CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 703

Buone Feste dai Concerti del Lingotto

Natale è alle porte e I Concerti del Lingotto faranno gli auguri al pubblico come meglio non si potrebbe, con una delle composizioni sacre più amate in assoluto: il magnifico Oratorio di Natale di Johann Sebastian Bach. Composto a Lipsia sul finire del 1734, fu interpretato per la prima volta dal Thomaner Chor, diretto all’epoca dallo stesso Bach, e da allora torna ogni anno a risuonare nella chiesa di St. Thomas a Lipsia, interpretato dalle nuove leve dello stesso storico coro. L’Oratorio fu creato accorpando sei cantate, accomunate tutte dalla gioia per la nascita di Gesù, che originariamente dovevano essere eseguite in sei giornate distribuite fra il Natale e l’Epifania. Una musica che esprime qualcosa che supera la maestria nell’uso dell’armonia e del contrappunto andando dritta al cuore dell’uomo, credente o meno. Di questo capolavoro, martedì 19 dicembre 2017 alle 20.30 presso l’Auditorium Giovanni Agnelli (via Nizza 280, Torino) saranno eseguite le Parti prima, quarta, quinta e sesta. Il compito di raccontarci il giubilo della natività, con tutti i presupposti per un’esecuzione d’eccellenza, è affidato a Le Concert Lorrain e al Dresdner Kammerchor diretti da Christoph Prégardien, affiancati da quattro talentuosi solisti: il soprano Loanne Lunn, il contralto Margot Oitzinger, il tenore Markus Schäfer e il basso Peter Kooij. Fin dalla sua istituzione nel 2000, Le Concert Lorrain si è affermato con vigore. Forte di una doppia cultura, francese e tedesca, grazie ai suoi due direttori artistici Anne-Catherine Bucher e Stephan Schultz, il complesso frequenta le più prestigiose sale da concerto del mondo grazie alla qualità delle sue interpretazioni, rivolte al grande repertorio, ma anche a programmi più inconsueti e originali. Parallelamente, l’ensemble sviluppa numerosi progetti pedagogici nelle scuole e organizza dei Cafés Baroques. Queste originali e audaci formule di incontro scuotono le convenzioni, mescolano serietà e leggerezza, grande musica e piccoli pubblici, seducendo con l’arte dei maggiori compositori del XVII e XVIII secolo. Grazie alla sua carriera come tenore prevalentemente bachiano e liederistico, Christoph Prégardien conosce tutti i segreti della parola cantata: le sue interpretazioni delle Passioni di Bach hanno fatto epoca, e dal qualche anno si dedica anche alla direzione orchestrale, con risultati molto apprezzati dalla critica che elogia la scioltezza di fraseggio e l’armoniosa compiutezza delle sue scelte esecutive. Il debutto come direttore è avvenuto nel 2012 proprio con un’opera bachiana, la Passione secondo Giovanni, insieme al Concert Lorrain.

***

La biglietteria è aperta nei giorni 15,16,18 e 19 dicembre 2017 in via Nizza 280 interno 41, dalle 14.30 alle 19, e un’ora prima del concerto, dalle 19.30. Poltrone numerate da 27 a 54 euro, ingresso non numerato 20 euro e ingressi numerati giovani 13 euro (ridotto per i giovani con meno di trent’anni) in vendita un quarto d’ora prima del concerto secondo disponibilità. Vendite on line su www.anyticket.it. Informazioni: 011.63.13.721

