CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 737

Alla scoperta delle identità nelle sculture di Paolo Troubetzkoy

Un nuovo contributo alla conoscenza dell’ artista e dei suoi rapporti con i personaggi da lui ritratti dei quali sino a oggi studiosi e pubblico non si erano mai occupati in modo particolare. Da vero cosmopolita il principe, di origini russe e americane ma cresciuto in Italia, aveva committenze anche in Europa, America e Russia e, come soggetti, i membri di quell’alta società internazionale appartenente alla così detta Gilded Age

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Nell’ambito della mostra Gianbattista Bertolazzi – Fotografie dalla Gipsoteca Troubetzkoy” attualmente in esposizione alla Sala Esposizioni “Panizza” di Griffa (Vb), Gianni Pizzigoni e Elisabetta Giordani sabato 16 aprile 2016 alle ore 17.30 presenteranno “DIMMI CHI SONO! Alla scoperta di nuove identità nelle sculture di Paolo Troubetzkoy”.L’incontro avrà come tema la ricerca condotta dai due relatori circa l’identificazione di alcuni deitrube3 personaggi ritratti nelle sculture di Paolo Troubetzkoy. Si tratta di personaggi finora sconosciuti o poco conosciuti dei quali è stato possibile ricostruire la biografia e la storia che li ha visti rappresentati nella produzione dello scultore. E’ questo un nuovo contributo alla conoscenza dell’ artista e dei suoi rapporti con i personaggi da lui ritratti dei quali sino a oggi studiosi e pubblico non si erano mai occupati in modo particolare. Da vero cosmopolita il principe, di origini russe e americane ma cresciuto in Italia, aveva committenze anche in Europa, America e Russia e, come soggetti, i membri di quell’alta società internazionale appartenente alla così detta Gilded Age, con dimore lussuose in ogni parte del mondo in grado di assecondare ogni passione, dal mecenatismo al collezionismo d’arte, dalle corse automobilistiche, all’allevamento di purosangue e quant’altro. Troubetzkoy, aristocratico e semplice nello stesso tempo, ritraeva i personaggi di questo ambiente senza lasciarsi condizionare e il più delle volte non metteva né titoli né nomi alle sculture perché come lui stesso diceva: “ Io lavoro non solo per esprimere una forma, ma soprattutto per trasmettere il senso della vita, perciò la forma ha maggiore significato se vi è vitalità; per questa ragione un titolo (e quindi anche un nome) potrebbe limitare tutto ciò che la mia opera significa realmente.”. Oggi l’opera e lo stile personalissimo dello scultore sono ormai apprezzati e conosciuti. Possiamo permetterci di addentrarci nelle personalità di coloro che hanno voluto farsi ritrarre da lui e quindi hanno potuto trattenere per sempre la vitalità di cui tanto parlava. Anzi, conoscere meglio questi personaggi, ci permetterà di conoscere meglio anche l’arte di questo artista che ha saputo interpretare fedelmente, ma anche con un certo disincanto, i protagonisti della sua epoca.

I giocattoli di latta della Cardini

L’ingegno e il “design” sul lago d’Orta negli anni Venti

Erano inseriti in scatole di cartone rappresentanti i fondali o gli edifici necessari per completare il gioco: l’hangar per l’aeroplano, il garage per la limousine, la rimessa per il tram, il tunnel per la locomotiva, un porto dove attraccare la motonave

