Larrain, ha scelto questa storia dove ad un sottofondo di amarezza s’intrecciano messaggi e momenti d’amore, di disperata esistenza, di rappresentazione vera della instabile condizione psichica con cui convivono i due giovani protagonisti, una ragazza anoressica lei, un suonatore di tuba lui, entrambi nella speranza di una vita normale, eccezionali attori, lui, Nitai Gvirtz, si porta a casa il premio per la migliore interpretazione maschile, lei, Moon Shavit, lo condivide con Emily Beecham, sconquassata eroina di Daphne dell’inglese Peter Mackie Burns. Eccezionale ritratto di ragazza disinibita e dolorante, giri nei bar alla ricerca di alcol e sesso, qualche tiro di cocaina per tenersi a galla, l’aspirazione ad una promozione a secondo chef nel ristorante in cui lavora. Il film, pur con una bella scrittura, approfondita, capace di scavare in ogni piega, è tutto dell’attrice, capace di nascondersi e di mettersi sfacciatamente in gioco dietro quel visino cui tutti regalano i vent’anni, mentre ha già superato il decennio successivo.

Con il premio di 7000 euro della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo vivaddio la giuria si è ricordata di A fabbrica de nada del portoghese Pedro Pinho, il racconto della lotta di un gruppo di operai cui viene “rubato” il posto di lavoro, un caso singolo che drammaticamente, con grande incisività, ci rende il quadro della situazione del paese lusitano. Paiono al contrario a chi scrive sopravvalutati (forse) quel Kiss and cry delle francesi Chloè Mahieu e Lila Pinell, ad inseguire un gruppo di giovani pattinatrici, emblematiche nella loro instabilità di gesti e movimenti, tra bullismo e malate amicizie, l’amore per lo sport e le insicurezze, che si guadagnano il premio per la miglior sceneggiatura e la menzione speciale della giuria; e (decisamente) Lorello e Brunello di Jacopo Quadri (ancora qui una menzione della giuria), chiacchierate quotidiane su quanto è dura la campagna, la lotta contro l’industrializzazione, i commenti dei vecchi saggi, il ripetersi delle azioni, le solitudini, il lavoro. Dimenticando più alti esempi, come À voix haute del francese Stéphane De Freitas, intorno al concorso che ogni anno all’interno dell’Università di Saint-Denis, alle porte di Parigi, intende premiare il miglior oratore, un traguardo che arriva tra divertimento e ricordi dolorosi, tra tecniche precise ed emissioni di fiato perfette, tra gestualità mai gratuita, inneggiando alla bellezza e alla importanza della parola in un’epoca che ormai ne è priva. Un premio a questo titolo è arrivato dal pubblico, e questo dovrebbe dirla lunga: ma, al di là della nota di entusiasmo, ci pare davvero poco. O il clima di amori e sospetti soprattutto che è alla base di Beast di Machael Pearce o The death of Stalin di Armando Iannucci, scozzese di padre napoletano, dove si ride con rabbia davanti alle trame e ai comportamenti dei dirigenti sovietici all’indomani della morte del dittatore.

Fuori dal concorso, rimangono titoli che anche si sono amati, di cui speriamo poter riparlare ad una auspicabile uscita italiana. Quasi tutti di area angloamericana, da Darkest Hour di Joe Wright, con un eccezionale Gary Oldman nelle vesti di Churchill in un maggio del ’40 in cui dover decidere, ancora privi dell’appoggio statunitense, l’entrata in guerra contro un nemico nazista pronto a impadronirsi dell’intera Europa (in uscita a gennaio), a The disaster artist dove un altrettanto efficace, ed istrionico, James Franco, si cala nel personaggio di Tommy Wiseau, colpevole di essere entrato nella storia del cinema con quello che fu definito “il più brutto film che sia mai stato girato”; da L’uomo che inventò il Natale, ovvero l’occasione per Dickens a corto di quattrini e con una affollata famiglia da sfamare di trovare l’idea letterariamente giusta, a Final portrait, firmato da Stanley Tucci, dove Geoffrey Rush impersona Alberto Giacometti o Mary Shelley con Elle Fanning. Come per puro divertimento, nella sua semplice onestà, aspettiamo il film inaugurale, Ricomincio da me, non fosse altro per la recitazione di tre glorie britanniche, o il film che ha chiuso il festival, The Florida Project, già in odore di Oscar, o la riserva indiana che nasconde delitti in The wind river di Taylor Sheridan. O ancora Cargo di Gilles Coulier, che non avrebbe sfigurato in concorso, tre fratelli pescatori, differentemente coinvolti con la vendita del peschereccio di famiglia, al momento in cui il padre è in coma.

