CULTURA E SPETTACOLI- Pagina 700

I Savoia, Torino e il Piemonte: passato, presente e futuro

risorgimento4Per la 75a Storica Conversazione presso il Museo Pietro Micca GUSTAVO MOLA DI NOMAGLIO su I Savoia, Torino e il Piemonte: passato, presente e futuro, nel 600° anniversario della nascita del Ducato.

Il 19 febbraio 1416 l’Imperatore Sigismondo di Lussemburgo erigeva la Contea di Savoia in Ducato. Se anche il dominio dei Savoia, una tra le più antiche e potenti casate d’Europa [e probabilmente la più amata dai propri popoli], durava con piena autonomia, al di qua e al di là delle Alpi da quasi cinque secoli, si trattò di un evento di forte rilievo sia simbolico sia politico. La concessione della corona ducale sulla Savoia ad Amedeo VIII, già X duca di Aosta e di Chiablese, era carica, infatti, di valenze simboliche e di implicazioni politiche di grande rilevanza nell’Europa dei principi e nelle sue pratiche di potere. Mentre Torino e il Piemonte affrontano le sfide del presente e del futuro, guardare alle radici e alla storia non è un mero esercizio culturale ma un impegno necessario, in particolare con riferimento alle vicende ed eredità sabaude (musei, palazzi, pinacoteche, spazi architettonici, chiese, biblioteche, archivi…) che costituiscono un’opportunità e una risorsa insostituibili, non solo per la definizione dell’identità e dei valori piemontesi e subalpini, in prospettiva italiana ed internazionale, ma anche sotto il profilo economico che giustifica un grande progetto di valorizzazione e di studio. Di tutto ciò e di altro si parlerà nell’incontro.

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Gustavo MOLA di NOMAGLIO, è uno storico e studioso dei ceti dominanti e della società sabauda di antico regime. Collabora con riviste scientifiche italiane e straniere. È autore di numerosi volumi, risorgimrnto3fra questi: Feudi e nobiltà degli Stati dei Savoia (2006), Bibliografia delle famiglie subalpine (2008), Un primato piemontese in Europa. Venaria e la Cavalleria sabauda alla vigilia del Risorgimento (2009); La cessione di Nizza e Savoia alla Francia (2011); Bibliografia critica e antologica della Convenzione di Settembre. Dai lutti di Torino Capitale all’insediamento fiorentino (2015). suoi scritti compaiono in numerose opere miscellanee ad Atti di Convegni. È Vice Presidente del Centro Studi Piemontesi, consigliere dell’ABNUT (Associazione Amici della Biblioteca Nazionale Universitaria di Torino) e di altri sodalizi che studiano, tutelano, valorizzano e promuovono, con molteplici iniziative, il patrimonio culturale, ambientale ed identitario del Piemonte, della Valle d’Aosta e, in generale, degli antichi Stati sabaudi. È uno dei curatori, con Franca Porticelli e Andrea Merlotti, della Mostra Piemonte Bonnes Nouvelles presso la Biblioteca Nazionale di Torino, appena conclusa con grande successo di pubblico, realizzata dalla Biblioteca con la collaborazione del Consiglio regionale del Piemonte e del Centro Studi Piemontesi – per celebrare i 600° anni del Ducato di Savoia.

2017, l’anno dei Musei Reali

Un anno di percorsi, mostre, appuntamenti per una nuova identità Primo traguardo per i Musei Reali di Torino, che fanno un bilancio dei primi 12 mesi di attività sotto la direzione di Enrica Pagella e tracciano la rotta per il 2017, che si preannuncia particolarmente intenso.

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BILANCIO 2016. “È stato un anno impegnativo e entusiasmante” commenta la Direttrice “la sfida più complessa è la costruzione della nuova identità dal punto di vista amministrativo, organizzativo e di servizio. Bisogna riaprire porte tenute chiuse per troppo tempo, attivare funzioni e servizi museali quasi assenti. Il processo non è ancora terminato ma, grazie all’impegno e alla buona volontà di tutti per superare i mille ostacoli che quotidianamente si presentano, sono stati fatti passi avanti: la macchina si è messa in moto, ed essendo una macchina molto grande, prenderà velocità con il tempo, ma sarà poi inarrestabile”. In termini di numeri, il bilancio del 2016 si chiude con 489.000 visitatori: 314.000 ai Musei Reali e 175.000 nello spazio espositivo di Palazzo Chiablese, che ha ospitato le mostre dedicate a Matisse e Toulouse-Lautrec (in corso fino al 5 marzo). Circa 400.000 i passaggi nei Giardini Reali, stimati dai volontari del Touring Club Italiano che collaborano al mantenimento dell’apertura. L’iniziativa più importante è stata la grande mostra Le meraviglie del mondo. Le castello armeria realecollezioni di Carlo Emanuele I aperta al pubblico lo scorso 16 dicembre con oltre 250 opere e 80 tavole acquerellate degli album naturalistici conservati alla Biblioteca Reale (fino al 2 aprile 2017 in Galleria Sabauda e Biblioteca Reale). Sempre nel 2016 sono stati riaperti i Giardini Reali, chiusi per lungo tempo; ora sono accessibili solo parzialmente, ma è stato da poco ultimato il progetto per il completamento del verde e presto riprenderanno i lavori per perfezionare i percorsi e i servizi. A tutto questo si aggiunge la creazione di aree dedicate a mini-mostre e mostre speciali come lo “Spazio Confronti” e lo “Spazio Scoperte” della Galleria Sabauda, le aperture serali nel periodo estivo e quelle speciali degli appartamenti minori promosse in collaborazione con l’Associazione Amici di Palazzo Reale, il fitto calendario di attività per il pubblico e altro ancora: in sintesi, i Musei Reali si sono aperti, cercando di coinvolgere un pubblico sempre più ampio e più trasversale nella scoperta di un patrimonio tra i più ricchi, interessanti e variegati d’Europa.