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In pochi, anche sulle sponde del lago d’Orta, hanno memoria di una delle eccellenze dell’ingegno italiano. Eppure, tra il 1921 e il 1930, si produssero a Omegna – la città che diede i natali a Gianni Rodari – una serie di magnifici balocchi in latta litografata. La ditta era la Giocattoli Cardini e il suo titolare fu Ettore Cardini. I giocattoli, in Italia, apparvero sul mercato assai tardi rispetto al resto dell’Europa e solo a partire dal 1920 si svilupparono sia l’industria che il commercio. Una di queste realtà fu proprio la Cardini di Omegna. L’azienda, fondata nel 1916, con l’Italia in guerra, si specializzò nella lavorazione di lamiere metalliche e, negli anni venti, diventò famosa per la sua attività nel settore deicardini4 giocattoli. Il giocattolo in lamiera, materiale scadente e facilmente deformabile, aveva molti punti a suo favore: un costo contenuto ( che si rifletteva sul prezzo del giocattolo:dalle 12,90 lire della Torpedo alle 18,20 dell’aeroplano),una “bella faccia”, grazie a disegni e colori molto belli, durava a lungo ed era  riproducibile in serie. Così,in meno di dieci anni, la Cardini, utilizzando anche le pagine pubblicitarie del Corriere dei Piccoli, propose tredici giocattoli, del tutto originali e innovativi per il loro tempoIl catalogo ufficiale comprendeva: il camion 18BL, la torpedo 50 HP, la limousine 509, l’automobile da corsa, la locomotiva gruppo 690, il tram elettrico N.12, la giostra dei cavalli, la giostra volante, la giostra dei dirigibili, la giostra aereo, la motonave Saturnia, la corriera e la cucina a gas N.10. I giocattoli si distinguevano per l’alto grado delle finiture e il loro movimento era garantito da una molla in acciaio, che caricata, permetteva al giocattolo di muoversi per un tempo sufficientemente lungo.Le automobili potevano addirittura girare in cerchio, sia a destra che a sinistra, tramite lo sterzo a scatto,oppure proseguire in rettilineo. Questi giocattoli, tutti di ugual misura, erano inseriti in scatole di cartone rappresentanti i fondali o gli edifici necessari per cardini2completare il giocol’hangar per l’aeroplano, il garage per la limousine, la rimessa per il tram, il tunnel per la locomotiva, un porto dove attraccare la motonave  e così viaLa Cardini affidò il compito di eseguire le illustrazioni per le scatole ad Attilio Mussino, uno dei più brillanti disegnatori del “Corrierino”, noto per aver dato una nuova, moderna interpretazione grafica delle “Avventure di Pinocchio”, da lui illustrate per l’editore Bemporad. C’erano persino dei personaggi che si potevano staccare dalla scatola, ritagliandone le figure. Nel Dicembre del 1924, Ettore Cardini depositò il brevetto completo di disegno anche negli Stati Uniti, consapevole che la sua invenzione fosse un miglioramento. E disse: “La mia invenzione consiste in una scatola per giocattoli, rappresentante persone, animali,albero o qualunque oggetto, caratterizzato dal fatto che un pezzo di cartone abbastanza grande è applicato in corrispondenza in uno dei lati della suddetta scatola e provvisto, nel caso richiesto, da un buco in corrispondenza dell’apertura della scatola. Nell’altra parte del cardini3suddetto foglio di cartone, l’interno o l’esterno di un palazzo, un paesaggio, può essere illustrato in relazione alla natura del gioco contenuto nella scatola. Il cartone in oggetto dovrà essere prodotto in una maniera per la quale, quando si piegano le due parti e dopo la parte alta sarà parte integrante del gioco stesso. Per esempio un garage, un hangar, un porto, una galleria, una stazione, una stalla o simili“. Un colpo di genio, un tocco d’artista. La vocazione imprenditoriale dei Cardini risaliva al nonno e al padre di Ettore.Il primo, Giovanni, costruiva attrezzi agricoli nella frazione omegnese di Cireggio mentre il papà, Candido Cardini, si dedicò alla produzione di oggetti di uso domestico in ottone nella zona di Bagnella. Il giovane Ettore, compiuti  i suoi studi al Collegio Industriale di Vicenza, lavorò a Torino alla Chiribiri, nota fabbrica automobilistica e, successivamente, come direttore tecnico, alla Metalgraf di Lecco, specializzata in scatole di latta litografata. Dopo essersi “fatto le ossa”, tornò sulle rive del lago d’Orta dove, cardini6mettendosi alla prova, fondò una sua attività. Da principio poté contare sull’impegno dei parenti più stretti e di un paio d’operai, ma quando la fabbrica raggiunse il suo picco di vendite,a metà degli anni Venti, spinta dalla moda per i giocattoli già diffusa all’estero, la manodopera comprendeva un’impiegata, tre operai, dieci ragazzi, cinquantadue donne e quattro apprendiste. La Cardini rappresentava una delle prime esperienze di produzione seriale dei giocattoli, grazie alle nuove tecniche di produzione. Il metallo veniva litografato a colori a Milano da una stamperia e veniva inviato a Omegna, dove gli operai montavano i giocattoli incastrandone i vari pezzi inserendo le piccole linguette nelle corrispondenti fessure. La Cardini, che si estendeva su di una superficie di ottomila metri quadri, era un’azienda all’avanguardia per quei tempi: generatori autonomi di corrente,ambienti luminosi, spazi razionali. All’ultimo piano della fabbrica in via Comoli c’era persino una scuola di formazione professionale dove venivano progettati i giocattoli e veniva realizzato il prototipo. La produzione si concentrò in meno di un decennio,dal 1921 al 1930. Una vita breve per questi giocattoli che venivano anche esportati all’estero,soprattutto in Argentina, dove i Cardini aveva dei parenti. In quegli anni vennero prodotte anche scatole di latta pubblicitarie per altre ditte, come l’autobus Perugina del 1925, utilizzato come scatola di cioccolatini. L’azienda omegnese, inventò anche il motto “Fate i capricci“, rivolgendosi idealmente ai bambini d’ogni età, e fu la prima in Italia a servirsi della stampa per pubblicizzare i propri prodotti. La pubblicità, attraverso le pagine della «Domenica del Corriere» e del «Corriere dei Piccoli», proponeva il gioco come un premio, un incentivo : “Papà, se tu comperi un giocattolo Cardini, il più bravo, il più studioso diverrò tra i bambini”. Ma, come si dice, le cose belle non durano a lungo, e anche la storia della Cardini – sul versante dei giocattoli- ebbe vita breve. Alla fine degli anni venti l’economia entrò il crisi. L’ingranaggio della crescita si inceppò a causa della speculazione finanziaria che si materializzò in tutto il suo dramma nell’ottobre del 1929 con il crollo di Wall Street. I consumi precipitarono ovunque e i giocattoli , non certamente assimilabili ai beni di prima necessità, non si vendevano più. Così Cardini fu costretto a riconvertire la produzione, occupandosi – per conto della FIAT e dell’industria cardini1automobilistica – di fari, fanali e altri accessori. Finiva così un epoca, con i suoi giocattoli di latta dal fascino straordinario. Fra il 1937 e il 1940 la ditta venne suddivisa in due “rami” d’attività: l’Officina Meccanica  Ettore Cardini e la fabbrica di mobili in ottone Alfredo Cardini. L’Officina Meccanica, durante il secondo conflitto mondiale, produsse caricatori di mitragliatrici
per la Breda e  la Beretta. In un reparto della fabbrica venne persino allestito un poligono di tiro per i test di collaudo. Poi, nel dopoguerra la produzione cambiò nuovamente “indirizzo”, specializzandosi nella più pacifica attività legata agli oggetti di uso domestico: il cavatappi Eterno, modello brevettato, fischietti e reti per letti. Ettore Cardini, in seguito ai postumi di un’operazione chirurgica, morì  e con la sua scomparsa la fabbrica di via Comoli chiuse definitivamente i battenti. Nel 1992, l’omegnese Giovanni Solaro, raffinato intellettuale ed ex libraio, diede alle stampe un bel libro intolato “La giostra delle libellule”, interamente dedicato alla produzione dei giocattoli della Cardini. Una vera chicca, da intenditori. E un giusto riconoscimento per quella stupenda pagina della creatività e dell’intelligenza cusiana che operò proprio negli anni in cui ad Omegna il piccolo Gianni Rodari frequentava le scuole elementari.

