CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 722

I vincitori della 33a edizione del Premio Cesare Pavese

Cristina Comencini, Gustavo Zagrebelsky, Franco Ferrarotti e Mario Baudino. A Gianni Turchetta il Premio Letterario Lions dedicato alle prefazioni e postfazioni. Ancora aperto il bando per partecipare  alla sezione Premio Scultura (scadenza: 11 settembre)

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La scrittrice e regista Cristina Comencini con Essere vivi (Einaudi, 2016), il costituzionalista Gustavo Zagrebelsky con Senza adulti (Einaudi, 2016), il sociologo Franco Ferrarotti con Al santuario con Pavese. Storia di un’amicizia (Dehoniane, 2016) e il giornalista e scrittore Mario Baudino con Lo sguardo della farfalla (Bompiani, 2016) sono i vincitori della trentatreesima edizione del Premio Cesare Pavese (sezione opere edite). Il riconoscimento, suddiviso nella sezione Narrativa, Saggistica e Poesia, è nato a Santo Stefano Belbo per rendere omaggio all’autore del romanzo La luna e i falò e viene assegnato ogni anno a scrittori, giornalisti, intellettuali o personaggi del mondo culturale.

Il critico letterario Gianni Turchetta riceverà il Premio Letterario Lions dedicato alle prefazioni e postfazioni per la sua prefazione e curatela a L’Opera Completa di Vincenzo Consolo (Mondadori).

Gli autori vincitori del Premio Pavese ricevono il riconoscimento domenica 28 agosto 2016 alle ore 10 a Santo Stefano Belbo (Cn) presso la Casa Natale dello scrittore, dove ha sede il Cepam-Centro Pavesiano Museo Casa Natale che organizza il riconoscimento. Sarà un’occasione per conoscere da vicino gli autori, le loro opere vincitrici e il loro rapporto con Pavese, in un incontro coordinato dal professore Luigi Gatti, presidente del Premio, e dalla professoressa Giovanna Romanelli, presidente della Giuria (ingresso libero). Letture dei testi vincitori a cura dell’attrice Chiara Buratti.

La sera precedente, sabato 27 agosto 2016 alle ore 21, il Premio organizza l’incontro Dalla nostalgia del passato ai primi fermenti di una rinascita, verso “un nuovo modo di stare al mondo”, che prende spunto dai temi sviluppati nei libri vincitori. Al dibattito, coordinato dal professor Andrea Raffaele Rondini dell’Università di Macerata, partecipano i vincitori Cristina Comencini, Gustavo Zagrebelsky, Franco Ferrarotti e Mario Baudino (ingresso libero). «A partire da alcune affermazioni – spiega Giovanna Romanelli, presidente della Giuria del Premio – contenute nel testo di Comencini e in quello di Zagrebelsky, che affermano che non c’è vita senza morte e che non c’è rigenerazione senza degenerazione, si coglie l’occasione per riflettere sulle nostre vite, sul superamento di una sorta di ripiegamento su se stessi per considerare il passato definitivamente perduto e per trarre da esso fermenti positivi per un nuovo modo di “stare al mondo”, un nuovo modo di rapportarci alla Terra e alle sue non infinite risorse».

Il Premio è organizzato e promosso dal Cepam-Centro Pavesiano Museo Casa Natale, con il contributo della Regione Piemonte, del Comune di Santo Stefano Belbo, della Fondazione Crc e della Fondazione Crt, con la collaborazione della Provincia di Cuneo e della Fondazione Cesare Pavese e con il patrocinio della Fondazione per il Libro, la Musica e la Cultura. Sostengono l’iniziativa le realtà enogastronomiche del territorio: agriturismi, vinerie, panifici, ristoranti, trattorie, osterie e produttori di Santo Stefano Belbo e paesi limitrofi.

Quest’anno il Premio Cesare Pavese si è arricchito della collaborazione con i Lions Club del territorio Unesco (aree vitivinicole del sud Piemonte), che organizzano il Premio Letterario Lions sulle prefazioni e postfazioni, dedicato nel 2016 proprio a Pavese per la sezione rivolta agli studenti del territorio, cui è stato chiesto di scrivere una prefazione o postfazione di un’opera dell’autore. La consegna del Premio Lions sarà sabato 27 agosto.

 

 

I vincitori Premio Pavese e i loro libri

 

Cristina Comencini riceve il Premio di Narrativa per Essere vivi (Einaudi, 2016), in cui «con garbo e personalissimo stile, l’Io narrante esplora gli oscuri abissi della coscienza nel tentativo di ritrovare la propria identità e un’appartenenza». Un romanzo che pone al centro la nascita e la rinascita, la capacità di riaffermare il proprio sé e di recuperare la forza dell’infanzia, nella consapevolezza che per sentirsi vivi non ci sia bisogno di riempirsi continuamente di cose e persone, ma che conta quell’energia interiore che si sposa con quella della natura.