Restano i premi e i titoli che vedremo, restano assai più pressanti i tanti problemi del festival che all’indomani della sua chiusura lascia un conto negativo di sale a disposizione in meno (e la mancanza s’è sentita), di quattrini tagliati, di titoli eliminati. Certo, rimangono le file interminabili e compatte del pubblico (ma le cifre ufficiali non sono ancora comparse), le discussioni, la certezza che questo festival può e deve vivere senza tappeti rossi, senza il gossip del momento o senza le presenze di gente di cinema che hanno la faccia di essere riempitivi o pubblicità al lavoro fatto e presto in uscita; e poi la vivacità, la disponibilità dei tanti volontari e, uscendo dalle sale, i bar e i ristorantini dove fare un boccone veloce che negli otto giorni di festa e programmazione credo non se la siano poi tolta tanto male. Ma si è avvertito che la macchina non era ben oliata, che i sorrisi erano stretti, che l’inverno del nostro scontento aveva ormai bussato alle porte (per ripetere un film poco amato, quello di Roberta Torre). Emanuela Martini è giunta alla fine del suo mandato, vicedirettrice prima e piena responsabile negli ultimi quattro anni, continua a ripetere che ripartirebbe volentieri, che ha imparato ma che ha anche dato molto, che il pubblico torinese è impagabile: “Ma ogni decisione spetta al Museo”. Un Museo che, tra le tante e pericolose mareggiate, ha un direttore pro-tempore e ne attende uno stabile. Insomma, è necessario pensare già al futuro e il futuro, su cui stanno scritte per ora soltanto le date del 2018 (23 novembre – 1 dicembre), è troppo vicino. È necessario avere il tempo per lavorare, per mantenere la cifra di sempre e inventarsi cose nuove, per combattere contro i soldi che hanno tutta l’aria di voler scendere ancora, per svegliare una giunta che pare credere sempre meno nell’operazione (non soltanto culturale). Tutto per evitare che un grosso bagaglio torinese prenda altre strade, tutto per scongiurare che quello che si è costruito negli anni di scoperte, di piacere visivo, di intelligenza ci venga a mancare.

 

 

 

EstOvest Festival in dirittura d’arrivo

E’ in dirittura d’arrivo la sedicesima edizione di “EstOvest Festival 2017”, la Rassegna Musicale (già insignita della “Effe Label”, l’etichetta mirante a selezionare le eccellenze festivaliere europee) organizzata dall’Associazione torinese “Xenia Ensemble”, con il sostegno della Compagnia di San Paolo e della Regione Piemonte. Un’edizione particolarmente importante, quella di quest’anno, che ha registrato una partecipazione di pubblico senza precedenti, premiando un fitto calendario di appuntamenti – 28 concerti con cinque prime nazionali e una prima esecuzione mondiale – che ha toccato le location più impensate (dalla Stazione “Porta Nuova” della Metro torinese, per fermarci a Torino, alla farmacia di Porta Palazzo via via fino al “Museo Egizio”) dislocate in ben dieci città differenti del Piemonte, con oltre 50 artisti internazionali coinvolti, fra cui la “Camerata RCO” (Royal Concertgebouw Orchestra) e l’“Orchestra da Camera Accademia” di Pinerolo. Coronamento ideale del Festival, sarà un concerto dedicato nello specifico al tema di quest’anno: gli “Spiriti Musicali”, ovvero “quelle sensibilità capaci di comprendere e creare la musica in una dimensione che va oltre la razionalità”Il doppio appuntamento, sabato 9 dicembre ore 17 al “Museo Ettore Fico” (in via Cigna 114, a Torino, ingresso gratuito con il biglietto del Museo), con replica domenica 10 dicembre ore 17 alla “Chiesa Battuti Bianchi” (in corso Cottolengo 6, a Bra, ingresso gratuito) in omaggio allo scrittore e giornalista Giovanni Arpino nell’anniversario dei trent’anni della scomparsa, vuole ripercorrere alcuni dei momenti musicali più interessanti della rassegna. Non senza qualche novità. A suonare saranno i “padroni di casa” del quartetto “NEXT – New Ensemble Xenia Turin”, già protagonisti, spesso in abbinamento con i numerosi ospiti, di vari appuntamenti in cartellone. Il massimo tributo al tema degli “Spiriti Musicali”, troverà la sua summa nel concerto conclusivo, dedicato a Mozart, genio irrequieto per eccellenza, e all’ironica rivisitazione della sua musica ad opera di Alfred Schnittke. Alla tematica del rapporto fra musica e potere è riconducibile il malinconico quartetto del compositore ebreo Mieczyslaw Weinberg, mentre al percorso sulla spiritualità si riferisce la composizione contemplativa dell’estone Erkki-Sven Tuur. All’impressionismo musicale di Ravel si ispira invece il giovane talento Martin Loridan, vincitore della “Call for Scores 2016” e, anche quest’anno, omaggiato da EstOvest Festival con una prima esecuzione italiana. Spiriti musicali diversi, ciascuno voce di una diversa nazione. Proprio come di differenti provenienze geografiche (a conferma del respiro sempre più internazionale assunto dal Festival dal 2001 ad oggi) sono i quattro esecutori: romeno Adrian Pinzaru, irlandese Ellis Cranitch, italiano Claudio Pasceri e giapponese Mizuho Ueyama.