SABAUDA5LE ATTIVITÀ DEL 2017. Spina dorsale delle attività saranno i progetti di miglioramento dell’offerta museale, con novità che vanno dalla comunicazione ai percorsi, oltre alle mostre, grandi e piccole, che punteggiano tutto il calendario. Tra i progetti più impegnativi ci sarà il completamento dei lavori di restauro della Cappella della Sindone, che sarà riaperta al pubblico a venti anni dal disastroso incendio che ne determinò la chiusura. Un recupero lungo e complesso, curato nel tempo dalla Soprintendenza di Torino con il contributo della Compagnia di San Paolo, che porterà di nuovo il gioiello di Guarini al centro dell’attenzione internazionale (novembre). Un altro importante obiettivo riguarda il riallestimento di una parte del Museo di Antichità, con la creazione di un nuovo percorso dedicato alle antiche civiltà del Mediterraneo (assiro-babilonese, cipriota, greca, etrusca e italica) che accoglierà i visitatori negli spazi della manica nuova. Proseguiranno anche i lavori di valorizzazione dei Giardini Reali con la risistemazione del verde e il collocamento dei vasi, la nuova illuminazione, la segnaletica e i servizi. Terminati i lavori, i Giardini saranno il vero cuore verde di collegamento tra tutte le aree dei Musei (da giugno a settembre). Alla Galleria Sabauda sarà aperto il nuovo spazio dedicato ai maestri piemontesi dal Trecento al Cinquecento: Un’altra armonia. Il Rinascimento in Piemonte, con le tavole e i polittici di Martino Spanzotti, Dedendente Ferrari, Gaudenzio Ferrari e altri ancora (giugno). A SABAUDA4fine anno, negli ambienti al piano terra, la mostra dedicata a Giovanni Battista Piranesi (ottobre). Negli spazi espositivi di Palazzo Chiablese, proseguirà fino a marzo l’esposizione di disegni e stampe di Henri Toulouse-Lautrec, coprodotta con Arthemisia Group, a cui seguirà Il bello senza tempo. La collezione di Gian Enzo Sperone da Roma antica a Ai Weiwei, la grande mostra incentrata sulle raccolte di uno dei più importanti collezionisti d’arte internazionali, con gallerie che portano il suo nome a Torino, Roma e New York (da aprile a settembre). In autunno protagonista sarà il pittore surrealista catalano Joan Mirò, di cui saranno esposte un centinaio di opere in arrivo dalla Fundaciò Pilar i Joan Mirò di Mallorca, la fondazione creata da Mirò e dalla moglie Pilar nel marzo 1981. Le attività di Confronti proseguiranno con A spasso con un drago, che presenterà un lavoro di Carlo Mollino recentemente acquisito dal Ministero per le collezioni della Galleria Sabauda (da febbraio), a cui seguiranno confronti dedicati a Daniele da Volterra (da maggio) e a Bellotto (da ottobre). Anche lo spazio Scoperte proseguirà la propria attività: al termine della mosta dedicata agli incisori olandesi, le sale saranno occupate dalle opere di Grechetto (aprile-agosto) a cui seguiranno quelle di Dürer e Luca di Leida (da settembre). Nuove attività per l’affascinante Museo di Antichità, con appuntamenti dedicati alla storia del restauro (da gennaio a marzo), a tutto quello che nell’abbigliamento ha preceduto il bottone (da aprile a settembre) e alla storia dei militari romani a Torino (da settembre). All’Armeria Reale, a gennaio, appuntamento con un’opera restaurata grazie al programma “Restituzioni” di Intesa San Paolo e ora di nuovo accessibili al pubblico: un’armatura giapponese nello stile delle dō-maru del secondo periodo Chusei (XIIIXVI secolo), donata dall’imperatore del Giappone Meiji a Vittorio Emanuele II nel 1869, a tre anni dalla firma del trattato di amicizia e commercio tra il Regno d’Italia e l’Impero giapponese, ratificato a Edo (l’odierna Tokyo) il 25 agosto 1866. A tutto questo si aggiunge l’intenso programma di attività (calendario SABAUDA2aggiornato sul sito museireali.beniculturali.it) dai laboratori didattici alle visite di una sola opera del ciclo Ogni opera è un mondo, dagli spazi aperti dagli Amici di Palazzo Reale come le cucine e gli appartamenti della Regina Maria Teresa fino alle visite di approfondimento delle mostre e delle diverse sezioni dei Musei Reali. “Il 2017 sarà l’anno decisivo per la costruzione dell’identità dei Musei Reali” sottolinea Pagella, “Lavoreremo sul piano della comunicazione, ma soprattutto su quello del miglioramento dell’accoglienza; a rappresentarci avremo un nuovo logo, dei nuovi uffici nel torrione Frutteria di Palazzo Reale, e l’avvio di importanti progetti che segneranno il futuro dei Musei e anche, ci auguriamo, quello della città. La mostra su Carlo Emanuele I che abbiamo appena inaugurato dimostra quanto sia grande il potenziale dei nostri musei anche come capacità di produrre idee, ricerca, occasioni di conoscenza e di scoperta. Per questo il 2017 dovrà essere anche l’anno destinato alla creazione di una nuova rete di rapporti, sia con le realtà locali, sia con quelle nazionali e internazionali. Tutto questo è necessario anche in vista del 2019, cinquecentenario di Leonardo che ci vedrà assolutamente protagonisti”.

www.museireali.beniculturali.it

(foto: il Torinese)

Sébastian Jacot “re” di Lingotto Giovani

jacot_hdMartedì 17 gennaio 2017 ore 20.30 • Sala Cinquecento, via Nizza 280, Torino


È il vincitore dell’edizione 2015 dell’Internationaler Musikwettbewerb der ARD di Monaco di Bavieramartedì 17 gennaio 2017 alle 20.30 è protagonista del terzo appuntamento di Lingotto Giovani, la rassegna cameristica di Lingotto Musica che da alcuni anni imposta la propria programmazione reclutando strumentisti e formazioni risultate vincitrici di recenti edizioni dei concorsi strumentali più prestigiosi di Europa. Da poco divenuto primo flauto della gloriosa orchestra del Gewandhaus di Lipsia, Sébastian Jacot nasce a Ginevra dove incomincia lo studio del flauto all’età di 8 anni e successivamente si perfeziona presso il locale Conservatorio sotto la guida del grande flautista e didatta Jacques Zoon. Insieme a lui il pianista Lucas Buclin, altro musicista svizzero, che a un’intensa attività cameristica ha negli ultimi anni affiancato la singolare attività di improvvisatore su pellicole del cinema muto.
Il programma della serata, che si svolge come di consueto presso la Sala Cinquecento del Lingotto, prende le mosse dalla Ballade (1939) di Frank Martin, massimo compositore svizzero del Novecento. Seguono i Fantasiestücke op. 73 (1849) di Robert Schumann, destinati buchlinoriginariamente a clarinetto o violoncello con accompagnamento di pianoforte e qui eseguiti in una insolita versione per flauto. Ispirata all’omonimo racconto di Friedrich de la Motte Fouqué, la Sonata op. 167 «Undine» (1882) di Carl Reinecke narra la tragica storia di una Ondina, spirito acquatico del folclore germanico, mentre Le merle noir (1951) è una breve pagina che rispecchia gli interessi di Olivier Messiaen nell’ambito ornitologico, scritta per testare le abilità dei flautisti candidati all’ammissione presso il Conservatorio di Parigi. Chiude la serata la Fantaisie brillante sur l’opéra Carmen de Georges Bizet di François Borne, unica opera dell’autore ancora oggi in repertorio e paradigmatico esempio di quella fioritura ottocentesca di trascrizioni, parafrasi e fantasie basate su temi celebri delle più note opere del teatro musicale.
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Grazie all’accordo con l’Università di Torino e il corso di laurea in DAMS il concerto è introdotto da una breve guida all’ascolto a cura della studentessa Beatrice De Caroli
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La biglietteria è aperta nel giorno del concerto, 17 gennaio 2017, in via Nizza 280 interno 41, dalle 14.30 alle 19, e un’ora prima del concerto, dalle 19.30 nel foyer della Sala Cinquecento. Poltrone numerate da 5 a 10 euro. Vendite on line su www.anyticket.it. Informazioni: 011.63.13.721 oppure www.lingottomusica.it

La stagione 2016-2017 è resa possibile grazie al sostegno di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Regione Piemonte, Città di Torino, Compagnia di San Paolo, Fondazione CRT, FIAT, Exor, Reale Mutua, Banca del Piemonte, Lingotto, IPI, Lavazza, Sadem Arriva, Vittoria Assicurazioni, Banca Regionale Europea, Guido Castagna, AON, Generali, Banca Sella, Amiat, PKP Investments.

Calosso, un colonnello piemontese alla corte del Sultano

Possiamo immaginarlo mentre cavalca a fianco del Sultano nei giardini imperiali sul Bosforo o nella piazza dei Cavalli, il famoso ippodromo di Costantinopoli, all’ombra della Moschea Blu e di Santa Sofia, in mezzo a vecchi turbanti e donne velate, colonne romane e obelischi egizi, un po’ come si vede nelle cartoline d’epoca che ritraggono Istanbul nei secoli passati. Trascorreva le giornate nei palazzi della capitale ottomana, sempre a stretto contatto con il sultano, gran visir, pascià e giannizzeri. Istruì giovani soldati e ufficiali all’arte della cavalleria, riformò l’esercito e divenne consigliere militare e diplomatico del sultano che lo volle nelle stanze del potere. Ma chi era costui?

