CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 718

Per la prima volta nella storia la musica elettronica a Palazzo Madama

glass-stress-madamaCreare musica utilizzando come strumento il vetro, componendo i suoni rubati da una fornace di Murano (Venezia). Da qui nasce il progetto Glasstress (Musica Di Vetro), un’esperienza musicale realizzata da due grandi “artigiani del suono”: Max Casacci (produttore, compositore e fondatore dei Subsonica) & Daniele Mana (musicista e produttore elettronico di culto conosciuto con lo pseudonimo Vaghe Stelle), in arte MCDM. La performance in programma martedì 4 ottobre a Palazzo Madama si svolgerà nella cosiddetta Camera di Vetro, la sala al secondo piano del museo che custodisce una delle più importanti raccolte al mondo di oggetti in vetro, dall’antica Roma al Rinascimento, dal Barocco all’Ottocento. Tre “prime” assolute per questo luogo carico di fascino e di storia: prima performance live nella Camera di Vetro, primo concerto di musica elettronica a Palazzo Madama, nonché prima esibizione in un museo del duo MCDM. Palazzo Madama apre eccezionalmente le porte nel suo giorno di chiusura settimanale, martedì 4 ottobre, con due live set alle 17.30 e alle 19.00 a partecipazione gratuita per il pubblico. Questo evento esclusivo è reso possibile grazie al generoso contributo della Fondazione CRT, storico sostenitore di Palazzo Madama, nell’ottica di una continua valorizzazione dei suoi spazi: “La positiva contaminazione tra arte, cultura e produzioni creative contemporanee come la musica elettronica – ha commentato il Segretario Generale della Fondazione CRT Massimo Lapucci – avvicina anche pubblici meno usuali a uno dei musei simbolo della città di Torino, contribuendo così a intercettare anche nuovi potenziali visitatori di Palazzo Madama”. Glasstress (Musica Di Vetro) di MCDM è un lavoro di ricerca sonora e sensoriale realizzato da Max Casacci e Daniele Mana in una Fornace di Murano (il progetto nasce da un’intuizione di Adriano Berengo, del prestigioso Studio Berengo di Murano, ideatore della mostra d’arte contemporanea Glasstress che dal 2009 è un evento collaterale della Biennale di Venezia) e poi confluito in un progetto discografico che ha ricevuto consensi in Italia e all’estero, tra cui l’apprezzamento del grande musicista e produttore musicale Pharrell Williams che ha concesso, dopo aver ascoltato le tracce dell’album, l’utilizzo di un’opera in vetro della sua collezione per la copertina del singolo Like A Glass Angel. Il progetto Glasstress (Musica Di Vetro) di MCDM (Max Casacci & Daniele Mana) è il risultato di un sofisticato incastro di rumori e camera-vetro-madamasensazioni, tra congegni, utensili e i tintinnii del vetro. Un ritratto autentico e lucido sulla nascita di un materiale vivo, fragile e resistente allo stesso tempo, che trova oggi, in occasione dell’evento a Palazzo Madama, la sua perfetta ambientazione nella Camera di Vetro. Una sala tematica – curata dal conservatore del museo Simonetta Castronovo e riaperta al pubblico il 19 marzo dopo un integrale lavoro di riallestimento finanziato da Rotary Club Torino con un contributo di 55.000 euro – che, attraverso l’esposizione di oltre 200 preziose opere in vetro soffiato, dipinto e dorato, si presenta oggi al pubblico come una moderna Wunderkammer. “L’idea di realizzare la performance musicale Glasstress nella Camera dei Vetri – precisa il Direttore di Palazzo Madama Guido Curto – va nella direzione di dar voce alle opere d’arte che, troppe volte, ammiriamo in una condizione d’imbarazzante e algido silenzio. Già nel mese di agosto abbiamo sonorizzato con canti gregoriani la sala che ospita il coro dell’Abbazia di Staffarda. In futuro ci piacerebbe animare la splendida Camera di Vetro e il museo con altre colonne sonore. Un modo anche questo per avvicinare maggiormente i giovani a Palazzo Madama”. I due eventi live di Max Casacci & Daniele Mana a Palazzo Madama saranno accompagnati da un vj-set a cura del regista torinese Gabriele Ottino che, durante la performance sonora, proietterà sulle pareti della sala / sugli schermi immagini e dettagli degli incredibili oggetti in vetro e smalto custoditi in museo. Dalle ampolle e balsamari prodotti in Siria e Egitto nei primi secoli del Cristianesimo ai caleidoscopici vasi realizzati nelle vetrerie di Murano alla fine dell’Ottocento.

 

***

Per assistere all’esclusiva performance è necessario ritirare i biglietti gratuiti presso la biglietteria di Palazzo Madama: i biglietti, disponibili in numero limitato di 50 posti per ciascuno dei due spettacoli, si potranno ritirare a partire dal 21 settembre, dalle 11 alle 18 oppure online all’indirizzo http://glasstresspalazzomadama.eventbrite.it. Ingresso fino a esaurimento posti. Per informazioni consultare il sito www.palazzomadamatorino.it.