A Gustavo Zagrebelsky va il Premio di Saggistica per Senza adulti (Einaudi, 2016), un richiamo alle persone mature di ogni età e generazione a prendere in mano la propria vita e a pensarla in comunione di intenti con gli altri, in un’epoca che sta vivendo la scomparsa dell’età adulta. «Saggio intenso nei contenuti e breve nella forma, illustra la complessità del tempo presente con le sue contraddizioni, i contrasti generazionali e le diverse etiche e fa emergere l’attuale pericolosa tendenza a contrarre nella giovinezza le diverse età della vita».

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Anche Franco Ferrarotti ritira il Premio di Saggistica per Al santuario con Pavese. Storia di un’amicizia (Edizioni Dehoniane), commossa rievocazione dell’amico scrittore Pavese, che, tra varie testimonianze, narra anche la passeggiata compiuta dai due amici verso il Santuario di Crea nel Monferrato nel primo Dopoguerra. «Saggio agile e prezioso, ripercorre le tappe salienti di un’amicizia resa speciale dalle comuni origini, dalla “comune matrice campagnola, fatta di odori, sguardi, gesti e lunghi silenzi”, e dalla frequentazione della redazione Einaudi, dove sia Pavese che Ferrarotti condividevano l’interesse per la traduzione di testi “ostici, ma importanti”».

Mario Baudino ottiene il Premio Speciale della Giuria per Lo sguardo della farfalla (Bompiani, 2016), un’investigazione condotta da tre librai, Demi, Duccio e Matteo, che si trovano a indagare sui misteri attorno alla biblioteca della defunta contessa Rita della Ruspa. «Nonostante la critica tenti di ascrivere il romanzo a un preciso genere letterario – è definito giallo ma anche thriller – in verità sfugge a ogni riduttiva limitazione di campo e, come un vero romanzo postmoderno, ingloba e mescola, con controllato distacco e sicuro possesso dei mezzi linguistici, i diversi generi e le loro diverse caratteristiche».

Sarà premiato anche lo studente Edoardo Cagnan (Milano) per la tesi Parola a malincuore. Studio di forme e sensi della reticenza nel «Diavolo sulle colline» di Cesare Pavese, (Mémoire de Master I, Université de Paris-Sorbonne, U.F.R. d’Études Italiennes, anno 2014/15). «Studio originale e accurato, che si propone di rileggere “Il diavolo sulle colline” di Cesare Pavese attraverso la figura retorica della reticenza, arrivando a osservare che il testo pavesiano “malgrado la verbosità dei personaggi, mantiene una certa opacità”, legata forse all’esigenza di Pavese di preservare un proprio intimo silenzio, facendo di esso “una vera e propria potenzialità poetica”».

La sezione è promossa dall’Azienda Agricola Giacinto Gallina di Santo Stefano Belbo.

 

 

Menzioni di merito per opere edite a:

– Gabriella Greison per Dove nasce la fisica. Einstein, Hawking e gli altri alla corte di Solvay (Hoepli, 2016), autrice che «rivela in questo suo prezioso lavoro una vivacità intellettuale e un approccio alla fisica che riesce a dialogare con la letteratura».

– Rivista Submarino (Scritturapura, Asti; direttore responsabile Carlo Cerrato), testata luso-italiana di Studi Comparati, che si propone di promuovere le letterature di lingua portoghese in Italia: ha dedicato il suo primo numero al Passeggero Cesare Pavese al fine di «lanciare lo scandaglio nel fondale marino portoghese e verificare la ricezione dello scrittore piemontese in Portogallo».

Osvaldo Di Domenico per I dodici occhi (Lisciani, 2016), suo esordio letterario, che ha il pregio di essere una sorta di scatola cinese leggibile a più livelli, coinvolgimento di sette giovani in un intrigo internazionale.

– Pietro Reverdito per Il mio tempo (Reverdito, 2015), libro autobiografico sull’autore, nato a Mombaldone, che sedicenne aderisce alla Resistenza.

 

Le altre sezioni letterarie Premio Pavese

 

I vincitori delle altre sezioni del Premio Pavese e del Premio Lions saranno premiati sabato 27 agosto alle ore 17, sempre alla Casa Natale di Pavese.