Marco Travaglini

Luigi Lo Cascio recita a soggetto al Carignano

Magistrale interpretazione dell’attore siciliano in ” Questa sera si recita a soggetto” per la regia di Federico Tiezzi

teatro

“Una sorta di Galileo novecentesco che scrive sulla pagina bianca del palcoscenico il suo trattato scientifico su cosa siano il teatro e la regia”. Così il regista aretino Federico Tiezzi, nativo del borgo di Lucignano, descrive il suo dottor Hinkfuss, il regista demiurgo pirandelliano interpretato da Luigi Lo Cascio nella piece ” Questa sera si recita a soggetto”, in scena al teatro Carignano da martedì 12 al 24 aprile.Tiezzi e Lo Cascio tornano a lavorare insieme per uno dei capolavori di Luigi Pirandello. Il regista, che si è già confrontato con il Premio Nobel girgentino portando in scena i capolavori “I giganti della Montagna ” e “Non si sa come”, immagina “Questa sera si recita a soggetto” come un grande trattato di regia, affidando all’attore siciliano il ruolo del protagonista, un regista schiacciato tra la necessità di far vivere il testo che ha scelto,” Leonora addio” (scritto da Pirandello nel 1910) e quella di mantenere sotto controllo gli attori cui ha affidato le parti. Questi, infatti, rivendicano una loro personalità e il diritto alla ribellione.

“Hinkfuss – spiega Federico Tiezzi, che ne ha curato l’adattamento insieme a Sandro Lombardi – è una sorta di regista- mago al quale gli attori si ribellano, e compone un trattato matematico sulla regia intesa come elemento che apre ferite all’interno del testo e del teatro”. Nella rilettura di Tiezzi l’autore scompare per far vivere colui che lo interpreta, il regista che, alla stregua di un entomologo con gli insetti, studia i suoi attori.

“In scena non compaiono – aggiunge Tiezzi – nessun gioco di ” teatro nel teatro” e nessun pirandellismo, quanto piuttosto la imprevedibilità grandiosa delle cose e lo svelamento della macchina teatrale e dei suoi meccanismi”. Ne nasce uno spettacolo che, con divertita leggerezza, trasforma il testo in una sorta di ” trattato” sul rapporto “regista-attore”, ma anche sul conflitto tra ruolo e personaggio. A dargli voce un cast di quindici attori che diventano in scena gli interpreti di una compagnia chiamata a raccontare la vicenda di una famiglia borghese caduta in miseria, una storia a frammenti tratta dalla novella pirandelliana “Leonora addio”, in cui la giovane Mommina, innamorata del Trovatore di Verdi, è tenuta prigioniera dalla gelosia del marito Rico Verri. Il testo pirandelliano e l’opera verdiana hanno in comune la Stanza della Tortura, luogo dove le relazioni tra gli esseri umani si mettono a nudo, venendo a dimostrare che l’unica forma di comunicazione possibile tra loro è la violenza.

“Io sono il dottor Hinkfuss e basta – spiega l’interprete Luigi Lo Cascio – un’entità che raccoglie i tanti elementi che compongono un regista, o meglio ciò che Tiezzi pensa di questa figura”. Qui non emerge il ritratto del capocomico dittatore, specchio dell’odio di Pirandello per questo ruolo, ma in scena vengono esaltati i lati positivi di Hinkfuss e il suo prodigio, il dipanarsi di uno spettacolo di fronte al pubblico.

   Mara Martellotta

Martedi 12 aprile ore 19.30, teatro Carignano ” Questa sera si recita a soggetto”
Regia di Federico Tiezzi
Piccolo Teatro di Milano- Teatro d’ Europa
 

"La donna serpente", Noseda sul podio

Per la prima volta al teatro Regio di Torino in scena l’opera fiaba di Alfredo Casella , Arturo Cirillo firma l’allestimento fiabesco

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Al teatro Regio debuttera’ giovedì 14 aprile prossimo, eseguita per la prima volta, la “Donna Serpente”, opera-fiaba di Alfredo Casella, articolata in un prologo, tre atti e sette quadri, su libretto di Cesare Vico Ludovici, tratta dall’omonima fiaba di Carlo Gozzi. Orchestra e Coro del Teatro Regio sono diretti da Gianandrea Noseda, la regia è di Arturo Cirillo; il cast è formato da interpreti del calibro di Piero Pretti, Carmela Remigio, Erika Grimaldi, Francesca Sassu e Sebastian Catania. L’opera lirica rientra all’interno di un progetto promosso dalla Città di Torino e costituisce il fulcro del Festival Alfredo Casella.

Casella, compositore torinese nato nel 1883 e trasferitosi a tredici anni a Parigi per perfezionare gli studi di pianoforte e composizione, nel 1918 pensò di scrivere un balletto corale basato su “La donna serpente” di Carlo Gozzi, lo stesso soggetto che aveva ispirato, nel 1888, la prima opera di Richard Wagner, Die Feen. Solo nel 1928 decise che “La donna serpente” sarebbe diventata un’opera. La prima di questa opera-fiaba si tenne il 17 marzo 1932 al teatro Reale dell’ Opera di Roma e il compositore scrisse che “Era evidente che il mio temperamento, la mia precedente arte, i miei gusti e la mia cultura mi avrebbero orientato verso un teatro antiverista, e non solo antiwagneriano, ma anche antiromantico, un teatro che avrebbe avuto le sue basi in Falstaff, in Rossini e in Mozart, in Haendel e in Monteverdi”. Casella venne sedotto dalla perenne alternativa tra tragico e comico, in cui il musicista può stabilire, tra azione e musica, un rapporto molto diverso da quello dell’opera tradizionale. In questo rapporto la musica viene prima e e l’azione giunge a seguirla e commentarla. regio 2Si trattava di dettare l’azione in base alle leggi della stessa musica.