Quel tempo in cui ronzavano nell’aria i maggiolini

arrotinoombrellaio

Con i coetanei e amici del paese andavo “a caccia” di questi coleotteri. Bastava dare qualche robusta pedata ad alberi con fusto non troppo grande (castani, noci, ciliegi, gelsi e altri ancora) per farne cadere a terra un bel numero

Mi ritorna in mente il “mio” tempo dei maggiolini, quando leggo il libro omonimo di Marco Travaglini, collega scrittore ma soprattutto concittadino delle nostre terre, a cavallo tra laghi grandi e piccoli, tra monti e valli, strette e pittoresche: mete turistiche purtroppo non abbastanza apprezzate.  Di “brutto” , che mal ci contraddistingue, abbiamo sono la sigla che ci accomuna: VCO. Mi ritorna in mente che, quand’ero ragazzino, dopo che la maestra ci aveva spiegato che i maggiolini, pur non essendo pericolosi, sono comunque insetti dannosi per l’agricoltura: con i coetanei e amici del paese andavo “a caccia” di questi coleotteri. Bastava dare qualche robusta pedata ad alberi con fusto non troppo grande (castani, noci, ciliegi, gelsi e altri ancora) per far cadere a terra un bel numero di maggiolini, che se ne ristavano tranquillamente sulle foglie; si raccoglievano e si mettevano questi parassiti in una scatola di latta, che veniva poi riempita d’acqua. Questo accadeva “a metà della primavera, tre gli ultimi giorni di aprile e l’inizio di maggio, appena le giornate accennavano a diventare più lunghe e tiepide….”. A quei tempi, abitavo in un piccolo paese tra Varese e Como, ma tornavo spesso dalle nostre parti, in Valle Intrasca, dove si respirava la stessa aria degli anni ‘50 e ’60, le galline razzolavano nelle corti e le bestie (mucca, vitello, conigli…) e abitavano nelle stalle di fronte alle abitazioni. Nei singoli paesi, ogni tanto arrivavano il mulìta, munito di una bicicletta i cui pedali potevano azionare anche la mola rotante per affilare forbici e coltelli, oppure l’ombrellaio, ottimamente descritto in uno dei quadretti di Travaglini.  Vi ricordate, donne e uomini anziani, il grido di richiamo ? “Muuulitaaa !! “Ombrellaiooo !!” Questa seconda figura, protagonista di una delle novelle del libro dello scrittore omegnese, è descritta ne “L’ombrellaio di Sissi”. L’ombrellaio, che era chiamato, a seconda delle singole zone, addirittura dei singoli paesi, umbrelè o anche lüciàt. ¨, sbarcava così il lunario proponendo così il proprio lavoro alle massaie.  Sì, proprio di singoli quadretti si tratta, affascinanti opere pittoriche più che fotografie. Qualche foto, casomai, la possiamo ammirare ancora sulla credenza della nonna. Lo stile di Travaglini nonché i contenuti, non hanno più (aggiungerei, fortunatamente) quello e quelli di tanti scrittori moderni che fanno proprio uno stile volutamente e scriteriatamente telegrafico, frasi brevissime intervallate da punti e punti e virgola a iosa, parolacce sparate a ripetizione, trame improbabili o assurde. Eppure la letteratura che “vende” oggi è quest’ultima e gli editori fanno i loro interessi. Fuoco di paglia? Speriamo…

Elio Motella

Il lago non è il mare

CHIARACHIARA2Il profumo del pane appena sfornato a Cannobio si confondeva con l’odore delle vacche e delle capre della Val Cannobina e il fragrante aroma di tabacco che fuoriusciva dalla fabbrica di sigari di Brissago si congiungeva con l’afrore…della misteriosa ( ma non più di tanto) Giuditta.  Non c’è  prova migliore del fatto che  

il lago non è il mare

Sono trascorsi quasi cinquant’anni da quando il critico d’arte e editore milanese Vanni Scheiwiller  pubblicò il racconto di Piero Chiara (nella foto) “Ti sento,Giuditta”. Lo scrittore luinese era già famoso, grazie a libri  – pubblicati negli Oscar Mondadori –  come Il piatto piange e  La spartizione ( dal quale, nel 1970, è stato tratto il film “Venga a prendere il caffè da noidi Alberto Lattuada, con uno straordinario Ugo Tognazzi  nei panni di Emerenziano Paronzini, funzionario statale di mezza età alle prese con le tre sorelle zitelle Tettamanzi, interpretate a loro volta da Angela Goodwin, Milena Vukotic e Francesca Romana Coluzzi).

Un racconto straordinario, intessuto sulle emozioni sprigionate dagli odori recati dal vento sulle sponde del lago Maggiore che ci induce a “pensarlo” come un tutt’uno, oltre i confini statali e regionali. I libri di Piero Chiara, scomparso nell’ ultimo giorno del 1986,  sono stati tradotti in 14 Paesi con oltre cinque milioni di copie vendute. In una serata in suo onore, quando gli fu chiesto: «Il suo scritto migliore?» rispose secco: «Ti sento, Giuditta, quel conturbante odore di femmina, indispensabile ingrediente della vita». Il protagonista del racconto, Amedeo Brovelli, provetto pescatore ed abituale frequentatore del Caffè Clerici, era solito soffermarsi a lungo sul molo di Luino, fiutando il vento di tramontana. Stando lì, nei pressi dell’imbarcadero, dove arrivavano le raffiche, riusciva a distinguere tutti i sentori che il vento, scendendo dalla Svizzera, raccoglieva lungo le valli dell’altra sponda.