Il fantasma di Tom Joad, tra John Steinbeck e Bruce Springsteen 

Tom Joad è il protagonista del romanzo più famoso di John Steinbeck, “The Grapes of Wrath”, uscito negli Stati Uniti nel 1939 e conosciuto in Italia con il titolo  Furore. Un bel libro senza età dal quale John Ford trasse uno storico film (con Henry Fonda nel ruolo di Tom Joad). Woody Guthrie scrisse una grande ballata su Tom Joad quasi dieci anni prima che Bruce Springsteen  venisse al mondo. La storia narrata da John Steinbeck  racconta l´epopea della biblica trasmigrazione della famiglia Joad, assieme ad altre centinaia di poveri, dall´Oklahoma attraverso il Texas, il New Mexico e l´Arizona, lungo le famosa Route 66 ( che conoscerà altre storie letterarie, da Kerouac a tanti altri), fino alla California, “il paese del latte e del miele”, in cerca di una vita nuova e un po’ di fortuna. Vi troveranno però  amarezze e stenti, al limite della sopravvivenza: paghe da fame, padroni duri e cinici, lavori da schiavi. Erano gli anni della Grande Depressione, dell’America dura e disperata, della lotta di classe più aspra, dei sogni che s’infrangevano a contatto con la  realtà. Ma non è quella la storia che Springsteen scelse di raccontare nella sua straordinaria canzone dedicata al fantasma di  Tom Joad. O, almeno, non è “solo” quella poichè quel fantasma è ben presente nell’America di oggi, come se quasi ottant’anni dopo ben poco fosse cambiato. “The Ghost of Tom Joad ” è stato l’undicesimo album in studio di Springsteen, pubblicato nel 1995 dalla CBS Records. Presidente degli “states” era il democratico Bill Clinton che, di lì a poco, sarebbe stato rieletto alla guida della nazzione a stelle e strisce. Un anno dopo, nel 1996,  Springsteen, ne parlava così:”La maggior parte delle cose che ho scritto riguardano l’America di oggi, anche se trovano le loro origini nel passato. Anche la canzone di Tom Joad non è storica, ma è sull’America degli anni ’90“. E, possiamo aggiungere, su quella odierna al tempo di Donald Trump. Nella canzone si parla dell’autostrada, luogo simbolo del sogno americano, esaltato dalla generazione beat. Un immaginario ancora ben vivo ma popolato da gente senza speranza, il cui destino è un fuoco acceso sotto un ponte per scaldarsi. I Tom Joad di oggi sono i nuovi poveri, le vittime della grande recessione e della crisi economica  che prese avvio negli Stati Uniti d’America nel 2007 in seguito allo scoppio della bolla immobiliare dei subprime, i messicani e gli homeless, le principali vittime di un nuovo ordine mondiale ancora affollato di gente senza lavoro e con poche libertà.

Marco Travaglini

Riccioli cobalto

Le poesie di Alessia Savoini
***
Timida sotto il derma lunare
Boccoli del colore della notte
Si muove la polvere di un vecchio capanno
Nel mentre in cui il suono si sostituisce al battito.
Lo mnemonico spirito si confonde a causa di Bacco
Nel quartiere dove il mondo collide in una piazza
E poi gli incontri senza dirsi troppo
Dove illegale è l’ascesa verso il chimico io.
Talvolta traspare il disapprovato gesto
Di canti e chitarra nel tuo silente cosmo
Così borbotti, ma non disdegni
Perché ami senza nessuna pretesa.

Letture itineranti e la Magia del Natale

Sabato prossimo 16 dicembre, a partire dalle ore 16, per i visitatori della mostra “Fausto Melotti. Quando la musica diventa scultura”, ospitata nelle storiche sale del Castello di Miradolo, la Fondazione Cosso organizza, in collaborazione con il Circolo Laav di Torre Pellice, un interessante appuntamento dal titolo “Letture itineranti”. Il programma prevede suggestive letture tratte dalle opere di Italo Calvino e che avranno luogo nelle sale espositive, lungo un percorso artistico-letterario-musicale accompagnato dalle note dei ragazzi dell’Istituto Prever di Pinerolo. Alla base del progetto, la predilezione per le sculture di Melotti da parte dello stesso Calvino che lo definì “acrobata dell’invisibile” e le cui opere compaiono anche su alcune copertine dei libri del grande scrittore editi da Mondadori. Le letture sono riservate ai visitatori della mostra e non è richiesta la prenotazione. Domenica 17 dicembre invece, alle ore 15,30, la Fondazione propone per i più piccoli, sempre all’interno del Castello, “La magia del Natale”, un laboratorio pensato per i bimbi dai 6 agli 11 anni, ispirato al tema della Festa. Obiettivo: stimolare, sotto la guida di un’operatrice didattica, la loro creatività imparando a realizzare decorazioni natalizie, come insolite ghirlande, simpatici elfi e carte decorate a mano. La prenotazione è obbligatoria entro sabato 16, telefonando al n. 0121/502761 oppure attraverso e-mail a prenotazioni@fondazionecosso.itAnche i più piccoli, inoltre, potranno vivere un’esperienza di scoperta divertente, visitando la mostra di Fausto Melotti, grazie all’allestimento particolare pensato proprio per loro “Da un metro in giù”. Letteralmente da un metro di altezza in giù, gli spazi espositivi si compongono di pareti tattili e sensoriali, di quadri luminosi e di elaborazioni stilizzate delle opere da completare.