Per le Opere inedite i vincitori sono: Domenico Pisano di Mercogliano (Avellino) per Chicco di caffè (Narrativa); Giuseppina Giacomazzi di Roma per Pavese redattore Einaudi (Saggistica); Maria Concetta Trovato di Ragusa per La dialettica corpo-ombra nei «Dialoghi con Leucò» di Cesare Pavese (Saggistica); Egle Migliardi di Acqui Terme (Alessandria) per Il lupo voleva il mio cuore; Hiwot Maria Malerba di Meina (Novara) per Se mi vuoi bene scappiamo (Pavese giovani); Michele Fassino di Villastellone (Torino) per Na poesìa da quat sòld (Narrativa piemontese); Attilio Rossi di Carmagnola (Torino) per Le Canson Ëd La Tèra (Poesia piemontese).

Per la sezione Medici scrittori, i vincitori sono: Sergio Rustichelli con Un’ingannevole guerra privata (Fondazione Gabriele Accomazzo per il Teatro, 2016) per la Narrativa edita; Vittorio Casali con La Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma (Gangemi, 2016) per la Saggistica edita; Roberto De Rosa con Pebble beach ed Ezio del Ponte con Piemonte 1945 per la Narrativa inedita; Franco Villa di Torino con Ultimo quarto per la Poesia inedita.

Per la sezione Medici scrittori in lingua francese i vincitori sono: Jean-François Lopez per Desarmés (Marrativa) e Dominique Berthelot per Brume (Poesia).

Inoltre saranno premiati i vincitori del Premio Letterario Lions sulle prefazioni e postfazioni. Per la sezione opere edite: Gianni Turchetta. Per la sezione dedicata agli studenti che hanno scritto recensioni a un’opera pavesiana, i finalisti sono: Giorgia Garri, Federico Trento, Rachele Baldi, Cristina Miceli e Sara Mastroianni del Liceo Vercelli di Asti; Nicolò Petronio del Liceo Govone di Alba; Martina Baltuzzi, Marta Papini dell’Istituto Nostra Signora delle Grazie di Nizza Monferrato; Giulia Saccato, Maurizia Povero dell’Istituto Einaudi di Alba; Abbate Federica, Ylenia Sileo dell’Istituto Pellati di Canelli; Francesca Parodi, Linda Marisol Perina del Liceo Parodi di Acqui Terme.

 

 

 

La Giuria Premio Pavese

 

La Giuria del Premio Cesare Pavese è presieduta da Giovanna Romanelli (già docente alla Sorbona) ed è composta da Adriano Icardi (professore; è stato Senatore, Assessore alla Cultura della Provincia di Alessandria e Sindaco di Acqui Terme), Luigi Gatti (Presidente del Cepam), Andrea Rondini (docente Università di Macerata), Patrizia Valpiani (presidente Amsi-Associazione Medici Scrittori Italiani), Franck Senninger (membro dell’Union Mondial Médecins Ecrivains), Giuseppe Rosso (professore e medico), Luciana Bussetti Calzato (professoressa e scrittrice di racconti).

Sezione Arti Visive

 

Il Premio Cesare Pavese è aperto anche a opere delle arti visive che sappiano esprimere al meglio il tema Luoghi, personaggi e miti pavesiani:

  • Premio di Pittura (26a edizione), rivolto a lavori realizzati con qualsiasi tecnica, che saranno esposti alla sede del Cepam dal 7 agosto al 25 settembre 2016, giorno della premiazione;
  • Premio di Scultura (19a edizione), rivolto a opere realizzate con qualsiasi tecnica, materiale e dimensione, che dovranno essere inviate entro l’11 settembre 2015 e che rimarranno esposte presso la casa dello scrittore dal 25 settembre al 30 ottobre 2016, giorno della premiazione.

L’Albo d’oro Premio Pavese

Tra gli autori insigniti del Premio Pavese nel corso delle passate 32 edizioni si ricordano: Roberto Vecchioni, Gian Luigi Beccaria, il poeta Aldo Nove e Giancarlo Giannini (2015); Massimo Cacciari, Alan Friedman, Elena Loewenthal e Paolo Mieli (2014); gli scrittori Claudio Magris e Sebastiano Vassalli, il giornalista Beppe Severgnini e il poeta Guido Zavanone (2013); il critico d’arte Vittorio Sgarbi, la scrittrice Margaret Mazzantini, l’autore Alessandro Baricco, il filologo Luciano Canfora, il romanziere Alessandro Iovinelli (2012); lo scrittore e semiologo Umberto Eco, il giornalista Aldo Cazzullo, il magistrato Armando Spataro, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio e già Ministro Andrea Riccardi (2011); il giornalista Gad Lerner, l’astrofisica Margherita Hack, la poetessa Maria Luisa Spaziani e il critico e filologo Carlo Ossola (2010); lo scrittore Andrea Camilleri, il priore della Comunità Monastica di Bose Enzo Bianchi e il procuratore capo presso il tribunale di Torino Giancarlo Caselli (2009); il Nobel ungherese Imre Kertész, gli scrittori Alberto Arbasino e Raffaele la Capria, il filosofo Emanuele Severino (2008); il poeta Gianni d’Elia, i giornalisti Gianni Mura e Maurizio Molinari (2007); lo scrittore iracheno Younis Tawfik, lo scrittore Lorenzo Mondo e il poeta Franco Marcoaldi (2006); lo scrittore Alberto Bevilacqua e i giornalisti Gian Antonio Stella e Magdi Allam (2005); lo scrittore e giornalista Franco Matteucci, il saggista algerino Khaled Fouad Allam (2004); il critico Guido Davico Bonino, lo scrittore basco Bernardo Atxaga (2003); lo scrittore Alain Elkann (2002); gli scrittori Antonio Debenedetti e Raffaele Nigro (2001); il giornalista Marcello Sorgi (2000).