Il profumo del pane appena sfornato a Cannobio si confondeva con l’odore delle vacche e delle capre della Val Cannobina e il fragrante aroma di tabacco che fuoriusciva dalla fabbrica di sigari di Brissago si congiungeva con l’afrore…della misteriosa ( ma non più di tanto) Giuditta.  Non c’è  prova migliore del fatto che  “il lago non è il mare”. Una differenza non da poco, non  esauribile nel dolce e salato dell’acqua quanto in misure e distanze. Dentro il perimetro del Verbano, i concetti di distanza/vicinanza e di prossimità/lontananza (tra la sponda “grassa” piemontese  e quella “magra” lombarda)  sono tutt’altro che netti e facilmente si possono ricondurre a misura d’uomo, tanto che l’occhio e lo sguardo riescono a coprirli agevolmente, senza fatica. E se si hanaso ( e fantasia), si possono misurare, come insegnava Piero Chiara,  con il metro del vento. Che, com’è noto, non conosce dazi e confini e ha, sul lago, “l’ odore dell’ acqua e quasi di luce”.

 

Marco Travaglini

La Boheme di Puccini 120 anni dopo

regio 2La regia è affidata a Alex Olle’, celebre regista de La Fura dels Baus

Apre la stagione 2016 -17 del Teatro Regio di Torino mercoledì 12 ottobre alle 20 la Boheme di Giacomo Puccini, che approdò a tre anni di distanza dalla Manon Lescaut, il primo febbraio del 1896, sul podio Arturo Toscanini. A dirigere la Boheme, a 120 anni dal suo debutto torinese, sarà il Direttore musicale del Regio Gianandrea Noseda, sul podio dell’ Orchestra e del Coro del Teatro Regio, affrontando la ricca partitura nel nuovo allestimento firmato dal regista de La Fura dels Baus, Alex Olle’. Per l’occasione gli Amici del Regio, associazione che dal 2012 affianca l’attività del Teatro con una serie di iniziative rivolte a mantenere la sua offerta culturale di alto livello, daranno un contributo alla realizzazione dello spettacolo.

” La Boheme – spiega Gianandrea Noseda – è un’opera difficilissima e pochi altri drammi del panorama italiano presentano questa complessità. Si tratta di una partitura lavorata in filigrana, capace di mettere in moto un perfetto meccanismo teatrale, perseguito con moltissimo acume. Più che un’opera tradizionalista, può essere definita “modernista”, capace di utilizzare un linguaggio profondamente novecentesco, con una velocità teatrale e emotiva serrata”.

Alex Olle’, uno dei sei registi de La Fura dels Baus, mette in scena per la prima volta quest’opera, che ambienta nella periferia contemporanea, metafora e matrice, secondo lui, del futuro. I luoghi malfamati e poveri scelti non sono gradevoli, ma autentici e in questa ambientazione la vita e l’arte, similmente a quanto accadeva nel Romanticismo, appartengono ai superstiti.

La realizzazione scenica dell’allestimento vanta il contributo di Alcantara, cui si devono parte delle scenografie e dei costumi. Nell’opera Mimi’ sarà interpretata dal soprano Irina Lungu, artista applaudita a livello internazionale che vanta con il Regio di Torino una stretta collaborazione artistica. Con il suo timbro lirico incarna perfettamente la fragilità e la poesia del personaggio pucciniano; accanto a lei il tenore Giorgio Berrugi interpreterà Rodolfo. Artista dalle notevoli doti vocali doti vocali e sceniche, Berrugi ha iniziato la sua carriera proprio come Rodolfo alla Fenice di Venezia, diventando in breve tempo uno dei tenori di riferimento del repertorio pucciniano. Musetta sarà il soprano Kelebogile Besong, giovane artista sudafricana, molto apprezzata da critica e pubblico per il suo talento e la sua tecnica, capaci di renderla adatta a un repertorio che spazia dalla musica barocca a quella contemporanea. A interpretare Marcello sarà il baritono Massino Cavalletti, cantante dal timbro caldo e generoso, mentre Colline avrà la voce di Aleksandr Vinogradov, uno dei migliori bassi della gloriosa scuola russa, artista molto richiesto da importanti direttori quali Zubin Metha, Daniel Barenboim e Valery Gergiev.

L’opera, su libretto di Luigi Illica e Giuseppe Giacosa, è tratta dalle “Scenes de la vie de Boheme” di Henri Munger. Sulla gestazione dell’opera i giornali dell’epoca raccontano le liti tra Puccini e Leoncavallo, la cui Boheme non entrò mai stabilmente in repertorio. Puccini visse personalmente una sua ” vie de Boheme” quando era studente a Milano e pativa freddo fame, riuscendo, quindi, a descrivere molto bene la vita dei quattro squattrinati protagonisti dell’opera. Grande fu il successo di pubblico del Boheme , minore il consenso da parte della critica, tanto da essere definita da Carlo Bersezio “l’errore di un momento” e da Carlo d’ Ormeville “un’opera mancata”. Questi giudizi sarebbero poi stati ampiamente contraddetti dal successo internazionale riscosso dall’opera.

Mara Martellotta

“Misteriosa. Alla ricerca dell’identità”

reale-mostra-telaE’ il titolo della seconda mostra nata dalla collaborazione della Torino Castello, Agenzia Principale di Reale Mutua, e la galleria Crag

È un inno alla ricerca dell’identità e si intitola appunto “Misteriosa. Alla ricerca dell’identità” la seconda mostra nata dalla partnership tra Crag, la Chiono Reisova Art Gallery, e la Torino Castello, Agenzia principale di Reale Mutua ( nella Tower Center di piazza Castello), seguendo la logica di accostare un’opera antica, proveniente da una collezione privata torinese, a lavori di artisti emergenti contemporanei, selezionati dalla Galleria d’arte. Tra questi in mostra Diego Zangirolami, Alessandro Cardinale, Carmen Cardillo, Mattia Novello, Giacomo Modolo, Jian Zhou.

