

Come le neuroscienze possono aiutarci a capire l’esperienza delle opere d’arte Che cosa significa ‘guardare’ un dipinto o una sua riproduzione in formato digitale? Come l’esperienza digitale cambia la nostra percezione del mondo?
Progetto di Ricerca: L’arte del colore nell’era digitale
A cura di Vittorio Gallese, Martina Ardizzi e Maria Alessandra Umiltà
6-11 giugno 2017, ore 9.30-18.30
Castello di Rivoli, Terzo piano
In collaborazione con il Dipartimento Educazione del Museo
Per iscrizioni educa@castellodirivoli.org – tel. 011.9565213
Nell’ambito della mostra L’emozione dei COLORI nell’arte in corso al Castello di Rivoli e alla GAM – Torino, il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea propone il progetto sperimentale L’arte del colore nell’era digitale a cura di tre ricercatori dell’Università di Parma, Vittorio Gallese e Martina Ardizzi del Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Unità di Neuroscienze e Maria Alessandra Umiltà del Dipartimento di Scienze degli Alimenti e del Farmaco, in collaborazione con il Dipartimento Educazione del Museo.
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Lo spazio museale ospiterà per la prima volta una stanza-laboratorio dedicata a indagare l’esperienza del pubblico davanti alle opere d’arte. Il progetto è finalizzato alla realizzazione di un innovativo dialogo tra arte, neuroscienze e ricerca attraverso lo studio dell’esperienza estetica in un suo contesto abituale, il museo. Sarà così possibile comprendere come la modalità di fruizione di opere d’arte, principalmente della componente cromatica, possa riflettersi in differenti risposte fisiologiche e giudizi soggettivi. In particolare, sarà analizzata la differenza fra le reazioni di fronte ad opere pittoriche nella loro realtà materiale e alla loro riproduzione digitale. Il laboratorio mostrerà come l’esperienza del colore possa essere influenzata dalla digitalizzazione delle immagini artistiche. Negli ultimi anni le neuroscienze hanno manifestato un crescente interesse nei confronti dell’arte non solo per studiare il funzionamento del cervello, ma soprattutto indagando il sistema cervello-corpo per comprendere in cosa consista l’esperienza degli ‘oggetti artistici’ frutto dell’espressione creativa umana. I temi dell’arte e dell’estetica si possono studiare da una prospettiva nuova, quella di un’estetica sperimentale che studi le risposte del cervello e del corpo per mettere in luce le componenti ‘invisibili’ indotte dal visibile artistico. Il progetto di ricerca proposto al Castello di Rivoli sarà caratterizzato dalla utilizzazione cross-disciplinare delle metodologie dell’estetica sperimentale e della curatela museale, consentendo di approfondire le conoscenze sull’esperienza dei visitatori focalizzandosi su un aspetto fondamentale della odierna ricezione artistica: l’effetto della digitalizzazione di opere d’arte astratte a prevalente contenuto cromatico. Accanto ad un’esperienza più classica di natura museale, di recente rilievo è l’uso di supporti digitali sfruttati per godere della visione di opere artistiche. La percezione visiva del colore è mutata in profondità da quando siamo immersi nel mondo virtuale.
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“Non conosciamo come la differente fruizione (nel contesto museale o in formato digitale) possa influenzare la percezione del colore, parte integrante dell’opera d’arte. Il laboratorio allestito all’interno degli spazi museali al Castello di Rivoli permetterà di approcciare queste questioni in via sperimentale, a partire dallo svelamento di alcune opere monocromatiche allestite nell’ambito della mostra e appositamente selezionate, a confronto con le rispettive riproduzioni”, affermano i Professori Gallese, Ardizzi e Umiltà.