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Il sultano ottomano era Mahmud II (1808-1839), il riformatore dell’Impero della Mezzaluna, ben presente nei libri di storia e immortalato dal pittore Luigi Gobbi in un ritratto esposto al Palazzo Reale di Torino mentre del nostro personaggio rimane ben poco, forse solo una fotografia e poche notizie. Non era un sovrano europeo o un celebre condottiero e si chiamava semplicemente Giovanni Timoteo Calosso. Non era nato a Roma o a Parigi, ma nella piccola Chivasso, alle porte di Torino, anche se la sua seconda città fu Costantinopoli, alla corte del sultano, al quale insegnò a cavalcare all’occidentale e a mettere in riga uno degli eserciti più potenti del mondo. Addestrava le reclute e incontrava ogni giorno il monarca che gli regalò una delle case più belle della capitale. È la straordinaria storia di un colonnello piemontese che all’inizio dell’Ottocento, in cerca di gloria, istanbul re 2fortuna e avventura, si mise al servizio della potenza ottomana. Poco conosciuto in Italia e sicuramente più noto all’estero, Giovanni Calosso influenzò con le sue idee libertarie e innovatrici alcune scelte politiche del sultano convincendolo ad aprire l’Impero alle riforme europee, ispirate a principi democratici e liberali. Amò l’Impero sul Bosforo, già al tramonto ma ancora forte e tenace, e fu intimo del sultano. Fu quasi uno di loro, ma non si convertì mai all’Islam. Nato a Chivasso nel 1789, divenne ufficiale con Napoleone e partecipò a diverse campagne militari, tra cui quelle di Prussia nel 1807 e di Russia nel 1812, e alla fine dell’Impero prestò servizio nell’esercito del Regno di Sardegna. Cadde in disgrazia per aver preso parte ai moti rivoluzionari del 182021 in Piemonte e fu esiliato. Non si perse d’animo e, pur costretto a lasciare la moglie, la Contessa Secondina Tarini Imperiale e il suo Piemonte, continuò a viaggiare in vari Paesi europei e si fermò soprattutto in Grecia, dove combattè per la causa dell’indipendenza ellenica contro il dominio turco. Ma il suo avvicinamento all’Oriente e all’Impero Ottomano non tardò.

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Il sultano, in difficoltà sul piano militare e politico, cercava ufficiali ed esperti europei per riformare il suo esercito, dopo aver sciolto il Corpo dei giannizzeri. Il quarantenne Calosso, come molti altri esuli europei, non si lasciò sfuggire l’occasione e giunse a Costantinopoli nel 1826 per restarci fino al 1843. L’ingresso nella Corte imperiale non fu immediato perchè i soldi scarseggiavano e fu quindi costretto a svolgere alcuni semplici impieghi per guadagnarsi da vivere lavorando per un certo periodo in alcuni locali di Istanbul. Ma le sue qualità di cavallerizzo non tardarono a farsi apprezzare.

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Fu subito maestro di equitazione e poi istruttore capo della cavalleria ottomana. A quel punto il sultano lo chiamò a Palazzo per addestrare un gruppo selezionato di giovani destinati a diventare le sue guardie del corpo personali. Nell’arco di breve tempo Calosso diventò stretto consigliere militare e diplomatico del Gran Turco che gli diede il nome di Rustem Aga. Grazie al colonnello piemontese il nuovo esercito applicò l’ordinamento francese di cavalleria e questo successo gli conferì l’elevazione alla dignità di Bey, ovvero di Signore e gran capo. Nel 1830 ultimò la formazione di quattro reggimenti della Guardia imperiale e fu incaricato dal sultano in persona a rinvigorire il nerbo dei Sipahi, la cavalleria leggera dell’esercito, numerosa e indisciplinata, che negli ultimi tempi aveva perduto smalto e vigore. Non girò tutto sempre nel verso giusto in quanto l’esercito ottomano subì pesanti sconfitte contro i russi e contro le popolazioni che cercavano di liberarsi dal dominio turco, ma gli interventi di Calosso per istruire e formare le truppe continuarono senza sosta. Ma qualcosa cominciò a guastarsi nei suoi rapporti con i 

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vertici dell’esercito dopo la sostituzione di alcuni ufficiali con nuovi uomini a lui non graditi e dopo aver scoperto casi di corruzione e di malcostume tra i militari. Nel 1839 gli eventi precipitano. Mahmud II muore e Rustem Bey cade da cavallo procurandosi gravi lesioni agli arti che gli impediscono di proseguire il suo lavoro preferito. La sua brillante carriera nell’armata ottomana e presso la corte era finita. Calosso viene ricordato per la grande capacità professionale dimostrata nella sua attività e per aver inculcato nei suoi allievi una ferrea disciplina militare unita all’insegnamento di quelle idee liberali che riuscirono a infiltrarsi in qualche modo nel chiuso e tradizionale ambiente del palazzo imperiale. La sua fama era così elevata che anche il Regno Sardo fu

costretto a fare marcia indietro e ritirare le accuse contro di lui per i moti in Piemonte. Lo stesso ministro sardo, il marchese Vincenzo Gropallo, lo contattò più volte come intermediario per arrivare

colored XVIIIth century Turkey and Greece map, by royal french geographer Vaugondy
colored XVIIIth century Turkey and Greece map, by royal french geographer Vaugondy

al sultano. Nel 1843 l’ex rivoluzionario piemontese abbandonò la capitale sul Bosforo. A questo punto le poche fonti disponibili sulla vita di Calosso sono contrastanti. Si dice che tornò subito nella sua Chivasso, dove trascorse in ritiro e in pace l’ultima parte della sua esistenza, non prima però di essere ricevuto in udienza da Carlo Alberto, mentre secondo altri racconti tornò a Costantinopoli, dove si trattenne ancora tre anni per poi tornare definitivamente in Italia. Non si conoscono né la data, né il luogo della morte del Calosso, che pare comunque sia vissuto circa settant’anni. Ci ha lasciato un libro di memorie, «Mémoires de un vieux soldat», la sua vita di soldato e di diplomatico accanto a due grandi personaggi, Napoleone e il sultano Mahmud II, pubblicato a Torino, in francese, nel 1857.

Filippo Re

(Da “La Voce e il Tempo”)

L’avventura “europeista” dei “Sei di Torino”

ALLA “FONDAZIONE GIORGIO AMENDOLA” OLTRE 40 OPERE  DEL GRUPPO NATO ALL’OMBRA DI FELICE CASORATI

 

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Diversi per età. Diversi per origini culturali. Diversi per provenienza. I “Sei di Torino”, ai quali la torinese “Fondazione Giorgio Amendola” dedica un’ampia mostra (inserita nell’ambito dei progetti di riqualificazione delle periferie urbane ), ebbero in comune per un certo periodo del loro iter artistico un privilegio sicuramente non da poco: l’assidua frequentazione di una delle più prolifiche “scuderie” d’arte della Torino Anni Venti – Trenta e oltre: quella del Maestro Felice Casorati, che nel 1923, nel suo studio di via Mazzini, aveva aperto una scuola per giovani artisti. Lì si trovano a lavorare gomito a gomito, chi con più adesione ai “precetti” casoratiani e chi con maggiore libertà e originalità creativa, quelli che qualche anno dopo si assoceranno appunto sotto la sigla (quasi un marchio di fabbrica) dei “Sei di Torino”:

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Francesco Menzio, Carlo Levi, Gigi Chessa, Jessie Boswell (unica donna del Gruppo), Enrico Paulucci e Nicola Galante. Ufficialmente – sotto l’influente sponsorizzazione dello storico dell’arte Lionello Venturi (che all’epoca andava costituendo la corposa Raccolta Gualino) nonché del critico Edoardo Persico (arrivato nel ’27 a Torino da Napoli) –il Gruppo nasce nel gennaio del 1929 con una mostra a sei alla “Galleria Guglielmi” di piazza Castello, che proprio Persico definì come “la prima battaglia delle nuove generazioni per un’arte europea in Italia”. Loro segno levi3distintivo fu infatti la volontà di perseguire una pittura “intuizionistica” (a mezza strada fra Fauvismo ed Espressionismo) e proiettata verso l’Europa –in primis Scuola di Parigi e Modigliani, secondo Venturi – in antitesi al nazionalismo retorico del regime: pittori “dissidenti” insomma rispetto all’arte ufficiale del Novecento e, per questo, non poco “sospetti” in un periodo in cui anche le divergenze artistiche assumevano un significato pericoloso di contrasto ideologico e politico. Sciacquati “i panni in Senna” (ma la “lezione impressionista” non sempre appare così preminente nei quadri dei Sei) la vita del Gruppo si esaurì nel giro di pochi anni, con la mostra a Parigi del dicembre 1931, quando venne a perdersi l’appoggio dei due veri “creatori” del Sestetto: il finanziere Riccardo Gualino, confinato a Lipari per bancarotta fraudolenta, e Lionello Venturi, che proprio nel ’31 espatria a Parigi aderendo a “Giustizia e Libertà”.