L’opera guida, dopo quella della scorsa edizione, il Narciso, concesso in prestito dalla Galleriamostra-reale3 Robilant + Voena, in questa mostra è una figura di donna dallo sguardo delicato, risalente alla fine del Seicento-inizio del Settecento, dipinta da un artista italiano, del quale non si conosce l’identità. Da questo mistero nasce la riflessione in chiave contemporanea della “ricerca d’identità”, tema molto caro a artisti del passato e del presente. Nel ciclo della storia la ricerca d’identità spesso porta con mostra-reale2sé il riferimento all’appartenenza a un gruppo, a una nazione, alla religione tradizionale, tematiche molto attuali in un’epoca in cui si cercano di superare le differenze per conquistare l’eguaglianza. L’identità racchiude anche dal punto di vista artistico un aspetto molto interessante, concernente la materia della critica d’arte, vale a dire il rapporto tra l’artista e il proprio Paese, una relazione che, secondo alcuni, non esisterebbe più.

La parola ” identità” rappresenta, d’altronde, un antidoto alle paure dell’uomo, in quanto attenua il timore della solitudine, mettendo in contatto chi aderisce, appunto, a una identità con i propri simili, che condividono con lui una storia, delle regole, e dandogli l’impressione d’appartenere a una comunità; questo senso di appartenenza lo rende più forte di fronte alle incursioni del mondo esterno. La storia dell’umanità è quella di tante identità che si combattono.

Mara Martellotta

Mostra presso la sede Torino Castello, Reale Mutua, Tower Center, piazza Castello 111.

Per informazioni Crag 3420598.

Orari lun- giov. 8.30-12.30, 14.45- 18, venerdì 8.30- 12.30, 15.45- 17.

Pietro Accorsi, il Mercante di Meraviglie

accorsi-meraviglieConferenza e visita tematica, a cura del Museo e con Renato Rizzo

 

Anche quest’anno il Museo Accorsi – Ometto aderisce alle Giornate Europee del Patrimonio (24 -25 settembre 2016), manifestazione promossa dal Consiglio d’Europa e dalla Commissione Europea con l’intento di potenziare e favorire il dialogo in ambito culturale; il tema dell’iniziativa quest’anno è dedicato alla partecipazione al patrimonio e al valore dell’eredità culturale per la società. Nella giornata di domenica 25 settembre, alle ore 11.00, il Museo proporrà al suo pubblico un incontro sulla straordinaria vita di Pietro Accorsi. Concordemente con il tema di quest’anno,Renato Rizzo, autore del libro Pietro Accorsi, il Mercante di meraviglie (2016, Silvana editoriale), racconterà, prendendo spunto dal volume, alcuni aspetti fondamentali della vita del celebre antiquario, offrendo interessanti argomenti di riflessione sull’importanza di Pietro Accorsi nella partecipazione all’arricchimento del patrimonio culturale collettivo. Attento collezionista di opere legate al nostro Territorio, Pietro Accorsi riteneva che sostenere e trasmettere alle generazioni future la propria eredità culturale fosse l’unico modo per poter garantire la sopravvivenza del nostro patrimonio culturale; dopo la conferenza Luca Mana, conservatore del Museo, accompagnerà i visitatori nelle sale museali, in un percorso tematico che presenterà una selezione di opere della collezione del Museo.

***

QUANDO: domenica 25 settembre 2016, ore 11.00 (sala conferenze)
COSTO: intero € 12,00. Ridotto € 10,00 (studenti fino a 26 anni, over 65, convenzioni)
Possessori Abbonamento Musei e Torino + Piemonte Card € 4,00
PRENOTAZIONE OBBLIGATORIA: 011.837688 int. 5 o int. 3 (orario: 10.00-13.00 e 14.00-18.00)

Rinasce la stanza del Conte di Cavour

cavou_stanzaLa prestigiosa cornice del Castello di Santena ha ospitato, martedì 20 settembre, l’inaugurazione della Stanza di Cavour recentemente recuperata grazie al lavoro del centro del Restauro della Venaria Reale.Con la scomparsa di Camillo Cavour, nel 1861, la nipote Giuseppina raccolse in un unico luogo le memorie e gli oggetti cari al primo ministro del Regno d’Italia. Oggi la stanza, divenuta il cuore del complesso cavouriano, ospita anche alcuni cimeli del nipote prediletto Augusto, ferito a morte nella battaglia di Goito del 1848. La cerimonia è stata aperta dal presidente dell’Associazione Amici della Fondazione Cavour, Nerio Nesi,che ha ricordato la “grande figura del presidente emerito della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, recentemente scomparso. Ciampi è stato la prima personalità ad essere insignita del premio nazionale Cavour ed è stato presidente onorario della fondazione fino alla morte”. In rappresentanza del Consiglio regionale, che ha contribuito al restauro della stanza, la vicepresidente Daniela Ruffino: “La figura di Cavour, il più grande statista italiano, ci ricorda con il suo impegno l’unità dei popoli e la visione profondamente europeista del nostro paese, in anticipo sui tempi. La ricorrenza del 20 settembre, con l’ingresso degli italiani a Roma, ci spinge a guardare alla storia che rappresenta un bagaglio di conoscenza irrinunciabile per costruire il domani di una comunità”.