Per info e prenotazioni: Castello di Miradolo e Parco storico, tel. 0121/502761 e-mail prenotazioni@fondazionecosso.it

g.m.

Bach Integrale per i 500 anni della Riforma Luterana

Prosegue la seconda parte della rassegna “J. S. Bach Integrale”, un evento inserito nelle manifestazioni che celebrano i 500 anni della Riforma Luterana, con il quarto concerto che avrà luogo venerdì 15 dicembre alle ore 20.45 nel tempio valdese di C.so Vittorio Emanuele 23. L’organista Gianluca Cagnani presenterà, tra gli altri, il Preludio e fuga in do minore BWV 546, ilTrio in sol maggiore BWV 586, la Triosonata in do maggiore – BWV 529 e la Fuga in do minore – BWV 575. Ingresso a pagamento, biglietti disponibili anche presso la libreria Claudiana in Via Principe Tommaso 1 di Torino. Per informazioni Tel. 011/6692838

Piranesi. La fabbrica dell’utopia

FINO ALL’11 MARZO 2018

C’è tutta la genialità, la stupefacente perizia di uno dei massimi incisori del suo tempo – che dal rococò, e attraverso i temi propri del neoclassicismo, arriva a precorrere in un balzo senza ostacoli la sensibilità romantica fino alle più impensabili mirabilia dell’immaginario gotico insieme all’inquietante bizzarria di pagine visionarie al limite del delirio e di sogni e “capricci” da incubo, nelle 93 opere di Giovanni Battista Piranesi (Mogliano Veneto, 1720 – Roma, 1778) esposte, fino all’11 marzo, nelle nuove Sale Palatine della subalpina Galleria Sabauda. Promossa dai Musei Reali di Torino, in collaborazione con Roma Capitale e con la Fondazione Giorgio Cini di Venezia e l’organizzazione dell’Associazione Metamorfosi, la rassegna è a cura di Luigi Ficacci e di Simonetta Tozzi e presenta un’ampia selezione delle opere più significative del grande veneziano. Che fu straordinario incisore all’acquaforte e architetto (anche se la sua unica realizzazione architettonica fu la ristrutturazione della chiesa romana di Santa Maria del Priorato, testimoniata in mostra dagli scatti fotografici di Andrea Jemolo), soggiogato da una divorante passione per le grandiose rovine di Roma – dove si trasferì nel 1740, al seguito dell’ambasciatore veneziano Francesco Venier – riprodotte con superba e certosina sapienza attraverso la matrice vedutistica (da Tiepolo a Canaletto) della propria formazione veneta. Con le “parlanti ruine” della civiltà romana, Piranesi si lega anima e corpo. Ne fa percorso di vita e di lavoro incessante, oggetto di attenzione etica oltreché estetica, tesa al recupero di una civiltà –quella romana, appunto- che egli riteneva assolutamente superiore a quella greca. “Quando mi accorsi – scrive – che a Roma la maggior parte dei monumenti antichi giacevano abbandonati nei campi o nei giardini oppure servivano da cava per nuove costruzioni, decisi di preservarne il ricordo con le mie incisioni”; ecco allora il perché della sua vastissima produzione acquafortistica (nella città eterna, appena ventenne, apprese i rudimenti dell’acquaforte nella celebre bottega calcografica di Giuseppe Vasi), incentrata sulla riscoperta dell’archeologia e caratterizzata da audaci ed esasperate visioni prospettiche nonché da violenti effetti luce-ombra che ne fecero uno degli artisti di maggior successo – con Papa Clemente XIII come primo mecenate- in un mercato artistico effervescente e vivace qual era quello romano nel periodo di massimo splendore del Grand Tour internazionale.