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Vittorio Gallese, che insieme ai colleghi del Dipartimento di Neuroscienze dell’Università di Parma ha scoperto i neuroni specchio, nel novembre scorso ha partecipato al ciclo di incontri Colors and Mind promosso dalla Fondazione De Fornaris in collaborazione con la GAM – Torino in relazione alla mostra L’emozione dei COLORI nell’arte. Ai visitatori che vorranno arricchire la loro visita museale partecipando al laboratorio verrà chiesto semplicemente di osservare le opere d’arte presentate. Durante l’esperimento verranno registrate le risposte fisiologiche spontanee dei partecipanti mediante procedure non invasive quali elettrocardiogramma e risposte elettrodermiche. Verranno inoltre raccolti alcuni giudizi relativi all’esperienza estetica, sensoriale ed emotiva provata. Il laboratorio, della durata di un’ora, è aperto a 60 partecipanti di età compresa tra 18 e 55 anni, equamente divisi tra uomini e donne.
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La partecipazione è gratuita, indispensabile l’iscrizione contattando il Dipartimento Educazione all’indirizzo educa@castellodirivoli.org, tel. 011.9565213.
Per maggiori informazioni circa requisiti e modalità di partecipazione: martina.ardizzi@unipr.it mariaalessandra.umilta@unipr.it
Ai partecipanti sarà riconosciuto l’ingresso ridotto alla mostra L’emozione dei COLORI nell’arte al Castello di Rivoli.
Si è concluso il concorso di pittura murale “Il mare sulla collina” che, il 14 maggio scorso, aveva visto cimentarsi a Pecetto di Valenza sette pittori nella rappresentazione del mare che un tempo ricopriva la pianura padana.
L’evento, inserito nella rassegna “Artisti per la Natura” cofinanziata dalla Fondazione Crt è stato uno degli appuntamenti in calendario di Riso&Rose. Il concorso ha visto primeggiare due artisti di Torino. Infatti il primo classificato è stato il torinese Alessandro Di Chio, con l’opera “Luci dagli abissi”, secondo classificato il pittore pavese Adriano Fondrini con “Come in un teatro”, terza l’artista torinese Venere Rizzo, con “L’alba della vita”. Difficile il giudizio della giuria, che ha dovuto scegliere tra opere di grande valore artistico e molto differenti tra loro per soggetto e tecnica pittorica: si è spaziato dall’olio, all’acrilico fino all’utilizzo, più strettamente legato alla street art, delle bombolette spray utilizzate con grande maestria dal vincitore. I premi in denaro – 400 euro al primo, 250 al secondo e 150 al terzo – sono stati messi a disposizione dall’Associazione culturale “La Guarnera” e dalla Pro loco di Pecetto. Un ruolo fondamentale è stato poi quello della ditta Bonzano (già IBL) di Coniolo, che ha fornito gratuitamente i pannelli in legno su cui i pittori si sono cimentati. L’evento artistico e il suo inserimento nell’affermata rassegna Riso&Rose, consente di valorizzare realtà di solito un po’ isolate, quali il geosito di Pecetto di Valenza, e quindi poco conosciute ma certamente importanti per le emergenze culturali, naturalistiche e, perché no, per il buon cibo e il buon vino.
Massimo Iaretti
Per circa un secolo, tra la seconda metà dell’Ottocento e la prima metà del Novecento, la Valle Gesso ospitò nel periodo estivo e, a volte, anche in autunno la famiglia reale. Il testo offre, per la prima volta, una ricostruzione cronologica precisa e dettagliata dei soggiorni sabaudi nelle Alpi Marittime. Perché i Savoia scelsero la Valle Gesso per i loro soggiorni? Oltre al Re quali altri componenti la famiglia reale, la corte e l’entourage nazionale ed internazionale furono presenti a Sant’Anna di Valdieri e in Valle Gesso? Quando e come si svolgeva il soggiorno reale? Quali erano le attività quotidiane? Qual era il rapporto con la popolazione? Quale il contesto ambientale naturale e antropico locale? Quali benefici e ricadute ha rappresentato per il territorio la presenza dei
Savoia? Come si chiuse la vicenda della riserva reale, da cui nacque il Parco Naturale Alpi Marittime? Quale memoria è rimasta oggi? Walter Cesana, attraverso una vasta pluralità di fonti scritte, orali, fotografiche e, soprattutto, attingendo ad inediti documenti d’archivio, dà una risposta a tutte queste domande. Dalla sua ricerca emerge un quadro circostanziato che, a distanza di oltre settant’anni dalla conclusione dei soggiorni reali, intende fare chiarezza circa eventi fino a oggi poco indagati, salvare la memoria e restituire nuova luce a una vicenda che per un secolo ha visto, con la presenza dei Savoia, passare nella Valle Gesso la storia d’Italia e d’Europa.