www.cr.piemonte.it

Oggi al cinema

Le trame dei film nelle sale  di Torino 

 A cura di Elio Rabbione
cinema sala

Alla ricerca di Dory – Animazione. Regia di Andrew Stanton e Angus MacLean. Una festa per i piccoli, e non soltanto. A tredici anni dal successo planetario di “alla ricerca di Nemo”, ecco che oggi è la pesciolina Dory a prendere il sopravvento sulla terna dei protagonisti di un tempo, mentre nuovi caratteri marini s’aggiungono. In una lunga traversata tra Australia e California, Dory cercherà di accettare quella smemoratezza che la perseguita, anche con l’aiuto di vecchie conoscenze, dallo squalo balena Destiny che causa la miopia va a sbattere da ogni parte al polpo Hank, nervoso quanto basta, a Bailey, beluga migliore di tutti. Durata 97 minuti. (F.lli Marx sala Groucho, Ideal, Lux sala 2, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Blair Witch – Horror. Regia di Adam Wingard, con Wes Robinson e Corbin Reid. Un gruppo di ragazzi scomparsi in un bosco, unica testimonianza una videocassetta, amici e parenti che si mettono alla loro ricerca, verità sconosciute e misteri, la presenza vendicativa di una strega che quel bosco lo aveva abitato secoli addietro. Per quanti la paura può essere un buon inizio per il divertimento. Durata 90 minuti. (Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

bridegt-filmBridget Jones’s baby – Commedia. Regia di Sharon Maguire, con Renée Zellweger, Colin Firth e Patrick Dempsey. Nuova avventura, tra i soliti problemi di peso e il sonno perso per qualche ritocchino di troppo, per l’imbranatissima single ultraquarantenne, portabandiera di una buona parte dell’universo femminile. Scomparso il bel tenebroso Hugh Grant, Bridget si ritrova ancora una volta a fare i conti con l’aristocratico Colin e, nuovo acquisto e rimpiazzo, con il facoltoso Patrick (tirato fuori da “Grey’s Anatomy”), nella speranza di affibbiare un padre al pargolo che è in arrivo. Sembra che si torni al divertimento della prima puntata della serie, quella “del diario” e che si siano abbandonati “i pasticci” davvero enormi del seguito. A tutti i fan, provare per credere. Durata 122 minuti. (Greenwich sala 1 V.O., Ideal, Lux sala 1, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

demoliDemolition – Amare e vivere – Drammatico. Regia di Jean-Marc Vallée, con Jake Gyllenhaal, Naomi Watts, Chris Cooper e Judah Lewis. Dal regista di “Dallas Buyers Club” e di “Wild”, la storia di Davis, broker di successo, che perde la moglie in un incidente d’auto. Si accanisce contro se stesso, contro quegli oggetti che le ricordano la defunta, contro la casa stessa, sino alla distruzione, avvilito, confuso, rabbioso; sino a quando, inaspettatamente, inizia a frequentare una sconosciuta, e suo figlio, cui attraverso lunghe lettere confessa tutto il proprio disagio di uomo solo. Forse con la presenza di un nuovo nucleo familiare qualcosa potrà cambiare. A tratti eccessivo e sopra le righe, ma una grande prova interpretativa del protagonista. Durata 101 minuti. (Eliseo rosso)

 

L’effetto acquatico – Commedia. Regia di Solevi Ansbach, con Samir Guesmi e Florence Loiret-Caille. Samir, di professione gruista, si innamora di Agathe, istruttrice di nuoto a Montreuil, nella regione parigina. Pur di averla accanto e poterla frequentare, decide di prendere lezioni di nuoto nella piscina comunale, benché sia già un provetto nuotatore. Se la ragazza (del cuore) dovrà raggiungere l’Islanda per partecipare ad un congresso internazionale dei maestri di nuoto, Samir non esiterà a seguirla: non dovrà che spacciarsi per un istruttore israeliano. Più semplice di così… La rivista “Ciak” ha definito il film come “uno dei film più divertenti dell’anno, un gioioso inno alle infinite declinazioni dell’amore, in cui l’acqua svolge il ruolo di Cupido ed è più resistente di ogni scelta razionale”. Opera postuma della Anspach scomparsa un anno fa a 55 anni. Durata 85 minuti. (Eliseo rosso)

 

El abrazo de la serpiente – Drammatico. Regia di Ciro Guerra, con Jan Bijovoet e Nilbio Torres. Karamakate, sciamano amazzonico, vive lontano dalla sua gente: un giorno arriverà Evan, etnobotanico americano, alla ricerca di una misteriosa pianta allucinogena. Insieme partiranno per una ricerca che li porterà sino al cuore della foresta. Splendido bianco e nero, premio alla Quinzaine des Réalisateurs dello scorso anno a Cannes. Durata 125 minuti. (Classico V.O.)

 

elvis-filmElvis & Nixon – Biografico. Regia di Liza Johnson, con Michael Shannon e Kevin Spacey. Lo studio ovale della Casa Bianca ormai visto tante volte, l’incontro del 21 dicembre 1970 fortemente voluto da Elvis Presley desideroso di avere dal presidente Nixon un’investitura ufficiale ad agente FBI , lui acerrimo nemico del traffico della droga. Esiste di quell’appuntamento a due una foto d’archivio, la regista è andata a scovare e interrogare i vecchi collaboratori dei due protagonisti che costruire una sceneggiatura, con giudizi assai discordanti presi qua e là sui giornali. Comunque un’occasione storica che si può con interesse rispolverare. Durata 86 minuti. (Eliseo blu, Romano sala 1, Uci)

 