“Con La donna serpente – spiega Gianandrea Noseda – Casella ha composto un’opera fuori dagli schemi, mettendo a frutto una fervida fantasia creativa e mettendo in atto uno strappo analogo a quello che la Seconda Scuola di Vienna attuo’ nei confronti dell’ Espressionismo, con la differenza che la corrente stilistica da cui il compositore torinese prese le distanze era il verismo”. Lavorando sulla Donna Serpente al regista Arturo Cirillo è venuto in mente “Il flauto magico” di Mozart. Entrambe le opere presentano un sottile velo di crudeltà per la scelta di far passare i protagonisti attraverso l’esperienza purificante del dolore. La regia di Cirillo vive di musica e per la musica, prendendo, cioè, le mosse non dal libretto, ma dall’ascolto consapevole della partitura.

(Foto: il Torinese)

Mara Martellotta

All'Auditorium Rai l'Oedipus Rex di Stravinskij con Servillo

Il narratore è affidato alla -splendida voce recitante di Toni Servillo, su testo di Cocteau
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“Spettatori quella cui assisterete è una versione latina dell’ Edipo Re, in forma di opera oratorio, una composizione che rappresenta solo i tratti fondamentali di una vicenda…”. Sono queste le parole del narratore dell’ Oedipus Rex di Igor Stravinskij , che verrà eseguito il 7 e 8 aprile, alle 20.30, all’ Auditorium Rai di Torino. A raccontare il mito greco evocato da Stravinskij è la voce recitante di Toni Servillo, attore campano pluripremiato e vincitore dell’ European Film Awards per la sua interpretazione nel film premio Oscar ” La grande bellezza”. Protagonisti con lui il tenore Brenden Gunnell nel ruolo di Edipo, il mezzosoprano Julia Gertseva in quello di Giocasta, il baritono Alfredo Muff in quello di Tiresia, il basso- baritono Marko Mimica in quello di Creonte e, nei panni del pastore, Matteo Mezzaro. Stravinskij scelse per il suo Edipo il latino, su libretto di Jean Cocteau, tradotto da Jean Danielau. Fu molto discussa tale scelta, in quanto ha rappresentato una sorta di shock nell’esperienza teatrale, in cui lo spettatore condivide sulla scena una vicenda che presuppone progressiva, aperta a possibili cambiamenti e, quindi, in esatta opposizione a quella ” materia pietrificata”, di cui scrisse Stravinskij. L’opera dimostra un “pulsare ritmico e continuo, a suo modo statico e imponente”, come l’ha definito Virgilio Bernardoni, un pulsare che è il prodotto dell’attitudine stravinskijana a lavorare sull’aspetto fonico-simbolico del testo.Oedipus Rex procede sulla base di un rituale sonoro attentamente costruito, adottando figure ritmiche insolite, che si allontanano dalle simmetrie imposte alla vicenda di Edipo e Giocasta. Giocasta stessa risulta il personaggio che più, da vicino, evoca le arie di Verdi nei suoi recitativi e nella scrittura vocale, debitrice del melodramma. Edipo Re appare, quindi, un lavoro composito che non fa riferimento a un’epoca particolare della storia musicale, ma a più epoche, da Handel a Verdi, dal Medio Evo a Meyerbeer. A completare la serata la Sinfonia n. 1 in re maggiore op. 25 detta ” Classica” di Sergej Prokof’ev, altro esempio di neoclassicismo novecentesco, composta nel 1917 ispirandosi al modello di Haydn.

 

Mara Martellotta

Al cinema: ecco i nuovi film a Torino

REGINA FILM
cinema salaA cura di Elio Rabbione

 

Ave, Cesare! – Commedia nera. Regia di Ethan e Joel Coen, con George Clooney, Josh Brolin, Scarlett Johansson e Ralph Finnies. Nella Hollywood degli anni Cinquanta, per conto dei grandi studios giorno e notte si muove Eddie Mannix a proteggere tutti quegli attori che per un motivo o per l’altro egli debba nascondere agli occhi dei divoratori di gossip: il caso più appetitoso e pericoloso diventa il rapimento di un imbranatissimo attore chiamato a ricoprire il ruolo di centurione in un film su Gesù. Durata 106 minuti. (Romano sala 3)

 

batman superman filmBatman V Superman – Fantastico. Regia di Zack Snyder, con Henry Cavill e Ben Affleck. Come si può mettere in cattiva luce Superman di fronte all’opinione pubblica? Ci pensa un cattivissimo e filosofeggiante (sul Bene e sul Male) Lex Luthor (Jesse Eisenberg) e Batman per un attimo non stenta a credere che il suo collega eroe potrebbe diventare un giorno in un genio del male, pericoloso per l’umanità. Molta avventura che lascia spazio agli attimi dolci tra Superman e Lois Lane, e poi inseguimenti, esplosioni, il pericolo e il terrore che serpeggiano tra la gente. Durata 151 minuti. ( Ideal, Lux, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Billy il koala – Animazione. Regia di Deanne Taylor. Billy ama avventurarsi nel grande deserto australiano per ritrovare gli animali feriti o dispersi. Un giorno anche suo padre scompare: si tratterà per Billy di superare per la prima volta il confine della palude. Durata 93 minuti. (Massaua, The Space, Uci)

 FILM BROOKLIN

Brooklyn – Drammatico. Regia di John Crowley, con Saoirse Ronan, Emory Cohen e Domhnall Gleeson. All’inizio degli anni Cinquanta, Eilis lascia la propria terra, l’Irlanda, per andare in cerca di fortuna a New York, dove conosce la nostalgia e l’amore di un giovane italoamericano. Quando sarà costretta a tornare nel proprio paese dopo la morte della sorella, riconoscerà gli affetti per i luoghi e le persone con cui era vissuta e allora sarà difficile prendere la decisione se restare o ripartire per sempre. Dal romanzo di Colm Toìbin, la sceneggiatura e firmata da Nick Nornby. Durata 113 minuti. (Ambrosio sala 2, F.lli Marx sala Chico)