Che meraviglia gli Zar alla Venaria

meraviglie_zar“Meraviglie degli Zar”, inaugurata venerdi’ 15 luglio alla Reggia di Venaria e che rimarrà aperta fino al 29 gennaio 2017, ripercorre lo splendore di uno dei complessi di palazzi e fontane più sontuosi d’Europa: grandi proiezioni, immagini e un centinaio di opere tra dipinti, abiti, porcellane, arazzi ed oggetti preziosi provenienti dalle sale auliche di Peterhof, rievocano una delle più importanti e prestigiose residenze dei Romanov, oggi meta principale del turismo culturale in Russia.

La mostra è stata curata da Elena Kalnitskaya in collaborazione con the Peterhof State Museum-Reserve di San Pietroburgo, la quale ha ringraziato tutti i collaboratori della Reggia di Venaria e, riferendosi all’atroce attentato di Nizza, ha ricordato che solo la cultura l’arte e la bellezza sono in grado di unire il mondo.

Il percorso di visita si apre con una presentazione di Peterhof e dei personaggi che lo abitarono, a cominciare dal grande arazzo di Pietro il Grande. Una selezione poi di opere ed oggetti, acquistati dai Romanov durante i loro viaggi in Europa negli spettacolari Gran Tour e di quelli invece commissionati dagli Zar agli artisti e artigiani russi, ricostruiscono in mostra lo sfarzo della corte russa ed i rapporti intercorsi nell’arco dei secoli tra i Romanov ed i Savoia. Sito in un grande parco sulle rive del Mar Baltico vicino a San Pietroburgo, il primo palazzo di Peterhof fu costruito da Pietro il Grande (da cui ha origine il nome), al quale si aggiunsero nel corso degli anni altri splendidi edifici e giardini voluti dai successivi sovrani russi, da Caterina la Grande fino a Nicola II. Peterhof è testimonianza del gusto dei sovrani che l’hanno abitata e riassume oggi i tratti più caratteristici della cultura russa: 430 ettari di parco, più di 150 fontane, 96 metri di canali, 135 costruzioni idriche, 33 musei ospitati ed oltre 4 milioni di visitatori l’anno. Sono questi alcuni numeri impressionanti di Peterhof, una delle più sfarzose residenze imperiali d’Europa e delle più note dimore estive dei Romanov, che racconterà fino al prossimo anno, il suo splendore alla Reggia di Venaria, grandioso complesso monumentale sabaudo alle porte di Torino, proclamato Patrimonio dell’Umanità dall’Unesco e considerato uno dei simboli della magnificenza dell’architettura barocca europea molto ammirato in questi giorni da tutti i curatori della mostra giunti dalla Russia. L’ultimo incontro ufficiale tra i Romanov e i Savoia avvenne in Piemonte, nel Castello Reale di Racconigi nel luglio del 1909. La Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione d’Ottobre del 1917 chiuderanno definitivamente un’intera epoca storica.

 

Donatella Actis – www.regione.piemonte.it

Informazioni su www.lavenaria.it

“Per l’onore di Irlanda”