Info: www.estovestfestival.it

g.m.

Deludono le due opere italiane, le stagioni dei fratelli di Quadri e i fratelli assassini di Tagliaferri

DAL NOSTRO INVIATO  Elio Rabbione

Possibile che, tra le opere prime e seconde predisposte sul versante italiano del TFF 35, per la quindicina di film da sistemare nel cartellone del concorso, Emanuela Martini e il suo staff non abbiano scovato null’altro che non fossero Jacopo Quadri e Andrea Tagliaferri? Il primo, attingendo ai quattrini di mamma Rai e a quell’Ubulibri di paterne radici, inventa un “soggetto”, scrive con una coppia di amici una “sceneggiatura” e ci sottopone Lorello e Brunello, ovvero le quattro stagioni in un anno recente della vita dei fratelli Biondi, tra le campagne del Grossetano. Vita grama e sempre eguale, a capitoli, le giornate che si aprono all’alba e si chiudono con fatica al tramonto, i compiti abituali dell’agricoltura, le chiacchiere di niente con i compari, la cucina e Trump in tivù, la vita dell’uomo che si confonde con quella degli animali, la mungitura delle pecore e il terrore dei lupi che creano carneficine, gli alberi e le semine, le macchine cui fare manutenzione, gli steccati e le reti a protezione, una vecchia parente cui accudire, un’altra filosofa pratica della vita e dei destini. 85’ con questo e altro ancora, camera fissa per la maggior parte del tempo, ricerca facile della bella immagine, azioni e parole che non producono sentimenti e non portano a nulla. Tagliaferri – con la paterna produzione di Matteo Garrone, di cui è stato assistente -, tra i pescherecci di Comacchio e certi freddi, solitari centri del Ravennate, considera invece in Blue kids il legame morboso che lega fratello (Fabrizio Falco) e sorella (Agnese Claisse), costruisce per la coppia la scomparsa della madre, fatta di lacrime finte, un’eredità completamente trasmessa al padre, l’uccisione di costui quasi fosse un gioco, un rituale che li lega e che deve essere compiuto con il sorriso sulle labbra. Una cronaca che certe vicende non solo di oggi ci hanno fatto conoscere, i nomi li abbiamo tutti nella memoria, il disaffetto, i quattrini, la noia, tutto può essere la molla che fa scattare quelle malvagità che non hanno tempo. Ricercare le tante cause ed esatte, entrare negli animi, scovare i meccanismi e il nulla che sta forse all’inizio di tutto: invece qui ogni cosa è freddamente raccontata, e la non partecipazione porta ad un vuoto di scrittura e di direzione che la bella fotografia di Sara Purgatorio cerca di colmare, serpeggiando tra dialoghi inesistenti, tra sguardi che vorrebbero accrescere i rapporti ma li svuotano, tra un fondo d’inerzia narrativa che azzera anche il marcio dei due ragazzi.