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Presentazione del libro di Walter Cesana
I Savoia in Valle Gesso
Diario dei soggiorni reali e cronistoria del distretto delle Alpi Marittime dal 1855 al 1955
Edizioni Primalpe, con il patrocinio del Centro Studi Piemontesi
Presentazione di Paolo Salsotto, presidente Aree Protette Alpi Marittime, Prefazione di S. A. R. il principe Serge di Jugoslavia, Introduzione di Gustavo Mola di Nomaglio
Chi è Amir Issaa?
Un rapper nato da coppia mista, madre italiana e padre egiziano, in una borgata romana difficile. Spesso in prima linea come portavoce dei ragazzi G2, Amir è uno dei protagonisti della scena hip hop italiana. Da oltre 15 anni “spinge” la cultura urban nel nostro paese e ha all’attivo parecchi dischi e soprattutto la colonna sonora del film “Scialla!” che gli è valsa una nomination al David di Donatello. Ma Amir, oltre ad essere un musicista che ha collaborato con tutti i colleghi noti della scena, è probabilmente uno dei massimi esperti della cultura hip hop in Italia e ha dalla sua una storia interessantissima che è stata raccontata nel libro “Vivo per questo” in uscita per Chiarelettere (collana Reverse). Amir Issaa sarà a Torino, allo Spazio Lux di Fiorfood al primo piano di Galleria San Federico, 26, il prossimo 5 giugno alle ore 17.00 Oltre a presentare il suo libro, un romanzo hip hop di iniziazione, il ritratto di una generazione di “Italiani inespressi”, il manifesto di una controcultura travolgente che è stata in grado di liberare le vite di tanti adolescenti dai pericoli del caos, Amir Issaa conduce il laboratorio di scrittura “Power to the people”, in cui i partecipanti vivranno un’esperienza diretta che li metterà subito all’opera, svelando l’immediatezza e l’efficacia del linguaggio dell’hip hop. Un laboratorio a ingresso gratuito e a partecipazione libera.
La rassegna
ha preso il via il 23 maggio e si concluderà quattro mesi dopo, il 24 settembre, al termine di un “viaggio” tra arte e tradizione. Un percorso che porterà artisti internazionali della musica popolare in luoghi dall’alto valore culturale del territorio piemontese. Voci e Volti visiterà con gli spettatori, tra gli altri, il Castello di Moncalieri, il Castello di Masino, il Castello della Manta, l’Abbazia di Vezzolano, l’Abbazia di Santa Maria a Cavour, Infini.To Planetario, il Filatoio di Caraglio. Voci e Volti ospiterà artisti provenienti da Finlandia, Senegal, Tunisia, Argentina, Brasile, Canada e da diverse regioni d’Italia. Sonorità, volti, etnie, simbolo ed espressione di tradizioni musicali che variano enormemente fra di loro inviteranno il pubblico a un viaggio unico: dalle torride strade africane ai racconti dei vecchi gitani, dai ritmi del sud Italia alle ballate nord europee, dalle sfumature occitane al calore del tango argentino. La direzione artistica di Voci e Volti è affidata ai componenti dell’Orchestra Multietnica MOM che accompagneranno gli artisti ospiti durante l’intera rassegna. Il progetto nasce dall’esperienza pluriennale della Fondazione Dravelli in ambito interculturale.