IRLANDASono passati cento anni dai tragici eventi di quella che è passata alla storia come la Rivolta di Pasqua. Nel 1916, gli irlandesi – piccola e antica nazione europea, cristianizzata da Palladio e San Patrizio – presero le armi per liberarsi dal giogo plurisecolare dell’Inghilterra, l’insurrezione venne soffocata nel sangue dell’esercito britannico. Sull’argomento, nell’anno della cosiddetta “Brexit”, ovvero l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, si è parlato e scritto poco. Eppure l’Isola di Smeraldo non è un teatro secondario nella storia della civiltà europea ed occidentale. A colmare questo vuoto c’è “Per l’onore dell’Irlanda – L’insurrezione irlandese del 1916”, un agevole testo di Paolo Gulisano edito per i tipi de “Il Cerchio”. Con uno stile conciso, essenziale, ma assolutamente chiaro anche per chi fosse un neofita di storia irlandese, l’autore – medico, saggista ed autore di moltissime pubblicazioni sull’Irlanda e su Tolkien, di cui è senza tema di smentita il massimo conoscitore italiano – descrive le complesse vicende che coinvolsero l’Irlanda nella guerra di indipendenza del 1916, spiegandone con particolare cura gli antefatti, sino a giungere alla firma del Trattato del 1921 che diede vita allo Stato Libero di Irlanda, che portò poi il Paese ad una guerra civile. Pur essendo “tifoso” della causa isolana, tuttavia, Gulisano riesce a creare una tensione ideale che porta il lettore a seguire le vicende della sfortunata isola, oggi destinato, dopo il voto inglese, ad essere l’unico rappresentante delle Isole Britanniche a Strarburgo e Bruxelles.

Massimo Iaretti

La formica rossa

MAZZI3“…poi s’aggiustó la barbonica sulle ginocchia, regoló, le cinghie e partí, sparato con La formica rossa, trascinando tutti nel canto all’infuori del Gianí che, per il casót, non ricordava piú, chi avesse fatto in prima mano cinque e uno sei e uno sette…”. Uno dei più fortunati romanzi di Benito Mazzi, giornalista e scrittore di talento, s’intitola proprio “La formica rossa”, dal titolo della canzone che rappresentava un vero e proprio cavallo di battaglia per chi suonava nelle osterie e nelle feste popolari di Vigezzo negli anni dell’immediato dopoguerra ( “E la furmìa rusa la rampia sù pal mùr, cun la camisa cùrta la mustra tùt ul cùl”). La valle Vigezzo, la “valle dei pittori”, con i suoi sette comuni che si distendono da Druogno a Re, è la “patria” di Benito Mazzi, il luogo dell’anima dove raccoglie gli spunti per le sue storie, dal “Piano delle streghe” a “La formica rossa“, da “La valle del miracolo” a “La ragazza che aveva paura del temporale“, solo per ricordare alcuni  titoli dei suoi innumerevoli lavori. Scrive bene, Mazzi. E inchioda il lettore, pagina dopo pagina, a queste storie di confine, su quest’altipiano  stretto tra le montagne sul crinale della frontiera con la Svizzera. Ma “La formica rossa” é molto più di un romanzo: è l’autobiografia dell’autore, la storia di una comunità, delle sue tradizioni e della cultura di una valle alpina, un atto d’amore per la sua gente e il suo dialetto espressivo e colorito. Quando nelle vallate alpine e nelle campagne imperava la miseria anche le volpi affamate si spingevano alle porteMAZZI4 dei paesi e “abbaiavano” come cani. Era il tempo, per dirla con Mazzi, in cui “ i più fortunati tra gli uomini avevano il posto in ferrovia, nella Vigezzina, o si seccavano i polmoni a oncia a oncia nei forni a Domodossola; agli altri non restava che dire sì ai mercanti di boschi e rompersi la schiena dietro le teleferiche e nei canaloni a inviar giù bore, con la socia della ranza sempre lì pronta a tirargli lo sgambetto”. L’incidente mortale, per i boscaioli, era sempre in agguato e bastava una piccola disattenzione per rimetterci la pelle. “Chi aveva ancora energie da spendere – scrive Mazzi – alla festa tagliava il fieno nei prati e di notte viaggiava di contrabbando coi canarini (la guardia di finanza, ndr) dietro a soffiargli sul collo. A vangare, seminare e regolare la magra campagna provvedevano le donne. E anche alle bestie. Le donne e i vecchi. Con la rela che girava c’era poco da sfogliar verze”.  Come dire che, con la fiacca che c’era, non era proprio il caso d’essere ottimisti e occorreva stringere oltre alla cinghia anche i denti. La penna di Mazzi anima una folla di personaggi che irrompono nelle vicende narrate, con il loro modo di parlare e di prendere la vita di tutti i giorni che affascina, coinvolge, fa pensare. In questo suo lessico famigliare s’incontrano la maestra Lina ,mamma dell’autore, l’Albért  – suo padre – e il fratello Lauro, insieme a quell’umanità varia del Cicia, l’Andre, il Luganiga, il Jepe, il Gianca, la Gianna, il Giampi, il Fede e tutti gli abitanti della vigezzina Re, il paese del Santuario della “Madonna del sangue”, dove la vicenda è ambientata. Benito Mazzi – giornalista, narratore e saggista –  ha pubblicato per le più importanti case editrici decine di libri ed è tradotto in diversi paesi europei e MAZZI2negli Usa. Il suo legame con la valle dove è nato e da sempre abita è stato il filo conduttore di gran parte delle sue storie, come nel caso di “Fam, Füm, Frecc. Il grande romanzo degli spazzacamini”, edito da Priuli & Verlucca. Tra l’altro è l’autore di alcuni libri sul ciclismo (“Palmer, borraccia e via”,” Morello, la fugascìna e la febbre del Giro”,” Coppi, Bartali & Malabrocca”, “Kubler,Koblet,croci torti e pianezzi”) molto belli e appassionanti. Il tempo dell’infanzia e dei ricordi, della “formica rossa” suonata nelle osterie e nelle balere, passa e lascia una punta d’amaro anche in Mazzi quando riflette che“..ne erano passati di anni, eppure sembrava ieri il tempo delle elementari. Com’era mutato il paese!. Da bocia mi vergognavo di chiamare mio padre in italiano, mi vergognavo del suo vestire in ordine, con cravatta e colletto inamidato; ora a vergognarsi era chi parlava in dialetto, chi indossava le braghe alla sbof di MAZZI 1fustagno… La Svizzera coi suoi franchi aveva profondamente modificato uomini e cose… La gente, invece di godere assennatamente del nuovo benessere, non ne aveva mai a basta,s’affannava dietro qualcosa di indefinito, di irraggiungibile, era inquieta, fredda come le case, non avvertiva più il piacere, la necessità di stare unita come quando abbaiava la volpe…”. E allora, non potendo rovesciare la clessidra e tornare indietro nel tempo, leggendo e rileggendo “La formica rossa” si può almeno immaginare quel mondo, apprezzandone i valori che saranno stati anche semplici ma certamente sani e genuini.