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Tre anni di mestiere “in comune”, con esiti assolutamente non univoci, e che tornano a riproporsi nelle 45 opere esposte alla “Fondazione Amendola”, all’interno di una mostra imperdibile, curata da Loris Dadam. Il percorso si apre con nove opere di Carlo Levi eseguite fra il ’26 e il ’69. Si va da un “Ritratto del padre” ancora fortemente iperrealista, per passare al parigino impressionista “Notre Dame sotto la neve” del ’29, fino alla svolta palesemente espressionistica con il ritorno del colore che si fa materia densa quasi informale in quadri che troveranno il loro apice espressivo durante il periodo del confino politico in Lucania (1935- ‘36), per concludersi con l’imponente telèro “Lucania ‘61” – il suo “Cristo si è fermato a Eboli” trasferito su tela – custodito in Palazzo Lanfranchi a Matera e di cui la “Fondazione Amendola” ospita una fedele riproduzione. Di Francesco Menzio, insegnante dal ’51 all’Accademia Albertina di Torino, la mostra presenta, fra gli altri (notevole il matissiano “Fiori e conchiglie”), un pezzo del ’59, “Stazione a Torre Pellice”, dove il colore cede il passo al segno, levi5graffiante immediato essenziale, come elemento portante di un’opera con caratteri similari alla briosa “Passeggiata a Nervi”, guazzo su tela del ’33 di Enrico Paulucci e al carboncino su carta del ’46 “Torre Pellice (Castelluzzo)” dell’abruzzese Nicola Galante apprezzato xilografo oltreché pittore. Di Gigi Chessa, che al Gruppo aderì vantando già al suo attivo innumerevoli mostre nonché la partecipazione alla XVI Biennale di Venezia del ’28, la rassegna sottolinea quanto egli sia stato volutamente il meno “casoratiano” dei Sei, quale “pittore di luce” più che di rigidi “spazi” compositivi. Sua “La zuppiera” del ’24, incantevole con quel “bianco illuminato dal raggio di luce come un caravaggesco della Scuola di Utrecht, che emerge da grigi, bruni, sfondi afoni”. Più fedele, invece, alla lezione del Maestro (pregevoli i numerosi “Interni” dalla tipica “griglia geometrica casoratiana”) fu l’inglese Jessie Boswell, la più “anziana” del Gruppo e a Torino dama di compagnia di Cesarina Gualino. Suo il rigoroso e severo “Autoritratto” del ’41, composto forse per i suoi sessant’anni. Immagine intensa, di pensierosa fissità.

Gianni Milani

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“Carlo Levi – I Sei di Torino”. Fondazione Giorgio Amendola, via Tollegno 52, Torino,  tel. 011/2482970. 

Fino al 31 gennaio – Ingresso libero – Orari: lun. – ven. 10-12,30/ 15,30-19; sab. 10-12,30;

dom. visite guidate su prenotazione al 348/2211208   

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Nelle immagini:

– Carlo Levi: “Notre Dame sotto la neve”,olio su tela, 1929

– Francesco Menzio: “Stazione a Torre Pellice”, olio su tela, 1959

– Enrico Paulucci: “Passeggiata a Nervi”, guazzo su tela, 1933

– Gigi Chessa: “La zuppiera”, olio su tela 1924

– Jessie Boswell: “Autoritratto”, olio su cartone, 1941

Il liberale Zanone

zanone 2Si è tenuto ieri , nel primo anniversario della sua morte, un ricordo di Valerio Zanone promosso dalla Fondazione Burzio e ospitato nell’Aula Magna della Scuola di Applicazione per ricordare chi fu anche ministro per la Difesa. In questa occasione la Fondazione ha ristampato il saggio di Zanone “Il liberalismo moderno” pubblicato dalla Utet nella “Storia delle idee politiche, economiche,sociali” curata da Luigi Firpo. Hanno parlato tre personaggi importanti,l’ex direttore del “Corriere della Sera” Stefano Folli, il nipote di Benedetto Croce Piero Craveri, l’ex ministro Domenico Siniscalco. Salvo la noiosa tiritera di Craveri che ha divagato, pur leggendo, sia rispetto a Zanone sia rispetto al suo saggio, i due ottimi interventi di Folli e di Siniscalco hanno reso il dovuto omaggio al liberale Zanone, per quanto vada rilevata l’assenza della famiglia all’unico ricordo torinese programmato, ma forse chissà che la proverbiale litigiosità liberale non ci riservi qualche sorpresa con altre iniziative. E’ stato invece un fatto positivo che certi “eredi” torinesi di Zanone non si siano sentiti. Un anno fa ai funerali è stato un po’ penoso  ascoltarli  nel tentativo  di appropriarsi di un’eredità che appartiene non solo ai liberali, quelli veri, ma ma anche  alla cultura politica  italiana  più in generale. Nessun uomo di cultura venne invitato a ricordare Zanone ai suoi funerali in Comune.

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Prima dei relatori è intervenuto il capo di Gabinetto della Sindaca di Torino Paolo Giordana che ha fatto un discorso che è andato molto oltre il semplice saluto.Si è colta in Giordana una conoscenza approfondita  dei temi della cultura liberale di notevole spessore. Ci si aspettava  un qualcosa di rituale,invece, abbiamo ascoltato un intervento di alto livello e di sicura pregnanza culturale.
Folli mi ha citato in chiusura del suo intervento e quindi non parlerò della sua relazione tutta giocata sull’ossimoro zanoniano Giolitti-Gobetti, volto a conciliare lo statista di Dronero con il giovane torinese che aveva aperto una collaborazione con Gramsci:un’operazione quasi esclusivamente intellettuale,non essendo possibile trovare una sintesi politica tra Giolitti e Gobetti.
Vorrei invece soffermarmi sulla relazione,molto brillante e spesso  illuminante per capire l’economia mondiale dei tempi d’oggi, di Domenico Siniscalco che non conoscevo di persona,se non per quanto mi dissero Franco Reviglio e Sergio Ricossa. Non l’avevo mai ascoltato e debbo dire che in passato ho perso molto.

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pliSiniscalco ,parlando del saggio di Zanone ,lo ha contestualizzato negli Anni 70
torinesi(il saggio uscì nel 1972 ), descrivendo quel mondo  politico-culturale. Per Siniscalco quel mondo si identificava con la Fiat ,il PCI ,i sindacati,”La Stampa”,la Juventus con una DC fortemente impegnata a sinistra con Donat Cattin. Siniscalco cita anche le frange di “Lotta continua” e i terroristi che colpivano manager, avvocati, giornalisti, poliziotti . Forse ha solo tralasciato la Chiesa del Cardinale Pellegrino che esercitò sicuramente un ruolo dopo la fine della lunga presenza sulla cattedra di San Massimo del Cardinale Maurilio Fossati. A fianco di questo blocco predominate c’era un “mondo laico,non comunista e non cattolico,parzialmente azionista…”. In questo blocco Siniscalco  colloca Zanone e lo stesso Firpo ,curatore della monumentale storia in sei volumi editi dalla Utet ,vi appartiene a pieno titolo. Siniscalco mette in evidenza il Centro “Einaudi” animato da Zanone e una parte della Facoltà di Economia e Commercio con Castellino, Ricossa,Reviglio e Monti  che allora insegnava a Torino, prima di passare alla Bocconi. In effetti era proprio così.