L’era glaciale: in rotta di collisione – Animazione. Regia di Mike Thurmeier e Galen T. Chu. Scordatevi la teoria del Big Bang. L’origine dell’universo è merito della ghianda dello scoiattolo-topo Scrat, causa di una cascata di meteoriti sul nostro pianeta. A salvare la situazione ci penseranno gli amici Sid, Manny, Diego e il resto del branco, tutti in fuga verso Geotopia. Durata 100 minuti. (The Space, Uci)

 

Escobar – Drammatico. Regia di Andrea Di Stefano, con Benicio del Toro e Josh Hutcherson. Niente di meglio che una vacanza in Colombia per il giovane surfista canadese Rick, in mezzo a onde mozzafiato, tra sabbia immacolata e lagune da favola. Ancor meglio se arriva l’amore con gli occhi della splendida Maria: finché un giorno la ragazza presenta il suo ragazzo allo zio, che di nome fa Pablo Escobar. Narcotrafficante, capace di far girare politica e economia del suo paese a proprio piacimento, ma anche padre premuroso nel raccontare favole ai figli, marito romantico verso una moglie cui dedica canzoni, cattolico oltre ogni dubbio che prega prima di una strage. La vita di Nick diverrà un incubo. Robusto film intorno alle contraddizioni di un uomo, una storia di formazione, un perfetto insieme di thriller e di inevitabile melò. Durata 120 minuti. (Romano sala 2)

 

L’estate addosso – Commedia. Regia di Gabriele Muccino, con Brando Pacitto, Joseph Haro, Matilda Lutz e Taylor Frey. Anni Novanta. Con l’aiuto delle note e delle parole soprattutto di Jovanotti, all’indomani della maturità, i giovani Maria e Marco, antipaticissimi l’uno all’altra, si ritrovano a viaggiare insieme alla volta di San Francisco. Lì incontreranno ad attenderli Matt e Paul, coppia gay: con loro scopriranno la loro giovinezza, fatta di pregiudizi e di inaspettati innamoramenti, di fedeltà diverse e di scoperte che li cambieranno. Presentato a Venezia fuori concorso. Durata 103 minuti. (Due Giardini sala Ombrerosse, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

film fangLa famiglia Fang – Commedia drammatica. Regia di Jason Bateman, Jason Bateman, Nicole Kidman e Christopher Walken. Tratto dal romanzo omonimo firmato da Kevin Wilson, edito in Italia da Fazi, è la storia di una coppia di genitori, due artisti di strada che nella loro vita hanno sempre avuto un debole per la provocazione a tutto tondo, e del risvolto che quella filosofia di vita, tra caos e una continua ricerca creativa sempre condotta oltre ogni convenzione sociale, ha prodotto sui figli (da sempre chiamati A e B), esseri al colmo della più ostile infelicità. Poi un giorno i vecchi genitori scompaiono. Ancora un “teatrino” preparato ad arte o una messinscena macabra quanto reale? Durata 105 minuti. (Ambrosio sala 3)

 

frantz-filmFrantz – Drammatico. Regia di François Ozon, con Pierre Niney e Paula Beer. All’origine un testo teatrale, cui seguì nel ’32 un film di Lubitsch; oggi l’autore di “8 donne e un mistero” e di “Potiche” riprende il tema sottolineando le pagine del pacifismo. In un piccolo villaggio della Germania appena uscita dalla Grande Guerra, il giovane Adrien si reca in visita alla famiglia del ragazzo del titolo per chiedere a tutti il perdono per la morte che lui stesso ha causato in guerra. Non ne ha il coraggio, ma la presenza della fidanzata del defunto (la Beer è stata premiata a Venezia con il “Mastroianni” per questa interpretazione) lo spingerà verso una confessione: spetterà ad Anna accettare o no un nuovo futuro. Anche un omaggio all’antico bianco e nero. Durata 113 minuti. (Due Giardini sala Nirvana, Nazionale sala 1, Uci)

 

film-independenceIndipendence Day: Rigenerazione – Fantascienza. Regia di Roland Emmerich, con Jeff Goldblum, Bill Pullman e Liam Hemsworth. A vent’anni dal precedente e originalissimo “Indipendence Day”, il regista votato anima e corpo ai disastri terrestri più spettacolari torna se non sul luogo del delitto dalle parti delle minestre piuttosto mal riscaldate: il tutto con la modica spesa di 160 milioni di dollari. Ritroviamo vecchie facce della puntata precedente, qualcuno ha lasciato come Will Smith, altri nuovi hanno nuovo peso nella catastrofica vicenda, compreso il nuovo presidente degli States, che guarda caso è una donna (come Hillary?). Per inguaribili nostalgici. Durata 120 minuti. (Ideal, The Space, Uci)

 

Io prima di te – Commedia (tra sospiri e lacrime). Regia di Thea Sharrock, con Sam Caflin e Emilia Clarke. Sospiri e lacrime, ovvero preparate i fazzoletti. Ovvero siamo di fronte a uno di quei soggetti che, senza tema di essere smentiti, scottano e molto. Alla radice il romanzo scritto (furbescamente?) da Jojo Moyes, bestseller per cuori d’antan o forse soltanto giustamente più sensibili. Lei, di famiglia modesta, carattere splendidamente esuberante, lui biondo ricco bellone manager, su sedia a rotelle a seguito di tragico incidente. Saprà lei ridargli un po’ di felicità e magari distoglierlo da pensieri che proprio non collimano con quelli di una vita normale? Una buona chiave per i giovani attori che aspirano al successo. E il pubblico, da che parte si schiererà? Apertissimo un dibattito mi piace/non mi piace. Durata 110 minuti. (Ideal, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