 

Marco Travaglini

Cultura e fede, si rinsalda il legame tra territori

curtatoneIl collegamento tra la Valcerrina ed il Santuario di Crea, da un lato, e il Comune di Curtatone e il Santuario delle Grazie, a pochi chilometri da Mantova, dall’altro, ha compiuto il primo passo ufficiale. Dopo l’incontro, nella sede di Progetto Gonzaga, l’associazione per il gemelleggio tra le città Gonzaghesche presieduta dallo studioso Paolo Bertelli, tra il vice sindaco ed assessore alla cultura e turismo di Curtatone, Federico Longhi, e Massimo Iaretti, consigliere delegato al turismo dell’Unione Valcerrina, avvenuto alcuni giorni prima di ferragosto, è stato effettuato il primo passo ufficiale. Da Cerrina, sede dell’Unione, è partita una lettara, a firma del presidente Maria Rosa Dughera e del consigliere delegato, nella quale si esprime la manifestazione di interesse per istaurare tra le due realtà amministrative (Unione e Comune di Curtatone) un legame di collaborazione e corrispondenza, finalizzato ad avvicinare le due realtà territoriali dato legame storico e culturale costituito dal denominatore comune del Ducato di Mantova e Monferrato all’epoca dei Gonzaga. “Ciò che rende ancora più forte questo legame – è stato scritto – è nella presenza nel territorio unionale del Santuario di Crea, Patrimonio dell’Umanità, che ebbe, all’epoca dei Gonzaga in Monferrato, un notevole impulso artistico, architettonico e devozionale, coe “Cittadella della Fede”, affiancata alla “Cittadella” militare, qual era Casale Monferrato. L’Unione si dichiara disponibile, sin dal mese di settembre, ad un incontro per approfondire i legami di collaborazione, in attesa della risposta dell’amministrazione comunale di Curtatone. Il consigliere Iaretti ha anche incontrato il rettore del Santuario di Crea, monsignor Francesco Mancinelli, cui ha illustrato il progetto e che si è detto disposto a recarsi a Curtatone per prendere contatto anche con la realtà del Santuario delle Grazie.

 

MTV Digital Days alla Venaria il 9 e 10 settembre

VENARIA NOTTEMTV Digital Days alla Reggia di Venaria il 9 e 10 settembre. La prestigiosa rassegna musicale, dopo l’edizione dello scorso anno a Monza, torna nella location torinese dove venne già ospitata nel 2013 e 2014. Al centro della kermesse l’innovazione digitale applicata alla musica e allo spettacolo. Tra i nomi di spicco Annalisa, Fabio Rovazzi, il DJ e Steve Aoki che, con Luca De Gennaro, proporrà il documentario “I’ll Sleep When I’m Dead”. Presenti anche gli youtubers Sofia Viscardi, Michele Bravi e Luca Chikovani, Beatrice Venezi, il più giovane direttore d’orchestra (dirige la Nuova Orchestra Scarlatti di Napoli) e il rapper Rocco Hunt.Inoltre un approfondimento sul tema del Sound Design e Mixing nella musica elettronica.