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Senza inquadrarlo in quel tempo,spesso fatto di demagogia e di contestazione studentesca ed operaia violenta, il saggio di Zanone  non può essere compreso appieno nel suo tentativo di trovare comunque agganci , persino in sede storica, tra liberalismo e socialismo. Giustamente Siniscalco ha parlato di un”saggio politico”.E senza fare riferimento a quel clima che si respirava all’Università nelle facoltà umanistiche non si può comprendere l’intera opera curata da Firpo e che dà spazio anche a politici (e non studiosi veri ) che sostengono nelle loro farneticazioni ideologiche l’esistenza di un solo totalitarismo novecentesco,quello nazista e fascista,un tesi storicamente aberrante. Lo storico delle idee Firpo accolse tutti nella sua opera, ma non credo  che ciò  fosse per dimostrarsi liberale e tollerante,quanto piuttosto per non discostarsi troppo dal plumbeo clima che si respirava allora. Firpo uomo tollerante è cosa molto difficile, se non zanone-craxi-1000x600impossibile. Chi lo ha conosciuto da vicino lo sa bene. Mi resta un dubbio: perché Siniscalco non abbia citato il gruppo formatosi nel 1967/68 del Centro “Pannunzio”. C’erano persone importanti: Arrigo  Olivetti, Mario Soldati, Gaetano Zini Lamberti, Alessandro Passerin d’Entrèves, Paolo Greco,Piero Pieri, Alda Croce, Mario Fubini… Non c’era solo chi scrive in compagnia di  alcuni compagni di università. Io non sono certo un giudice imparziale, ma credo che il Centro “Pannunzio”abbia pur contato qualcosa -come hanno riconosciuto in molti –  nella storia della cultura non solo torinese (basterebbe citare la sua coraggiosa posizione sul terrorismo a fianco di Carlo Casalegno) ma per l’economista Siniscalco quel mondo  liberale si identificava nel giovane Zanone che sicuramente seppe fare moltissimo e assai bene e che io considero comunque un amico-maestro.

                                                                                  Pier Franco Quaglieni

Oggi al Cinema

Le trame dei film nelle sale di Torino 

A cura di Elio Rabbione

 

allied film2Allied – Un’ombra nascosta – Drammatico. Regia di Robert Zemeckis, con Brad Pitt e Marion Cotillard. Nella Casablanca in pieno conflitto mondiale, già tanto cara a Ingrid Bergman e a Humphrey Bogart, s’incrociano Marianne Beausejour, legata alla resistenza francese e avvenente spia pronta a fare l’occhio dolce al perfido tedesco, e Max Vatan, comandante d’aviazione di origine canadese e al servizio dell’Intelligence inglese. Avventure e amore tra i due, il trasferimento a Londra, un matrimonio e una bambina partorita sotto i bombardamenti. Ma forse non tutto è come sembra. Durata 124 minuti. (Massaua, Eliseo Grande, Lux sala 3, Reposi, The Space, Uci)

 

Animali notturni – Drammatico. Regia di Tom Ford, con Amy Adams, Jake Gyllenhaal e Aaron Taylor-Johnson. A Susan, affermata mercante d’arte di Los Angeles, viene un giorno recapitato un pacco, un libro dal contenuto violento che l’ex marito le ha dedicato. Immersa nella lettura che s’accompagna ai ricordi di un loro passato, spinta a riconsiderare le scelte compiute, Susan avverte che un’altra vicenda s’allinea alla sua, dolorosa e crudele, capace di interferire e di sovrapporsi alla sua personale. Taylor-Johnson s’è aggiudicato recentemente il Golden Globe come miglior attore non protagonista. Dall’acclamato regista di “A single man”. Durata 115 minuti. (Classico)

 

Assassin’s Creed – Avventura. Regia di Justin Kurzel, con Michael Fassbender e Marion Cotillard. assassin-creed-filmUn’occasione per riunire il regista e gli interpreti di “Macbeth”, qui Fassbender in veste anche di coproduttore. Tratto dall’omonimo videogioco, il film è la storia del criminale Callum Lynch, segretamente salvato da una condanna a morte da un’organizzazione che è la moderna reincarnazione dell’Ordine dei Templari. È costretto da costoro a utilizzare l’Animus, un macchinario cui sovrintende la scienziata Sophia e che gli permette di rivivere i ricordi di un suo antenato, Aguillar de Nerha, un Assassino, vissuto nella Spagna del XV secolo. Durata 115 minuti. (Massaua, Ideal, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

 

fantastic-filmCaptain Fantastic – Commedia drammatica. Regia di Matt Ross, con Viggo Mortensen. La famiglia Cash è composta da padre, madre e sei figli che hanno avuto un’educazione “libera”, tra le foreste del nord America, lontano da consumismi e conformismi imperanti in ogni altrove civilizzato. Radiata ogni tecnologia “non utile”, i rampolli si affidano allo sviluppo della mente e del corpo, ad una cultura che spazia liberamente dal classico al più futuribile, dalla costituzione americana ad un linguaggio estremamente ricco: se non si celebrerà il Natale insopportabilmente consumistico, si potrà sempre celebrare il compleanno di Noam Chomsky. Una sorta di ideale paradiso che una tragedia potrebbe definitivamente cambiare. Durata 118 minuti. (Eliseo blu)

 

Il cittadino illustre – Commedia. Regia di Gaston Duprat e Mariano Cohn, con Oscar Martinez. Daniel Mantovani è uno scrittore, vincitore del Nobel, in piena crisi creativa. Da Barcellona, dove da anni si è stabilito, accettando l’invito che i cittadini di Salas dove lui è nato e cresciuto gli hanno inviato, si reca in Argentina. L’accoglienza è entusiasmante, è anche l’occasione per rivedere il primo amore, tutto sembra trascorrere all’insegna della felicità: poi, poco a poco, prende piede il malumore come pure una strisciante violenza, rinfacciando tutti i cittadini di Salas i peccati giovanili, le aspre critiche che lo scrittore ha rivolto al proprio paese. Uno spunto interessante, uno svolgimento condotto con partecipazione: spiace per la grande povertà della forma, la regia scarna, i luoghi comuni, e il presepe di piccoli personaggi chiusi in macchiette in troppe occasioni. Coppa Volpi veneziana al protagonista (di certo sopravvalutata). Durata 118 minuti. (Classico)

 

Il cliente – Drammatico. Regia di Asghar Farhadi, con Shahab Hosseini e Taraneh Alidoosti. Due cliente-film2coniugi, Emad e Rana, sono costretti a abbandonare il loro appartamento a causa di un cedimento strutturale dell’edificio. Nella ricerca di una nuova abitazione, vengono aiutati da un collega che con loro recita in una messa in scena di “Morte di un commesso viaggiatore” di Miller, un dramma di sogni e di disfacimenti morali e familiari. Nel nuovo alloggio, in precedenza abitato da una donna di dubbia reputazione, Rana subisce un’aggressione: se la donna ne esce duramente colpita non soltanto nel corpo ma soprattutto nello spirito per poi poco a poco quietamente rappacificarsi, da quel momento per Emad inizia una ricerca dell’aggressore, una esplicita vendetta in cui non vuole coinvolgere la polizia. Un capolavoro di ferma scrittura, di analisi, di descrizione dei piccoli, impercettibili fatti quotidiani, delle emozioni positive e negative che possono attraversare l’animo umano. Premiato a Cannes per la miglior sceneggiatura e l’interpretazione maschile. Durata 124 minuti. (Nazionale sala 1)

 

Collateral beauty – Commedia drammatica. Regia di David Frankel, con Will Smith, Helen Mirren, Keira Knightley, Edward Norton e Kate Winslet. Nella New York di oggi, il pubblicitario Howard non collateral-filmriesce ad accettare la morte della sua bambina e tenta di ritrovare un salvifico sfogo nelle lettere che scrive e indirizza ad Amore, Morte e Tempo: gli amici, nella speranza di alleviarne il dolore, altro non fanno che ingaggiare tre attori che, impersonando gli stessi specifici concetti, gli suggeriscano le soluzioni più adatte alla sopravvivenza non troppo infelice. Durata 94 minuti. (Greenwich sala 1, Ideal, Lux sala 2, The Space, Uci)

 

È solo la fine del mondo – Drammatico. Regia di Xavier Dolan, con Marion Cotillard, Nathalie Baye, Gaspard Ulliel, Vincent Cassel e Lea Seydoux. Trasposizione cinematografica del testo (per molti versi autobiografico) di Jean-Luc Lagarce messo in scena da noi al Piccolo di Milano. Louis, autore teatrale di successo, fa il suo ritorno in famiglia per annunciare la sua morte imminente. La madre, il fratello violento, la cognata fragile e sottomessa, la sorella sono lì a riceverlo. Ma le atmosfere di nevrosi, di risentimenti, di insinuanti invidie, che il giovane aveva abbandonato anni prima, ritornano in tutto eguali. Film irritante, importante, antinatalizio, sezionato nelle azioni, nei sentimenti, negli sguardi e nei piccoli gesti sino all’inverosimile, assolutamente da vedere. Gran Premio della Giuria a Cannes. Durata 95 minuti. (Nazionale sala 2)