 CACCIATORE FILM

Il cacciatore e la regina di ghiaccio – Avventura. Regia di Cedric Nicolas Troyan, con Charlize Theron, Jessica Chastain, Chris Hemsworth e Emily Blunt. La perfida regina Ravenna ha spinto la sorella, la dolce Freya, a trasformarsi in un essere che dal proprio regno di ghiaccio ha bandito ogni sentimento. Ma i giovani Eric e Sara, una volta cresciuti, non potranno rinunciare al loro amore. Durata 114 minuti. (Ideal, Lux, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

spotlight3Il caso Spotlight – Drammatico. Regia di Thomas McCarthy, con Mark Ruffalo, Rachel McAdams, Michael Keaton e Lev Schreiber. Una serie d’articoli, un’inchiesta e un premio Pulitzer per un gruppo di giornalisti del “Globe” di Boston – a seguito dell’arrivo di un nuovo direttore, Marty Baron, pronto ad affrontare tematiche importanti e certo non comode – che tra il 2001 e il 2002 misero allo scoperto, dopo i tanti tentativi di insabbiamento da parte del clero e in primis delle alte gerarchie ecclesiastiche, i casi di pedofilia consumatisi in quella città e non soltanto. Oscar per il miglior film. Assolutamente consigliato. Durata 128 minuti. (Eliseo sala blu)

 

La comune – Drammatico. Regia di Thomas Vinterberg, con Trine Dyrholm e Ulrich Thomsen. Nella Copenhagen del 1975, una coppia – Erik, professore dio architettura e Anna, giornalista televisiva – decidono di ospitare nella loro grande casa una decina di amici, altre coppie o single, per dar vita ad uno di quei gruppi pieni di libertà che andavano tanto di moda in quegli anni, specialmente nel nord dell’Europa. Ma l’arrivo di una nuova persone manderà in frantumi le regole e le promesse che sino ad allora avevano mostrato di reggere bene. Dall’autore di “Festen” e del “Sospetto”, Orso d’argento alla migliore attrice a Trine Dyrholm alla scorsa Berlinale. Durata 111 minuti. (F.lli Marx sala Harpo, Nazionale 2)

 

Il condominio dei cuori infranti – Commedia. Regia di Samuel Benchetrit, con Isabelle Huppert, Michael Pitt e Valeria Bruni Tedeschi. Un caseggiato della periferia parigina, bizzarri personaggi ed i loro incontri, un uomo su una sedia a rotelle, un’infermiera del turno di notte, un’attrice avvilita e un giovanotte che può farle ritrovare la gioia di vivere, un’immigrata del Maghreb e un astronauta americana la cui navicella spaziale atterra inaspettata sul terrazzo del condominio. Durata 100 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Nazionale 1)

 

FILM CORTELa corte – Comedia. Regia di Christian Vincent, con Fabrice Luchini e Sidse Babett Knudsen. Xavier Racine è definito il giudice “a due cifre” poiché non condanna mai a meno di dieci anni di reclusione. E’ chiamato a presiedere in tribunale un processo contro un uomo accusato di aver ucciso la figlia di sei mesi: è lì che rivede tra i giudici popolari Ditte, un’anestesista di origini danesi conosciuta anni prima. Miglior sceneggiatura e Coppa Volpi per l’interpretazione maschile alla Mostra di Venezia. Durata 98 minuti. (Eliseo rosso, Massimo 2)

 

Desconocido – Resa dei conti – Thriller. Regia di Dani de la Torre, con Luis Tosar. Carlos, vicedirettore di banca, come ogni mattina accompagna i figli a scuola. Una telefonata interrompe la sua tranquillità e quella della sua famiglia. Un uomo al telefono gli comunica che c’è una bomba sotto i sedili della macchina e che scoppierà se lui non verserà una somma di denaro sul suo conto. Un’opera prima, scritta dal torinese Alberto Marini che ha tutte le carte in regola per promettere e mantenere una tensione altissima. Durata 102 minuti. (Centrale v.o., F.lli Marx sala Chico)

L’età dell’oro – Drammatico. Regia di Emanuela Piovano, con Laura Morante e Dil Gabriele Dell’Aiera. Il giovane Sid raggiunge da Torino la madre Arabella che abita in Puglia. Una madre con cui non ha mai saputo coltivare amore e comprensione, una madre che è un po’ l’anima del paese in cui vive, una madre che ama il cinema e quell’arena in cui proietta soprattutto quei film che a lei piacciono, una madre che sarà bello riscoprire. Durata 94 minuti. (Centrale)

 

Grimsby – Attenti a quell’altro – Commedia. Regia di Louis Leterrier con Sacha Baron Cohen. Grimsby rintraccia a Londra il fratello da cui vive separato dall’infanzia. Scoprirà che questi appartiene a una task force addestrare per missioni estremamente delicate. E quali sarebbero le sorti del mondo intero se quel fratello ritrovato si ritrovasse al suo fianco in una di queste missioni lo squinternato Grimsby? Durata 83 minuti. (The Space, Uci)

matrimonio grosso filmIl mio grosso grasso matrimonio greco 2 – Commedia. Regia di Kirk Jones, con Nia Vardalos e John Corbett. Chi nel 2002 ha fatto la conoscenza della folcloristica famiglia Portokalos può benissimo oggi rinfrescarsi la memoria. Sono tutti un po’ invecchiati, e mentre Toula e Ian sono alle prese con una figlia adolescente e con i suoi primi problemi di vita e di cuore, gli anziani nonni danno ancora un po’ di filo da torcere. Durata 94 minuti. (Ideal, Lux 2, Reposi, The Space, Uci)

 

Heidi – Commedia. Regia di Alain Gsponer, con Anuk Steffen e Bruno Ganz. Orfana, Heidi viene affidata alle cure del nonno e ama davvero enormemente la sua vita tra i monti svizzeri e la compagnia delle caprette. Però un giorno l’arrivo della zia Dete significherà andare a Francoforte per iniziare un’istruzione e far compagnia alla piccola Klara costretta in sedia a rotella. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Land of mine – Drammatico. Regia di Martin Zansvliet, con Roland Moller. Alla fine del secondo conflitto mondiale, sulle coste dello Jutland, i prigionieri tedeschi furono impegnati a disinnescare tutte quelle mine che i nazisti vi avevano posto. Drammi, mutilazioni e morti. Durata 100 minuti. (Eliseo blu, Greenwich sala 1)