Comincia bene il ponte di Ferragosto al Museo del Risorgimento

450 visitatori oggi al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano: comincia bene il ponte di Ferragosto. Massiccia la presenza di turisti stranieri.

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Sono stati circa 450 i visitatori che oggi si sono recati al Museo Nazionale del Risorgimento Italiano di Torino, inaugurando in modo molto positivo il ponte di Ferragosto. La maggioranza è costituita da turisti stranieri. Dall’inizio del mese di agosto si contano in totale 3.100 ingressi. Domani, domenica 14 agosto, il Museo sarà aperto dalle ore 10.00 alle ore 18.00 (ultimo ingresso ore 17). Alle ore 15.30 sarà possibile seguire una visita guidata all’esposizione museale e alla mostra “Torino e la Grandeguerra 1915-1918”. Il costo sarà di 4 euro a persona da aggiungersi al prezzo del biglietto di ingresso.

Ferragosto: apertura straordinaria e prolungata fino alle ore 20, vista guidata e laboratorio animato per i bambini. A Ferragosto il Museo resterà straordinariamente aperto con orario prolungato dalle ore 10 alle ore 20 (ultimo ingresso ore 19). Alle ore 15.30 ci sarà la consueta visita guidata, mentre alle ore 16.30 verrà organizzato per tutti i bambini fino ai dodici anni il laboratorio itinerante animato dalle nostre giovani guide “L’enigma del Risorgimento”.

Sempre valida infine la promozione riservata alle famiglie che consente l’ingresso con un biglietto dal costo di 18 euro fino ad un massimo di cinque persone (due adulti e tre bambini).

Tutte le informazioni sul sito www.museorisorgimentotorino.it.

Agosto tra storia e cultura al Museo del Risorgimento

Visite guidate per tutti, laboratori per bambini e ragazzi, apertura straordinaria e prolungata il giorno di Ferragosto: anche d’estate il Museo offre iniziative per ogni tipologia di pubblico

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Durante il mese di agosto 2016 il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano sarà regolarmente aperto tutti i giorni  dal martedì alla domenica dalle ore 10.00 alle ore 18.00 (ultimo ingresso ore 17). Per tutti i sabati e le domeniche del mese alle ore 15.30 sarà possibile seguire una visita guidata all’esposizione museale e alla mostra “Torino e la Grande guerra 1915-1918”. Il costo sarà di 4 euro a persona da aggiungersi al prezzo del biglietto di ingresso.

Inoltre, per offrire maggiori opportunità di visita a quanti saranno a Torino durante il week end di Ferragosto il Museo resterà straordinariamente aperto con orario prolungato lunedì 15 agosto 2016, dalle ore 10 alle ore 20 (ultimo ingresso ore 19). Alle ore 15.30 ci sarà la consueta visita guidata, mentre alle ore 16.30 verrà organizzato per tutti i bambini fino ai dodici anni il laboratorio itinerante animato dalle nostre giovani guide “L’enigma del Risorgimento”: attraverso il gioco i ragazzi parteciperanno attivamente allo svolgimento della visita, scoprendo gli oggetti e i simboli di sala  che spiegano le vicende e i protagonisti principali di questo periodo storico. Il costo è di 4,5 euro per bambino e 5 euro per  genitori che li accompagneranno. Sempre valida infine la promozione riservata alle famiglie che consente l’ingresso con un biglietto dal costo di 18 euro fino ad un massimo di cinque persone (due adulti e tre bambini).

Più museo,  più gelato

Sarà un dolce Ferragosto per tutti i bambini che visiteranno  il Museo Nazionale del Risorgimento Italiano. Grazie alla collaborazione con la gelateria + di un Gelato si propone l’iniziativa “Più museo, più gelato”:  lunedì 15 agosto 2016, tutti i bambini fino ai 12 anni che verranno al Museo riceveranno in biglietteria un voucher che permetterà loro di ritirare gratuitamente presso la sede della gelateria in Galleria Subalpina un cono gelato baby  a fronte del pagamento di un gelato medio da parte di un accompagnatore adulto.

Tutte le informazioni sul sito www.museorisorgimentotorino.it.