***

L’iter espositivo vede quindi esposte, fra le sue opere più note, le pittoresche “Vedute di Roma” dalle amplificate prospettive architettoniche, insieme ai fantasiosi “Capricci” realizzati ancora sotto l’influsso di Tiepolo e alle famose e suggestive visioni della serie delle “Carceri d’invenzione”, eseguite fra il 1745 e il 1750: immaginario di grande impatto emotivo, architetture spregiudicate e ardite, terrifiche nelle loro fantastiche e labirintiche strutture (rappresentanti “la negazione del tempo– come scrisse Marguerite Yourcenar, autenticamente stregata dalle opere di Piranesi – lo sfalsamento dello spazio, la levitazione suggerita, l’ebbrezza dell’impossibile raggiunto o superato”) e fonte d’ispirazione in molti campi artistici, fino ai nostri giorni. Notevole, ad esempio, la loro influenza sulla produzione   delle “costruzioni impossibili” dell’artista olandese Maurits Cornelis Escher e su tutta la sfera del Surrealismo. Dalla Fondazione Cini provengono anche le realizzazioni tridimensionali di alcune invenzioni piranesiane mai realizzate e ricavate dal ricchissimo repertorio delle “Diverse Maniere di adornare i Cammini” o di alcuni pezzi antichi, riprodotti e divulgati dall’artista nella serie dei “Vasi candelabri cippi sarcofagi tripodi”, come il celeberrimo tripode del Tempio di Iside a Pompei, vero e proprio masterpiece dell’arredo neoclassico e Impero. Di grande interesse anche la sala “immersiva” delle prigioni piranesiane, rese in versione tridimensionale e realizzate dal Laboratorio di Robotica Percettiva della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, al fine di fornire ai visitatori un più vasto e accattivante repertorio visivo e sensoriale. Per condividere ancor meglio le creazioni di quel geniale visionario e potente “fabbricatore di utopie” quale fu Piranesi, artista (secondo lo scrittore inglese suo contemporaneo Horace Walpole) “selvaggio come Salvator Rosa, fiero come Michelangelo, esuberante come Rubens”, capace di costruire “palazzi sopra ponti, templi su palazzi e di scalare il cielo con montagne di edifici”.

Gianni Milani

***

“Piranesi. La fabbrica dell’utopia”

Galleria Sabauda – Sale Palatine, piazzetta Reale 1, Torino; tel. 011/5211106

Fino all’11marzo 2018

Orari: mart. – dom. 8,30/19,30

***

Foto:

– Giovanni Battista Piranesi: “Veduta dell’abside della Basilica di Santa Maria Maggiore” da “Vedute di Roma”, acquaforte, 1745-1778

– Giovanni Battista Piranesi: Veduta della Basilica di San Lorenzo fuori le mura” da “Vedute di Roma”, acquforte, 1745-1778
– Giovanni Battista Piranesi: “Carcere IV. Capriccio con arcate e piazza monumentale” da “Carceri d’Invenzione”, acquaforte e bulino, c. 1761
– Giovanni Battista Piranesi e Francesco Piranesi (figlio): “Veduta interna del Tempio di Giunone” da “Differentes vues de Pesto”, acquaforte, 1778 

 

“Le Baccanti” in versione rock al Carignano

Una versione rock delle Baccanti di Euripide è in scena fino al 17 dicembre prossimo al teatro Carignano di Torino per l’originale regia di Antonio De Rosa. Nelle sue regie i tragici e il loro linguaggio antico, capace di parlare alla nostra modernità e alle sue contraddizioni, occupano un posto di assoluto rilievo. “Le Baccanti di Euripide – spiega il regista – rappresentano un testo che pone numerose sfide a chi decida di metterlo in scena, la prima e più importante delle quali consiste nell’essere l’unica tragedia di cui sia protagonista un dio, Dioniso. Nasce così il problema di una sua rappresentazione”. Andrea De Rosa prosegue, così, la sua lunga indagine e il suo lavoro sul mito, mettendo in scena il fallimento degli ideali dell’Umanesimo greco e dello spirito razionalista su cui si fondava la società dell’epoca classica. Come in Fedra, così nelle Baccanti, scritta intorno al 406 a.C., torna l’analisi dei moti dell’animo umano nelle sue infinite sfaccettature e turbamenti. Euripide profetica la necessità di una contaminazione tra Occidente e Oriente, quasi una anticipazione delle necessita’ di rivedere le norme di convivenza tra continenti, così attuali e drammaticamente presenti al giorno d’oggi.