film jasonJason Bourne – Azione. Regia di Paul Greengrass, con Matt Damon, Alicia Vikander, Vincent Cassel, Tommy Lee Jones e Julia Stiles. A dirigere chi, per la “vicenda Bourne”, ideata da Robert Ludlum, ha già retto con la solida magistrale professionalità i precedenti “Supremacy” e “Ultimatum”: il che è una grande sicurezza. Poi il protagonista con un Damon sempre alla ricerca della propria memoria, con tra le mani questa volta dei file che potrebbero in qualche modo spiegargli la morte violenta di suo padre, tesissimo e di filtrate parole, gran maestro dell’azione, di granitica espressione dalla prima inquadratura all’ultima. Qui lo ritroviamo nel suo isolamento in Grecia, scovato dalla collega Nicky, con un nuovo e sempre più sconcertante “programma governativo”. Menzogne e mezze verità, perfidi dirigenti della CIA e immancabile killer che ha la feroce ruvidezza di Cassel, una ambigua agente dei Servizi Segreti in vena di far carriera, che ha i tratti un po’ spenti della nuova star Wikander, pronta a lasciare aperta quella porta che fa ben sperare in altra/e avventura/e. Ritmo da brivido, eccellente, come nei capitoli precedenti pezzi da antologia (vedi, per esempio, alla voce “inseguimenti”, ad Atene tra le strade coinvolte nei disordini più recenti come a Las Vegas, insuperabile, come i pedinamenti, come i corpo a corpo). Forse spiace, nel divertimento generale e anche nel caos che ne deriva, che Greengrass e sceneggiatori abbiano privilegiata la grancassa e abbiano messo la sordina al disordine mentale e interiore del protagonista. Durata 123 minuti. (Ideal, Uci)

 

I magnifici 7 – Western. Regia di Antoine Fuqua, con Denzel Washington, Ethan Hawke e Chris magnifici-filmPratt. Una volta Akira Kurosawa e John Sturges, oggi Fuqua a (ri)raccontarci il mito d’anta, con il magnate senza scrupoli che vuole impossessarsi di un intero villaggio e dell’appetitoso bacino minerario che gli sta intorno, promettendo ai poveri contadini un risarcimento ridicolo o una strage se non accetteranno. Ma qualcuno riuscirà a raccogliere un gruppo di criminali a difesa di uomini e cose. Durata 133 minuti. (Ideal, Lux sala 3, Massaua, The Space, Uci)

 

Ma Loute – Commedia. Regia di Bruno Dumont, con Fabrice Luchini, Juliette Binoche e Valeria Bruni Tedeschi. Nell’estate del 1910, in un’Europa che sta scivolando verso una guerra di proporzioni terrificanti, l’ispettore Machin e il suo assistente si ritrovano a dover indagare, in un piccolo centro del nord della Francia, sulla sparizione di alcune persone. Si trovano di fronte la famiglia Brufort, di umili origini, e quella borghese, in piena decadenza, dei Van Peteghem. Entrambe hanno dei segreti, ben conservati tra le pareti di casa. Durata 122 minuti. (Classico)

 

Prima di lunedì – Commedia. Regia di Massimo Cappelli, con Fabio Troiano, Vincenzo Salemme, Sandra Milo e Martina Stella. Un incidente tra auto in una Torino affogata nella calura d’agosto, il poco di buono Carlito (come Pacino nel film di de Palma) che “invita” chi lo ha investito, invece di risarcire i danni, a consegnare a Torre del Greco un uovo di pasqua sui generis. Durata 90 minuti. (The Space, Uci)

 

Questi giorni – Drammatico. Regia di Giuseppe Piccioni, con Margherita Buy, Filippo Timi, Laura Adriani, Maria Roveran, Caterina Le Caselle e Marta Gastini. In una città di provincia, le sensazioni, l’amicizia, le abitudini, il quotidiano di quattro ragazze, universitarie. Una nuova occasione, ancora una volta il tema del viaggio, per stare insieme, una di loro deve andare a Belgrado per una proposta di lavoro come addetta alla reception in un albergo della città. Forse è il momento di lasciar affiorare quei segreti che sino ad ora sono rimasti nascosti. In concorso alla Mostra di Venezia. Durata 120 minuti. (Romano sala 3)

 

film-beatlesThe Beatles – Eight days a week – Biografico. Regia di Ron Howard. In attesa di “Inferno” tra poco meno di un mese, il regista di “Rush” ricostruisce attraverso immagini, spezzoni di vita pubblica e privata, attraverso il dietro le quinte di tanti concerti e apparizioni, la storia del gruppo che all’inizio degli anni Sessanta cambiò il corso della musica. Per i fedelissimi e gli appassionati di ogni generazione. Durata 137 minuti. (Ambrosio sala 1, Centrale V.O., F.lli Marx sala Harpo V.O., Massimo sala 2)

 

“Photolyricon”, quando poesia e fotografia si sposano

Opera – album dell’avvocato torinese Roberto Biscaretti di Ruffia

Il libro viene presentato domenica 25 settembre alle ore 11 presso LIBRARIA  a Venaria Reale

biscaretti 4

biscaretti

“Photolyricon”, quando fotografia e poesia possono diventare un binomio vincente. Le arti, infatti, che costituiscono un tutt’uno con l’essere umano e le sue emozioni, tramite sinapsi sentimentali, sono tra loro collegate. Ne è perfettamente convinto l’autore del volume ” Photolyricon”, pubblicato nel 2012 per Allemandi, l’avvocato torinese Roberto Biscaretti di Ruffia, erede di un’importante famiglia distintasi nel campo dell’automobile e non solo (il trisnonno, il conte senatore Roberto, classe 1845, biscaretti11fu tra i soci fondatori e segretario generale dello Yatch Club Italiano, tra i soci fondatori, nel 1899, della FIAT e primo presidente dell’Associazione Club e dell’ ACI; il prozio, il conte Guido, eroe nella guerra italo-turca del 1911, e il nonno Carlo fondatore del Museo dell’Automobile a Torino).