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I concerti sono tutti ad ingresso gratuito e si svolgeranno anche in caso di pioggia.
Sabato 3 giugno, ore 21.00 – Almas Calientes in concerto
Chiesa di Santa Maria Maddalena Borgata Tetti Rolle, via Tetti Rolle 21, Moncalieri (TO)
Con musiche che spaziano da sonorità profonde e ricercate a ritmi istintivi e primordiali, ascoltare il duo Almas Calientes è un’esperienza al confine tra l’estasi e l’entusiasmo. Il duo Almas Calientes, composto da Jose se Fuè e Simone Moccia, è conosciuto principalmente per l’originalità con cui interpreta le melodie dell’hand pan, uno strumento etnico e tradizionale, proveniente dalle verdeggianti montagne svizzere e ricavato da grossi bidoni metallici. Si tratta essenzialmente di una struttura metallica curva che viene suonata con le mani e che produce un suono metallico ma allo stesso tempo morbido, che inspira un immenso fascino meditativo. Lo spettacolo proposto dagli Almas Calientes è un’occasione unica per immergersi in melodie piacevoli e rilassanti, in cui la particolarità di questo strumento si unisce al brio e al virtuosismo dei due artisti combinandosi in un’interazione inedita di ritmi, strumenti e modalità musicali.
Il duo Almas Calientes, composto da Jose sé Fuè e Simone Moccia, è nato dalla sperimentazione di ritmi e melodie influenzate dall’amore per le sonorità africane e salentine. Simone Moccia nasce a Giaveno, nei pressi di Torino. Fin da giovanissimo si appassiona alla musica popolare del sud Italia e inizia a immergersi nei ritmi dei tamburi a cornice. Tutto ciò fa si che il suo cammino incroci le sonorità dell’Hang drum e l’amicizia con José, con cui inizia a collaborare. Josè se Fuè nasce a Buenos Aires, Argentina, paese da cui trae le prime fonti d’ispirazione per ’infinita ricerca ancora in corso di suoni e culture da scoprire.
Domenica 4 giugno, ore 21.00 – The Magical Box
Cortile di Casa Cavassa, Via Valobra angolo via Benso, Carmagnola (TO)
Possibile passeggiata culturale del centro storico a cura dell’Associazione MuseInsieme.
Per info e prenotazioni: tel: 3338894508 mail: associazionemuseinsieme@gmail.
Due eclettici chitarristi, Gian Giacomo Parigini e Davide Sgorlon, si incontrano per un appuntamento fra suono e immagini. Mondi apparentemente lontani come il FLAMENCO, la CLASSICA e il FINGERSTYLE, si uniscono in un canto corale che diventa colonna sonora di un racconto fra sogno e realtà. Le musiche sono accompagnate da oniriche video-installazioni.
La loro tendenza a intrecciare nel modo più spregiudicato partiture originali con un acceso sperimentalismo, ma sempre secondo i canoni di un linguaggio iper-romantico, suggerisce un minimalismo rivissuto con grande fervore melodico. Il duo trasporta il pubblico in una dimensione silente che permette all’udito di acuirsi fino ad arrivare ad immaginare nuvole che scorrono quiete e maestose mentre, sulla linea dell’orizzonte, si stagliano alte montagne; piogge, rintocchi e lune di un paesaggio lontano eppure che è dentro ciascuno. Le immagini sonore generate riordinano il caos primordiale fra fuoco e aria, acqua e terra: elementi che possono esistere solo grazie all’esistenza degli altri, in un continuo mutare. Alimentandosi delle tradizioni, forme, stili e ritmi musicali più diversi – dalla classica alla bossa nova, dall’impressionismo francese alla musica elettronica, dal folklore al minimalismo anglosassone – le due chitarre diventano un’orchestrazione composita in cui archi, arpe, legni e percussioni sono riconoscibili e divengono pura narrazione.