 

florence1-filmFlorence – Commedia. Regia di Stephen Frears, con Meryl Streep e Hugh Grant. Nella New York anni Quaranta, la storia vera di Florence Foster Jenkins, del suo appartenere all’altoborghesia americana, delle sue ricchezze, della sua passione per il bel canto. Ma la signora era alquanto stonata: tuttavia gli amici fidati presenziavano ai suoi concerti in stato di estasi, i critici venivano zittiti dal marito-manager. L’apoteosi avvenne al Carnagie Hall, con un pubblico in visibilio. Sguardo del cinema hollywoodiano su un personaggio toccato con (ben altra) grazia e humour da quello francese, con “Marguerite”, nella scorsa stagione. Dal regista di “Philomena” e “The Queen”. Prodotto di tutto rispetto, con qualche pennellata di limpido divertimento, gradevole nella descrizione di una società immersa nei tanti vizi e nelle piccole virtù: ma ogni cosa sembra essere presentata e detta sopra le righe, a cominciare dall’interpretazione della Streep, per una volta priva di certe minime sfaccettature che l’hanno sempre resa grande, donna affetta senza mezze misure da protagonismo, macchietta a tutto tondo, folle ed eccessivamente sognatrice. Se dovessimo scegliere la punta di diamante dell’intero film indicheremmo senz’altro il ritrattino del suo accompagnatore al pianoforte, l’eccellente, sbalordito e divertito Simon Helberg, pronto per noi a entrare nella cinquina degli Oscar. Durata 111 minuti. (Ambrosio sala 2, Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, Greenwich sala 2)

 

Il GGG – Il Grande Gigante Gentile – Fantasy. Regia di Steven Spielberg, con Mark Rylance e Ruby Barnhill. Ultimo script della creatrice di “E.T.”, Melissa Mathison, scomparsa lo scorso anno all’età di 65 anni, tratto dal romanzo di Roald Dahl (autore ancora tra l’altro della “Fabbrica di cioccolato”), è la storia della piccola Sofia rapita in una notturna Londra dall’orfanotrofio in cui è cresciuta e della sua amicizia con il gigante (ma non troppo) buono – interpretato da Rylance, premio Oscar per “Il ponte delle spie” – che presto lei aiuterà nel proprio lavoro, ovvero catturare i sogni positivi e belli per trasmetterli ai bambini mentre dormono. Durata 117 minuti. (Classico, Massaua, Reposi, The Space, Uci)

 

Lion – La strada verso casa – Drammatico. Regia di Garth Davis, con Dev Patel, Rooney Mara e lion2-filmNicole Kidman. Il piccolo Saroo, disubbidendo alla madre e cercando di seguire il fratello più grande, si addormenta su di un treno, nel buio della notte, e si ritrova a Calcutta, solo e incapace di spiegare da dove venga e quel che gli è successo. L’adozione da parte di una coppia australiana gli risparmia l’orfanotrofio: ma una volta arrivati i venticinque anni, il desiderio di rintracciare la sua vera famiglia lo condurrà ad una lunga ricerca. Tratto da una storia vera. Durata 120 minuti. (Eliseo Rosso, F.lli Marx sala Harpo, Romano sala 1, Uci)

 

Il medico di campagna – Commedia. Regia di Thomas Lilli, con François Cluzet e Marianne Denicourt. Jean Pierre ha dedicato tutta la vita alla sua professione, senza risparmiarsi. Quando gli viene diagnosticato un tumore al cervello, si rende conto che un mondo sta per finire, con i sacrifici, con la passione, con gli amici; e non sarà facile per lui accettare appieno la vicinanza e le interferenze di una giovane collega che non ha davvero l’intenzioni di mettersi da parte. Durata 102 minuti. (F.lli Marx sala Chico, Massimo sala 2)

 

Mister Felicità – Commedia. Regia di Alessandro Siani, con Alessandro Siani, Diego Abatantuono e Carla Signoris. Martino, disoccupato cronico, vive alle spalle della sorella ma ad un certo punto riesce a inventarsi un’occupazione, sostituendosi ad un “mental coach”, un guru del pensiero positivo. La sua prima assistita sarà Arianna, una campionessa di pattinaggio in crisi in seguito a una caduta. Durata 101 minuti. (Massaua, Greenwich sala 2, Reposi, The Space, Uci)

 

peregrineMiss Peregrine – La casa dei bambini speciali – Fantasy. Regia di Tim Burton, con Eva Green, Asa Butterfield, Samuel Jackson, Rupert Everett, Judy Dench, Terence Stamp. Il giovane Jacob, alla morte del nonno, scopre che quelle storie che aveva sempre sentito raccontare, sono vere: esiste veramente in una piccola isola lontana, nel Galles, un gruppo di bambini orfani, dal talento speciale di cui forze malvagie vorrebbero impadronirsi, che vivono nella casa della misteriosa Miss Peregrine. Jacob farà di tutto per proteggere quei bambini e sottrarli ai loro nemici. Tratto dal romanzo omonimo di Ransom Riggs, ancora l’universo fantastici del regista di “Edward mani di forbici”, “Big Fish” e Alice in Wonderland”. Durata 127 minuti. (Greenwich sala 3, Ideal, Uci)

 

Oceania – Animazione. Regia di John Musker e Ron Clements. Coraggiosa, femminista che la metà basta, non certo alla ricerca del principe azzurro, la principessa Vaiana sogna di poter andare ben oltre la barriera corallina per avventurarsi nell’oceano. La sua prima sfida è salvare il suo popolo dalle malefatte del vanitosissime semidio Maui che per avere un giorno rubato il cuore di una dea rischia ora di portare quel paradiso terrestre all’aridità. Ma l’eroina è pronta combattere e a vincere. Durata 127 minuti. (Massaua, Ideal, The Space, Uci)

 

Passengers – Fantascienza. Regia di Morten Tyldum, con Jennifer Lawrence e Chris Pratt. La nave passengers-filmspaziale “Avalon” sta viaggiando, un lunghissimo viaggio, verso una colonia lontana, a bordo cinquemila ospiti. Addormentati, programmati a risvegliarsi 120 anni dopo. 90 anni prima dell’arrivo, due di loro, Aurora e Jim, lei una giornalista newyorkese alla ricerca di un nuovo spunto per il suo prossimo romanzo, lui ingegnere meccanico di Denver, per un guasto si risvegliano, unici e soli, si innamorano. Non soltanto avventure solitarie e no nello spazio senza confini, anche inquietudini filosofiche e quesiti morali, imposizioni e libertà, il desiderio di stare con qualcuno o il suo rifiuto, l’amore e il tempo, l’azzeramento dei tanti progetti e la noia, la realtà quotidiana e la sua cancellazione, in un viaggio pericoloso e senza prospettive. Durata 116 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci)

 

Paterson – Commedia drammatica. Regia di Jim Jarmusch, con Adam Driver e Golshifteh Farahani. Un film intimista, sulla poesia e su chi la coltiva. Ambientato a Paterson, piccola cittadina del New Jersey; ma anche un poema dello scrittore William Carlos Williams s’intitola “Paterson” e ancora Paterson è il nome del protagonista, un gentile, sognatore conducente di autobus, legatissimo alla giovane moglie, artista, con una chitarra in mano e il desiderio di un qualche successo, abitudini e routine precise al cronometro, che nelle pause del lavoro butta giù poesie, raccogliendo immagini sulle cose semplici, di normale quotidianità. Emozioni allo stato puro da un poeta della cinepresa. Durata 115 minuti. (Massimo sala 1)