Questo libro-album vede protagoniste, sullo stesso piano di rilevanza, immagini fotografiche, scattate dallo stesso autore, e liriche da lui composte. Frammenti ottici e sinestesie si accompagnano ai testi scritti, che richiamano, biscaretti1per analogia, i Calligrammes di Apollinaire, e di cui molto spesso risulta protagonista la Versilia, e, soprattutto, Forte dei Marmi, cui Roberto Biscaretti di Ruffia si sente legato sin dalla nascita da un amore che travalica la semplice passione per un luogo di villeggiatura. L’attaccamento a questa terra, compresa tra il mar Tirreno e le Alpi Apuane, amata da poeti come Eugenio Montale e d’Annunzio, da pittori quali Carlo Carrà, e da scultori come Mitoraj e Henry Moore, e ancor oggi Botero, gli è stata trasmessa dalla nonna materna, la contessa biscaretti 2Katina Viglietti Morisani, figlia del comandante Errico, fondatore della ben nota Compagnia della Vela e tra gli artefici del Bagno Dalmazia. “Verde”, “Corsa solitaria” “Estate fine” e “Ombelico” trovano la loro genesi e ispirazione proprio nella poesia di Forte dei Marmi, che Roberto ama soprattutto fuori stagione, anche nella magia che il mare sa riservare d’inverno . biscaretti3Anche “Versiliana” che si trova in questo album, trae origine da questo luogo e richiama un celebre soggiorno dannunziano, avvenuto a inizio Novecento, nella villa omonima, circondata da un gran parco di pini marittimi, dove il Vate amò la Duse, compose e le dedicò la Francesca da Rimini. D’altronde la formazione dell’autore, prima della laurea in giurisprudenza, è stata strettamente intrecciata al suo amore per il mare e per Forte dei Marmi, dove egli ha anche abitato, dopo la maturità classica conseguita al Collegio Navale Morosini di Venezia e la frequenza all’Accademia Navale di Livorno.

Nelle liriche che accompagnano gli scatti fotografici, l’autore dimostra una spiccata capacità ludica e una certa ironia, che non esclude, però, una riflessione profonda sulla realtà, sull’uomo e sul tempo. Nelle immagini che ci propone nel suo album e di cui sta preparando un seguito, direbbe il poeta Yves Bonnefoy, Biscaretti di Ruffia si dimostra capace di accogliere e rappresentare gli oggetti e gli aspetti della natura nella “materialità irriducibile dello spirito”, dialogando con il tempo e con lo spazio, e dimostrando come poesia e fotografia condividano, fin dalle loro origini, gli stessi significati simbolici e allegorici.

Mara Martellotta

Nelle immagini più piccole: Carlo Biscaretti in un suo divertente autoritratto che sintetizza sia la sua vena di disegnatore e caricaturista, sia l’identificazione con la sua creatura,  il Museo dell’Automobile. Il padre Roberto, pioniere dell’auto. L’incontro dell’autore nel 2013 con Giorgio Albertazzi alla Versiliana il giorno del suo 90° compleanno (sta sfogliando Photolyricon), e la dedica fatta in tale occasione.  L’immagine grande, in alto, riguarda la  presentazione del libro al Circolo dei Lettori nel novembre 2012.

Torna nelle librerie “Il Capitano”

capitano-beltramiE’ in uscita presso l’editore Lampi di stampa una nuova edizione de “Il Capitano”, la storia di Filippo Maria Beltrami, noto architetto Milanese, e della moglie Giuliana Gadola. Nel 1943 lasciano il capoluogo lombardo e si trasferiscono con i figli nella casa di campagna della famiglia Beltrami, in un paese sopra al lago d’Orta. Qui è ambientata la storia raccolta in queste pagine e narrata a due voci. Una storia che ha un triste epilogo perché lo scenario è la guerra di Resistenza antinazista e antifascista: Filippo, divenuto comandante partigiano, morirà in un conflitto a fuoco insieme ad alcuni suoi compagni, a Mégolo in Val d’Ossola. Un’appendice, comprendente pagine di Gianni Rodari, Marziano Guglielminetti, Eugenio Montale, Piero Calamandrei, capitano-beltrami-2Mauro Begozzi e Cesare Pavese, arricchisce l’edizione del 1964, di cui il volume è fedele riproduzione. “La vicenda del capitano diventata subito una leggenda… È un libro che può essere letto in tanti modi e a tutte le età”, sottolinea Gianni Rodari. Cesare Pavese nel marzo del 1946, dopo aver letto “Il Capitano” scrive a Giuliana Gadola e, dopo averle ricordato la sua amicizia col giovanissimo Gaspare Pajetta, caduto a Mégolo al fianco di Beltrami, aggiunge: “Non voglio farle – né Lei aspetta – apprezzamenti letterari su questo libro, ma posso almeno dire, che è il primo di ispirazione partigiana, dove non s’acquatti la retorica…». Un libro importante, una storia vera sul riscatto degli italiani dalla vergogna del regime fascista.

Marco Travaglini