Quindici giovani artisti della China Academy of Art di Hangzhou esporranno le loro opere ispirate a Le città invisibili di Italo Calvino in una mostra ospitata, dal 7 al 14 giugno, dall’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino e promossa dall’Istituto Italiano di Cultura di Shangai insieme al Premio Italo Calvino, in occasione dell’ultima edizione del concorso Arte chiama arte.
All’inaugurazione del 7 giugno (ore 17) – a cui sarà presente il primo classificato ZHAO Binglin 赵冰林 – interverranno il Presidente dell’Accademia Albertina Fiorenzo Alfieri, il Direttore dell’Accademia Albertina Salvo Bitonti, il Presidente del Premio Calvino Mario Marchetti e Stefania Stafutti, in rappresentanza dell’Istituto Italiano di Cultura di Shanghai. I lavori degli studenti sono il frutto del concorso artistico Arte chiama arte che l’Istituto Italiano di Cultura di Shanghai organizza in collaborazione con la China Academy of Art di Hangzhou e con lo sponsor ContestaRockhair. Da diversi anni, a dei giovani artisti cinesi viene proposta un’opera di letteratura italiana come fonte di ispirazione per realizzare moderne opere d’arte. La formula intende così promuovere l’incontro tra le due culture, incoraggiando i giovani cinesi a leggere con attenzione un’opera importante della letteratura italiana, e favorendo la conoscenza dell’arte cinese attraverso l’esposizione in Italia delle migliori opere in concorso.
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Questa edizione, iniziata nel 2016, è dedicata a Le città invisibili: in questo libro, Italo Calvino immagina che Marco Polo descriva a Kublai Khan le molte città dello sterminato impero da lui visitate su ordine del sovrano, e ripercorre, così, l’antico incontro tra cultura italiana e cultura cinese che ebbe luogo grazie all’avventuroso viaggio dell’autore de Il Milione. Interpretare Le città invisibili significa, così, parlare della moderna e ancora oggi attualissima problematica della nostra concezione della città: del nostro modo di concepire e realizzare il vivere insieme, la socialità, il rapporto tra essere umano e ambiente.
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La China Academy of Art di Hangzhou (Zhejiang Province), fondata nel 1928, è stata la prima istituzione artistica in Cina a offrire un programma accademico completo. Opera attualmente in tre grandi campus, due a Hangzhou (Nanshan e Xiangshan) e uno a Shanghai (Zhangjiang). L’ampiezza della gamma delle discipline offerte è testimoniata dalle quattro grandi scuole di dottorato, frequentate da oltre 1200 studenti: teoria dell’arte, belle arti, design, dramma e film. Oltre 8.000 studenti sono iscritti ai molti corsi di laurea. Il primo Presidente è stato il pittore Lin Fengmian (1900 – 1991). Attuale Presidente è Xu Jiang, uno dei maggiori pittori cinesi dei nostri tempi. L’evento rientra nelle celebrazioni del trentesimo anniversario del Premio Italo Calvino che, nel corso di un anno così importante, ha voluto promuovere una lunga serie di attività per ricordare il proprio nume tutelare.
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CALVINO MADE IN CHINA
Gli studenti dell’Accademia di Hangzhou immaginano Le città invisibili
Sala Azzurra dell’Accademia Albertina di Belle Arti
dal 7 al 14 giugno, inaugurazione mercoledì 7 giugno 2017, ore 17 – Salone d’Onore e Sala Azzurra dell’Accademia Albertina
Orari della mostra: dall’8 al 14 giugno – nei giorni feriali dalle 10 alle 18
ingresso dalla Pinacoteca dell’Accademia Albertina – via Accademia Albertina 8 Torino
Reduce dal successo del concerto del 2 giugno, che ha visto Nada applauditissima sul palco di piazza Ottinetti, La grande invasione prosegue con numerosi eventi in calendario.