Batte bandiera francese uno dei film che più ci sono piaciuti del concorso, quel À voix haute di Stéphane De Freitas in cui, nell’epoca della letteratura spiccia, dei tanti surrogati colloquiali che vengono usati, dei termini abbreviati per fretta e per comodità, qualcuno vivaddio vuole resuscitare la parola. Quella pensata, costruita, tondeggiante, emessa con i fiati giusti, colorita, porta a dovere. Quella improvvisata, quella condivisa, quella aiutata dalla recitazione. Succede nella periferia parigina, all’interno dell’Università di Saint-Denis, dove ogni anno viene indetto il concorso “Eloquentia” per l’elezione del miglior oratore. Succede con una ventina di studenti provenienti da paesi anche lontani, che riconoscono nella parola, nella sua costruzione e nel suo uso, il passaggio obbligato verso la vera espressione, autentica, verso la sua libertà, verso un vivere che esprima crescita, scioltezza, fiducia in se stessi. Si improvvisa, si narra, si discute, si mettono in campo le proprie doti, il proprio carattere, le timidezze e la piccola cialtronaggine, il divertimento e i ricordi della propria terra. Anche qui un documentario, ma tu ci senti equilibrio e verità, piacere dell’ascolto, un susseguirsi vitale di giorni, un panorama di facce difficilmente dimenticabili.

 

Come difficilmente dimenticabile è Daphne dell’inglese Peter Mackie Burns con il faccino bello di Emily Beecham. Decisamente disinibita, riempie la solitudine con lettura di Slavoj Zizek e sesso senza troppi problemi, qualche incontro con l’amica per rinfacciarsi quale delle due sia più “stronza”, giri nei bar per qualche bicchierino di troppo e per qualche tiro di cocaina per tenersi a galla, il suo lavoro in un ristorante dove il proprietario è innamorato silenziosamente di lei e lei aspira ad una promozione a secondo chef. Poi una madre che sta morendo di cancro e si rifugia negli affetti recalcitranti di una figlia e nella fiducia in una religione che le insegni una nuova sopportazione; e una rapina che la sbalza dall’andamento sempre eguale delle sue giornate: forse sarà una nuova salvezza, uno sguardo mai considerato, un momento inaspettato per andare incontro agli altri e riscoprire se stessa. Un bellissimo ritratto di donna circondato da altre partecipazioni che non sono indifferenza, una storia triste e brillante al tempo stesso, gli angoli della vita con la drammaticità e le sfide espressi in modo narrativamente piacevole e forte, le annotazioni giuste, la concretezza dei vari passaggi più che apprezzabile. Non si chiede poi troppo!

 

Elio Rabbione

 

Quando l’uomo si connette all’universo

Al teatro Astra sabato 2 e domenica 3 dicembre Lucilla Giagnoni porta in scena   “Furiosa-mente”

 

 

“Furiosa-mente” è il titolo del nuovo spettacolo che Lucilla Giagnoni porta in scena il 1 e 2 dicembre prossimi al teatro Astra di Torino. Un ritorno molto atteso con una piece che concentra la sua attenzione sullo strumento più potente ed efficace che l’uomo abbia a disposizione, la mente, che ci mette in connessione con noi stessi e con il mondo circostante. “C’è un tempo per nascere e un tempo per morire; c’è un tempo per distruggere e un tempo per costruire. Ci sono tempi di crisi, momenti grigi della storia. E il nostro tempo? Forse – afferma Lucilla Giagnoni – è uno dei più straordinari che all’umanità sia dato da vivere: la mondializzazione. Cadute le grandi ideologie di riferimento noi non siamo affitto generazioni di passaggio”, di quelle che traghettano da un grande momento storico ad un altro, ma stiamo vivendo uno degli eventi più incredibili che siano mai accaduti sulla Terra, un’onda di grandi sogni dell’umanità, da sempre, scoprire ed essere in contatto con tutto il mondo, creare una grande rete di connessioni e di conoscenze”. È necessario possedere strumenti adatti a leggere questa complessità e, tra questi, quello più efficace che esista è   la mente umana, che può metterci in connessione prima di tutto con noi stessi, poi con gli altri e con la natura. Questo richiede una umanità straordinaria, capace di accrescere la propria coscienza e la propria condapevolezza. Esiste un tempo per capire e un tempo per prendere consapevolezza e coscienza e scegliere, anche se scegliere – ne è consapevole Lucilla Giagnoni – significa combattere una battaglia, che rappresenta la condizione dinamica della nostra stessa esistenza. La storia umana è piena di guerrieri come Antigone, Orlando, nell’ Orlando Furioso e gli eroi dell’Iliade. Nel libro più amato da Gandhi, il Baghvadgita, prima della battaglia il dio Krishna mostra al guerriero Arjuna come siano regolati il Cosmo e la sua mente.

 

Mara Martellotta

Sabato ore 21, Domenica  ore 18

Teatro Astra via Rosolino Pilo 6. Tel : 0115634352