“Dioniso – scrive Antonio De Rosa – è un dio che, da sempre, ci affascina per lo stretto legame che presenta con il senso di perdita di se stessi e con la vertigine che ad esso si accompagna. È un dio difficile da afferrare, fragile e al tempo stesso contraddittorio, insieme uomo e donna, debole e potente, creativo e distruttivo. La posta in gioco è altissima perché egli promette agli uomini, attraverso vino, droga, danza, musica, sesso e morte, la liberazione dal dolore. Le Baccanti da alcuni critici sono state erroneamente considerate come il ritorno di Euripide al divino e il simbolo della sua conversione, dovuto all’approssimarsi della sua morte. In realtà il tragediografo greco demolisce gli ultimi ideali rimasti e spoglia l’uomo delle sue restanti possibilità di redenzione e conforto. Al centro della vicenda è Dioniso, interpretato da Federica Rossellini, il dio dell’ ebbrezza, del vino, della goliardia, nato dallo stupro di Zeus alla tebana Semele, morta poi di parto. Per dimostrare la sua grandezza, il dio, escluso dal cugino Penteo, re di Tebe, induce le donne della città a misteriosi riti di danza, sesso e caccia sui monti. De Rosa cala i riti orgiastici dionisiaci in una ambiantazione da rave party ( con un’eccellente opera di Simone Mannino) mostrando, dietro un telo nero in semitrasparenza, corpi nudi che si muovono sotto luci psicadeliche, a ritmo di musica tecno. Si viene così a creare un parallelo piuttosto riuscito e chiarificatore tra le danze ossessionanti nei boschi di allora e quelle nelle discoteche di oggi.

Mara Martellotta

 

Fino al 17 dicembre 2017 al teatro Carignano

Foto: Marco Ghidelli

L’egizio alla conquista della Cina

Il Museo Egizio  conquista della Cina con la mostra ‘Egypt. House of Eternity’ inaugurata, con 13.000 le persone in coda. E’ un tour in 5 città, che propone oltre 200 reperti della collezione torinese. Si tratta di  un percorso scientifico ideato per il continente asiatico, dove la civiltà faraonica è meno conosciuta  che in Occidente. Dei pezzi in mostra molti sono esposti per la prima volta. Un ‘viaggio’ attraverso 4000 anni di storia che coinvolge diversi musei cinesi, dall’Henan Provincial Museum di Zhengzhou, dove è stata inaugurata e si potrà ammirare fino al 22 marzo, fino allo Shanxi Museum di Taiyuan, il Liaoning Museum di Shenyang, l’Hunan Provincial Museum di Changsha e il Guangdong Provincial Museum di Guangzhou, dove si concluderà a marzo 2019. La mostra, realizzata con la consulenza di Mondo Mostre, occupa oltre 1.000 metri quadri.

Without Frontiers

Il 15 dicembre alle ore 18 s’inaugura la mostra Without Frontiers a cura di Caravan SetUp e dell’associazione Il Cerchio E Le Gocce, con i testi di Laura Fattorini, presso Dock74 in Via Valprato 68 a Torino

La mostra che vede la partecipazione degli artisti Corn79Fabio Petanimade514ETNIKVesodElbi Elem e Zedz nasce come prolungamento e approfondimento del lavoro svolto durante il festival Without Frontiers, Lunetta a colori a Mantova.