 

Lo chiamavano Jeeg Robot – Fantasy. Regia di Gabriele Mainetti, con Claudio Santamaria, Luca Marinelli e Ilenia Pastorelli. Enzo è un ladruncolo romano che vive di espedienti. Una sera, inseguito dalla polizia, nelle acque del Tevere viene a contatto con un materiale radioattivo che gli conferisce sconosciuti ultrapoteri. Ad Alessia, appassionata di fumetti, piacerà considerarlo come un eroe dei suoi prediletti Manga nella lotta al male sempre in agguato, che questa volta ha le sembianze allucinate dello Zingaro. Opera prima. Durata 112 minuti. (Massimo 2)

 

Love and Mercy – Biografico. Regia di Bill Pohlad, con Paul Dano, John Cusak, Elizabeth Banks e Paul Giamatti. La vita di Brian Wilson, l’anima e il leader dei favolosi Beach Boys, una vita vista nel pieno degli anni Ottanta, tra successi e droghe, e vent’anni dopo, quella della ricostruzione, tra la disintossicazione e nuovi affetti, anche se all’ombra di uno psichiatra assai negativo che vorrebbe avere il pieno controllo dell’individuo. Durata 120 minuti. (Classico)

 

Kung Fu Panda 3 – Animazione. Regia di Jennifer Yuh Nelson e Alessandro Carloni. Po e suo padre raggiungono il paradiso segreto dei panda, facendo la conoscenza di nuovi personaggi. Ma il super-cattivo Kai minaccia e sconfigge tutti i maestri di kung fu. Dovrà essere Po a prendere in mano la disastrosa situazione e a passare al contrattacco. Durata 95 minuti. (Ideal, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

CHOCOLAT FILMMister Chocolat – Drammatico. Regia di Roschdy Zem, con Omar Sy e James Thierree. Nella Francia di fine Ottocento, Rafael, nero di origini cubane, e George Footit, clown bianco, formano una splendida coppia nel circo e il pubblico accorre e applaude. E dal circo ai grandi spettacoli della Ville Lumière il passa si rivela facile. Ma bisognerà anche fare i conti con un clima di intolleranza che finirà per cancellare una carriera. Durata 110 minuti. (Ambrosio sala 3, F.lli Marx sala Groucho, Uci)

 

On air – Storia di un successo – Commedia. Regia di Davide Simon Mazzoli, con Marco Mazzoli. La storia di quest’ultimo, il suo successo come dj radiofonico, il pubblico enorme che segue il suo “Zoo di 105”. Per gli appassionatissimi. Durata 119 minuti. (Ideal, Uci)

 

Perfetti sconosciuti – Commedia. Regia di Paolo Genovese, con Marco Giallini, Edoardo Leo, Valerio Mastandrea, Giuseppe Battiston, Kasia Smutniak, Alba Rohrwacher. Una cena tra amici, l’appuntamento è per un’eclisse di luna, la padrona di casa decide di mettere tutti i cellulari sul tavolo e di rispondere a telefonate e sms senza che nessuno nasconda qualcosa a nessuno. Un gioco pericoloso, di inevitabili confessioni, che verrebbe a sconquassare le vite che ognuno di noi possiede, quella pubblica, quella privata e, soprattutto, quella segreta. Alla fine della serata, torneranno ancora i conti come quando ci siamo messi a tavola? Durata 97 minuti. (Eliseo grande, Lux sala 2, Uci)

 

race filmRace – Il colore della vittoria. – Biografico. Regia di Stephen Hopkins, con Stephan James e Jeremy Irons. La storia vera di Jesse Owens, la povertà delle origini, la convocazione alle Olimpiadi del ’36, le quattro medaglie d’oro vinte, la sconfitta di Hitler e del campione che la Germania nazista avrebbe vedere sul podio. Durata 134 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

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Suffragette – Drammatico. Regia di Sarah Gavron con Carey Mulligan, Helena Bonham Carter e Meryl Streep. Nella Londra di inizio Novecento, sono gli anni della Women’s Social and Political Union, la giovane Maud, fin da bambina al lavoro in una lavanderia, vittima di maltrattamenti e abusi, trovandosi un giorno a perorare la giusta causa dinanzi a Lloyd George in persona, prende coscienza della reale situazione in cui versano le donne e partecipa a scioperi e boicottaggi. Manganellate e arresti, nonché l’allontanamento dalla figlia che un marito insensibile e prepotente darà in adozione ad una coppia, non la distolgono dalla certezza di essere sulla strada giusta. Durata 106 minuti. (Romano sala 1)

 

Truth – Il prezzo della verità – Drammatico. Regia di James Vanderbilt, con Robert Redford, Cate Blanchett e Bruce Greenwood. Ancora un film di denuncia, come “Spotlight”, ancora un film a salvaguardare la voglia a raddrizzare i torti da parte di certo giornalismo americano. Mary Maper è la produttrice del programma “Sixty Minutes” per la Cbs e al suo fianco ha il celebre anchorman Dan Rather: insieme metteranno allo scoperto il passato di George W. Bush, allora (siamo nel 2005) presidente Usa, colpevole di essersi “rifugiato” anni prima nella Guardia Nazionale al fine di evitare la guerra in Vietnam. Bush venne rieletto e l’indagine, forse condotta in maniera non troppo approfondita, fece colare a picco chi l’aveva voluta e seguita. Durata 121 minuti. (Greenwich sala 2)

 