Da segnare in agenda sicuramente la mostra al Museo Civico Garda di Ghirlanda e altri mondi di Lorenzo Mattotti. Disegnatore, pittore, illustratore, viaggiatore e molto altro ancora, l’artista, attraverso le sue opere in bianco e nero o le sue tavole coloratissime, trasporta spesso il visitatore in mondi eclettici e surreali.
Il percorso dell’esposizione si articola in quattro sezioni legate proprio a questi mondi, le prime due sono incentrate su classici della letteratura italiana L’Orlando Furioso e Pinocchio. Si prosegue col mondo fantastico del Mistero delle Antiche Creature e si conclude il percorso con la sezione dedicata all’ultimo sforzo creativo di Mattotti durato ben dieci anni Ghirlanda, dove i disegni in bianco e nero dell’illustratore si uniscono ai testi di Jerry Kramsky.
La mostra è realizzata in collaborazione con la Galerie Martel di Parigi e sarà ospitata al Museo Garda fino al 9 dicembre 2017.
Sale l’attesa per la lettura di Sonia Bergamasco del romanzo Memorie di ragazza del Premio Strega Europeo in carica Annie Ernaux, una delle grandi ospiti internazionali presenti al festival.
La giornata di domenica inizia con la lettura dei giornali a colazione, diventato ormai un rito: al Bar Roma, alle 8.45, il giornalista Jacopo Iacoboni commenterà col pubblico le principali notizie della giornata.
Alle 10, in Santa Marta, Luca Scarlini racconterà storie rocambolesche di opere d’arte rubate e poi restituite. Parallelamente all’Officina Morenica i lettori più giovani, a cui è dedicata La piccola invasione, incontrano Roberto Zanello per il laboratorio Inventa la tua città.
Diego De Silva e Marcello Fois saranno i protagonisti de La nostra carriera di lettori, confrontandosi alle 12.15 sul palco del Cortile del Museo Garda sui libri che li hanno formati come scrittori.
I libri rimangono i protagonisti indiscussi del festival anche all’ora di pranzo: nei locali della città si mangia e si ascoltano racconti, letti da alcuni degli ospiti, da Fabio Geda a Elena Varvello.
Il pomeriggio si fa decisamente internazionale, con gli incontri delle americane Elisa Albert e Alexandra Kleeman (Santa Marta, 16.15) e con lo svedese Fredrik Sjöberg sul suo ultimo romanzo L’arte della fuga (Cortile del Museo Garda, 17.30).
Anche per i bambini la domenica pomeriggio si snoda tra letture, favole, laboratori e incontri come quello delle 17 al Museo Garda, dal titolo Bestiari. Incontri fantastici al museo (7 euro, su prenotazione) o quello dell 17.30 al Museo Tecnologic@mente La favola di Medusa e di Perseo.
Chiude la quinta edizione del festival della lettura La grande invasione la musica dei Gomma, gruppo emergente che sempre di più si sta affermando sulla scena nazionale (ZAC!, 22.30).
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Il programma è scaricabile dal sito, qui il link: http://www.lagrandeinvasione.it/wp-content/uploads/2017/05/Programma_INVASIONE17.pdf
Info e biglietti disponibili su www.lagrandeinvasione.it
Le immagini del celebre fotografo sono state messe a disposizione dal Comune di Tricarico e dal Centro di documentazione “Scotellaro” in occasione del Salone del Libro di Torino
Resterà aperta fino al prossimo 2 giugno la mostra fotografica “LA LUCANIA DI HENRI CARTIER-BRESSON. 1951-1952, 1973” inaugurata a Torino lo scorso 18 maggio nell’ambito delle iniziative fuori Salone organizzate dalla Fondazione Matera-Basilicata 2019 per il XXX Salone Internazionale del Libro di Torino. L’esposizione, ospitata presso la Cripta della Chiesa di San Michele Arcangelo in Via Giolitti 44, è promossa dal Centro di documentazione “Rocco Scotellaro” e dal Comune di Tricarico (MT), con il patrocinio della Città di Torino.