Fede, cultura (e turismo) nelle terre gonzaghesche

iari gonzagaUn percorso devozionale che colleghi due luoghi di culto che ebbero il loro sviluppo sotto il governo dei Gonzaga nei differenti territorio del Ducato di Mantova e Monferrato. E’ la proposta che Massimo Iaretti, consigliere delegato dell’Unione dei Comuni della Valcerrina ha esposto martedì 9 agosto nella sede di Progetto Gonzaga (l’associazione che opera per il gemellaggio tra le città gonzaghesche) nella frazione Grazie di Curtatone, comune alle porte di Mantova, famoso per la battaglia della Prima Guerra di Indipendenza. Ma Curtatone ospita anche il Santuario intitolato alla Beata Vergine Maria delle Grazie, chiesa in stile gotico lombardo, che sore proprio a Curtatone insistendo sull’ampio piazzale dove ogni Ferragosto, da 44 anni, si radunano i Madonnari di tutta Italia. E qui verso la fine del XIV secolo, per grazia ricevuta, Francesco Gonzaga, fece erigere un tempio alla Madonna che aveva fatto cessare l’epidemia della peste che aveva colpito i mantovani. Iaretti, su incarico del Presidente dell’Unione dei Comuni della Valcerrina, Maria Rosa Dughera e della giunta unionale, ha esposto la proposta di un collegamento tra “Le Grazie” come viene chiamata dai mantovani e il Santuario di Crea, inserito dall’Unesco nella Lista dei beni Patrimonio dell’Umanità, insieme agli altri Sacro Monti e percorsi devozionali piemontesi e lombardi. Crea, “Cittadella della Fede” ebbe il suo grande sviluppo artistico dotto la dominazione dei Gonzaga nel Monferrato. Alla presenza del presidente dell’associazione Paolo Bertelli, giornalista, studioso profondo conoscitore dei Gonzaga e consulente di Palazzo Ducale a Mantova su nomina del ministro dei Beni culturali Franceschini, Iaretti e Federico Longhi, vice sindaco di Curtatone, con delega a cultura e turismo, hanno discusso per oltre un’ora dei possibili collegamenti tra le due realtà, quella di Curtatone e dell’intera Valcerrina, al cui territorio appartiene geograficamente il Santuario di Crea e si è convenuto che il primo passo sarà una lettera di manifestazione di interesse da parte dell’Unione della Valcerrina che verrà recepita positivamente dal Comune di Curtatone, dove – tra l’altro – dal 12 al 16 agosto si terrà la “Antichissima Fiera delle Grazie” (al cui interno di svolge il 44esimo Incontro nazionale dei Madonnari) evento che ogni anno richiama oltre 350 mila persone non solo dal Mantovano. Dal canto suo Bertelli ha sottolineato che “il collegamento tra Casale e Mantova (città che da qualche anno hanno siglato un protocollo d’intesa) sta a quello tra il Santuario delle Grazie ed il Santuario di Crea”. Successivamente Iaretti e Bertelli hanno incontrato nel Santuario delle Grazie il rettore, don Giovanni Lucchi, al quale hanno esposto, informalmente, l’idea. Idea che in Monferrato era già stata avanzata a livello embrionale al rettore del Santuario di Crea e per la quale nelle prossime settimane verrà richiesto un incontro con il Vescovo di Casale, monsignor Alceste Catella.

Nella foto da sinistra:Bbertelli, Longhi, Iaretti

Il museo Accorsi – Ometto non va in vacanza

accorsi3Anche quest’anno il museo Accorsi – Ometto non va in vacanza: per tutto il mese di agosto il museo vi aspetta con il suo programma di iniziative per permettere a tutti di trascorrere l’estate all’insegna dell’arte e della cultura. Tra le novità di quest’anno, l’apertura dello storico studiolo di Pietro Accorsi, dove il celebre antiquario amava ritirarsi per leggere, studiare un’opera d’arte, o ricevere gli ospiti. La stanza si aggiunge alle 27 sale arredate della collezione permanente, e sarà pertanto visibile a tutti i visitatori, sia delle mostre in corso che del museo. Non meno importante è il magnifico e raro candelabro in bronzo della seconda metà del Settecento, da un modello del celebre bronzista Juste-Aurèle Meissonnier, il primo e unico finora conservato a Torino.

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L’opera fa parte delle recenti acquisizioni che il Museo ogni anno si impegna a svolgere, aumentando il prestigio delle proprie collezioni e “riportando a casa” opere legate alla nostra città e alla nostra cultura. La mostra in corso, che si protrarrà fino al 4 settembre, permette di riscoprire l’arte e la poetica di Andrea Gastaldi, uno dei più importanti maestri dell’Accademia Albertina. Per l’occasione, ogni giovedì sarà possibile disegnare in mostra, prendendo spunto proprio dagli insegnamenti di Andrea Gastaldi: l’ingresso è gratuito per chi ha il biglietto della mostra.