Un bacio – Commedia. Regia di Ivan Cotroneo, con Rimau Grillo Tirzberger, Valentina Romani e Leonardo Pazzagli. Un film sul bullismo e l’omofobia, che Cotroneo trae dal suo romanzo omonimo. La storia di tre ragazzi sedicenni, Lorenzo, Blu e Antonio, che finiscono con l’essere allontanati dai loro coetanei: Lorenzo è stato adottata da una coppia che lo adora ed è gay, Blu vive in maniera conflittuale il rapporto con la madre ed è troppo intraprendente, Antonio paga la sua goffaggine e il peso che avverte su di sé per la morte del fratello. Durata 101 minuti. (Greenwich sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Un momento di follia – Commedia. Regia di Jean-François Richet, con Vincent Cassel e François Cluzet. Antoine e Laurent, amici di vecchia data, trascorreranno le vacanze in Corsica con le figlie. Ma che succede se Louna decide di sedurre il vecchio amico di papà? Pruriti generazionali, remake di un successo di quarant’anni fa firmato da Claude Berri. Durata 105 minuti. (Greenwich sala 3)

 

Un paese quasi perfetto – Commedia. Regia di Massimo Gaudioso, con Fabio Volo, Silvio Orlando e Miriam Leone. Paesino sperduto in terra di Lucania, Pietramezzana e i pochi abitanti che ancora lo abitano tentano di dar vita ad una nuova azienda. Ma ci vuole un medico: e se fosse un chirurgo estetico meneghino, obbligato con mezzi vari e anche poco leciti a stabilirsi lì? Opera prima. Durata 92 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Reposi, The Space, Uci)

 

REGINA FILMUna notte con la regina – Drammatico. Regia di Julian Jarrold, con Sarah Gadon, Emily Watson e Rupert Everett. La sera dell’8 maggio 1945 scoppiò per le strade di Londra la gioia per la fine della guerra e anche le principesse Elizabeth e Margaret non vogliono essere da meno. Difficile sarà convincere il re e la regina e prevenire un irruente pilota della Raf che potrebbe anche suggerire le proprie idee repubblicane. Durata 97 minuti. (Romano sala 2)

 

Veloce come il vento – Azione. Regia di Matteo Rovere, con Stefano Accorsi e Matilde DeVELOCE FILM Angelis. Il film si ispira alla figura del campione di corse di rally Carlo Capone e alla sua vita travagliata. Al centro della vicenda la figura della giovane Giulia, abbandonata dai genitori, con un fratellino da proteggere e con quel fratellone ingombrante, tossicodipendente, determinata verso il successo e soprattutto la passione che le permetteranno di ritrovare un riscatto dalla vita passata. Durata 119 minuti. (Ideal, Massaua, Massimo 1, Reposi, The Space, Uci)

 

VICTOR FILMVictor – La storia segreta del dottor Frankestein – Drammatico. Regia di Paul McGuigan, con Daniel Radcliffe e James McAvoy. Nella Londra vittoriana, tratta dal romanzo gotico di Mary Shelley e già più volte portata sullo schermo, la vicenda dei rapporti tra Victor, scienziato alla ricerca dell’immortalità, ed il suo assistente Igor, da lui sottratto al circo e alla sua esistenza dolorosa di freak. Durata 109 minuti. (Ideal, Reposi, The Space, Uci)

 

Zootropolis – Animazione. Regia di Byron Howard, Rich Moore e Jared Bush. Le avventure della coniglietta Judy nella capitale del mondo animale, nelle vesti di fresca poliziotta. Con la volpe Nick, fino a quel momento disposta a campare di espedienti, dovrà affrontare chi ha sequestrato i 14 animali che tutta la città sta cercando. Durata 108 minuti. (Ideal, Massaua, Uci)

 

 

 

"Matite di Guerra", la satira per riflettere

aloi guerraImmagini del nemico e propaganda negli anni tra il 1914 e il ’18 fanno riflettere su un capitolo triste della storia mondiale che ha aperto le porte alla nuova Europa

 

Promossa dal Consiglio Regionale del Piemonte e curata dal vignettista torinese Dino Aloi, la mostra intitolata “Matite di guerra, satira e propaganda in Europa 1914-1918” rimarrà aperta a Pralormo, in provincia di Torino, fino al primo maggio, presso la Sala Consiliare in via Umberto Primo, in occasione della celebrazione del Centenario della Grande Guerra. Il centinaio di pezzi esposti raccoglie giornali di trincea, libri, disegni e tavole originali, opera di vignettisti e artisti vari di tutta Europa e pubblicati nel periodo 1914-1918 in Paesi quali Germania, Spagna, Olanda e Francia. Attraverso il loro fine primario di alimentare l’acredine per l’odiato nemico della nazione, riescono a aprire agli occhi dello spettatore odierno un lucido spaccato su quella che fu una delle più drammatiche e tristi pagine della storia del secolo passato. Guerra e umorismo risulta un binomio in stridente contraddizione, ma che ha rappresentato, in occasione della Grande Guerra, uno strumento di propaganda indirizzato a creare consenso attorno al conflitto mondiale.Vignette e caricature rappresentano, infatti, il nemico come sanguinario, codardo, fisicamente disgustoso, e risultano tanto drammatiche da assumere oggi il valore universale dell’arte. Con questa mostra il Consiglio Regionale del Piemonte e la Consulta Europea hanno voluto avviare, in occasione del centenario del primo conflitto mondiale, una serie di iniziative capaci di alimentare, soprattutto tra i più giovani, la consapevolezza che da quell’immane tragedia ha preso le mosse la nuova Europa, l’Europa unita di oggi.

 Stefania Tagliaferro

 
Orari : lunedì – giovedì – venerdì 8,30-13,00 ;
           mercoledì 8,30 – 13,00 e 15,00 -17,00 .
 
Aperture straordinarie in occasione di Messer Tulipano : 3 – 10 – 16 – 17 – 24 – 25 aprile e 1 maggio, con orario 10,00 – 19,00 .                                    