Ad inaugurare la mostra – nella quale sono esposte 26 fotografie di Henri Cartier-Bresson, da lui donate al Comune di Tricarico nel 1985 tramite Rocco Mazzarone, nel ricordo del giovane poeta e intellettuale lucano Rocco Scotellaro, che il fotografo aveva conosciuto nel suo primo viaggio in Basilicata – sono stati la dott.ssa Carmela Biscaglia, direttrice del Centro “Scotellaro”, Pancrazio Tedesco, Assessore alla cultura del Comune di Tricarico, Aurelia Sole e Paolo Verri, Presidente e Direttore della Fondazione Matera-Basilicata 2019, Stefano Benedetto e Francesco De Biase della Direzione Cultura, Educazione e Gioventù del Comune di Torino.
Il corpus fotografico si completa con un testo di commento dello stesso Mazzarone, il quale aveva accompagnato il fotoreporter nei suoi due soggiorni in Lucania nel 1951-1952 e nel 1973, corrispondenti alle due fasi cruciali della storia regionale del XX secolo. Fu il geniale imprenditore piemontese Adriano Olivetti, vice presidente dell’Unrra Casas e presidente dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, giunto a Matera nel 1950, ad invitare Cartier-Bresson a collaborare con la “Commissione per lo studio della città e dell’agro di Matera”, a cui aveva dato vita e che dal 1951 al 1952 elaborò analisi complete sulla città in previsione di interventi urbanistici per la popolazione sfollata dai Sassi, di cui resta esemplare il borgo rurale La Martella, progettato da Ludovico Quaroni.
Nel primo reportage fotografico, che si ascrive all’itinerario umano, professionale e artistico di Cartier-Bresson confluito nel volume del 1955 Les Européens, egli coglie, con grande rispetto degli uomini e dei luoghi, la Lucania di Carlo Levi con particolare riferimento alla città di Matera nelle due articolazioni del Piano e dei Sassi, e alle dure condizioni di vita della popolazione lucana specie in Val d’Agri. Tornando in Lucania a vent’anni di distanza, Cartier-Bresson avrebbe ritratto una realtà economica e sociale profondamente cambiata, anche per effetto dei nuovi insediamenti industriali nella valle del Basento, ove erano stati scoperti giacimenti di metano. Con la sua Leika fissò dighe e strade in costruzione, il ponte Musmeci di Potenza (oggi monumento dichiarato di interesse storico dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali), le nuove colture nel Metapontino, il contrasto tra vecchi e nuovi costumi, la mescolanza di miti pagani e tradizioni cristiane, la compresenza di strumenti di lavoro arcaici e l’introduzione degli elettrodomestici. Fissò pure le nuove masse di giovani delusi nelle loro aspirazioni lavorative e pronti ad un rinnovato esodo migratorio verso le regioni industrializzate del Nord, una classe dirigente che continuava a distribuire favori, sindacati deboli e partiti politici che altro non erano che “aggregati di famiglie e di clientele migranti, – come scrive Mazzarone – dal momento che le grandi decisioni continuavano ad essere compiute altrove”.