 

poveri-ricchi-filmPoveri ma ricchi – Commedia. Regia di   Fausto Brizzi, con Christian De Sica, Enrico Brignano, Anna Mazzamauro e Lucia Ocone. La famiglia Tucci, ovvero mozzarellari doc e volgari quel tanto che basta, capofamiglia con consorte e un paio di figli, un cognato nullafacente nel dna, la nonna che è innamorata persa di Al Bano. Una vincita da 100 milioni di euro li spingerà a trasformarsi nei nuovi ricchi con annesso desiderio di seguirne le orme: ma presto si accorgeranno che i nuovi ricchi non significano rubinetteria d’oro o chili di gioielli o ristoranti e alberghi senza risparmio di stelle. Durata 97 minuti. (Uci)

 

Rogue One: A Star Wars Story – Fantascienza. Regia di Gareth Edwards, con Diego Luna, Forest Whitaker, Mads Mikkelsen e Felicity Jones. Un gruppo di eroi in missione per sottrarre i piani della più potente arma di distruzione di massa mai ideata dall’Impero Galattico, la Morte Nera. Primo film della serie “Star Wars Anthology”, una collezione di film a se stanti ambientati nell’universo di “Guerre stellari”. Durata 143 minuti. (Ideal, Reposi, Uci)

 

Silence – Drammatico. Regia di Martin Scorsese, con Andrew Garfield, Adam Driver e Liam Neeson. silence filmAmbientato nella prima metà del XVII secolo. Due giovani sacerdoti gesuiti, padre Rodrigues e padre Garrupe, si recano nel lontano Giappone per svolgere opera di evangelizzazione e alla ricerca di chi li ha istruiti e guidati, il padre Ferreira. Incontrano una terra dove i cristiani sono perseguitati, costretti ad abiurare la propria fede o a subire il martirio. I dubbi, le certezze che cominciano a non essere più tali, l’assenza di un Dio che non interviene o non cancella il Male, la solitudine: al termine, un ritrovato padre Ferreira che già s’è allontanato dalla Chiesa come si comporterà con i suoi confratelli, troverà un fertile terreno nelle loro debolezze? Durata 161 minuti. (Centrale V.O., Due Giardini sala Nirvana e Ombrerosse, F.lli Marx sala Groucho e Harpo, Reposi, Romano sala 2, The Space, Uci)

 

Sing – Animazione. Regia di Garth Jennings. Una esausta porcellina, madre di 25 maialini, un gorilla, un topo, un timidissimo elefante, tutti partecipano ad un debuttanti allo sbaraglio, un nostrano X Factor per intenderci, messo in piedi dal koala Buster Moon al fine di mettere in salvo dal fallimento il proprio teatro. Durata 110 minuti. (Massaua, Ideal, Lux sala 1, Reposi, The Space, Uci anche in 3D)

 

Sully – Drammatico. Regia di Clint Eastwood, con Tom Hanks, Aaron Eckart e Laura Linney. Ovvero la storia dell’eroe Sullenberger, che il 15 gennaio 2009 portò in salvo, alla guida del suo aereo, 155 passeggeri, facendolo ammarare nelle acque del fiume Hudson. Un’opera raccontata da Eastwood con una lucidità davvero geniale, essenziale, precisa nella descrizione dei fatti e dei sentimenti contrastanti del protagonista, un Tom Hanks partecipe e immedesimato come raramente lo ricordiamo, la sua sicurezza e la sua battaglia contro chi lo riderebbe un incompetente, lo sguardo sui giudici e la replica a quelle simulazioni di volo che, nel processo cui fu sottoposto Sully con il suo copilota, non tenevano assolutamente conto del fattore umano, di una decisione che andava presa nel giro di una manciata di minuti: ad ogni inquadratura facendo partecipare lo spettatore, ad ogni attimo della vicenda – le notti nella stanza d’albergo, le telefonate a casa alla moglie, i dubbi, i timori, la felicità tutta chiusa dentro nell’apprendere che tutti quei passeggeri sono sani e salvi, nessuno escluso – che pur ha, a quasi otto anni dal suo sviluppo, un esito conosciuto. Durata 95 minuti. (Ambrosio sala 3, Romano sala 3)

 

film founderThe Founder – Commedia. Regia di John Lee Hancock, con Michael Keaton e Laura Dern. Con un passato di commesso viaggiatore di scarso successo, nel 1954, di fronte alla ristretta attività dei fratelli Dick e Mac McDonald a San Bernardino in California, un povero chiosco di hamburger confezionatore di spuntini veloci per altrettanto pubblico frettoloso e dal poco spendere, il signor Ray Kroc pensa di allargare, in qualità di socio, l’attività dei pionieri su scala nazionale. Sappiamo tutti com’è andata a finire, successo successo successo, unendo artigianato e voglia di sperimentazione unita a una fragorosa mania di grandezza. Un avventura americana, una sfida e il sogno sempre ricercato, un’altra bella prova per il resuscitato Keaton, già pedina vincente di titoli quali “Birdman” e “Il caso Spotlight”. Durata 115 minuti. (Ambrosio sala 1, Massaua, Ideal, The Space, Uci)

In 13 mila per i Green Day

Dopo la tappa di Torino, Billie Joe Arsmtrong e il suo gruppo sono attesi a Firenze l’11 gennaio, a Bologna il 13 e a Milano il 14

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Erano migliaia gli appassionati della band californiana dei Green Day che hanno atteso per ore l’apertura dei cancelli del PalaAlpitour, sotto la neve.

 

green12Poi in 13mila hanno assistito   al primo concerto del nuovo tour europeo Revolution Radio che terminerà a Londra l’1 luglio.

 

Dopo la tappa di Torino, Billie Joe Armstrong e il suo gruppo sono attesi a Firenze l’11 gennaio, a Bologna il 13 e a Milano il 14.

 

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La celebre band di Oakland, ha venduto più di 75 milioni di copie, e viene indicata dalla “bibbia”,  la rivista Rolling Stones, tra i ‘New Immortales’, gli artisti leggendari

 

. Sono molto amati anche  in Italia, dove torneranno il 15 giugno all’Autodromo Nazionale del Parco di Monza.

 

(Foto: Essepiesse/il Torinese)

Leggermente apre il 2017 con Maria Rita Parsi

Alla Biblioteca Civica Villa Amoretti- Corso Orbassano 200, Torino

 

Dopo la pausa natalizia riparte con slancio LEGGERMENTE, il progetto di lettura condivisa promosso da Cascina Roccafranca, dalla Circoscrizione 2 e dalle Biblioteche Civiche Torinesi, in collaborazione con la Libreria Gulliver. Ad aprire il nuovo anno di pagine e parole, una Signora del panorama culturale italiano: con il suo I maschi son così- Penelope si è stancataMaria Rita maria-rita-parsi-i-maschi-son-cosi-copertinaParsi incontrerà i lettori giovedì 12 gennaio alle ore 18.00, presso la Biblioteca Civica di Villa Amoretti. Attraverso le testimonianze di persone incontrate nel corso della sua attività professionale l’Autrice esplora le maschere che gli uomini indossano per nascondere le loro fragilità, e le sfumature, le aspettative e i compromessi che si nascondono nell’anima delle donne. 

Dall’osservazione attenta delle dinamiche di coppia, Maria Rita Parsi regala preziosi spunti per costruire relazioni profonde e appaganti tra uomo e donna, proprio attraverso l’accettazione delle reciproche debolezze, la capacità di guardare all’altro senza i filtri della paura e delle convenzioni, e una comunicazione serena e costruttiva. LEGGERMENTE, arrivato alla sua settima edizione accoglie, in un percorso lungo sei mesi, lettori appassionati e autori, i ragazzi di 63 classi delle scuole medie e superiori, nonni, bambini e famiglie, promuovendo la bellezza della lettura come viaggio corale e occasione diversa per stare insieme. Nato nella periferia operaia di Torino del quartiere di Mirafiori, negli anni LEGGERMENTE ha saputo conquistarsi un seguito sempre più numeroso, aggiungendo ai gruppi di lettura, storica anima del progetto, iniziative collaterali importanti e collaborazioni prestigiose.