 Come le quattro medaglie d’oro di Jesse Owens oscurarono la Germania hitleriana

Ancora oggi, a distanza di ottant’anni, pare impossibile veder entrare il campione con la moglie, in una serata in suo onore, dall’ingresso riservato agli uomini di colore. Protagonista è Stephan James, attorno a lui Jeremy Irons e William Hurt e Carice van Houten: chi occupa la scena, divenendo quasi il protagonista della bella storia tutta onore e forza d’animo, è Jason Sudeiki

race film

 

Mettendo insieme con grande caparbietà studio e sport, Jesse Owens iniziò da Cleveland in Ohio la strada del proprio successo sino a raggiungere nell’agosto del ’36 le quattro medaglie d’oro che lo posero sul podio più alto alle Olimpiadi di Berlino, primato che verrà eguagliato soltanto cinquant’anni circa più tardi, a Los Angeles, dal connazionale Carl Lewis. Grazie alla grandeur scenografica ideata e realizzata da Albert Speer e alle immagini di Olympia dovute alla maestria cinematografica di Leni Riefenstahl, sotto i freddi occhi del dottor Goebbels, il nazismo avrebbe dovuto affermare il proprio primato sull’Europa e non soltanto, se un ventitreenne di colore non avesse spudoratamente sparigliato le carte. Race – termine inglese che contemporaneamente guarda alla razza e alla gara -, dovuto alla troppo tranquilla sceneggiatura, senza alcun volo d’idee e d’incisività, firmata da Joe Shrapnel e Anna Waterhouse, e alla regia estremamente narrativa di Stephen Hopkins, cariche entrambe forse involontariamente di troppi luoghi comuni, narra tutto questo e altro ancora, dai preamboli al grande evento con le due strade di pensiero negli States di partecipazione e di rinuncia (leggasi boicottamento), alla presenza di un segregazionismo della nazione che mal si collocava in un viaggio che avrebbe portato al di là dell’oceano sportivi di race film 2colore, ed ebrei, ai dubbi dello stesso campione, la cui partecipazione all’interno della squadra avrebbe significato avallare una vita senza problemi all’interno del proprio paese, fantasiosamente libero da ogni razzismo. Il tutto è “narrato” oltre misura, le musiche e le scene madri non fanno altro che enfatizzare, la presenza e l’abbandono del proprio posto da parte di Hitler, nonché la famosa stretta di mano al campione, hanno avuto negli anni differenti versioni per cui il coté più strettamente storico può apparire anche incerto (anche il democratico Roosevelt rifiutò di incontrare Owens alla Casa Bianca in tempi meno sospetti): certo ancora oggi, a distanza di ottant’anni, pare impossibile veder entrare il campione con la moglie, in una serata in suo onore, dall’ingresso riservato agli uomini di colore. Protagonista è Stephan James, attorno a lui Jeremy Irons e William Hurt e Carice van Houten: chi occupa la scena, divenendo quasi il protagonista della bella storia tutta onore e forza d’animo, è Jason Sudeikis nelle vesti del coach Larry Snyder, in ogni momento pronto a credere e rincuorare.

 

Elio Rabbione

Torino "capitale" dell'Egitto?

egizio xxLo storico settecentesco Thesauro  sosteneva che la città venne fondata dal fratello di Osiride e porterebbe con sé il marchio indelebile della Terra di Kemet.

C’è un altro legame tra Torino e l’Egitto dei Faraoni oltre al Museo che è il secondo al mondo in materia dopo quello de Il Cairo ? Parrebbe di si, almeno a sentire, lo storico settecentesco Thesauro che sosteneva come la città venne fondata dal fratello di Osiride e porterebbe con sé il marchio indelebile della Terra di Kemet. Il mitico re egizio si fermò, ovviamente sempre secondo questa lettura della storia, dove un fiume gli ricordava il Nilo e fondòegizio 22 una colonia. Di qui il titolo della conferenza “Torino capitale dell’Egitto ? “ che si terrà sabato 9 aprile, alle ore 21, nel salone comunale di Sciolze in via Roma 2. L’argomento sarà al centro dell’intervento di Libero Pierpaolo Manetti della Società Piemontese di Archeologia e Belle Arti la cui risposta affermativa non si baserà su improbabili miti ma su solide realtà, in particolare il ruolo che Torino ha ricoperto da sempre nella salvaguardia del patrimonio storico ed archeologico dell’Egitto. L’evento sarà a cura delle associazioni Montaldo Cultura e Sapori di Sciolze che vede la collaborazione tra i due sodalizi di paesi diversi con l’organizzazione di una prima conferenza cui seguiranno altri momenti in alternanza tra i due territori

Massimo Iaretti

(Foto: il Torinese)

 
 

“L’innocence de l’humour”

clown bassiManifesti e fotografie pubblicitarie d‘epoca di artisti di circo e del varietà oltre che di clown della fine del diciannovesimo secolo 

Nell’ambito del progetto di residenza artistica Casa del Circo Contemporaneo, l’Istituto per i Beni Marionettistici e il Teatro Popolare sabato 2 e domenica 3 aprile dalle 16.00 alle 19.00 ospita presso Villa Boriglione (Parco Culturale Le Serre di Grugliasco, Via Tiziano Lanza, 31) “L’innocence de l’humour” un’esposizione di manifesti e fotografie pubblicitarie d‘epoca di artisti di circo e del varietà oltre che di clown della fine del diciannovesimo secolo curata e commentata da Joanna Bassi, personaggio d’eccellenza del panorama internazionale del teatro popolare e comico con un passato da artista circense insieme ai genitori e al fratello Leo con il quale negli anni Settanta decise di dare una svolta alla propria carriera e al linguaggio artistico per dedicarsi al teatro di strada e alla regia. La presentazione prevede la proiezione di “fotografie viventi“ del 1897 dei Fratelli Lumière, sei brevi filmati (messi a disposizione dall’associazione dei Fratelli Lumière) contenenti le prime immagini animate di clown, antenati della famiglia Bassi. I documenti esposti sono descritti e commentati da Joanna Bassi, in un’atmosfera “innocente e clownesca” in tema con i documenti proposti tratti dagli archivi storici della famiglia Bassi. L’evento ha un valore simbolico molto forte grazie ad una location particolarmente significativa, il Parco Culturale Le Serre che poco prima della Grande Guerra ospitò i teatri di posa della società italo americana Photodrama Producing Company – il più grande progetto dell’industria cinematografica nazionale dell’epoca – oggi è la sede della Casa del Circo e della Scuola di Cirko Vertigo.