***

Durante l’inaugurazione verrà presentato il volume “Without Frontiers. Arte urbana e arte pubblica. Esperienze e prospettive” di Simona Gavioli e Giulia Giliberti, edito da Il Rio EdizioniOgni artista, mantenendo la propria cifra stilistica su un supporto diverso rispetto alle grandi pareti degli edifici sui quali è solito lavorare, fa un tentativo, già ampiamente espresso con i lavori murali, di far uscire l’arte dalla crisi di quest’epoca, un’arte che ha smesso di essere autonoma a favore del connubio con la vita sociale. Un’arte non più come marginale ornamento perché ha smesso di scappare dalla solitaria libertà dell’artista, un’arte non più temuta perché avvicinata al centro della vita sociale. Un’arte viva, appunto. Senza abdicare da se stessi, nella collettiva a Dock74 ogni artista sviluppa un’opera che è la trasposizione di ciò che normalmente troviamo su grandi edifici, che spesso sono case. Ed è proprio la casa che racchiudendo all’interno molecole di mondo ed essendo un corpus d’immagini, fornisce ragioni o illusioni di stabilità all’uomo e di cui l’artista aspira a svilupparne le rêverie. Il dentro e il fuori giocano al rimando, s’inseguono e poi si raggiungono. Ciò che stava fuori, ora sta dentro.

***

Attraverso le opere pittoriche in mostra Corn79 ricerca, con l’astrazione delle forme e con i colori, i significati intimi e profondi legati al suo inconscio, mentre Fabio Petani indaga la complessità della natura sfruttando i principi primi di tutte le cose, l’elemento chimico e la pianta. Made514 unisce il lettering al figurativo per creare immagini dinamiche, dalle linee morbide e liquide; Etnik raffigura metaforicamente sezioni di realtà prospettica e di agglomerati urbani incastrati tra di loro, in una critica rivolta proprio alla costruzione inconsapevole dei blocchi di cemento che formano le periferie delle nostre città. Vesod materializza il tempo grazie alla sovrapposizione di diverse immagini, tracciando così storie riconoscibili in attimi; Elbi Elem scardina lo spazio per creare nuove geometrie che si rompono in equilibrio perfetto con il circostante. Zedz, influenzato dalle grafiche digitali, dall’architettura e dalla musica, compone varie geometrie che invadono la tela. La pubblicazione racconta l’esperienza di Without Frontiers. Lunetta a colori, il progetto di riqualificazione urbana che, arrivato nel 2017 alla sua seconda edizione, ha sfidato gli spazi convenzionali destinati all’arte, il conservatorismo e l’idea di bene collettivo, contribuendo all’abbattimento delle barriere che separano il quartiere periferico di Lunetta dal centro della città di Mantova. Il progetto ha permesso agli artisti italiani e stranieri Corn79, Fabio Petani, Made514, Etnik, Vesod, Elbi Elem, Zedz, Perino & Vele, Bianco-Valente e Panem Et Circenses di realizzare opere d’arte site-specific nel quartiere.

Questioni di storia dell’ultimo trentennio

“L’Italia contemporanea. Questioni di storia dell’ultimo trentennio”. Così s’intitola il convegno promosso dall’Istoreto in collaborazione con L’iniziativa fa parte del calendario di avvenimenti per il 70° anniversario della fondazione dell’Istituto piemontese per la storia della Resistenza “Giorgio Agosti”. Introdurrà questo importante appuntamento per riflettere sul senso profondo delle trasformazioni del nostro paese negli ultimi trent’anni, con un intervento istituzionale, Nino Boeti,Vicepresidente del Consiglio Regionale del Piemonte. Il convegno coinvolgerà studiosi di diversa formazione disciplinare invitandoli a riflettere in modo problematico e aperto su alcuni nodi cruciali delle trasformazioni che hanno investito il nostro paese a partire dai tardi anni Ottanta-primi anni Novanta. Una discussione che intende mettere a fuoco il senso profondo di quelle trasformazioni e il loro ruolo nel cambiamento della storia del paese, nonché il loro peso nel determinare la situazione del tempo presente. Il convegno si articolerà in tre sessioni. Il 14 dicembre, alle ore 15,00, ” Presiede Valerio Onida; interventi di Alberto de Bernardi, Paolo Pombeni, Federico Romero, Alfio Mastropaolo, Marco Fioravanti. Venerdì 15 dicembre, in mattinata alle ore 9,15, “Economia e lavoro“. Presiede Claudio Dellavalle; interventi di Emanuele Felice, Maurizio Franzini, Giuseppe Berta, Alberto Vannucci, Rocco Sciarrone. Nel pomeriggio dello stesso giorno, alle  14,30, “Società e cultura“. Presiede Aldo Agosti. Interventi di Roberto Cartocci, Linda Laura Sabbadini, Loredana Sciolla.