 

Il libro:

I maschi son così- Penelope si è stancata – Maria Rita Parsi, Piemme edizioni

Livia ha un marito amorevole e premuroso che, però, ha un debole per le prostitute.  Elda si mette in storie sbagliate per sottrarsi a un padre iperpossessivo che le ha reso la vita un inferno. Francesca viene abbandonata dal fidanzato che le preferisce una donna molto più vecchia e benestante di lei. Alexis scopre di essere stata solo la donna dello schermo per suo marito, omosessuale nascosto. Penelope, invece, dopo aver accettato per anni i tradimenti del coniuge e averlo accolto a ogni suo ritorno, decide di andarsene e non tornare più indietro. Spesso le donne scoprono sulla loro pelle una verità difficile riguardo agli uomini della loro vita. I maschi non sono forti e sicuri di sé come vogliono far credere. Sono fragili, spaesati e a volte impauriti dal dover recitare il ruolo che le donne e la società si aspettano da loro. Però non sanno di esserlo, o non vogliono accettarlo, e camuffano con la fuga, l’inganno, il tradimento, l’arroganza, la prevaricazione, in certi casi con la violenza, quel senso di fragilità. Da qui si generano le incomprensioni, le distanze, gli equivoci tra i sessi, in un gioco di ripicche e accuse da cui nemmeno le donne sono immuni. Eppure trovare un modo di comunicare è possibile. Uomini e donne possono aiutarsi a comprendere i propri limiti e a superarli, a fare della fragilità una forza e un punto di partenza per relazioni ricche, equilibrate e libere da manipolazioni, rivendicazioni e sotterfugi.

Attingendo alla sua lunga esperienza, la nota psicologa Maria Rita Parsi aiuta a riconoscere la fragilità maschile e le sue manifestazioni e, attraverso le testimonianze di donne e uomini che a lei si sono raccontati, offre spunti per una nuova e positiva dinamica delle relazioni.

 

I prossimi appuntamenti di LEGGERMENTE:

3 febbraio 2017, ore 18.00- BIBLIOTECA VILLA AMORETTI

Ester Armanino “Storia Naturale di una famiglia”, ed. Einaudi

Riccardo Gazzaniga “Non dirlo a nessuno”, ed. Einaudi 

 

7 marzo 2017, ore 21.00 – CASCINA ROCCCAFRANCA

 Carlo Cottarelli “Il Macigno”, ed. Feltrinelli

La stirpe dei Brueghel. Oltre cento capolavori alla Reggia di Venaria

Cinque generazioni d’artisti ad abbracciare circa centocinquant’anni di artebrueghel pittorica. Ovvero la dinastia dei Brueghel che – sino al prossimo 19 febbraio, a rappresentare l’ottavo appuntamento di una mostra itinerante già collaudata tra Tel Aviv e Parigi, tra Roma e Breslavia e Bologna con più di un milione di visitatori – offre, all’interno delle Sale delle Arti della Reggia di Venaria, una parte dei propri capolavori, più di un centinaio di opere suddivise in sette sezioni, sviluppandosi il lungo e affascinante viaggio da Pieter Brueghel il Vecchio (cresciuto alla bottega di Pieter Coecke, di cui divenne genero avendone sposato la figlia Mayeken: e sempre, nei decenni, la ragnatela degli insegnamenti, degli allievi e dei matrimoni soprattutto contribuì non poco ad allargare quella “famiglia” che Georges Marlier definì “les Bruegheliens”), attivo dalla metà del XVI secolo – che, scrisse Giovanni Arpino, “non fu quel “burlone” che parve a diversi critici ottocenteschi francesi, ma un uomo mite, serio, di poche parole, gran lavoratore, attento a scoprire i peccati altrui, pronto a ritrarli, benché odiasse a morte ogni forma di pettegolezzo quotidiano” – sino a Abraham, morto negli anni Novanta del XVII a Napoli, dove s’era stabilito al termine del viaggio in Italia intrapreso già dai suoi predecessori e pressoché obbligatorio per la formazione di ognuno, ricordato con il soprannome di “il fracassoso”, il che la dice lunga se messo a paragone con quello legato al nonno Jan il Vecchio, “dei velluti”, per la straordinaria capacità tecnica che lo aveva contraddistinto.

bruegel2Sette sezioni che hanno inizio con “Il giudizio morale” in cui campeggiano “I sette peccati capitali” di Hieronymus Bosch (1500 – 1515), surrealista ante litteram che capovolge i canoni di una pittura ancora intimamente legata ai canoni dell’arte sacra e spiana la strada al capostipite Pieter Brueghel il Vecchio, nato a Breda intorno al 1525 e scomparso nel 1569. I mutamenti, le riflessioni, i gusti che hanno dato vita alla rivoluzione copernicana della pittura fiamminga maggiormente s’avvertono nella “Natura regina”, dove, fatto sconosciuto e impensabile nel panorama italiano, non è l’uomo al centro della ricerca dell’artista – da noi sono gli anni di Michelangelo e Raffaello ma Brueghel non li avverte – ma quanto lo circonda per cui, anche attraverso i risultati della Riforma protestante e delle teorie calviniste, egli viene a essere parte di un mondo più complesso e universalizzato (del 1602 – 1605 il “Riposo durante la fuga in Egitto” di Jan Brueghel il Vecchio”, del 1565 il “Villaggio fiammingo con contadini al lavoro nei campi”, splendido lavoro a quattro mani di Martin van Cleve e Jacob Grimmer). In “Soldati e cacciatori” campeggiano due capolavori, “La trappola per uccelli” di Pieter Brueghel il giovane, un innevato paesaggio dove il pericolo che potrebbe sconvolgere la vita di quanti pattinano o giocano sul fiume è paragonato al rifugio che gli uccelli cercano sotto la tettoia, incuranti della fune che il cacciatore ha teso dalla finestra in alto; o ancora neve e soldati nella “Strage degli innocenti” di van Cleve, dove al tema tragico s’introduce lo sberleffo – quasi d’obbligo l’attualizzazione degli ambienti per i Brueghel e compagni – del militare sorpreso a orinare al centro della tela.

Ad Anversa, che sta allevando una nuova classe borghese e che potrebbe definirsi la caput mundi dell’epoca, forte dei commerci, delle spedizioni, delle presenze di studiosi nei campi più diversi, delle scoperte di nuove rotte, certo degli artisti che omaggiano i nuovi eroi nelle cui case troveranno posto le loro opere, alle “storie di viaggiatori e mercanti” è dedicata la quarta sezione. Cui seguono leinsetti-bruegel “allegorie” (“dell’amore”, “dell’udito” dovute alla maestria di Pieter Brueghel il Giovane, sintesi efficace per rendere immediatamente comprensibili concetti o gli elementi della natura o i sensi umani. Ai fiori, intesi allo stesso tempo come immagine eterna di armonia e di vanitas destinata a scomparire, è destinata “Splendore e vanità”, capace di ospitare le più ricche nature morte, anche qui gioielli di Jan Brueghel il Giovane e di Ambrosius Brueghel, autore di “Vaso con tulipani e dalie” (circa 1650), specchio non unico di quella “tulipomania” che nacque dallo smanioso interesse per i bulbi di tulipano sino a raggiungere prezzi elevatissimi per vedere, nel 1637, un crollo improvviso della domanda. A suggello della mostra, uno sguardo sugli sbandati, sui ladri, sugli ubriachi, sui goffi, sui visi incattiviti e brutti, sui mendicanti, sui poveri matrimoni, sulle virilità esposte, sui balli, sugli sguardi avidi, sulle lascivie, sulla carnalità che circola nei tanti quadri del tempo: forse addolcito il tutto da pennellate di pregevole grazia, quali “Le tre Grazie con un cesto di fiori”, d’ispirazione rubensiana, a firma Jan Brueghel il Giovane e Frans Wouters e in prima fila, vera chicca dell’intera mostra, lo “Studio di insetti con fiore di borragine” di Jan van Kessel il Vecchio, nipote del capostipite, pienamente seicentesco, su rame, capolavoro di osservazione e di resa, ambedue prestiti della torinese galleria Caretto&Occhinegro.

Elio Rabbione

Nelle immagini, dall’alto:

  • Marten van Cleve, Paesaggio invernale con la Strage degli Innocenti”
  • Pieter Brueghel il Giovane, “Danza nuziale all’aperto”
  • Jan van Kessel il Vecchio, “Studio di insetti con fiore di borragine”