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FINO AL 2 GIUGNO A TORINO LA MOSTRA “LA LUCANIA DI HENRI CARTIER-BRESSON. 1951-1952, 1973”
di Pier Franco Quaglieni
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Il Circolo degli Artisti,la storica istituzione culturale nata nel 1847 a Torino,festeggia oggi l’ambito anniversario nella sua sede storica del Palazzo Graneri della Rocca. Tutta la storia torinese è punteggiata dalla presenza della attività vivace e poliedrica del Circolo,dei suoi autorevoli presidenti e dei suoi soci. E’ impossibile ripercorrere le tappe del Circolo che nacque ed ha saputo vivere all’insegna dell’indipendenza,una scelta difficile e coraggiosa , sia quando venne costituito ,sia oggi che trova nel suo attuale presidente,l’autorevole avvocato Luigi Tartaglino, la più alta espressione della sua storia e del suo presente sempre fervido di grandi iniziative al servizio delle arti e della cultura in generale. Per mantenere questa indipendenza, il Circolo ha saputo affrontare coraggiosamente ogni difficoltà,pagando anche in termini di sacrificio,pur di mantenere la sua identità. L’associazione nacque nel 1847 , un anno di difficile crisi economica in tutta Europa dovuto alla sovrapproduzione di beni e alla mancanza di un mercato adeguato. Una crisi terribile che ebbe grandi conseguenze nella storia immediatamente successiva. Nel 1847 vanno infatti cercate le radici dell’esplosione del 1848,quando si manifestò , in termini sociali in Francia e in termini nazionali in Italia, il grande moto rivoluzionario vagheggiato e preparato dai carbonari di Santorre di Santarosa e da Giuseppe Mazzini. Il Piemonte si stava avviando ad un lento,ma inarrestabile rinnovamento sotto la guida di Carlo Alberto che aveva scelto una politica di riforme che porterà nel 1848 allo Statuto e, con la I Guerra di indipendenza, all’inizio della stagione risorgimentale preparata da uomini come d’Azeglio,Balbo, Gioberti. Il 1847 è l’anno in cui a Genova venne cantato per la prima volta l’Inno di Mameli che diventerà il nostro inno nazionale e venne sventolato il tricolore italiano, diventato da quel momento simbolo del riscatto risorgimentale.
Nel dicembre dello stesso anno Cavour fondava a Torino il suo giornale “Il Risorgimento” che tanta parte ebbe nella storia dell’Italia nascente e del rinnovamento del Regno di Sardegna:Quel giornale accompagnò il passaggio,per dirla con parole di Rosario Romeo, il grande biografo di Cavour, dal Piemonte sabaudo all’Italia liberale. Un tassello importante di questa grande stagione fu il Circolo degli Artisti che ebbe tra i suoi soci lo stesso Cavour, Massimo d’Azeglio , Urbano Rattazzi e tante altre personalità importanti. Un Circolo a metà strada tra borghesia,nobiltà ed artisti. Un uomo che brucerà la sua vita(morì appena cinquantenne nel 1861 ) nel lavoro massacrante di creare l’Italia ,si occuperà appassionatamente anche del Circolo degli Artisti che, per desiderio di Cavour, ebbe la sua sede nel palazzo che ancora oggi lo ospita. Tra Cavour e Rattazzi anche in quelle sale nacque l’idea del famoso connubio tra “centro e sinistro ” che avrebbe dato al Parlamento subalpino una maggioranza stabile per dar vita al “decennio di preparazione “ sfociato nella II Guerra per l’indipendenza del 1859. Con l’accordo tra Cavour e Rattazzi venne sacrificata la carriera politica di d’Azeglio che,va ricordato,fu anche un grande pittore e in quanto tale partecipò alla vita del Circolo che seppe radunare i migliori artisti piemontesi e italiani.Sono 170 anni di storia che non rendono il Circolo l’istituzione aulica di un passato glorioso, ma lo rendono artefice vivo, direi unico e sempre attuale, della vita culturale subalpina ed italiana. Un classico, direi,perché non schiavo delle mode,ma fedele a valori che non passano con il tempo e restano i cardini di quella che Mario Soldati definiva la “civiltà” italiana e torinese. Non a caso, tra l’avvocato Tartaglino e chi scrive si è stabilita da tempo una simpatia umana,una collaborazione disinteressata e una consonanza di idee che profumano di libertà. Una parola importante più che mai oggi.